martedì 31 ottobre 2023

Prime Video Original 77: I Care A Lot


Non è proprio vero che la figura della femme fatale sia qualcosa di radicato nel passato. Come tutti gli archetipi narrativi, e mettendo da parte la realtà che come sempre risulta ben diversa, tale figura può essere attualizzata e, se necessario, divenire anche più cupa e spietata rispetto a quello stesso passato.
Come la femme fatale particolare che abbiamo visto in Gone Girl. E la stessa attrice protagonista di questo film, Rosamund Pike, interpreta una differente femme fatale (lethal, mi verrebbe da dire) in I Care A Lot, scritto e diretto da Jonathan Blakeson e distribuito su Amazon Prime Video a partire dal 19 febbraio 2021.
Marla Grayson (Rosamund Pike) è una tutrice legale rispettata dalla comunità e dalle autorità giudiziarie, la quale si occupa esclusivamente di fragili persone anziane.
Dietro la patina di rispettabilità, tuttavia, Marla Grayson non ha scrupoli, cercando in tutti i modi - e con la complicità di alcuni poliziotti e medici - di far internare gli anziani e prendere possesso dei loro beni, tenendo distanti da loro anche i parenti.
Marla Grayson trova la vittima perfetta in Jennifer Peterson (Dianne Weist), una donna molto ricca e senza alcun parente in vita. La fa dunque internare con un pretesto, ma questo potrebbe rivelarsi un gravissimo errore. Perché Jennifer Peterson non è chi sembra e qualcuno di molto spietato la vuole libera a tutti i costi.
Di solito siamo soliti assistere a un conflitto tra buoni e cattivi, tra eroi e criminali. Vi sono a volte zone di grigio, certo, ma anche queste sono ben definite.
Ebbene, questo film decide di intraprendere una strada differente: qui le persone in conflitto, su vari livelli, sono tutte dei criminali e quel contenzioso che potrebbe essere facilmente risolto tra loro diviene ben presto una battaglia di volontà, di conservare il proprio territorio. Agire altrimenti significherebbe in un certo senso rinnegare la loro natura, la loro anima nera.
Quindi vi è una sensazione un po' contrastante, in quanto non si è portati a provare alcun tipo di empatia verso nessuno di coloro che attraversano la scena, anche solo per pochi secondi, se non per una sola persona che compare all'inizio, vittima delle manipolazioni di Marla Grayson, e si è come testimoni passivi delle malefatte perpetrate nel corso della pellicola.
Mascherato da thriller d'azione, infine, vi è una piccola critica sociale - molto light, è presente all'inizio e poi la trama principale prende il sopravvento - su come vi siano alcune falle nel sistema giudiziario americano che consentono a persone simili a Marla Grayson e ai suoi complici (loro lo fanno in maniera spettacolarizzata, nella realtà avviene in modo più sottile) di approfittarsi delle persone più fragili, gli anziani soli in particolar modo.
Il finale deve essere per forza catartico, ma è anche molto affrettato, ho notato alcune incongruenze sin da subito. Perché se nei film ci si può sbarazzare del male, nella realtà suddetto male gode di molte protezioni.

lunedì 30 ottobre 2023

Netflix Original 165: Solo


127 ore trattava la storia vera di Aron Ralston, uno scalatore rimasto bloccato in un tratto di una montagna per, appunto, 127 ore e che - nella splendida interpretazione di James Franco - in quel tempo rifletteva sulla sua esistenza, sui rapporti che ha avuto e sugli errori da lui commessi in vita.
Poiché per buona parte del film vi è un solo attore in scena, il quale parlando a sé stesso ripetutamente diverrebbe a un certo punto ridicolo, la difficoltà principale consiste appunto nel rendere credibile una situazione di per sé già altamente drammatica, pur dovendola spettacolarizzare per ragioni narrative, e catturare l'attenzione dello spettatore.
Quella di Aron Ralston è stata una incredibile storia di sopravvivenza e volontà, ma altre ve ne sono. Come quella di Álvaro Vizcaíno, ritratta in Solo, diretto da Hugo Stuven, scritto da Hugo Stuven e Santiago Lallana e distribuito su Netflix a partire dall'unidici gennaio 2019.
2014, Fuerteventura: Álvaro Vizcaíno (Alain Hernández) è un surfista che è spesso lontano dalla famiglia e senza una compagna, il quale vede progressivamente i suoi amici sposarsi o rinunciare allo sport.
Recatosi da solo presso una scogliera per fare surf, scivola e si frattura il bacino e una mano. Solo su spiaggia e scogli e senza nessuno nelle vicinanze, Álvaro Vizcaíno deve trovare un modo per sopravvivere e difendersi da un inatteso pericolo: i gabbiani.
Le ore in questo caso non sono 127, bensì 48, eppure sembra di vedere una versione in salsa spagnola del film diretto da Danny Boyle. Anche stavolta ci ritroviamo di fronte a una pellicola basata su una storia vera e di un racconto di sopravvivenza che diventa ben presto qualcosa di più.
Seppur sotto diversa forma rispetto a James Franco, anche in questo caso il protagonista soffre di allucinazioni che lo costringono a fare i conti col proprio passato, fino a quel momento messo alle spalle senza ripensarci due volte, e con gli errori commessi nei confronti della famiglia, degli amici e di sé stesso anche.
L'esperienza che Álvaro Vizcaíno si trova a dover affrontare, dunque, dove deve davvero venire a patti col proprio io, gli fa comprendere il vero valore e l'importanza della vita e di saper vivere, facendolo maturare.
Questa è l'essenza principale di film di questo tipo, quindi non si può neanche dire che risulti qualcosa di già visto, anche perché non sarebbe neanche corretto nei confronti di chi ci ha lavorato e, partendo una storia realmente accaduta, ha voluto dare un messaggio universale di speranza che possa raggiungere più persone. Le quali vogliano infine guardarsi alle spalle e ammettere i propri errori per poter ricominciare.

domenica 29 ottobre 2023

Italians do it better? 24: Sono Tornato (2018)


La figura storica di Benito Mussolini è una delle più controverse (per usare un eufemismo) e al tempo stesso anche significative del ventesimo secolo.
Dopo la celebre Marcia su Roma avvenuta nell'ottobre 1922, Mussolini ottiene i pieni poteri dal re d'Italia, instaurando così una dittatura durata venti anni. Una dittatura conclusasi con la caduta del governo fascista nel 1943 e la cattura e uccisione di Benito Mussolini nell'aprile del 1945.
Ma se non fosse andata così e lui fosse sopravvissuto? Un'ucronia che trova spazio in Sono Tornato, diretto da Luca Miniero, scritto da Luca Miniero e Nicola Guaglianone e distribuito nei cinema nel febbraio 2018.
Benito Mussolini (Massimo Popolizio) ricompare misteriosamente nella Roma odierna, precipitando dall'alto. Andrea Canaletti (Francesco "Frank" Matano), un aspirante giornalista e documentarista, ritenendolo un perfetto sosia lo utilizza per creare un reportage su come verrebbe visto dagli italiani un ritorno del dittatore.
Con sua sorpresa, Benito Mussolini scopre che la società italiana è sì profondamente cambiata, ma molti italiani si rivelano razzisti e ipocriti, addirittura peggiori in certi casi dei fascisti, non facendosi problemi a gioire per la morte di bambini. Un terreno perfetto per un suo ritorno.
Film incentrati su Benito Mussolini e la sua storia sono già usciti in passato, ma questo è il primo caso in cui si immagina la presenza del Duce nel presente. Si tratta ovviamente di un tema molto delicato, capace di suscitare ancora oggi molte discussioni (aldilà delle banalità ignoranti dell'aver "fatto anche cose buone").
Si evita dunque un'analisi storica su quel periodo, non necessaria in questo nuovo contesto, e trasformando Mussolini in una sorta di divo televisivo/saltimbanco per le generazioni moderne si cerca inoltre di ridicolizzare la sua figura, facendolo apparire come un folle pieno di sé. Ma anche i folli possono attirare attorno a loro dei seguaci.
Infatti al film non interessa dare una spiegazione sul perché Mussolini sia tornato, cosa che viene infine trattata in maniera sbrigativa, ma vuole dare un altro messaggio. La società di oggi, rincretinita da programmi televisivi privi di contenuti e dai social network, è preda di una forte ignoranza che viene capitalizzata dai politicanti di turno, i quali la sfruttano per ottenere quote di potere sempre più significative a discapito di quel popolo e delle leggi di quel paese che hanno giurato di tutelare.
Una parte della nazione, dunque, vedrebbe di buon occhio un ritorno di una figura come Mussolini o simile. Quella parte profondamente razzista, quella che vediamo mettere faccine sorridenti sui social quando compaiono notizie di barconi affondati in mare. E quella che non si interroga sulla società, prestando fede ad approfittatori di varia natura, quali i complottisti e i produttori televisivi senza scrupoli a cui interessa solo lo share.
Non c'è speranza, dunque? Come spesso accade, la risposta viene lasciata al singolo spettatore. C'è chi crederà che quella rappresentata nel film sia solo un'esagerata allegoria, impossibile a verificarsi nello scenario storico attuale, e c'è chi temerà un pericolo del genere.
Ma ci potrebbe anche essere chi, consapevole che una parte della popolazione italiana di oggi è forte preda di analfabetismo e difficoltà di comprensione del testo, potrebbe staccarsi per un momento da televisione e social e osservare con occhi diversi il mondo che ruota intorno a noi.

sabato 28 ottobre 2023

A scuola di cinema: Brivido Caldo (1981)

1980: Lawrence Kasdan ha completato per George Lucas le sceneggiature sia di L'Impero Colpisce Ancora (The Empire Strikes Back) che de I Predatori dell'Arca Perduta (Raiders of the Lost Ark), i quali si riveleranno due grandi successi.
Lo sceneggiatore, che ormai bazzica l'ambiente cinematografico da circa cinque anni, da quando ha cercato di piazzare - per il momento senza successo - la sceneggiatura di Guardia del Corpo (The Bodyguard), vuole ora compiere il grande passo e provare a stare dietro la macchina da presa dirigendo un progetto personale. 
Lawrence Kasdan riesce infine in questa impresa, pur non senza qualche inevitabile difficoltà.


Già nel 1979, Lawrence Kasdan ha completato la sceneggiatura di un film noir, ispirato a La Fiamma del Peccato (Double Indemnity) di Billy Wilder, che incontra i favori di Alan Ladd Jr., presidente della 20th Century Fox, il quale è anche disposto a offrirgli la regia.
Ma il progetto non riceve il via libera poiché qualche tempo dopo Alan Ladd Jr. si dimette dalla propria posizione per fondare una sua società di produzione, The Ladd Company. Quando dunque la 20th Century Fox rinuncia ai diritti sulla sceneggiatura di Lawrence Kasdan, in quanto costui vuole a tutti i costi come protagonisti degli attori sconosciuti, contro il parere della società di produzione, The Ladd Company. rileva la sceneggiatura.
Alan Ladd Jr. vuole mantenere l'impegno preso nei confronti di Kasdan di fargli dirigere la pellicola ed è anche disposto ad accettare attori sconosciuti per le parti principali, tuttavia non si può ignorare il fatto che questo sia il debutto alla regia per Lawrence Kasdan, che non può dunque vantare alcuna esperienza pregressa, e vengono richieste delle garanzie.
Tale rassicurazione viene portata avanti da George Lucas - oltre che fedeli collaboratori, lui e Kasdan sono grandi amici - il quale si rende garante personale nei confronti del regista, arrivando addirittura a mettere sul piatto 250.000 dollari della LucasFilm qualora il progetto superasse il budget previsto.
Per molti anni, Lawrence Kasdan rimane all'oscuro di questo fatto, anche perché George Lucas chiede che non sia indicato come produttore o collaboratore del film, viste le tematiche trattate.
Il ruolo di Ned Racine viene proposto in un primo momento a Christopher Reeve, il quale però non ritiene adatta per sé la parte di un avvocato dalla pessima reputazione, che viene infine assegnata a William Hurt. Il personaggio prevede che abbia dei baffi. Alan Ladd, tuttavia, ritiene che stiano male sulla faccia dell'attore e chiede che siano tolti. Ma Lawrence Kasdan rimane inflessibile su questo aspetto del personaggio che viene infine accettato.
Per il ruolo di Matty Walker, si fa avanti un'attrice sconosciuta che, fino a quel momento, è apparsa solamente in una soap opera televisiva intitolata The Doctors e ha recitato molto a teatro: il suo nome è Kathleen Turner.
L'attrice, a New York per una rappresentazione teatrale, chiede dunque un'audizione, ma questa le viene rifiutata a causa della sua totale mancanza di esperienza cinematografica e poiché non ritenuta adatta per la parte.
Quattro mesi dopo, con la parte di Matty Walker ancora non assegnata, Kathleen Turner è a Los Angeles per partecipare al provino di un altro film, California Dolls (All the Marbles). Qui incontra la responsabile del casting, Wally Nicita, che riesce a farle ottenere un incontro con Lawrence Kasdan. Per l'attrice è la prima audizione di una certa rilevanza, in cui deve anche recitare una scena insieme al collega William Hurt.
La sua resa del personaggio, tuttavia, è così convincente che per Lawrence Kasdan è come aveva immaginato Matty Walker nella sua testa. Anche la produzione, nonostante la mancanza di esperienza di Kathleen Turner, deve riconoscere che il provino è stato eccellente e così la parte è sua.
Nel ruolo minore del piromane Teddy Lewis vi è inoltre Mickey Rourke, in una delle sue prime parti di rilievo. Anche se rimane sul set solo per un giorno, l'esperienza lo convince a perseguire una carriera di attore a tempo pieno.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 12 novembre 1980, tenendosi in Florida, Los Angeles e alle Hawaii.
Poiché le tematiche del film sono abbastanza cupe e sono previste alcune scene di sesso, occorre alleggerire la tensione sul set. Quindi il primo giorno William Hurt e Kathleen Turner decidono di presentarsi a ognuno dei componenti della troupe. Con una particolarità: entrambi sono nudi.
Sempre i due attori ogni tanto corrono lungo un prato o saltano in una piscina per lo stesso motivo. Tuttavia, la potenza di alcune scene si fa sentire sull'allora inesperta Kathleen Turner che, in più di un'occasione, quando si ritira nel proprio camerino piange e trema per l'emozione.
La novella attrice ha anche modo di scoprire particolari poco piacevoli dello show business quando il suo agente le riferisce che qualcuno ha messo in giro la voce che stia avendo una relazione sia con Lawrence Kasdan che con William Hurt. Notizia del tutto infondata, ovviamente.
Le riprese si concludono il 5 febbraio 1981. Un primo montaggio include molte più scene a sfondo sessuale e di violenza, ma si opta infine per eliminarne alcune lasciando il resto all'immaginazione dello spettatore.
Brivido Caldo (Body Heat) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 28 agosto 1981. A fronte di un budget di 9 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare 24 milioni di dollari.
Nonostante le scene più crude e piccanti siano state tolte nel montaggio finale, il film risulta comunque molto provocativo per gli standard dell'epoca, scioccando parte del pubblico. La madre di Ted Danson, uno degli attori co-protagonisti, esce dal cinema turbata per quanto ha visto in pochi minuti, ma per non deludere il figlio per molti anni gli fa credere di avere visto il film per intero.
Sia per Lawrence Kasdan che per Kathleen Turner si tratta di un ottimo debutto cinematografico che consente loro di proseguire con le loro carriere, rispettivamente da regista e attrice cinematografica. Kasdan rinnova inoltre poco tempo dopo la collaborazione con William Hurt grazie a Il Grande Freddo (The Big Chill)... ma questa è un'altra storia.

venerdì 27 ottobre 2023

Fabolous Stack of Comics: Fear Agent - La Mia Guerra


Heath Huston, il Fear Agent proveniente dal Texas e che agisce nello spazio profondo, ritorna in una nuova saga dopo il suo esordio avvenuto con Ripartenza (Re-Ignition).
La seconda saga, intitolata La Mia Guerra (My War), scritta da Rick Remender e disegnata da Jerome Opeña viene pubblicata da Image Comics nel 2006.
Heath Huston è in lotta nel passato contro le razze dei Dresseniani e dei Tetaldiani, che in futuro si renderanno responsabili di tremende tragedie e uccideranno la sua famiglia. Ma una sconvolgente sorpresa lo attende nel presente, quando la minaccia appare infine eliminata, facendo capire all'uomo che il mondo in cui vive è più complesso di quanto avesse immaginato.
Al contempo, Heath Huston scopre l'esistenza di un nuovo corpo di Fear Agent, al cui comando vi è una persona a lui un tempo molto cara.
Questa seconda saga compie il buon lavoro di ampliare quello che è stato lo scenario introdotto nel primo story-arc il quale, per ragioni narrative, aveva potuto presentare solo pochi aspetti di questo mondo futuristico.
Un mondo che presenta molti aspetti della fantascienza classica, quali i colorati alieni, sia buoni che cattivi, i viaggi nel tempo, poliziotti intergalattici, sofisticati computer. La fantascienza tipica delle storie di Flash Gordon e Buck Rogers, su cui con ogni probabilità Rick Remender ha forgiato parte della sua immaginazione.
Lo sceneggiatore, tuttavia, non si limita a prendere ispirazione da questi classici riferimenti, ma ne propone anche un aggiornamento in chiave moderna, che va aldilà di inserire scene di sesso o violenza più marcata. Flash Gordon e Buck Rogers erano, infatti, tutt'uno con l'avventura e l'azione, pochi erano i veri momenti di pausa e riflessione.
Heath Huston invece ci mostra cosa avrebbero fatto i due eroi tra un capitolo e l'altro delle loro saghe, perché chi vive simili traumi che si ripetono in maniera continua alla fine può solo darsi all'alcolismo e divenire preda della depressione.
Questa saga si svolge su più piani temporali, anche alternativi, e inizia a fare un po' di luce sul passato del protagonista e cosa ha spinto un texano profondamente radicato sul pianeta Terra a solcare le vie dello spazio e affrontare numerosi pericoli nelle galassie. Solo un assaggio, per il momento, per quanto significativo, ma di certo un preludio ad altre future rivelazioni.
Queste prime due saghe hanno dunque ben presentato l'ambiente che caratterizza la serie e i protagonisti principali, che pur sono ancora in divenire per certi aspetti. Non resta che attendere i futuri story-arc e vedere cosa ci riserva il futuro.

giovedì 26 ottobre 2023

Prime Video Original 76: Addio Al Nubilato 2 - L'Isola Che Non C'è


Le quattro protagoniste di Addio al Nubilato hanno accettato, seppur a malincuore, gli eventi che hanno contraddistinto il primo film e sono pronte ad andare avanti e aprire nuovi capitoli nelle loro vite. Ma la vita, appunto, è una continua fucina di sorprese. Positive e negative.
E giunge così l'inaspettato (?) sequel Addio al Nubilato 2 - L'Isola Che Non C'è, diretto da Francesco Apolloni, scritto da Francesco Apolloni e Fabrizio Nardi e distribuito su Amazon Prime Video a partire dal 17 ottobre 2023.
Eleonora (Antonia Liskova) è pronta a sposarsi, ma il giorno in cui deve recarsi all'altare il suo compagno svanisce nel nulla. Preda della disperazione, deve anche recarsi a Trieste per celebrare i funerali del padre, morto a Tel Aviv in un attentato e di cui rimangono solo tre denti.
Ad accompagnarla in questo viaggio le fedeli amiche Linda (Laura Chiatti), Vanessa (Chiara Francini) e Akiko (Jun Ichikawa). A loro si unisce anche Sofia (Enula Bareggi), figlia di Vanessa e compagna di Linda. Durante il viaggio non mancheranno gli imprevisti e il gruppo dovrà anche trovare un modo per salvare una casa famiglia che sta per essere chiusa, rischiando così che molti bambini finiscano in un orfanotrofio.
Il primo film partiva dalla celebrazione di un matrimonio che finiva poi per risultare nella scomparsa di una cara amica delle quattro protagoniste. Il presupposto di questo sequel è molto simile: un matrimonio non può essere celebrato per cause di forza maggiore e bisogna poi venire a patti con un lutto.
Da qui parte la consolidata trama narrativa del road trip, quantomeno nella prima parte, dove le protagoniste affrontano anche le proprie difficoltà personali e cercano di accettarsi e di divenire persone diverse e possibilmente migliori (nella prima parte mi sono sembrate chi più chi meno più instupidite rispetto al primo film, ma forse è solo un'impressione errata).
E il viaggio diventa anche occasione per poter parlare, a livello poco sopra la superficie, di tematiche importanti quali la maternità, l'immigrazione e i rapporti di coppia. Forse troppo tematiche tutte insieme che arrivano infine a cannibalizzarsi un po'.
Nella seconda parte del film, infatti, la trama del funerale del padre di Eleonora viene messa da parte - dando l'impressione che non fosse rilevante ai fini della storia - per concentrarsi sulla trama della casa famiglia, laddove il viaggio diviene perciò di natura interiore.
Come intuibile dal sottotitolo, l'ispirazione giunge dal Peter Pan di J.M. Barrie e si tramuta in un messaggio che invita a trovare quell'isola che non c'è da qualche parte. Ovvero a conservare quel bambino interiore che ognuno di noi possiede e far sì che esso ci guidi lungo la via insieme al nostro io più maturo.
E con due scene post-credits che manco fosse un film del Marvel Cinematic Universe, si gettano forse le basi per un terzo capitolo che chiuderà alcune faccende rimaste in sospeso in questo.

mercoledì 25 ottobre 2023

Fabolous Stack of Comics: Prodigy - La Terra Malvagia


Abbiamo visto in più di un caso film su bambini prodigio, capaci ad esempio di effettuare complicati calcoli matematici in pochi secondi. Come ad esempio Il Mio Piccolo Genio o Gifted - Il Dono del Talento. E ovviamente, per ragioni anagrafiche, non vediamo mai la crescita di questi piccoli geni nel corso degli anni.
Ma, appunto, cosa potrà accadere loro quando entreranno nell'età adulta? Be', forse diventano come il protagonista di Prodigy: La Terra Malvagia (Prodigy), miniserie di sei numeri pubblicata tra il 2018 e il 2019, scritta da Mark Millar e disegnata da Rafael Albuquerque. Anche se pubblicata da Image Comics, i diritti sul personaggio - come nel caso di The Magic Order - sono in capo a Netflix.
Edison Crane è l'uomo più ricco del mondo, nonché il più intelligente. Fin da bambino eccelleva in tutti i campi dello scibile umano, dalla matematica, alla chirurgia, alla musica, all'astrologia e molto altro.
Con una mente sempre attiva e continuamente desiderosa di nuove esperienze, Edison Crane cerca sempre nuove sfide che possano metterlo alla prova. Una di queste gli si presenta quando una agente della CIA, Rachel Straks, porta alla sua attenzione un'invasione extradimensionale che sta avvenendo in Australia.
E dietro di essa vi è la minaccia più grande che la Terra abbia mai sperimentato nel corso della sua storia.
Cosa accade quando si uniscono l'intelletto e le capacità deduttive di Sherlock Holmes con i mezzi, il patrimonio e l'agilità di Batman, aggiungendo anche, più che Indiana Jones, un pizzico del nostrano Martin Mystere (personaggio che comunque di certo Mark Millar non conosce)?
Semplice, ne nasce un ibrido narrativo quale è Edison Crane, il quale dunque non è né vuole essere un personaggio originale (ma dopotutto, è ancora possibile crearne al giorno d'oggi?), tuttavia questo non vuol dire che non possa presentare delle potenzialità che vanno perciò ben sfruttate. Potenzialità che nascono dal fatto che ci sono tutte queste capacità a disposizione e si può dunque spaziare su svariati argomenti.
Certo, vi è anche la difficoltà, e la cosa risulta evidente abbastanza presto, che Edison Crane è praticamente invincibile come Tex o Superman, poiché quale pericolo può minacciare colui che sa e prevede tutto? Ovviamente una minaccia inconoscibile. In questo caso una consolidata razza extradimensionale sconosciuta che vuole prendere possesso della Terra per scopi di conquista e razzia.
Vi è da dire che lo schema narrativo della miniserie è molto simile a quello di The Magic Order. C'è un potente protagonista che appare messo in difficoltà e senza via d'uscita da qualcosa in apparenza più grande di lui, ma si scopre alla fine che in realtà ha sempre avuto un asso nella manica.
Poiché, dopotutto, può davvero esistere una sfida all'altezza per l'uomo che ha tutto?

martedì 24 ottobre 2023

Disney+ Original 18: Nessuno Ti Salverà


Esistono film dove a volte predominano più le immagini che i dialoghi, dove le parole sono ridotte al minimo. Ne sono buoni esempi 2001: Odissea nello Spazio o A Quiet Place, laddove il silenzio e gli scarsi dialoghi trovano un contesto ben preciso.
La difficoltà dunque, come facilmente intuibile, consiste nel tenere desta l'attenzione dello spettatore, che deve intuire lo svolgimento della storia principalmente attraverso le sequenze continue di inquadrature.
E un film dove i dialoghi siano praticamente inesistenti, invece? Uno di questi è Nessuno Ti Salverà (No One Will Save You), scritto e diretto da Brian Duffield e distribuito su Disney+ a partire dal 22 settembre 2023.
Brynn (Kaitlyn Dever) è una ragazza che vive in una piccola città, in una casa isolata. Anche quando deve recarsi a fare compere o spedire delle lettere, molti cercano di evitarla e lei stessa quando vede alcune persone si nasconde per non farsi notare.
Una notte, Brynn ode degli strani rumori in casa e va a controllare, scoprendo che un alieno grigio si è intrufolato nella sua abitazione. Con estrema difficoltà e fortuna, riesce a ucciderlo.
Questa però è solo l'avanguardia di un'invasione su ben più ampia scala e Brynn si ritrova a essere l'involontaria pedina di un conflitto spaziale che la costringe anche a rievocare un terribile ricordo.
Ma come, un'invasione aliena, battaglie, pathos e non ci sono praticamente dialoghi? Ebbene sì, in tutto il film la protagonista pronuncia in totale cinque parole, peraltro durante una scena onirica, mentre per il resto vi sono grida, sospiri, rumori ambientali e i dialoghi degli alieni, che sono ovviamente inintelligibili. Non si tratta dunque di un sogno o di un'allucinazione, la storia è davvero quella di un'invasione aliena.
Insomma, la lezione di A Quiet Place, per cui non occorrono parole su parole per creare la tensione - e guarda caso anche qui c'è un'invasione aliena - è stata ben recepita.
La pellicola vuole così trasmettere il senso di alienazione e la natura di reietta di Brynn, di cui scopriremo le cause lungo la via. Non avendo a disposizione le parole per capire certe situazioni, ci si ritrova in certi punti dispersi, come fuori posto quando capiti in un luogo dove non dovresti essere e accadono cose strane intorno a te.
C'è da dire che, poco oltre la metà del film, lo stratagemma del non far parlare nessuno inizia a divenire un po' stucchevole e pare quasi a quel punto un esercizio di stile.
Mettendo da parte questo aspetto, il film è anche una sorta di parabola salvifica per la protagonista che, da persona complessata e introversa, per via dell'esperienza vissuta riesce infine ad aprirsi al mondo, a venire a patti con quel drammatico ricordo che ha segnato tutta la sua vita e a farsi accettare dalla gente. Ma non è detto che questo sia necessariamente un lieto fine.

lunedì 23 ottobre 2023

Netflix Original 164: Godzilla - Mangiapianeti


Si conclude la trilogia di animazione che ha visto protagonista Godzilla, iniziata con Il Pianeta dei Mostri e proseguita con Minaccia sulla Città. Il terzo e ultimo capitolo si intitola Mangiapianeti (The Planet Eater), diretto da Kōbun Shizuno e Hiroyuki Seshita, scritto da Gen Urobuchi e distribuito su Netflix a partire dal 9 gennaio 2019.
Nei primi due capitoli avevamo visto l'umanità - alleatasi con altre razze aliene - tornare sulla Terra di un lontano futuro dopo un esilio forzato nello spazio, causato dal predominio dei mostri e di Godzilla, che avevano preso possesso del pianeta.
Il Re dei Mostri, tuttavia, è ancora attivo e nemmeno la potenza del MechaGodzilla è riuscita a fermarlo.
Da qui prendono piede gli eventi del capitolo finale. Haruo Sasaki, il leader sul campo della spedizione, è sotto inchiesta sull'astronave dove l'umanità ha vissuto negli ultimi decenni, dopo aver impedito che il MechaGodzilla uccidesse Godzilla, mentre al contempo sulla Terra viene venerato come una divinità.
Ma si tratta solo di un espediente da parte di un essere alieno per richiamare l'unico, vero nemico in grado di sconfiggere Godzilla, la divinità dorata proveniente da un'altra dimensione nota come... King Ghidorah!
La trilogia e quest'epopea di animazione si concludono dunque, e non poteva essere diversamente, con l'atteso scontro tra il Re dei Mostri e il suo nemico più temibile, il drago a tre teste che tante volte lo ha messo in difficoltà in passato.
Così come Godzilla, mutato nel tempo in cui l'umanità era in esilio, anche Ghidorah appare qui in una versione alterata, per ragioni narrative più che di copyright.
Dopo le tematiche della cura e protezione della natura che avevano contraddistinto i primi due film, qui ci si incentra maggiormente sul tema della religione monoteista e di come essa venga sfruttata per scopi malvagi. Sembra proprio una condanna senza appello - viene sfruttato un presunto messia divino per far sì che Ghidorah giunga nella nostra dimensione - e forse non c'è da stupirsene se pensiamo che l'ateismo è predominante in Giappone.
Dunque Godzilla infine viene visto non come il vero cattivo e l'epilogo porta a una sorta di unione e compromesso delle due tematiche trattate che non apre a dei possibili seguiti e sembra chiudere il cerchio narrativo con qualche consueta tragedia, inevitabile talvolta nei prodotti giapponesi di animazione.

domenica 22 ottobre 2023

Italians do it better? 23: Il Premio (2017)


Dal 1901 vengono assegnati i cosiddetti Premi Nobel a coloro che maggiormente si sono contraddistinti in alcuni campi dello scibile umano quali la letteratura, la medicina, l'economia. Tale onorificenza è stata voluta dall'inventore Alfred Nobel, a quanto pare poiché non voleva essere ricordato come un assassino, avendo lui inventato alcuni esplosivi, seppur ovviamente non a scopi distruttivi.
In oltre un secolo, anche molti italiani hanno conseguito questo premio, tra cui Luigi Pirandello, Eugenio Montale, Rita Levi-Montalcini e Dario Fo. C'è tuttavia un altro originale vincitore ed è colui che appare ne Il Premio, diretto da Alessandro Gassmann, scritto da Alessandro Gassmann, Massimiliano Bruno e Walter Lupo e distribuito nei cinema nel dicembre 2017.
Dopo essere stato cacciato di casa, Oreste Passamonte (Alessandro Gassmann) chiede ospitalità a suo padre Giovanni (Gigi Proietti), un rinomato scrittore.
Costui, però, è in partenza per Stoccolma per ritirare il Premio Nobel e, poiché l'autista che doveva accompagnarlo, Rinaldo (Rocco Papaleo), è vittima di un leggero infortunio al piede, Oreste si offre di sostituirlo.
Al viaggio si aggrega anche l'altra figlia dello scrittore, Lucrezia (Anna Foglietta), una blogger e aspirante influencer. Un viaggio che si rivelerà pieno di sorprese, sia positive che negative, e riavvicinerà la famiglia dopo anni di separazione.
Ci troviamo dunque di fronte a un nuovo road movie, seppur molto diverso da Con Chi Viaggi. Si tratta infatti di quel tipo di film dove il viaggio viene compiuto su due fronti.
Il primo, abbastanza evidente, è quello di natura fisica che porta da Roma a Stoccolma, passando per diversi altri paesi (il perché non venga utilizzato un aereo trova una spiegazione anche accettabile). Diversi paesi che corrispondono inoltre a diverse culture e società, ritratte anche tra stereotipi e qualche necessaria semplificazione.
Il secondo tipo di viaggio, invece, è quello interiore compiuto da tutti e quattro i protagonisti. All'inizio della storia, per un motivo o per l'altro, sono tutti quanti distanti gli uni dagli altri, per incomprensioni varie o diversità caratteriali.
Il viaggio che compiono, costellato ovviamente anche dalle consuete scenette comiche (ho notato che spesso c'è ne sono che coinvolgono atti di crudeltà sugli animali, sarà qualcosa insito nel DNA, suppongo), fa sì che tale distanza venga infine colmata, quantomeno in buona parte.
La morale finale è quella pronunciata da Gigi Proietti, qui in una delle sue ultime interpretazioni, mentre ritira il premio. Che ogni onorificenza non può compensare il bene più prezioso che esista per un essere umano, la famiglia e i figli. Che nessuno può restare davvero da solo e deve trovare nel suo percorso di vita qualcuno che lo sostenga, che gli tenda una mano quando ci si ritrova in difficoltà e lo aiuti a rialzarsi.
Banale, certo, ma almeno attorno ad essa si sforza di costruirvi una storia.

sabato 21 ottobre 2023

Italians do it better? 22: Moschettieri del Re - La Penultima Missione (2018)


Athos, Porthos, Aramis e... D'Artagnan. I Quattro Moschettieri, gli eroi creati da Alexandre Dumas, comparsi in tre romanzi e in decine di adattamenti cinematografici.
Siccome suddetti adattamenti hanno attraversato i decenni, mi verrebbe da dire addirittura i secoli, ognuno avrà il proprio film di riferimento. Per alcuni, Aramis sarà Richard Chamberlain, per altri sarà Charlie Sheen e questo dimostra quanto questi personaggi siano riusciti col tempo ad abbracciare e conquistare diverse generazioni.
E una variante italiana del romanzo di Dumas? Ebbene, c'è, ed è Moschettieri del Re - La Penultima Missione, diretto da Giovanni Veronesi, scritto da Giovanni Veronesi e Nicola Baldoni e distribuito nei cinema nel dicembre 2018.
Sono passati circa trent'anni dagli eventi del primo libro scritto da Alexandre Dumas e ormai tutti e quattro i moschettieri si sono ritirati a vita privata, un po' disillusi e sconfortati.
Quando tuttavia Anna d'Austria (Margherita Buy) contatta D'Artagnan (Pierfrancesco Favino) perché la aiuti contro la persecuzione ai danni degli Ugonotti perpetrata dal Cardinale Giulio Mazzarino (Alessandro Haber), costui accetta di tornare al servizio della corona.
Non sarà però altrettanto facile da parte di D'Artagnan convincere Athos (Rocco Papaleo), Aramis (Sergio Rubini) e Porthos (Valerio Mastandrea), prede dell'oppio, di debiti di gioco o di malattie veneree a fare altrettanto.
Può essere credibile vedere i Quattro Moschettieri - che pur essendo francesi di nazionalità sono anche eroi universali - traslati in uno scenario italiano e quindi sentirli anche parlare con inflessioni romanesche o pugliesi? E con giochi di parole comprensibili solo da chi parla la lingua italiana?
Ebbene, per quanto possa davvero apparire incredibile e surreale, c'è una spiegazione dietro tutto questo, la quale forse non risulterà troppo originale, ma almeno aiuta a inquadrare al meglio il tutto.
In una sorta di anomalo prequel de Il Visconte di Bragelonne (da qui il sottotitolo La Penultima Missione), quella che viene attuata in questo film è un'operazione di decostruzione della figura eroica... anche se non come farebbe Alan Moore.
Portando i Quattro Moschettieri a un livello colloquiale, dialettale e rendendoli così più umani e "fallibili", lo spettatore ha modo di rispecchiarsi in loro, far sì che le loro fragilità diventino anche quelle che lui sperimenta ogni giorno e riuscire a superarle, così come riescono a superarle i Moschettieri nonostante qualche momento di difficoltà.
Questo è come Miracleman che esce dalla sua sfera di oblio e ritorna in azione dopo decenni di inattività, cercando di ritrovare sé stesso. Ma qui non vi è la parabola del dramma interiore dell'eroe, pur presente qua e là, qui vi è una serie di scene comiche che pongono questo adattamento del romanzo in una propria e unica dimensione personale. 
Forse per raggiungere questo obiettivo si calca un po' troppo la mano sulle battute scurrili e le situazioni paradossali (D'Artagnan è davvero troppo idiota), ma si vuole solo cercare di strappare qualche risata in maniera rapida ed immediata. Se questo sia efficace, ognuno lo valuterà poi col proprio metro di giudizio.

venerdì 20 ottobre 2023

Prime Video Original 75: The Manor


Un horror che veda protagoniste delle persone anziane può apparire cosa strana, visto che questo genere, per convenzione, appare più diretto verso un pubblico giovanile. Tuttavia, anche certe notizie di cronaca su come gli anziani, talvolta visti come gli ultimi, qualcosa di cui liberarsi, siano trattati nella società moderna, sembrano davvero da film dell'orrore.
Dopo Bingo Hell, altre persone anziane sono protagoniste di The Manor, scritto e diretto da Axelle Carolyn e distribuito su Amazon Prime Video a partire dall'otto ottobre 2021.
La settantenne Judith (Barbara Hershey), un tempo una rinomata ballerina, ha un improvviso malore mentre sta festeggiando il suo compleanno insieme alla propria famiglia. A seguito di questo le viene diagnosticato il morbo di Parkinson.
Contro il parere di suo nipote Josh (Nicholas Alexander), Judith decide dunque di trasferirsi in una casa di riposo. In principio sembra andare tutto bene e stringe amicizia con un uomo di nome Roland (Bruce Davison), ma ben presto Judith inizia a notare strane cose avvenire nella casa di riposo e nei suoi dintorni, qualcosa di sovrannaturale e demoniaco.
Ma nessuno le crede e così la donna rischia di divenire la prossima vittima di un'enigmatica minaccia.
La protagonista di Entity torna a solcare le atmosfere di un film horror, ma stavolta invece che con uno spirito sovrannaturale si ritrova a dover fare i conti con una insolita congrega di streghe. Un tema di certo affascinante, ma di solito poco sfruttato dalla cinematografia horror e a volte addirittura oggetto di commedie come Hocus Pocus.
Come spesso accade in alcune produzione horror recenti, la tematica prettamente sovrannaturale ed orrorifica diventa ben presto il pretesto per parlare anche di altro.
In questo caso si potrebbe pensare in un primo momento che l'argomento più importante sia come vengono trattati gli anziani nei centri di riposo, ma in realtà il tema principale sono le aspirazioni e i desideri dell'essere umano, che mutano col tempo.
Chiunque di noi ha un sogno o una passione che vuole portare avanti: a volte tutto questo viene frustrato dalla dura realtà, ma a volte viene perseguito con discreto o buon successo. Fino a quando è possibile, poiché più si invecchia e più certe cose diventano sempre più difficili da portare avanti.
La natura umana come accetta tutto questo? Fino a che punto una persona è disposta a spingersi pur di poter preservare quei sogni e conservare la propria giovinezza? Anche gli esseri umani dal carattere più mite e altruista potrebbero rimanere tentati da questa possibilità.
Tra qualche jumpscare e un finale così affrettato che forse avevano finito i soldi, il film dà comunque una risposta a questa domanda, lasciando però anche quella sensazione di ambiguità allo spettatore. Tanto per far sì che qualcosa di incompleto nel tutto rimanga.

giovedì 19 ottobre 2023

Prime Video Original 74: Totally Killer


I cosiddetti slasher movie del passato erano pieni di killer mascherati, dalle motivazioni imperscrutabili almeno in apparenza. Partendo da Michael Myers di Halloween (che pur non è stato il primo in tal senso) e passando per Jason di Venerdì 13, fino ad arrivare a Ghostface della saga di Scream, la quale continua ancora oggi.
Gli anni '80 erano davvero popolati di colorati serial killer e di affascinanti scream queens, tanto da essere già stati omaggiati in La Babysitter. E un altro omaggio arriva da Totally Killer, diretto da Nahnatchka Khan, scritto da David Matalon, Sasha Perl-Raver e Jen D'Angelo e distribuito su Amazon Prime Video a partire dal 6 ottobre 2023.
Nel 1987, il cosiddetto Killer delle Sedicenni uccise tre studentesse prima di svanire nel nulla. La sua macabra leggenda tuttavia rimane e viene portata avanti con dei tour nei luoghi del delitto nella città di Vernon, dove si verificarono gli omicidi.
Trentacinque anni dopo, tuttavia, il Killer torna a colpire e uccide Pam Miller (Julie Bowen), una ex studentessa che aveva frequentato le tre ragazze accoltellate. Il Killer prende di mira anche la figlia della donna, Jamie (Kiernan Shipka), la quale tramite una macchina del tempo ideata da una sua amica si ritrova proiettata nel 1987, proprio nei giorni in cui il Killer colpì.
Jamie ha ora la possibilità di impedire gli omicidi e salvare sua madre e gli unici che possono aiutarla sono... i suoi genitori da giovani!
Se pensiamo ai viaggi nel tempo ci viene immediatamente in mente un film e questo è Ritorno al Futuro. Ebbene, questa pellicola lo omaggia esplicitamente, menzionandolo in più di un'occasione. Inoltre il tema del ragazzo del futuro (una ragazza, in questo caso) che incontra i propri giovani genitori qui ritorna.
C'è quindi una versione di Marty McFly al femminile e anche una di Doc Brown, sempre al femminile. Il tutto mixato con Halloween e il sempreverde killer mascherato che qui ricorda molto Max Headrooom, un telefilm molto in voga alcuni decenni fa.
Un voluto omaggio a quel periodo cinematografico, certo, ma la pellicola sottolinea anche come fossero molto diversi e particolari quei tempi, di solito così celebrati e preda della nostalgia. Pur non facendo una condanna totale, si sottolinea come all'epoca - seppur alcune cose vadano contestualizzate nella giusta ottica - cose come un sottile razzismo, il bullismo e la violazione della privacy fossero all'ordine del giorno.
Tempi molto diversi, dunque, che un giovane di oggi difficilmente potrebbe capire o concepire. Come probabilmente noi faremmo fatica a concepire i tempi in cui vivevano i nostri genitori o nonni. A dimostrazione che talvolta non occorre lanciare sempre e comunque strali di polemica. Talvolta bisogna solo guardarsi attorno, capire cosa c'è che non va e se possibile cambiare le cose.
Ah, un'ultima cosa. Questo è un film sui viaggi nel tempo e sapete che mal di testa possano causare, quindi verso la fine iniziate a pensare quadrimensionalmente e tutto andrà bene.

mercoledì 18 ottobre 2023

Netflix Original 163: Lionheart


Tra le varie nazioni che mancavano all'appello, da un punto di vista cinematografico, vi era anche la Nigeria. Ma in questo mondo sempre più globalizzato - lasciando ora da parte ogni critica od obiezione al riguardo, che tanto qui avrebbe poco senso approfondire la tematica - diventa sempre più a portata di mano il poter accedere a prodotti provenienti da altri paesi oltre ai consolidati Stati Uniti, Inghilterra, Francia e così via.
E dalla Nigeria infatti proviene Lionheart (e non stiamo parlando di Jean-Claude Van Damme), diretto da Genevieve Nnaji, scritto da Genevieve Nnaji, Ishaya Bako, Emil Garuba, C.J. Obasi e Chinny Onwugbenu e distribuito su Netflix a partire dal 4 gennaio 2019.
Adaeze Obiagu (Genevieve Nnaji), gestisce insieme al padre l'azienda familiare di trasporti Lionheart, una delle più rinomate del sudest della Nigeria e presa di mira da imprenditori senza scrupoli.
Quando però il padre ha un malore improvviso che lo costringe a riposare, la donna scopre un consistente ammanco di liquidità con le banche per coprire alcuni debiti di gestione dell'azienda. Con solo un mese a disposizione per sistemare le cose, Adaeze deve collaborare con lo zio Godswill (Nkem Owoh), nominato direttore dell'azienda ad interim al suo posto.
Si potrebbe pensare che questo sia uno di quei film che pone al centro della scena una donna indipendente e sicura di sé che deve emergere in un mondo dominato dagli uomini e preda dell'ipocrisia. Ebbene, sarebbe sciocco negare che questo tema non sia presente... eppure non è quello principale.
Tutte le persone che ruotano intorno all'elegante e affascinante protagonista, infatti, stimano le sue capacità manageriali e la sua abilità nel trattare con le persone. Quelli che vengono invece davvero sottolineati sono certi valori che, a quanto pare, nel paese di produzione di questa pellicola sono tenuti in gran considerazione.
A partire dalla fede e dalla credenza in Dio. Già il nome dello zio dovrebbe darvi un indizio al riguardo ma, se questo non bastasse, più di un paio di volte nel corso del film si sottolinea come sia importante credere nella volontà di Dio, capace di risolvere tutti i problemi.
In tal senso, dunque, lo zio diviene una sorta di voce della ragione all'interno della famiglia e una sorta di tramite tra il mondo terreno e quello "divino".
Altro valore che viene fortemente sottolineato è il rispetto verso la propria famiglia, di come sia importante restare sempre uniti di fronte alle avversità.
Ci sono almeno due scene - che non sono affatto collegate alla storia principale e durano alcuni minuti - in cui si parla solo di questi due argomenti, perché lo spettatore giunga a comprendere le motivazioni dei vari personaggi.
Chiaro che, a seconda del grado di fede di ognuno, o di assenza di fede, il singolo spettatore recepirà questi messaggi in maniera diversa. Chi non crede si ritroverà di fronte comunque a un dramma familiare di natura molto ordinaria e con personaggi, calati in un contesto urbano, che compiono scelte che siano umane il più possibile per non perdere la propria, di umanità.

martedì 17 ottobre 2023

Netflix Original 162: Quando gli Angeli Dormono


Per coloro che per lavoro, o anche solo per piacere, viaggiano spesso in auto, l'eventualità di un incidente stradale non è da escludere, non foss'altro per mere probabilità statistiche. I vari comportamenti umani determinano poi quello che succede dopo, e passano dalla conciliazione alla fuga dal luogo dell'impatto.
Poi ci sono i casi estremi, come quello che si verifica in Quando gli Angeli Dormono (Cuando los Ángeles Duermen), scritto e diretto da Gonzalo Bendala e distribuito su Netflix a partire dal 28 dicembre 2018.
Germán (Julián Villagrán) lavora per una compagnia di assicurazioni e si trova spesso lontano da casa, tanto che un giorno non riesce nemmeno a essere presente alla festa di compleanno della figlia, suscitando la rabbia della compagna Sandra (Marian Álvarez).
Per farsi perdonare, l'uomo compra un regalo per la bambina e prende in prestito un'auto aziendale per tornare a casa, ma lungo il tragitto - a causa della stanchezza - investe una ragazza. L'uomo si accorge che vi è una testimone del fatto, un'amica della ragazza di nome Silvia (Ester Expósito), la quale è in stato di shock.
Germán deve ora capire se ha memoria del fatto e come può riuscire a cavarsela.
Siamo di fronte a una trama molto semplice e immediata, una sorta di variante della tematica del cacciatore e della preda incentrato su due persone comuni, ovvero un impiegato stressato e padre di famiglia e una giovane ragazza che vuole solo divertirsi. Non vedrete dunque critiche sociali incentrate sulla piaga degli incidenti stradali, in ultima analisi questo è un thriller.
Già quando sale in auto, infatti, si intuisce subito che quella di Germán sarà una vera e propria discesa verso l'inferno, quell'inferno che può capitare a ognuno di noi in questo mondo imprevedibile. E come tale inferno si rifletta su altre persone, a partire dalla propria famiglia.
E proprio la famiglia diventa alla fine il tema principale, e quanto l'amore per essa possa spingere certe persone, buone nell'animo in apparenza, a commettere anche le peggiori atrocità.
Germán, come detto, è un padre di famiglia, ama la moglie e la figlia e non vuole che alcun male accada loro. Silvia invece è una ribelle, non rispetta del tutto i propri genitori. Il primo ha una casa a cui tornare, mentre la seconda sembra priva di una vera e propria direzione.
Potete dunque intuire come un legittimo desiderio di protezione e un altrettanto legittimo desiderio di salvezza entrino in contrasto, portando i due protagonisti a commettere lungo la via tutti gli errori possibili e immaginabili, alcuni esasperati per ragioni di trama. E alla fine solo uno di loro uscirà vivo da questo inferno, colui o colei che avrà più determinazione nel perseguire il proprio desiderio.

domenica 15 ottobre 2023

Italians do it better? 21: Si Accettano Miracoli (2015)


La religione cattolica e come essa viene professata torna a essere trattata in un nuovo film. Il motivo per cui questo viene fatto è, scusate se mi ripeto, che pur essendo il nostro un paese laico questa religione è la più diffusa in ogni regione d'Italia e perciò una pellicola che ne parla può attingere a un ampio bacino di pubblico.
In special modo una commedia, volta a trattare quasi ogni tematica con toni leggeri e talvolta surreali.
Si Accettano Miracoli è un film diretto da Alessandro Siani, scritto da Alessandro Siani, Gianluca Ansanelli e Tito Buffulini e distribuito nei cinema nel gennaio 2015.
Fulvio Canfora (Alessandro Siani) è gestore del personale per un'importante multinazionale e suo è il compito di annunciare ai dipendenti il loro licenziamento senza troppi complimenti. Quando però Canfora subisce questo stesso destino, in uno scatto d'ira dà una testata al suo capo.
Come pena accessoria, Canfora viene inviato a compiere lavori socialmente utili presso la parrocchia di una piccola cittadina dove si trovano suo fratello e sacerdote Germano (Fabio De Luigi) e la sorella Adele (Serena Autieri).
Poiché la parrocchia versa in gravi condizioni economiche e vi è carenza di fedeli, Fulvio concepisce un'idea fuori dal comune per risollevarne le sorti, che però porterà con sé anche impreviste conseguenze.
Cosa accadrebbe al personaggio interpretato da George Clooney in Tra Le Nuvole se vivesse in Italia? Semplice, sarebbe vittima dello stesso destino che infligge alle persone a cui annuncia il licenziamento.
Da questo presupposto, anche interessante ma che viene poi subito messo da parte, si innesta poi la classica commedia del pesce fuor d'acqua (l'uomo di città ricco che deve vivere in una piccola cittadina abitata da persone della classe borghese) che ha pure una storia d'amore ai limiti dell'imbarazzante alla Scent of Woman, ma al contrario e senza tango.
Nel mentre vi sono le consuete situazioni comiche a profusione, spesso basate su giochi di parole. Come già visto in altre produzioni, ve ne sono infine talmente tante - alcune per allungare un po' il brodo - da trasformare il tutto in un qualcosa di surreale.
Aldilà di questo, il film è un'allegoria - definirlo satira sarebbe eccessivo - non tanto della religione, ma di come questa viene sfruttata da talune persone per scopi egoistici, laddove invece la vera fede risiede nell'amore fraterno, nel credere nelle buone azioni... e continuate pure voi che io mi fermo qui.
Forse per un po' è meglio mettere da parte i film sulla religione.

sabato 14 ottobre 2023

Italians do it better? 20: La Mossa del Pinguino (2014)


Il Curling, quell'insolito sport dove bisogna far avvicinare - su un campo ghiacciato - una sfera a un cerchio utilizzando anche delle scope, esordisce come disciplina olimpica in tempi relativamente recenti, nel 1998. Quindi è uno sport che, a differenza di molti altri, è arrivato al grande pubblico solo in quest'era moderna.
Attirando su di sé anche qualche risata per le sue particolarità, nonostante comunque la sua storicità pregressa. Si potrebbe pensare dunque che in Italia non vi sia questa grande tradizione del Curling, eppure...
La Mossa del Pinguino è un film diretto da Claudio Amendola, scritto da Claudio Amendola, Edoardo Leo, Andrea Natella, Michele Alberico e Giulio Di Martino e distribuito nei cinema nel marzo 2014.
2005: Bruno (Edoardo Leo) è un umile uomo delle pulizie che ama la sua famiglia, ma ha grandi ambizioni che puntualmente vengono frustrate. Quando apprende che il Curling sarà presente come disciplina alle Olimpiadi invernali di Torino 2006, si convince che pochissime squadre italiane chiederanno di partecipare e che questa dunque è una buona possibilità per mettersi in mostra.
Superfluo dire che Bruno non ha la minima idea di quali siano le regole di questo sport, ma riesce comunque a coinvolgere in questa impresa l'amico Salvatore (Ricky Memphis). I due riescono anche a trovare gli ultimi due componenti del team, il vigile in pensione Ottavio (Ennio Fantastichini) e Nazareno (Antonello Fassari), un improbabile bulletto di periferia.
La squadra è formata. Ma che i quattro possano superare le selezioni è tutta un'altra faccenda.
Questo film sembra la versione all'italiana di Cool Runnings - Quattro Sottozero. Uno sport invernale poco conosciuto nel paese di origine dei protagonisti - almeno nell'anno in cui è ambientata la storia - che viene utilizzato per emergere dall'anonimato e cacciare via le delusioni date alla famiglia e agli amici.
I quattro protagonisti, infatti, rappresentano quel tipo di persone che incrociamo per strada molto spesso, talvolta siamo noi stessi. Coloro che compiono lavori umili ma onesti, ma al tempo stesso fanno anche delle pazzie, piccole o grandi che siano. Poiché vogliono essere qualcuno, vogliono che a un certo punto qualcuno dia loro una medaglia, anche solo morale, per ciò che hanno fatto.
Attraverso il curling, riescono infine a realizzarsi, a ritrovare loro stessi e ad affermare la propria identità... fino alla prossima pazzia, almeno.
Il tutto in un florilegio di situazioni comiche, talvolta ai limiti del paradossale (un balletto sul ghiaccio sulle note di Disco Inferno), e qualche omaggio, in particolar modo alla saga di Rocky e a Momenti di Gloria.
E il curling oggi in Italia? Be', vi è una federazione nazionale ufficiale e, nel 2022, alle Olimpiadi di Pechino, due italiani di nome Stefania Costantini e Amos Mosaner hanno vinto la medaglia d'oro nella categoria doppio misto. E non hanno dovuto utilizzare la mossa del pinguino.

venerdì 13 ottobre 2023

Prime Video Original 73: The Covenant


Dall'agosto 2021, l'Afghanistan è di nuovo sotto il controllo dei Talebani. Dopo essersi liberati dei russi con l'appoggio degli americani, hanno poi con pazienza atteso il ritiro delle truppe statunitensi a seguito dell'occupazione del territorio da parte dell'esercito americano dopo gli attentati dell'11 Settembre 2001 per riconquistare la nazione. Film come War Machine hanno ben chiarito come mai questa "esportazione della democrazia" fosse destinata al fallimento.
Ma l'Afghanistan, durante l'occupazione americana, è stata anche teatro di insoliti atti di eroismo. Come ad esempio in The Covenant, diretto da Guy Ritchie, scritto da Guy Ritchie, Ivan Atkinson e Marn Davies e distribuito su Amazon Prime Video a partire dal 27 luglio 2023.
2018: John Kinley (Jake Gyllenhaal), sergente dell'esercito americano, si ritrova a dover trattare con un nuovo interprete afgano, Ahmed (Dar Salim), dopo che il precedente interprete è rimasto vittima di un attentato.
All'inizio i due non legano molto, soprattutto quando Kinley scopre che Ahmed in passato simpatizzava per i talebani, pur avendone poi preso le distanze e combattutoli dopo che costoro hanno ucciso i suoi figli, ma ben presto i due dovranno unire le loro forze quando si ritroveranno dispersi in territorio nemico, a centinaia di chilometri da una base sicura.
Ricercati dai Talebani, John Kinley e Ahmed capiranno che le loro differenze possono rappresentare anche dei punti di forza.
Siamo davvero distanti dalle zone periferiche di Londra, dove erano ambientate le prime pellicole di Guy Ritchie, e più in generale siamo anche distanti dalle atmosfere che circondavano quei film.
Certo il regista non è più quello degli esordi e ha anche avuto la possibilità di realizzare dei blockbuster - i film su Sherlock Holmes e Aladdin - ma detto questo risulta un po' straniante in principio vederlo alla guida di un progetto che in sé necessariamente contiene elementi di patriottismo (pur non mancando qualche lieve critica, ma negli Stati Uniti prendersela con l'esercito è sempre qualcosa su cui bisogna pensarci due o più volte).
E infatti, più che una storia di guerra e di eroi di guerra, questa appare più come la storia di due uomini invischiati loro malgrado in un conflitto di cui non comprendono la piena portata. E all'interno di questo contesto stringono un legame (da qui il titolo), un legame speciale - di rispetto reciproco più che di amicizia - che li porterà a salvare l'uno la vita dell'altro in due differenti occasioni. Andando per questo sia contro i Talebani che contro la burocrazia e l'inettitudine degli organi esecutivi americani.
Come anche visto in La Furia di un Uomo, Guy Ritchie sembra essersi lasciato del tutto alle spalle quella peculiare ironia che aveva contraddistinto buona parte della sua produzione e di aver aderito a un più stretto e rigido realismo che, se da un lato risulta efficace in questo specifico contesto, dall'altro per chi apprezza l'operato di questo regista è come se mancasse qualcosa.
Ma ogni artista matura col tempo e questo nuovo percorso può rivelarsi foriero di sorprese.

giovedì 12 ottobre 2023

Netflix Original 161: Black Mirror - Bandersnatch


Sia nel passato che ancora oggi, i prodotti interattivi hanno fatto parte del mondo dell'entertainment. Soprattutto libri e fumetti, dove al lettore veniva data la possibilità di scegliere tra due o più opzioni e, a seconda della sua scelta, la storia si sarebbe conclusa in maniera differente.
Con la conseguenza che il più delle volte si rileggeva la storia, per vedere cosa sarebbe accaduto se si fossero operate scelte differenti.
E col cinema? Be', qui non è così semplice, visto che si fruisce di qualcosa che ambisce a offrire un prodotto di natura lineare allo spettatore. Ma lo sviluppo della tecnologia e delle piattaforme di streaming ha permesso anche questa svolta grazie a Black Mirror: Bandersnatch, diretto da David Slade, scritto da Charlie Brooker e distribuito su Netflix a partire dal 28 dicembre 2018. Come intuibile, questo film è uno spin-off della serie Black Mirror, ideata dallo stesso Charlie Brooker.
1984: Stefan Butler (Fionn Whitehead), un giovane programmatore di videogiochi, sta ideando un nuovo prodotto intitolato Bandersnatch, un gioco interattivo a scelta multipla basato su un omonimo libro di uno scrittore impazzito, Jerome Davies.
Una società di nome Tuckersoft si dimostra interessata al progetto ed è pronta a finanziarlo. Da quel momento per Stefan Butler si parano diverse strade e tutte quante dirette verso enigmatici finali in cui risulta fondamentale la figura di un altro programmatore, Colin Ritman (Will Poulter).
Un po' insolito il dover commentare un prodotto che presenta tanti epiloghi, ma non un vero e proprio epilogo... oppure no, forse non è questo il caso.
Stefan - e così lo spettatore - viene messo di fronte a diverse scelte nello svolgimento degli eventi. Alcune appaiono banali (che disco acquistare, quali cereali mangiare), altre sono importanti e alcune anche macabre (se uccidere o meno il padre).
Ma tutte queste scelte paiono convergere verso quello che comunque è un epilogo cupo, dove il protagonista finisce in prigione, impazzisce o muore per uno shock. E in tutti questi finali, capisce che la sua esistenza è governata da altre entità, che decidono per lui ciò che deve fare (in un caso, è addirittura Netflix stesso questa entità).
Sfruttando il fatto che questo è un prodotto interattivo dove pensiamo di avere il controllo, Charlie Brooker afferma che - nell'attuale mondo dominato dalla tecnologia un cui riflesso si intravedeva già decenni fa - molte di quelle scelte che noi riteniamo essere affidate al nostro libero arbitrio sono in realtà già state decise altrove, da "entità superiori" che sono attorno a noi, ma questa è una verità che spesso neghiamo a noi stessi.
Quando compriamo un prodotto perché siamo stati bombardati dalla pubblicità o quando vediamo un film perché l'algoritmo continua a consigliarcelo o quando prendiamo una decisione controversa perché qualcuno che non conosciamo dallo schermo di un computer ci dice che è qualcosa di normale e accettabile, non stiamo in realtà decidendo con la nostra testa.
Ogni giorno veniamo bombardati da decine di diversi messaggi. Sta a noi, se possibile, filtrarli e tracciare una nostra strada. Che non presenti molteplici finali.

mercoledì 11 ottobre 2023

Netflix Original 160: L'Erba Cattiva


Ci sono storie di riscatto, dove un perdente o un reietto della società inizia una nuova vita insegnando a persone più sfortunate di lui o che devono ancora trovare una propria strada morale.
Nei film americani tale insegnamento viene dato ai ragazzi del ghetto e può avere sia toni da commedia, come in Sister Act 2, che drammatici, come in Pensieri Pericolosi. Ma, aldilà delle semplificazioni che i film devono adottare per una tematica molto delicata, i ragazzi di strada sono presenti dappertutto e l'insegnamento può giungere ovunque.
Come accade in L'Erba Cattiva (Mauvaises Herbes), scritto e diretto da Manouchehr Tabib alias Kheiron e distribuito su Netflix a partire dal 21 dicembre 2018.
Waël (Kheiron) e Monique (Catherine Deneuve) sono due ladruncoli di basso profilo che rubano la spesa alle persone anziane al supermercato. Un giorno, però, una rapina non va in porto perché Monique conosce la vittima, Victor (André Dussollier).
Per evitare la prigione, Victor chiede ai due di lavorare su base volontaria presso un istituto per ragazzi problematici, Waël come supplente temporaneo e Monique come segretaria.
I due non hanno alternative e accettano la proposta, ma quest'esperienza cambierà le loro vite.
Parigi, dove si ambienta la storia del film, è una città molto grande, multiculturale e in cui convivono diverse anime e - come accade in tutte le grandi città di questo genere - vi è una notevole disparità tra ricchi e poveri, con questi ultimi che vivono in quartieri degradati, delle banlieue dove il progresso non è mai arrivato pienamente.
All'interno di questo contesto, che è noto anche all'estero grazie ahinoi a numerosi fatti di cronaca nera, si inseriscono svariate storie di riscatto e rinascita. A partire da quella di Waël, l'ultimo degli ultimi, un immigrato musulmano che è stato costretto a vivere per strada e rubare fin da piccolo.
Nel trovarsi dunque di fronte a dei ragazzi problematici provenienti dai quartieri più disagiati, che non sanno leggere e scrivere in maniera appropriata oppure si odiano solo perché è stato detto loro di farlo con chi è ritenuto diverso, Waël può dunque rispecchiarsi e insegnare qualcosa di più utile della grammatica e della matematica.
Può insegnare loro come vivere, e non sopravvivere, nel mondo attuale perché questi ragazzi non commettano i suoi stessi errori o, peggio, affrontino gli orrori che lui ha dovuto sperimentare (non è proprio tutto rassicurante, nonostante ci siano molte scene comiche). Waël diventa così una insolita figura salvifica, così come lo è stata per lui Monique quando costei era una giovane monaca e lo ha tolto dalle strade.
Attorno al protagonista, ruotano piccole storie d'amore e una breve trama thriller, per dare un po' di colore. Ma sono aggiunte che probabilmente servono a catalizzare l'attenzione del pubblico medio, è chiaro come il focus della pellicola sia su altre tematiche. Certo, c'è un po' di sano buonismo di fondo, ma non è così invadente e, come detto, i film che trattano una tematica delicata devono adottare delle semplificazioni.

sabato 7 ottobre 2023

Italians do it better? 19: Torno Indietro e Cambio Vita (2015)


Un anno prima di Ritorno Al Futuro, due italiani compiono un viaggio nel passato, nel Medioevo. Si tratta di Massimo Troisi e Roberto Benigni che, in Non Ci Resta che Piangere, hanno modo di dare libero sfogo all'arte dell'improvvisazione.
Il cinema italiano, in apparenza molto restio a trattare il tema dei viaggi temporali, in realtà torna sull'argomento nel 1996 con A Spasso nel Tempo, di Carlo Vanzina, che diviene oggetto anche di un sequel. E lo stesso regista torna a occuparsi di un altro viaggio nel tempo grazie a Torno Indietro e Cambio Vita, scritto da Carlo Vanzina ed Enrico Vanzina e distribuito nei cinema nel giugno 2015.
Il quarantenne Marco Damiani (Raoul Bova) è convinto di avere tutto dalla vita. Ha un caro amico, Claudio Palmerini (Ricky Memphis), che è sempre al suo fianco, un buon lavoro e una moglie fedele, Giulia (Giulia Michelini).
Quando però Giulia gli confessa di non amarlo più e di avere un amante, il mondo perfetto di Marco crolla. Mentre è insieme a Claudio, i due vengono investiti da un'auto e per magia si ritrovano proiettati indietro nel tempo, al 1990, quando entrambi erano ancora degli studenti.
Marco ha ora la possibilità di rimettere le cose a posto e non fidanzarsi con Giulia, conosciuta in quello stesso anno: ma si rivelerà la scelta giusta?
Spesso il viaggio nel tempo diventa un semplice pretesto per parlare di altro, cosicché il tema non viene approfondito più di tanto. Questo film rappresenta uno di questi casi: non viene spiegato, né importa agli sceneggiatori che questo sia spiegato, come Marco e Claudio viaggino nel tempo quando subiscono un tamponamento, quindi non aspettatevi dei chiarimenti in merito.
In realtà dietro questa pellicola c'è una sorta di operazione nostalgia molto simile a quella vista in Sapore di Mare, che pur era ambientata in un decennio differente. Quella nostalgia tipica dell'essere umano per cui "come erano belli i tempi in cui..." quando si era più giovani, si viveva una vita più spensierata e c'erano meno responsabilità di cui farsi carico.
Il fatto che la storia sia ambientata nel 1990 non è dunque un caso: è l'anno immediatamente successivo agli anni '80 e concetti come l'Euro, l'Europa unita, Internet e la globalizzazione sono ancora ben distanti.
Si opera così una facile presa sul pubblico, facendo ricordare agli spettatori più "maturi" quei tempi solo in apparenza più innocenti, sbloccando ricordi come le cabine telefoniche e i gettoni, le lire e quelle piccole follie che si fanno da giovani.
Ma non è così semplice risolvere problemi complicati come le relazioni di cuore, ogni scelta che compiamo influenza il nostro futuro, come Marty McFly ci ha insegnato (a proposito, il capolavoro di Robert Zemeckis viene espressamente citato a un certo punto, quindi l'omaggio è dichiarato).
La conclusione in questo caso è che bisogna prendere quanto abbiamo fatto di buono in passato e cercare di conservarlo nel presente, poiché se ci ha donato felicità vuol dire che un motivo c'è. Molto semplice e scontato in apparenza, ma per quel pubblico nostalgico che ha visto ricreato il proprio passato con altrettanta semplicità ciò sarà più che sufficiente.

venerdì 6 ottobre 2023

Netflix Original 159: Bird Box


A volte gli scenari apocalittici non devono essere necessariamente ambientati in scenari desolati, pieni di predoni dal look insolito, con esplosioni e inseguimenti in auto mozzafiato.
Film come A Quiet Place hanno dimostrato che uno scenario apocalittico funziona benissimo anche in un contesto urbano, nel mondo che ci circonda e che un evento insolito altera in maniera drastica, costringendo l'umanità a divenire cacciatrice e preda allo stesso tempo. Poiché non esiste animale più selvaggio dell'essere umano. E a volte il silenzio è più assordante del caos.
Si inserisce in questo filone anche Bird Box, diretto da Susanne Bier, scritto da Eric Heisserer e distribuito su Netflix a partire dal 21 dicembre 2018. La pellicola si basa sull'omonimo romanzo scritto da Josh Malerman.
Malorie Hayes (Sandra Bullock), una pittrice, è rimasta incinta a seguito di una fugace relazione. Quando insieme alla sorella si reca in ospedale per fare un'ecografia, assiste a un improvviso scoppio di follia globale - già verificatosi in Europa e Asia - di cui la sorella è una delle prime vittime.
Si scopre che questi attacchi di follia improvvisa, che spingono le persone a suicidarsi, sono probabilmente causati da delle misteriose entità che se guardate, pur non essendo in apparenza visibili, portano una persona subito alla pazzia e all'autolesionismo.
Malorie trova rifugio presso una casa dove si sono barricati altri sopravvissuti, tra cui vi è anche il cinico e disilluso Douglas (John Malkovich). Quando devono uscire per necessità o procurarsi provviste, i sopravvissuti indossano delle bende sugli occhi per impedire che le entità li facciano impazzire.
Potrà l'umanità sopravvivere in questo scenario da incubo?
Qual è lo scenario apocalittico più angosciante? Quello che appare molto simile al mondo in cui viviamo. E non solo perché si svolge in un paesaggio dove gli edifici restano in piedi, dove le strade non sono distrutte e dove c'è cibo in abbondanza nei supermercati, ma per le divisioni che si creano tra i sopravvissuti. Divisioni che riflettono in chiave metaforica quelle del mondo reale.
Come si può notare dalla data di uscita, il film (e così il romanzo di riferimento) sono antecedenti alla pandemia di COVID-19, ma a quel tempo negli Stati Uniti vi erano curiose forme di complotto che vedevano i rappresentanti governativi sacrificare bambini per ottenere poteri mistici non ben specificati. Ma non tanto per l'assurdità della teoria in sé, quello che stupiva era - pur rimanendo una minoranza - quanti seguaci avesse tale teoria attratto.
Gente disillusa, ovviamente, insoddisfatta della propria vita che scarica altrove i propri fallimenti per non attribuirsene la colpa.
Fatti i dovuti distinguo, perché questa alla fine rimane sempre un'opera di intrattenimento, la pellicola mette a confronto la parte attiva e altruista dell'umanità, rappresentata da Malorie (che si preoccupa degli altri, ha un forte senso materno e non perde la speranza anche di fronte alla situazione più difficile, pur avendo come tutti dei dubbi lungo la via) con quella più egoista rappresentata da Douglas (guidato dal cinismo, che diffida di tutto e tutti e afferma senza problemi di essere un complottista e che ogni cosa andrà prima o poi a finire male).
Eppure vi sorprenderà forse sapere che Malorie non è necessariamente una figura del tutto positiva e Douglas una del tutto negativa. I due interagiscono, parlano tra loro pur mantenendo le loro differenze caratteriali e, di fronte alla pazzia collettiva in cui il mondo sta precipitando, il dialogo e la ragione rimangono le armi più potenti.
In questo caso l'apocalisse non è quella alla Mad Max. Qui la fine del mondo giunge improvvisa, così come improvvisi a volte sono gli eventi che alterano la nostra realtà. E dobbiamo decidere se conservare la nostra umanità. Nei cinque anni che passano lungo il corso di questa pellicola, la protagonista in maniera inevitabile cambia, ma quando spetterà a lei fare la scelte decisiva, dovrà stabilire se quella parte altruista di lei è ancora presente.

giovedì 5 ottobre 2023

Fabolous Stack of Comics: Savage Dragon - Resa dei Conti


E così Savage Dragon giunge all'importante traguardo del cinquantesimo numero. Il personaggio ideato da Erik Larsen, nato non così tanto in sordina nel 1992 nella miniserie Battesimo del Fuoco, in queste prime storie ne ha viste come si suol dire di cotte e di crude (non è mancato nemmeno un ciclo di morte e resurrezione, giusto per non farsi mancare nulla).
Ora è tempo però di proseguire lungo altre strade con Resa dei Conti (Endgame), saga pubblicata nel 1998 nei numeri dal 47 al 52 della serie regolare dedicata all'eroe.
Savage Dragon è stato allontanato dalla polizia di Chicago e ora, a partire dal ciclo La Guerra dei Mondi, lavora per la S.O.S. (Special Operations Strikeforce) insieme ad altri eroi. Tuttavia, la nostalgia per la sua città d'origine rimane.
Quando il Circolo Vizioso ritorna in attività per cercare di trafugare l'armatura di Overlord, Dragon contro il parere dei suoi superiori ritorna a Chicago per sventare la minaccia e sarà assistito in questa occasione dalla sua controparte femminile: She-Dragon.
Tornano con questo ciclo, ma non sono mai sparite a onor del vero, le atmosfere e gli omaggi alle storie di Jack Kirby - anche se in certi casi paiono quasi una parodia - tramite le controparti di questo universo dei Nuovi Dei e degli dei asgardiani.
Tornano con questo ciclo, ma non sono mai spariti dalla mente di Erik Larsen a onor del vero, gli sberleffi ai danni di John Byrne. She-Dragon vuole infatti essere la parodia di She-Hulk che, pur non essendo stata creata da Byrne, è stata da lui portata al successo in una celebre serie metafumettistica.
Anche se le origini ricordano più quelle concepite da Stan Lee e John Buscema e non c'è alcun sfondamento della quarta parete (forse anche per evitare accuse di plagio sempre poco piacevoli), dietro la creazione della controparte di questo universo vi è la controparte di John Byrne e dei Next Men (roba che il Multiverso levati).
Tornano con questo ciclo, e sì quelle non sono mai mancate, le botte da orbi e le splash page, vero e proprio tratto distintivo di questa serie sin dal primo numero.
Erik Larsen si diverte infine a inserire qualche scena di sesso per stuzzicare il pubblico di riferimento, inserendo così tematiche mature che in altri fumetti dell'epoca non apparivano (con gli eroi casti e puri), anche se il risultato più di venti anni dopo può apparire risibile.
E il cinquantesimo numero? Be', non è proprio così celebrativo, ma di certo introduce un piccolo cambiamento dello status quo che - per quanto temporaneo - si riflette nelle storie successive.
Tornerà Savage Dragon con un nuovo ciclo? Ma certo che sì.