domenica 31 ottobre 2021

Netflix Original 15: 7 Años


Vi è una categoria di film abbastanza particolare, nemmeno classificabile come genere, direi, che è quella ambientata principalmente in una stanza e tutta la trama è incentrata sulle interazioni/discussioni tra le persone presenti in quella stanza in relazione a un determinato argomento.
L'esempio più celebre in tal senso è senza ombra di dubbio La Parola ai Giurati (12 Angry Men) di Sidney Lumet, ma si possono citare anche Saw - L'Enigmista o Sleuth - Gli Insospettabili.
In questa particolare categoria rientra anche la prima produzione spagnola di Netflix7 Años, diretta da Roger Gual e distribuita a partire dal 28 ottobre 2016.
Quattro amici e soci di un'azienda (Juana AcostaÀlex BrendemühlPaco León Juan Pablo Raba) si incontrano d'urgenza in una notte di sabato poiché il fisco spagnolo ha individuato delle gravi mancanze nei loro registri societari configurabili come reati penali e che prevedono una pena di almeno sette anni (da qui il titolo).
I quattro si accordano su una proposta che vedrà uno solo di loro andare in prigione, accollandosi tutte le colpe, ma per decidere chi sarà viene convocato un mediatore, José Vega (Manuel Morón).
Tutti i rancori, i segreti e i sentimenti nascosti in tutti questi anni da parte dei quattro vengono infine rivelati, e alla fine la prigione rischia di essere l'ultimo dei loro problemi.
In questo tipo di film, che possono anche basarsi su canovacci consolidati (Segreti & Bugie alla Mike Leigh in questo caso), quello che più conta è vedere come i vari attori sapranno interagire tra loro e come avverrà la loro discesa all'inferno, perché solo questo può infine essere. Quindi se il film riesce a catturare la nostra attenzione sino alla fine (anche se dura poco, come in questo caso, ma la noia è sempre dietro l'angolo), vuol dire che ha raggiunto il suo obiettivo.
Ora io non conosco il cinema spagnolo più recente e gli attori protagonisti della pellicola, ma per quanto mi riguarda hanno fatto un buon lavoro. Soprattutto interessante è stato vedere come si parta da una situazione non dico idilliaca ma collaborativa ("c'è questo problema, ma troveremo una soluzione insieme, la società l'abbiamo costruita col nostro lavoro") a una dove i rapporti di lavoro non contano più nulla e ognuno dei quattro soci cala la maschera e mostra il suo vero volto, dimostrando come il concetto di amicizia tanto sbandierato fosse in realtà avvolto da un immenso velo di ipocrisia.
Il finale forse prevedibile, quindi, è esattamente quello che deve essere. Si prospettava una discesa all'inferno solo per uno di loro, ma in ultimo tale dannazione li colpirà tutti. E difficilmente potranno riprendersi. Quella stanza, dunque, era una sorta di purgatorio da cui nessuno di loro si è garantito l'ascesa verso il paradiso.
Da 7 anni a un'eternità di sofferenza.

venerdì 29 ottobre 2021

Fabolous Stack of Comics: Inumani - Re in Eterno


Ritornano gli Inumani, ma stavolta non ci concentreremo sulle loro traversie nel presente e faremo un tuffo nel passato grazie alla miniserie in cinque numeri pubblicata nel 2017 Inumani: Re in Eterno (Inhumans: Once and Future Kings), scritta da Christopher Priest e disegnata da Phil Noto.
Le origini degli Inumani erano già state narrate negli anni '60 del ventesimo secolo da Stan Lee e Jack Kirby, quindi Priest ha concepito una sorta di storia mai narrata ambientata poco dopo la tragica morte dei genitori di Freccia Nera e Maximus.
Ci troviamo agli albori del Marvel Universe. Freccia Nera e Maximus sventano un attentato dei Primitivi Alfa ai danni dell'Innominato, reggente di Attilan, orchestrato da Elisha, un Primitivo Alfa evoluto.
Costui contatta poi i due fratelli, avvertendoli di guardarsi dalle mire di potere dell'Innominato, il quale non consentirà mai loro di ascendere al trono. Nel tentativo di capirne di più, Freccia Nera, Maximus e una riluttante Medusa si ritroveranno a New York, dove troveranno un mondo a loro alieno e che rischia di ucciderli prima che lo faccia l'Innominato.
Quella che ci troviamo di fronte è la classica storia di origini, che nulla toglie e nulla aggiunge rispetto a quanto già sapevamo. La futura famiglia reale Inumana è qui nelle vesti dei baldi giovani che hanno appena scoperto i loro poteri (metafora della pubertà) e devono abituarsi ad essi (maturazione del singolo individuo).
E come spesso accade, il processo di crescita si verifica in un ambiente sconosciuto e per certi versi anche ostile, che approfitta dell'ingenuità dei giovani Inumani, non può dunque mancare in questo senso Spider-Man, il primo supereroe con cui gli Inumani entrano in contatto... eh, quando si dice la retcon!
Non casuale la presenza in questa storia di Wizard, che spiega così - seppur in maniera indiretta - come mai abbia fatto entrare qualche tempo dopo una Medusa in stato di amnesia nei Terribili Quattro.
Phil Noto incassa l'assegno disegnando gli Inumani come davvero giovani, forse troppo giovani, considerato che - in termini narrativi - conosceranno i Fantastici Quattro solo pochi mesi dopo e lì Kirby, che i ragazzini li disegnava comunque muscolosi, li ritrae già come persone adulte.
Insomma, una storia abbastanza lineare, prevedibile, ma che di per sé non si pone pretese. Qualcosa da leggere in velocità, e va più che bene.

mercoledì 27 ottobre 2021

Netflix Original 14: Mascots


A volte vediamo film strani o che riteniamo fuori dall'ordinario e, mentre la visione prosegue, siamo ben consapevoli della stramberia di ciò che stiamo osservando. Tuttavia non possiamo fare a meno di andare avanti, sino alla fine, per poi magari rimanere un po' interdetti.
Ecco, Mascots, film diretto da Christopher Guest, sceneggiato dallo stesso Guest e da Jim Piddock e distribuito su Netflix a partire dal 13 ottobre 2016, rientra in questa categoria di film.
Si sta per svolgere l'edizione annuale del Campionato Mondiale delle Mascotte, con tanti personaggi eccentrici e i loro peluche umani provenienti da tutto il mondo che sperano di vincere il premio più ambito, il Premioso d'Oro.
In questa insolita competizione, si intrecciano le storie di sei Mascotte e dei loro supporter, amici e familiari, in un crescendo che culminerà con la proclamazione del vincitore.
Questo film descrive un mondo che qui in Italia è praticamente ignoto e ci è arrivato filtrato solo attraverso altre pellicole del passato o documentari a sfondo sportivo: il mondo delle mascotte delle squadre professionistiche, siano esse di basket, calcio o altro.
Sì, quei tizi con costumi di solito da animali che si trovano ai bordi del campo, incitano il pubblico, ballano durante le pause tra un tempo e l'altro, scherzano con gli atleti e gli allenatori... e gli arbitri quando si può.
Questo è un mondo che non immaginavo fosse così competitivo, al pari delle partite delle squadre che si affrontano. Se infatti la pellicola ironizza e sottopone a satira questo insolito mondo, dietro di esso vi sono decine di persone che - certo animate anche da intenti monetari non così di basso profilo - perseguono il tutto con passione.
La pellicola si pone come una sorta di unione tra il finto documentario - con tanto di interviste alle Mascotte e ai loro supporter - e il finto reportage sul campo, con una sorta di dietro le quinte della competizione, dei giudici e dei drammi fuori e dentro la gara che avvengono tra i vari protagonisti di questa vicenda, tutti attori di seconda fascia, ma di cui ne riconoscerete almeno un paio.
Oltre forse a pagare il fatto che il fenomeno delle Mascotte è poco conosciuto da noi - quindi c'è il rischio di non capire come mai i protagonisti siano tanto esagitati e tengano a ciò che fanno - certe scene che vogliono essere serie o seriose si trascinano un po' troppo a lungo.
Di per sé questo film non è un capolavoro, credo neppure abbia la pretesa di esserlo, e rimane discretamente divertente, però la vostra soglia di tolleranza al surrealismo deve essere molto alta prima che vi approcciate alla sua visione.

lunedì 25 ottobre 2021

Fabolous Stack of Comics: Batman - Cavaliere Bianco


Durante la Silver Age erano chiamate "Storie Immaginarie". Dopo Crisi Sulle Terre Infinite sono state rinominate Elseworlds. Sono quelle storie della DC Comics che non possono svolgersi per vari motivi nell'universo principale e divengono dunque racconti alternativi ambientati in universi paralleli.
Questo non impedisce comunque che, di tanto in tanto, alcune Storie Immaginarie divengano parte della continuity DC (i Supersons) o alcuni Elseworlds divengano mondi facenti parte del Multiverso (il Batman Vampiro, il Batman Vittoriano).
Anche se la DC Comics non utilizza più queste definizioni da alcuni anni, ogni tanto fanno capolino nuovi universi alternativi. Come quello che si può osservare nella miniserie di otto numeri Batman: Cavaliere Bianco (Batman: White Knight), scritta e disegnata da Sean Gordon Murphy e pubblicata tra il 2017 e il 2018.
L'impensabile accade: a seguito dell'ennesimo scontro con Batman, Joker ingerisce delle pillole che lo curano dalla sua follia, permettendogli di rientrare in società e usare il suo vero nome, Jack Napier.
Napier inizia a mettere in discussione i metodi di Batman e della polizia di Gotham City, accusandoli di eccessiva violenza e di mettere in pericolo con le loro azioni la sicurezza dei cittadini. I suoi discorsi lo pongono ben presto al centro dell'attenzione, rendendolo uno degli uomini più influenti della città.
In questa sua crociata, Napier viene aiutato da Harley Quinn, ma dovrà affrontare - oltre che la rabbia di Batman - un'altra Harley Quinn!
Sean Gordon Murphy entra con questa storia nella categoria dei disegnatori che compiono il salto della barricata divenendo autori completi. Per questo suo primo impegno, si affida a un personaggio di sicuro impatto come Batman, utilizzando un tema ricorrente quale la sua dicotomia col Joker.
Detto questo, però, Murphy non si adagia sugli allori, ribaltando le carte in tavola e rendendo Joker il "buono" e Batman il "cattivo", operando al contempo un apprezzabile restyling della sua galleria di nemici.
Così come è interessante l'esistenza di una doppia Harley Quinn, di cui la prima è quella più aderente alla visione originaria di Paul Dini e Bruce Timm - con un pizzico di indipendenza in più - mentre la seconda è una sorta di metafora della Harley Quinn odierna, più anarchica e folle.
Nel descrivere alcuni componenti delle forze di polizia, e persino lo stesso Batman, come tendenti alla violenza e alla prevaricazione verso il prossimo, pare quasi ravvisarsi una metafora di eventi molto sentiti all'epoca della pubblicazione della storia - le accuse contro una sempre crescente brutalità degli agenti di polizia erano già molte - e che purtroppo sarebbero peggiorati con l'uccisione di George Floyd.
Jack Napier, un nome che rende omaggio al primo film di Batman diretto da Tim Burton, persegue certo obiettivi a scopo personale, ma i suoi sentimenti sono comuni a molte altre persone ed ecco dunque perché ottiene tanto successo.
Batman e Gordon, invece, concentrati solo sulla loro missione di catturare i criminali, hanno dimenticato che devono anche essere al servizio della legge e dei cittadini, cosa da cui si sono distaccati, come loro stessi riconoscono verso la fine capendo che, pur perseguendo un giusto obiettivo, stavano rischiando di precipitare nella follia, come quella che ha colpito Joker per anni.
Ed è stato proprio il Joker "sano" a curarli da questa condizione.
Questa prima prova da autore solista di Sean Gordon Murphy è all'altezza della situazione e ha poi dato vita ad altre storie ambientate nel medesimo universo narrativo. Sarà di certo un Elseworld, ma è anche uno sguardo su una realtà che molti di noi hanno conosciuto in questi ultimi anni.

sabato 23 ottobre 2021

A scuola di cinema: Il Santo (1997)

1928: Viene pubblicato Meet the Tiger, la prima storia che vede protagonista Simon Templar, anche noto come Il Santo, personaggio ideato dallo scrittore Leslie Charteris. Decine di altre storie, sotto forma di romanzi e racconti, vengono pubblicate negli anni successivi - alcune di esse firmate da Charteris, ma scritte da alcuni ghost writers a seguito del suo ritiro dalle scene - fino alla scomparsa dello scrittore nel 1993.
Il Santo attira l'interesse del cinema già pochi anni dopo la sua creazione, tanto che il primo film che lo vede protagonista e dove viene interpretato da Louis Hayward è del 1938. Questo senza contare serial radiofonici, in cui il protagonista è nientemeno che Vincent Price, e fumetti.
Tuttavia, il prodotto mediatico più celebre a livello internazionale incentrato su questo personaggio è la serie televisiva andata in onda per sei stagioni sulla rete inglese ITV, dal 1962 al 1969, e dove Simon Templar è interpretato da Roger Moore.
Pur essendo l'ultimo romanzo con protagonista il Santo pubblicato nel 1983, il personaggio riesce svariati anni dopo ancora a catturare l'attenzione del pubblico cinematografico.


All'inizio degli anni '90 del ventesimo secolo, la Paramount Pictures acquisisce i diritti di sfruttamento sul personaggio di Simon Templar e sceglie Sidney Pollack come regista. Viene anche completata una sceneggiatura da parte di Steven Zaillian, incentrata a quanto sembra su una rapina a una banca svizzera e inseguimenti tra automobili.
Viene contattato per la parte del Santo Ralph Fiennes, a cui viene offerto un compenso di 1 milione di dollari. L'attore, tuttavia, non troppo entusiasta della sceneggiatura rifiuta la proposta.
Viene ideato dunque un nuovo trattamento da parte di Jonathan Hensleigh, che si avvicina molto a quello che sarà il risultato finale, con Templar che agisce come mercenario al soldo di un magnate russo del petrolio interessato a rubare a una scienziata americana la formula per la fusione nucleare fredda. Viene anche scelto un nuovo regista, Phillip Noyce.
Per il ruolo principale vengono considerati diversi attori tra cui Kenneth Branagh, Kevin Costner, George Clooney e altri. Hugh Grant ha un incontro col regista, ma non gradisce molto l'approccio che vuole dare al personaggio principale e rifiuta la parte.
Phillip Noyce, in realtà, vorrebbe Mel Gibson nel ruolo di Templar e anche l'attore si dimostra interessato, solo che le riprese lo porterebbero lontano da casa, da cui manca da troppo tempo a seguito della conclusione delle riprese di Braveheart e preferisce dunque declinare la proposta.
Alla fine viene scelto Val Kilmer, il quale accettando questo incarico decide anche di non partecipare al nuovo film su Batman diretto da Joel Schumascher.
La sceneggiatura di Jonathan Hensleigh viene poi revisionata da Wesley Strick, il quale - oltre ad adattarla alla personalità di Kilmer - rende Templar un ladro, piuttosto che un mercenario, e concentra l'ambientazione in Inghilterra, mentre il primo trattamento si svolgeva principalmente tra Stati Uniti e Russia.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 26 marzo 1996, tenendosi a Mosca, Oxford e Londra, per concludersi il 9 agosto 1996.
Una delle scene viene girata presso la Biblioteca Bodleiana dell'Università di Oxford, la quale viene chiusa al pubblico per alcuni giorni, generando del malcontento tra alcuni studenti che in quei giorni devono studiare per gli esami di fine anno.
L'epilogo originario, previsto nella sceneggiatura e regolarmente girato, tanto che alcune scene compaiono nel primo trailer della pellicola, vede la dottoressa Emma Russell (interpretata da Elisabeth Shue) morire tra le braccia di Templar dopo essere stata attaccata da Ilya, il figlio di Ivan Tretiak.
Preda dell'ira, Templar si imbarca in una missione di vendetta, vanificando i piani del criminale russo di mettere un proprio fantoccio al comando del parlamento russo e affrontando a viso aperto Ilya, con una lotta che si conclude sopra un candelabro, mentre esplosioni causate da petrolio infiammato avvengono sotto di loro.
Il Santo mostra a Ilya il disco contenente le informazioni per la fusione nucleare fredda, ma quando l'assassino cerca di afferrarlo Templar fa sì che l'uomo precipiti verso le fiamme.
La scena finale vede Templar recarsi presso l'abitazione di Emma Russell, dove trova una lettera da lei scritta e a lui indirizzata. Commosso dopo averla letta, Templar giura che da questo momento in avanti userà le sue capacità solo per fare del bene agli altri.
Questo finale, tuttavia, non ottiene un riscontro positivo durante le proiezioni preliminari (non viene molto gradito, infatti, il fatto che il personaggio di Emma Russell scompaia dalla scena praticamente poco dopo la metà del film).
Si decide dunque, quasi all'ultimo momento, di girare delle scene aggiuntive. E così, a pochi mesi dalla distribuzione ufficiale nei cinema, la troupe e parte del cast - inclusi Val Kilmer ed Elizabeth Shue - vengono richiamati sul set per questo impegno supplementare.
Le riprese aggiuntive vengono girate in due distinte occasioni: una prima volta nel dicembre 1996, per otto giorni, poco prima di Natale e una seconda volta a inizio gennaio del 1997, ancora per otto giorni. Tali scene aggiuntive fanno lievitare il budget del film di circa 2 milioni di dollari.
Seppur non presente fisicamente nel film, Roger Moore compare in un cameo vocale verso la fine come speaker di un notiziario radiofonico.
Il Santo (The Saint) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 4 aprile 1997. A fronte di un budget di circa 68 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale quasi 170 milioni di dollari.
Un successo discreto, che fa sì che un paio di nuovi romanzi del Santo scritti da Bart Bauer vengano pubblicati, ma non eccezionale e che non è sufficiente a garantire un sequel per un'ulteriore avventura.
Dopo un paio di decenni di oblio, il personaggio di Simon Templar ritorna solo nel 2017 in un film pilota per la televisione, girato nel 2013 ma mai trasmesso visto che non viene ordinata la relativa serie. Viene programmato solo quattro anni dopo, a seguito della morte di Roger Moore, presente nel pilota in questione in un ruolo secondario.
Dopo Il Santo, Val Kilmer passa dai ruoli da eroe a film dall'impatto più drammatico... ma questa è un'altra storia.

giovedì 21 ottobre 2021

Netflix Original 13: La Battaglia di Jadotville


Ritorna un film di guerra su Netflix, a seguito della prima produzione originale, Beasts of No Nation. E ancora una volta ci si ritrova in Africa.
La Battaglia di Jadotville (The Siege of Jadotville) è una pellicola diretta da Richie Smyth e sceneggiata da Kevin Brodbin, distribuita su Netflix a partire dal 7 ottobre 2016.
Il film si basa sul libro del 2005 di Declan Power The Siege at Jadotville: The Irish Army's Forgotten Battle e prende ispirazione da un fatto storico reale.
Nel settembre 1961, a seguito della secessione dal Congo dello stato del Katanga, una truppa di soldati irlandesi al servizio dell'ONU capitanati da Pat Quinlan (Jamie Dornan) viene inviata nella città di Jadotville per pattugliare una zona sensibile.
Nello stesso momento viene portata avanti da Conor Cruise O'Brien (Mark Strong), anch'egli irlandese, l'Operazione Morthor, volta a sottrarre al dittatore del Katanga, Moise Tshombe, l'autorità presa con la forza e l'omicidio.
Abbandonati a sé stessi, i soldati irlandesi subiscono per cinque giorni l'attacco di mercenari francesi e africani al servizio del dittatore del Katanga. Quinlan ha 150 uomini al suo comando e farà di tutto per riportarli a casa sani e salvi, anche se questo significa andare contro le disposizioni delle Nazioni Unite.
Uno dei meriti del cinema è che, quando vuole, riesce a portare all'attenzione del pubblico eventi storici poco noti o dimenticati. Questo è uno di essi. Per svariati decenni questo fatto storico è rimasto nel dimenticatoio, persino buona parte della popolazione irlandese ne era all'oscuro, e tutti i soldati coinvolti nella battaglia - a seguito della quale si sono arresi e sono rimasti in prigione per circa un mese - sono stati ritenuti dei codardi.
Con l'inizio del terzo millennio, sono arrivate le prime indagini ufficiali su questo evento - caldeggiate da Declan Power, l'autore del libro da cui è stato tratto questo film - e hanno completamente riabilitato Pat Quinlan e gli uomini al suo comando. Nonostante il conflitto armato e qualche inevitabile ferito, nessuno di loro è morto in combattimento durante quei frenetici cinque giorni in cui anche l'ONU - in nome di un cosiddetto bene superiore - li ha abbandonati.
Pur non potendo contare la pellicola su numerosi mezzi, gli attori - per quanto di seconda fascia, con l'eccezione di Mark Strong - si impegnano al massimo per consegnare un buon prodotto.
Si deve dunque sorvolare, per quanto possibile, sulla resa scenica (ho comunque visto di peggio in film più quotati) e concentrarsi sulla storia. Una storia di uomini che soffrono, cadono, ma trovano sempre il modo di rialzarsi e restare uniti, sino alla fine.
Pat Quinlan è deceduto nel 1997 e la sua memoria è stata riabilitata solo nel 2006. Questo film contribuisce ulteriormente a rendergli merito: dopotutto ha riportato a casa sane e salve 150 persone.

martedì 19 ottobre 2021

Fabolous Stack of Comics: Universo DC - Rinascita


Geoff Johns è il maestro delle Rinascite, di quel meccanismo narrativo volto a recuperare quelle caratteristiche vincenti di un personaggio che col tempo sono state messe da parte o addirittura eliminate, senza snaturare più di tanto quanto accaduto in precedenza.
Il primo personaggio oggetto di questa "cura" è stato Lanterna Verde, il quale prima che Geoff Johns iniziasse a curarne le gesta e lo riportasse alle sue radici eroiche era un assassino di massa su base galattica... per dire la portata di ciò che è stato fatto.
È poi stata la volta di Flash, una rinascita diversa dalla precedente, una rinascita in un mondo a lui sconosciuto che lo ha creduto morto - narrativamente parlando - per oltre venti anni.
Questi, tuttavia, sono singoli personaggi. E se si dovesse far rinascere un intero universo narrativo composto da decine di supereroi? Geoff Johns ha deciso di cimentarsi anche in quest'impresa, grazie al one-shot Universo DC: Rinascita (DC Universe: Rebirth), pubblicato nel 2016.
L'albo è diviso in quattro capitoli e a realizzarlo vi sono quattro diversi disegnatori: Gary Frank, Ethan Van Sciver, Ivan Reis e Phil Jimenez, tutti e quattro precedenti collaboratori di Johns su altri progetti.
Sono passati cinque anni (in tempo reale) dall'Evento Flashpoint, causato da Barry Allen per ripristinare la linea temporale da lui stesso alterata per salvare la vita di sua madre. Cinque anni dove, però, la storia degli eroi della DC Comics è ripartita da zero col New 52, solo Pandora ricorda l'universo precedente e molti personaggi sono addirittura scomparsi nel nulla.
Uno di questi è Wally West, il quale si trova disperso nella Speed Force, prossimo a scomparire per sempre. Wally è l'unico che conosce la verità: non è stato Barry a causare il reset della storia degli eroi, bensì un'altra forza, una forza sconosciuta e molto potente.
E mentre alcuni eroi iniziano a ricordare la loro vita Pre-Flashpoint, Wally cerca qualcuno che avverta la sua presenza per avvisare di questa prossima minaccia, ma nessuno lo percepisce. Che sia davvero giunta la fine per lui? E quale segreto si annida nella Batcaverna?
Per dichiarata intenzione della dirigenza DC Comics e di Johns, questa storia vuole rappresentare una sorta di ripartenza del DC Universe che funga da spartiacque, ponendosi due obiettivi. Da una parte recuperare personaggi e concetti pre-Flashpoint, dall'altro non annullare - nei limiti del possibile - quanto costruito nei precedenti cinque anni.
Da un lato c'è infatti chi rimpiange certe trame e personaggi del passato (la relazione tra Freccia Verde e Black Canary, la famiglia dei velocisti, la JSA), dall'altro invece vi sono coloro che sono saliti a bordo di un treno che ha poi preso velocità e che deve ancora continuare il proprio percorso.
Lo stratagemma che idea Geoff Johns per unire le due linee temporali è al contempo azzardato e incredibile: unire la mitologia ultradecennale della DC Comics con quella - altrettanto storica - dell'universo di Watchmen ideata da Alan Moore e Dave Gibbons.
A condire il tutto, i consueti dialoghi introspettivi e relazionali di Johns (di forte impatto l'incontro finale tra Barry Allen e Wally West) e un paio di necessari spiegoni, ma proprio oni oni.
Certo, si tratta di uno stratagemma soprattutto commerciale volto ad attirare l'attenzione anche del lettore occasionale, impossibile non notare una cosa simile. Tuttavia, per quello che si vede in questa storia, vi sono anche delle basi narrative su cui costruire un edificio. Il tempo dirà poi se le sue fondamenta siano solide o meno (in realtà tali fondamenta sono già state gettate e prima o poi le analizzeremo).
Ecco, queste sono opere che possono accontentare tutti: possono venire incontro al lettore di vecchia data e possono catturare l'interesse di un eventuale nuovo lettore. Quello che conta poi è come si prosegue su questi nuovi binari.
Nulla finisce. Nulla ha mai fine.

domenica 17 ottobre 2021

A scuola di cinema: I Ponti di Madison County (1995)

1992: Viene pubblicato il romanzo I Ponti di Madison County (The Bridges of Madison County), scritto da Robert James Waller.
Completato in poco più di dieci giorni, l'opera si svolge nell'Iowa degli anni '60 del ventesimo secolo e narra della fugace relazione amorosa tra il fotografo del National Geographic Robert Kinkaid e Francesca Johnson, donna di origini italiane e moglie di un imprenditore agricolo.
Il romanzo diviene in breve tempo un bestseller internazionale, con milioni di copie vendute, e così pochi anni dopo è oggetto di un celebre adattamento cinematografico.


L'opera attira l'interesse di alcuni produttori già prima della sua pubblicazione ufficiale, tanto che nel 1991 - dietro esortazione di Kathleen Kennedy - la Amblin Entertainment di Steven Spielberg se ne aggiudica i diritti cinematografici per una somma di 25.000 dollari e un accordo di distribuzione con la Warner Bros.
Quando, nel 1992, il romanzo di Robert James Waller diventa un bestseller, arrivando a sfiorare i dieci milioni di copie vendute, Steven Spielberg contatta l'anno successivo Sidney Pollack per dirigere la pellicola. Il regista chiede dunque allo sceneggiatore Kurt Luedtke, suo abituale collaboratore, di produrre un primo trattamento e individua in Robert Redford l'interprete adatto per la parte di Robert Kinkaid, ma non viene supportato in quest'ultima scelta dalla Warner Bros.
Poco tempo dopo, quindi, Pollack decide di ritirarsi dal progetto e altrettanto fa Redford.
Steven Spielberg chiede allora una nuova sceneggiatura a Ronald Bass, ma non ne rimane troppo soddisfatto. Nel frattempo ha già trovato l'attore adatto per il ruolo di Robert Kinkaid, ovvero Clint Eastwood, nonostante costui abbia più di dieci anni di differenza rispetto alla sua controparte cartacea. Una scelta, tuttavia, che viene anche spalleggiata da Terry Semel, presidente della Warner Bros.
Richard LaGravenese produce poi una nuova bozza di sceneggiatura, la quale incontra i favori sia di Spielberg che di Eastwood. Spielberg suggerisce di inserire nella trama anche i figli di Francesca Johnson, che scoprono della relazione extraconiugale attraverso i suoi diari.
Steven Spielberg stesso in un primo momento vorrebbe dirigere il film, ma decide poi di prendersi un periodo di pausa lavorativa a seguito dell'intensa direzione di Schindler's List.
Viene dunque individuato un nuovo regista in Bruce Beresford, il quale chiede una nuova sceneggiatura ad Alfred Uhry. Beresford chiede che il personaggio di Francesca Johnson sia inglese e non più di origini italiane, ma questa richiesta viene respinta e, quando la produzione mostra la propria preferenza verso la sceneggiatura di Richard LaGravenese, il regista si ritira dal progetto.
A quel punto Clint Eastwood si lamenta con Terry Semel dei continui ritardi, che rischiano di far perdere l'opportunità di effettuare le riprese nell'autunno del 1994, in una location già individuata. Semel gli chiede allora se non sia interessato a essere lui stesso il regista della pellicola. Eastwood si prende un giorno per decidere.
L'attore si reca dunque presso il set in costruzione, dove sta per essere creata una replica del Roseman Bridge. Eastwood boccia la cosa, preferendo utilizzare i luoghi reali, e fa così ridurre il budget della pellicola di un milione e mezzo di dollari. Subito dopo, contatta Terry Semel e accetta l'incarico come regista.
Rimane solo da scegliere la protagonista femminile. Per il ruolo di Francesca Johnson vengono considerate diverse attrici, tra le quali Jessica Lange, Susan Sarandon e Anjelica Huston.
La madre di Clint Eastwood, Ruth Wood, suggerisce invece il nome di Meryl Streep e l'attore si convince sia l'interprete perfetta. Sia la produzione che Spielberg, tuttavia, non condividono la sua opinione - nonostante Meryl Streep abbia praticamente la stessa età della sua controparte cartacea - ma Eastwood resta inflessibile rispetto a questa sua scelta, che viene infine accettata.
In preparazione al ruolo, l'attrice si tinge di castano i capelli, perfeziona con un professore di italiano un accento italoamericano e ingrassa di circa sette chili. Per il look e il modo di parlare del suo personaggio, inoltre, Meryl Streep si ispira a Sophia Loren e Anna Magnani.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 15 settembre 1994, tenendosi in Iowa, presso le città di Winterset e Adel. La fattoria utilizzata, prima che iniziassero le riprese, era stata abbandonata da oltre trent'anni divenendo dimora di pipistrelli e animali selvatici, e viene restaurata dalla scenografa Jeannine Oppewall e dal suo team.
Dietro esplicita volontà di Eastwood, tutte le scene vengono girate in sequenza nel corretto ordine temporale, per far sì che anche le dinamiche personali e la relazione lavorativa tra i due attori crescano al pari di quella dei due protagonisti.
La tempistica iniziale prevista per il completamento dei lavori è di 52 giorni. Clint Eastwood riesce a ridurla a 42, concludendo le riprese alla fine di ottobre del 1994.
I Ponti di Madison County (The Bridges of Madison County) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 2 giugno 1995. A fronte di un budget di circa 24 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale 182 milioni di dollari. Meryl Streep, così osteggiata in principio dalla produzione, ottiene anche una nomination all'Oscar come miglior attrice.
Winterset, in precedenza nota solo per essere la città natale di John Wayne, diviene in breve tempo metà di turisti che visitano i luoghi e i ponti dove si sono svolte le riprese, contribuendo così allo sviluppo del turismo locale.
Piccole, grandi sventure però si susseguono alcuni anni dopo l'uscita della pellicola. Nel 2002, il Cedar Bridge - dove i due protagonisti si incontrano per la prima volta - rimane distrutto a causa di un incendio doloso e lo stesso destino accade l'anno successivo alla fattoria restaurata appositamente per il film.
Il ponte viene ricostruito nel 2004, ma nel 2017 è oggetto di un secondo incendio doloso ad opera di tre adolescenti, i quali vengono arrestati e condannati per questo. Il Cedar Bridge viene dunque ricostruito una seconda volta, nel 2019.
Dopo la direzione di numerose pellicole biografiche e di azione, Clint Eastwood dimostra la sua versatilità come regista e interprete grazie a questo film romantico. E altre pellicole dall'impatto drammatico arriveranno... ma questa è un'altra storia.

venerdì 15 ottobre 2021

Fabolous Stack of Comics: Silver Surfer - Nero


Come noto, Silver Surfer è stato uno dei personaggi feticcio di Stan Lee. Pur essendo una creazione grafica di Jack Kirby volta a dare più linfa narrativa alla Trilogia di Galactus, Stan Lee ha poi utilizzato questo personaggio per dare voce ai propri tormenti e ai propri pensieri sull'umanità e sulle sue capacità autodistruttive, così come sulla sua magnificenza.
Silver Surfer, nella visione di Lee, è un'anima pura ma in pena, lontana dal proprio pianeta, che non comprende la follia dell'uomo e si interroga dunque sull'esistenza stessa.
Ma se qualcosa cambiasse? Se tale tormento divenisse anche di natura fisica, se quell'oscurità che Silver Surfer ha sempre cercato di evitare divenisse infine parte di lui?
Questo il tema che viene analizzato in Silver Surfer: Nero (Silver Surfer: Black), miniserie di cinque numeri pubblicata nel 2019, scritta da Donny Cates - il quale ne approfitta per recuperare una sua recente creazione - e disegnata da Tradd Moore.
A seguito di una battaglia al fianco dei Guardiani della Galassia, Silver Surfer e gli eroi cosmici rischiano di venir risucchiati in un buco nero. Utilizzando tutte le sue capacità, Silver Surfer riesce a salvare i suoi alleati, precipitando al contempo nel buco nero, che lo trascina all'alba dell'Universo, dove Surfer si imbatte nel regno dominato dal dio oscuro Knull.
Ma non è solo di lui che deve preoccuparsi Silver Surfer: la caduta nel buco nero ha infatti introdotto un elemento di oscurità nel suo corpo. Un'oscurità che si sta diffondendo e rischia di trascinare per sempre nel baratro il puro eroe cosmico.
Donny Cates unisce i dialoghi "esistenzialisti" alla Stan Lee di Silver Surfer, ovviamente modernizzandoli, con quel pizzico di follia di trama che caratterizza alcune sue storie. E un viaggio nella follia è proprio ciò che aspetta al varco l'eroe cosmico.
Il viaggio "esteriore" nel lontano passato da lui affrontato diventa infatti anche una metafora del viaggio "interiore" connesso alla sua personalità che, dopo tanti anni passati a vagare per lo spazio, lontano dall'affetto dei propri cari, si è macchiata di oscurità.
Un'oscurità che rischia di crescere ancor di più e che può essere spazzata via solo ritrovando una luce interiore che possa proiettarsi all'esterno, spazzando così via il buco nero.
Knull diviene dunque in questo contesto una sorta di diavolo tentatore, simile a quello che Gesù incontrò nel deserto (e no, non è così insolito associare Silver Surfer a una sorta di figura messianica).
Non è possibile inoltre parlare di quest'opera senza elogiare l'incredibile arte di Tradd Moore. L'artista concepisce ogni sorta di geometria possibile - facilitato in tal senso dalla trama che gli offre ampie possibilità di sbizzarrirsi - creando regni spaziali ed extradimensionali che non sfigurerebbero di fronte alle grandeur cosmiche alla Jack Kirby.
Inoltre sia Silver Surfer che Knull vengono plasmati in geometrie all'apparenza impossibili, l'anatomia diventa essa stessa un concetto astratto, ma nel contesto degli eventi descritti ciò è pienamente giustificato.
Sono quei disegni così coinvolgenti che bisogna poi tornare ad ammirarli almeno una seconda volta, per soffermarsi solo su di essi, lasciando da parte la storia principale.
Nelle storie di Stan Lee, Silver Surfer si interrogava sull'esistenza dell'umanità. In questa miniserie invece si è interrogato sulla propria esistenza, come metafora di quei momenti di cui tutti noi prima o poi siamo vittime, di quando anche noi veniamo travolti dall'oscurità. Surfer trova infine dentro di sé una propria luce e una propria ragione di vita.
E altrettanto dovremmo fare noi.

mercoledì 13 ottobre 2021

Netflix Original 12: ARQ


Ecco che torna l'incubo di tutti gli sceneggiatori cinematografici, il film basato sul loop temporale che si ripete giorno dopo giorno! Ormai è diventato un vero e proprio sottogenere, partendo dal "capostipite" Ricomincio Da Capo e passando per altre pellicole, quale ad esempio Edge of Tomorrow con Tommaso Crociera (non scappate, telefilm come Buffy e Star Trek: The Next Generation, so cosa avete fatto).
Un nuovo loop è presente in ARQ, film sceneggiato e diretto da Tony Elliott e distribuito su Netflix a partire dal 16 settembre 2016.
ARQ è l'acronimo di Arcing Recursive Quine, una fonte di energia apparentemente inesauribile ideata da Renton (Robbie Amell), ma contesa dal gruppo terrorista Bloc e dalla multinazionale Torus Corporation in un mondo preda di conflitti devastanti.
Renton dovrà trovare un modo per impedire che la sua invenzione venga utilizzata per scopi bellici, ritrovandosi al contempo bloccato in un loop temporale di circa tre ore insieme alla sua compagna, Hannah (Rachael Taylor), la quale gli nasconde un segreto.
Qual è la cosa più interessante nel vedere un film con un loop temporale? Scoprire come i personaggi reagiranno agli eventi che si ripetono ogni giorno, cercando un modo per uscirne. Tutto questo è presente nel film in questione? Sì e no allo stesso tempo.
Il tutto è concentrato in un unico luogo (l'appartamento di Renton) e con pochi attori in scena, all'ovvio scopo di contenere i costi, ma questo non rappresenta poi un problema insormontabile... anche se la sensazione di qualcosa di non del tutto formato c'è.
Dietro a questo film vi è anche un messaggio di denuncia su come vengano sfruttate le risorse ambientali e naturali dalle grandi corporazioni - in particolare le energie rinnovabili - ed è questo che interessa principalmente al regista Tony Elliott.
Renton e Hannah rappresentano dunque il punto di vista della persona comune di fronte a questa problematica e come tale persona comune reagisca di fronte a essa (rimanendo impassibile, esponendosi in prima persona ma agendo al di fuori della legge, ribellandosi ma cercando di restare nel sistema).
Vi è un modo giusto di agire? Il fatto che il film si concluda senza un vero e proprio epilogo suggerirebbe di no. Ebbene sì, questa pellicola non ha un finale e quasi tutti i punti in sospeso sollevati rimangono irrisolti. Si potrebbe perciò dire che non ci sono neanche dei buchi di trama, visto che la trama si ripiega infine su sé stessa.
Ovviamente è una scelta voluta, che sta a significare che la persona comune deve uscire dal loop della propria vita in cui è rimasto ingabbiato per sua scelta e trovare infine un differente percorso.
Prima che sia troppo tardi.

lunedì 11 ottobre 2021

A scuola di cinema: Febbre Da Cavallo (1976)

All'inizio degli anni '70 del ventesimo secolo, il cinema italiano comincia a produrre in maniera sempre più costante e proficua numerose pellicole di "denuncia sociale", con cui cerca di mettere in evidenza situazioni problematiche di certi strati sociali in questo decennio così complicato che culmina con gli Anni di piombo (tra queste pellicole, basti pensare ad esempio a La Classe Operaia Va In Paradiso e Sbatti il Mostro in Prima Pagina, entrambi interpretati da Gian Maria Volontè).
Ebbene, per quanto possa apparire insolito e curioso, è proprio dal progetto di uno di questi film di denuncia che nasce una delle più celebri commedie italiane.


1971: Lo sceneggiatore Massimo Patrizi sottopone al produttore Roberto Infascelli un trattamento che, nelle sue intenzioni originarie, vuole essere un film drammatico e di denuncia nei confronti del gioco d'azzardo e la dipendenza da esso.
Infascelli apprezza l'idea e ha in mente di proporre la regia a Stefano Vanzina, alias Steno, con cui sta in quel momento collaborando per una pellicola antesignana del poliziottesco: La Polizia Ringrazia. Steno, tuttavia, non reputa così interessante il progetto di Massimo Patrizi e declina l'offerta. Infascelli decide dunque di mettere per il momento da parte il trattamento di Patrizi.
1974: Completata la trilogia della polizia con La Polizia Chiede Aiuto, Roberto Infascelli riprende in mano il progetto di Massimo Patrizi, ma decide anche di tramutarlo in una commedia a basso costo, ritenendola una cosa più sicura e gestibile.
Il produttore fa compiere dunque una robusta revisione della sceneggiatura ad Alfredo Giannetti e per la regia contatta Nanni Loy.
Steno viene a sapere di questo cambio di rotta e dimostra infine interesse per il progetto, che nelle sue intenzioni deve essere una commedia con toni farseschi da anni '50, piena di macchiette e caratteristi.
Poiché Nanni Loy è già stato scelto come regista, Steno gli chiede se non sia interessato alla direzione di un altro film a lui affidato, Basta che non si Sappia in Giro. Loy accetta lo scambio e Steno si aggiudica la regia.
Il regista decide anche di far compiere un'ulteriore revisione della sceneggiatura a suo figlio, Enrico Vanzina, il quale ben conosce il mondo degli ippodromi e degli scommettitori sulle corse dei cavalli avendolo frequentato in passato. Enrico Vanzina è appena agli esordi, ha sceneggiato all'epoca un unico film, quindi viene aiutato da suo padre nella stesura della sceneggiatura.
Sempre di comune intesa col padre, Enrico Vanzina amplia anche la parte del personaggio di Er Pomata, il quale in principio ha un ruolo minore, poiché Steno intende affidare la parte a un attore di livello.
Per il ruolo di Bruno Fioretti, alias Mandrake, Infascelli vorrebbe Ugo Tognazzi, ma Steno ritiene sia meglio utilizzare un attore romano, così la parte viene proposta a Vittorio Gassman, il quale tuttavia rifiuta. Alberto Lattuada suggerisce allora a Steno il nome di un giovane attore con cui ha lavorato di recente nel film Le Farò Da Padre, Luigi "Gigi" Proietti, e il suo consiglio viene accettato.
Per il ruolo di Armando Pellicci, detto Er Pomata, Steno in pratica impone alla produzione una sua scelta, che ricade su un attore con cui ha già collaborato in passato, ovvero Enrico Montesano.
Il ruolo di Felice Roversi viene in un primo momento affidato a Felice Andreasi, il quale però poco dopo si ritira dal progetto, lasciando dunque spazio a Francesco De Rosa.
Il ruolo di Gabriella viene proposto in un primo momento a Edwige Fenech, che però rifiuta, e la parte viene dunque affidata a Catherine Spaak.
Infascelli pensa di affidare il ruolo dell'avvocato De Marchis ad Adolfo Celi, ma Steno suggerisce che l'attore interpreti il giudice, parte più adatta alle sue capacità attoriali. Il ruolo dell'avvocato è dunque appannaggio del caratterista Mario Carotenuto.
Le riprese iniziano il 20 giugno 1975, tenendosi principalmente a Roma. Le scene ambientate negli ippodromi vengono girate presso l'Ippodromo di Tor di Valle, mentre quelle ambientate in treno si effettuano lungo il tratto Roma-Formia-Napoli. Per girare tutte le riprese necessarie in treno, la tratta viene percorsa per ben quattro volte.
Steno ha molta fiducia nei due attori da lui scelti per i ruoli principali, tanto che concede loro per alcune scene di effettuare delle improvvisazioni. Tra queste vi è quella dello spot del whisky interpretato da Mandrake vestito da vigile, dove è in buona parte Proietti a inventarsi le varie storpiature dello slogan pubblicitario.
Per aiutare gli attori e le comparse a immaginare che stiano vedendo una corsa di cavalli, quando si gira a Tor di Valle il produttore Roberto Infascelli prende una bandiera e inizia a correre lungo il percorso, fingendo così di essere un cavallo.
Le riprese si concludono nell'agosto 1975.
Febbre Da Cavallo viene distribuito nei cinema italiani a partire dal 17 maggio 1976. La pellicola non ottiene un grande successo, arrivando infine a guadagnare circa duecento milioni di lire. Come una sorta di beffa, inoltre, l'anno successivo il produttore Roberto Infascelli muore in un incidente automobilistico.
Negli anni seguenti, Gigi Proietti trova la via del successo soprattutto a teatro e in televisione, mentre Steno ed Enrico Montesano si dedicano ad altri film, relegando Febbre Da Cavallo a una tappa poco significativa delle loro carriere.
Il destino viene però incontro a questo piccolo gioiello della commedia italiana. Col proliferare delle tv locali negli anni '80, il film (la cui acquisizione con ogni probabilità è a basso costo, visto che all'epoca è ritenuto un prodotto minore) inizia a essere programmato con successo e costanza da molte reti televisive, soprattutto del Lazio.
La portata di questa riscoperta è tale che anche le reti televisive nazionali cominciano a programmare questo film, donandogli così quello che lo stesso Proietti definisce un successo postumo, tanto che viene anche importato in alcuni paesi esteri.
Un successo che si concretizza in maniera ulteriore nel 2002, ventisei anni dopo Febbre Da Cavallo, quando esce un seguito della pellicola curato dai figli di Steno, Enrico e Carlo Vanzina e che vede il ritorno sia di Gigi Proietti che di Enrico Montesano... ma questa è un'altra storia.

sabato 9 ottobre 2021

Fabolous Stack of Comics: Askani'Son


Nuovi, fulminanti resoconti dal futuro apocalittico del futuro Cable. Dopo Le Avventure di Ciclope e Fenice, lo stesso team creativo, ovvero Scott Lobdell ai testi (con la rifinitura dei dialoghi da parte di Jeph Loeb) e Gene Ha ai disegni, si occupano della miniserie in quattro numeri Askani'Son, pubblicata nel 1996.
Sono passati circa dieci anni da quando Nathan Summers, con l'aiuto dei suoi genitori provenienti dal passato, è riuscito a sconfiggere la minaccia di Apocalisse nel suo mondo. Questo, però, non ha spazzato via il caos.
Il pupillo di Apocalisse, infatti, Stryfe, continua a seminare il terrore ritenendo di essere il degno erede di En Sabah Nur. Nathan Summers al contempo conosce dei nuovi alleati quali Tetherblood e Blaquesmith, ognuno col loro carico di segreti e misteri.
Sia Nathan che Stryfe sono alla ricerca di ciò che resta della Sorellanza Askani, la quale ha delle mire verso il futuro Cable, ritenuto un Prescelto, e manda una giovane sacerdotessa, Aliya, a cercarlo. Come terzo incomodo vi sono i Canaaniti, coloro che più di ogni altro sono riusciti a colmare il vuoto di potere lasciato da Apocalisse e vedono la Sorellanza come una minaccia alla loro ascesa al dominio totale.
Tutte queste pedine convergono sulla scacchiera del destino e, come intuibile, sono alla fine destinate a scontrarsi.
Questa nuova miniserie, pur di pregevole fattura, non riesce a eguagliare Le Avventure di Ciclope e Fenice. Dall'infanzia e crescita di un futuro eroe, ora si passa alla maturazione e formazione di un futuro guerriero.
Nathan Summers non è ancora l'abile soldato che conosciamo: è impulsivo, si getta spesso a testa bassa nell'azione e in tal senso persone come Tetherblood e Blaquesmith rappresentano le voci della sua coscienza, che lo indirizzano verso la cosa giusta da fare.
Non così invece per Stryfe che, oltre ad aver avuto un pessimo modello "educativo" come Apocalisse, non ha mai incontrato qualcuno che potesse fare da filtro - come invece è stato per Nathan con Scott e Jean - rispetto alle sue emozioni negative e da controllare, portandolo a divenire una sorta di tiranno capriccioso che fa male agli altri solo perché lo diverte.
La storia nei primi tre capitoli è costruita sulla dicotomia tra queste due differenti personalità, introducendo anche nuove pedine sulla scacchiera (tra queste, la futura moglie di Cable).
Quando si arriva all'ultimo capitolo, però, lo spazio sembra non essere sufficiente per chiudere tutte le vicende introdotte e il tutto si concentra su svariate scene d'azione per concludere il tutto con un epilogo in apparenza abbastanza frettoloso e che lascia dei punti in sospeso (cosa che invece non era accaduta nella prima miniserie), non so se in previsione di un'ulteriore miniserie o meno.
Un peccato, perché il percorso di formazione di Cable stava procedendo bene. Vedremo se ulteriori squarci nel futuro o nel passato aiuteranno ad ampliare questo insolito mondo.

giovedì 7 ottobre 2021

Netflix Original 11: XOXO


Ogni tanto nei notiziari risaltano fuori i cosiddetti rave party, feste - il più delle volte non autorizzate e che nascono in maniera spontanei oggi sui social - che possono durare anche giorni e dove a dominare la scena è la musica dance elettronica.
Negli Stati Uniti questo fenomeno è diffuso, ma più regolamentato, e vi sono molti festival musicali in giro per questa nazione (almeno ve ne erano in epoca pre-Covid).
Tale fenomeno diviene il centro della pellicola XOXO, scritta da Christopher Louie e Dylan Meyer e diretta da Christopher Louie, distribuita su Netflix a partire dal 26 agosto 2016.
Prima e durante il festival musicale XOXO, si intrecciano le vite di alcune persone. Tra queste quella dell'aspirante DJ Ethan Shaw (Graham Phillips), del suo manager Tariq (Brett DelBuono) e di una ragazza di nome Krystal (Sarah Hyland) che è in cerca di un ragazzo conosciuto sui social.
Questa è una pellicola ordinaria, con sviluppi di trama spesso prevedibili, evoluzioni di alcuni personaggi che seguono binari prestabiliti (amici e fidanzati che affrontano l'inevitabile momento di crisi per poi riappacificarsi e avere un riscatto finale), fino ad arrivare al lieto fine per tutti.
Tuttavia questa cosa non va inquadrata in un'ottica necessariamente negativa, poiché appare chiaro che è l'obiettivo principale sin dall'inizio e la pellicola vuole offrire uno sguardo diverso rispetto al solito film che presenta una gioventù disagiata e in crisi.
I ragazzi di XOXO, invece, sono persone positive - ecco, magari troppo positive - e che guardano con ottimismo al futuro, anche quando ciò li mette in contrasto coi loro genitori o con la realtà della vita. E quindi alla fine il destino - alias la trama - premia questa loro tenacia.
Risulta dunque originale in tal senso come a un certo punto vi sia un dichiarato omaggio a Trainspotting, nello specifico la scena in cui Renton precipita in un mondo alternativo tramite lo scarico del water. Ecco qui c'è la stessa identica scena - a voi scoprire chi sia il personaggio coinvolto - che riprende anche certe identiche inquadrature.
Nessuno degli attori coinvolti è a me noto, ma hanno fatto tutti un discreto lavoro. Alla fine risulta anche confortante vedere un film che non lascia punti in sospeso e dove tutti gli "uomini di buona volontà" vengono infine ricompensati. Dopotutto chi l'ha detto che un lieto fine non debba mai esserci?

martedì 5 ottobre 2021

Fabolous Stack of Comics: Domino - Istinto Omicida


Molte cose possono essere dette di Rob Liefeld (vedete voi se in positivo o in negativo), ma di certo non che gli manchi l'inventiva. Dalla sua mente - con l'assistenza di Fabian Nicieza - è infatti stato concepito il personaggio di Deadpool.
Non è stata tuttavia l'unica creazione dell'autore, poiché è responsabile anche dell'ideazione del personaggio di Domino, la mutante fortunata comparsa per la prima volta su X-Force 8 dopo che il suo posto era stato in precedenza preso da una mutaforma.
Dopo qualche miniserie sparsa, Domino diviene infine protagonista nel 2018 di una serie regolare, la quale tuttavia dura solo dieci numeri (più un annual) che comprendono due story-arc. Domino: Istinto Omicida (Domino: Killer Instinct) è sceneggiata da Gail Simone e disegnata da David Baldeon.
Nella prima saga Domino - che ha formato una partnership con Diamante e Outlaw per incarichi mercenari anche sporchi - si ritrova faccia a faccia col suo passato quando una donna di nome Topaz, capace di annullare i suoi poteri mutanti, inizia a prenderla di mira. Mentre cerca di capire le sue motivazioni, Domino migliora le sue abilità in combattimento grazie all'aiuto di... Shang-Chi!
Nella seconda saga, Domino e il suo team si mettono al servizio di una giovane e misteriosa wakandiana di nome Shoon'Kwa, che li coinvolge in un paio di missioni che li metteranno prima contro Morbius, infine contro Longshot.
Nel leggere in un'unica soluzione questa serie, si può capire perché forse abbia avuto così breve vita. Lasciando per il momento da parte il discorso che le serie dedicate a personaggi minori difficilmente hanno lunga durata, si può notare come Gail Simone, pur costruendo attorno a Domino un background interessante e un nuovo status quo, non sviluppi ciò in maniera adeguata causa un'eccessiva decompressione.
Inoltre l'autrice cade nella vecchia abitudine di dare a volte ai personaggi da lei sceneggiati atteggiamenti un po' troppo infantili.
Ci sta, beninteso, che ci siano dei momenti leggeri o battute lungo la via, ma a volte Domino si comporta in maniera troppo eccentrica per una mercenaria del suo calibro (come quando dice di essere una Principessa Disney, che vuole in realtà essere una battuta da parte di Gail Simone sull'acquisizione Disney/Fox) e riesce difficile pensare che lo faccia per sfuggire anche solo per qualche secondo alle sue responsabilità.
Le trame in sé sono apprezzabili e si pongono in maniera inevitabile ai margini del Marvel Universe, di cui vengono utilizzati elementi secondari in maniera intelligente e appropriata. Un piccolo e per certi versi apprezzabile excursus, dunque, in un panorama non solo mutante di questo universo narrativo.

domenica 3 ottobre 2021

A scuola di cinema: Grand Hotel Excelsior (1982)

Prima che arrivasse Vacanze di Natale ad affermare e consolidare la tradizione di far uscire le commedie italiane più attese durante il periodo delle festività natalizie, i produttori cercavano sempre nuove soluzioni per far sì che il pubblico tornasse a riempire i cinema, reduci da un periodo di crisi.
Ed è per questo motivo che un giorno il produttore Vittorio Cecchi Gori propone a suo padre Mario Cecchi Gori un'idea semplice, ma al tempo stesso efficace: ideare un film corale che coinvolga quattro quotati attori in quel momento sotto contratto con la loro casa di produzione, ovvero Diego Abatantuono, Adriano Celentano, Enrico Montesano e Carlo Verdone.
L'intento è quello di far sì che così il diverso pubblico di riferimento di questi attori (non a caso, due romani e due milanesi) si rechi al cinema per vedere i loro idoli. Rimane solo da trovare uno stratagemma adatto per riunire queste quattro diverse personalità sotto uno stesso tetto. E questo stratagemma viene infine trovato.


I registi e sceneggiatori Franco Castellano e Giuseppe Moccia, alias Castellano & Pipolo, concepiscono un'idea anch'essa semplice, ma al contempo efficace, per radunare i quattro attori: farli agire all'interno di un albergo. Una location perfetta non solo per farli interagire quando necessario, ma anche per trovare il ruolo più adatto alle loro diverse personalità e dare loro dei momenti in cui siano i protagonisti assoluti e non rubino l'uno la scena all'altro.
Come location esterna, viene scelto l'hotel Regina Palace di Stresa, mentre gli interni vengono realizzati presso il Westin Excelsior di Roma.
Per il personaggio interpretato da Enrico Montesano, un cameriere che si finge un ricco industriale con la figlia all'oscuro di tutto, Castellano e Pipolo riadattano una trama della sceneggiatura da loro ideata per Tototruffa '62.
Le riprese hanno luogo tra la primavera e l'estate del 1982. In quello stesso periodo vi sono anche i mondiali di calcio, che vedono infine trionfare la squadra italiana. Nelle giornate, dunque, in cui c'è la partita dell'Italia, le riprese vengono interrotte e l'intera troupe, a partire dai due registi, si trasferisce nelle sale degli hotel in cui si trova per guardare il match in televisione. Salvo poter poi riprendere la lavorazione il giorno successivo.
Vittorio Cecchi Gori è a volte presente sul set per supervisionare l'andamento del progetto e un giorno nota un'attrice che nel film ha una piccola parte: si chiama Rita Rusić e l'anno dopo diverrà sua moglie.
Quando si presenta per la prima volta sul set, Carlo Verdone porta con sé una valigia che non abbandona mai e molti in maniera inevitabile iniziano a interrogarsi su cosa possa contenere. La risposta arriva un giorno in cui Adriano Celentano afferma di avere mal di testa e, prontamente, Verdone estrae dalla sua valigia un medicinale adatto, mentre decine di altri flaconi medicinali sono in essa presenti. La troupe apprende così, in questa maniera singolare, dell'ipocondria dell'attore romano.
Verdone ha già alle proprie spalle un'esperienza non indifferente in fatto di regia cinematografica e, pur non dirigendo di persona delle scene, certe volte offre a Castellano e Pipolo qualche suggerimento o il suo punto di vista.
Anche Adriano Celentano ha esperienza in tal senso ed idea una scena apposita che poi dirige personalmente - con ogni probabilità poiché coinvolge un'elaborata coreografia di ballo - ovvero la scena in cui, assistito dal fido Raffaele Di Sipio, prepara un cocktail da offrire a Ilde Vivaldi, il personaggio interpretato da Eleonora Giorgi.
Per il suo personaggio, Egisto Costanzi, Enrico Montesano decide di ispirarsi alle movenze di Charlot, alias Charlie Chaplin, tanto che si fa fare un'acconciatura ai capelli che possa ricordarlo e si fa preparare dei pantaloni che risultino volutamente più larghi per simularne la goffaggine.
Durante la scena in cui Costanzi deve destreggiarsi tra sua figlia e il direttore dell'hotel, andando su e giù per le scale e scivolando sul pavimento, per creare in maniera efficace l'effetto delle varie scivolate l'attore romano chiede che sia sparso del borotalco sul pavimento, mentre al contempo si liscia le suole delle scarpe.
Prima di girare la scena, Montesano si allena per alcuni giorni andando su e giù per le scale del Westin Excelsior, al fine di rendere la scena al meglio e provocando inoltre l'ilarità degli altri attori che interpretano i camerieri dell'hotel, i quali si divertono anche loro a scivolare sul pavimento.
Castellano e Pipolo si trovano tra le mani il non facile compito di dover gestire quattro attori dalle differenti personalità e che, come quasi tutti gli attori comici, cercano di primeggiare sul set, pur stimandosi l'un l'altro. Diego Abatantuono e Carlo Verdone - pur avendo alle loro spalle già un buon curriculum - sono arrivati da poco tempo al successo, mentre Adriano Celentano ed Enrico Montesano hanno qualche anno in più di esperienza cinematografica.
Quando le tempistiche e gli impegni dei quattro attori lo consentono, si ritrovano insieme a cena la sera insieme a Castellano e Pipolo, in un'atmosfera cordiale (Verdone e Montesano avranno comunque modo di avere le loro divergenze un paio d'anni dopo, durante le riprese de I Due Carabinieri).
Quando vi è una pausa tra un ciak e l'altro, Diego Abatantuono non ha problemi a passeggiare fuori, nonostante vi siano alcuni fan che lo riconoscono e lo fermano per strada, ma né lui o Verdone o Montesano vengono troppo importunati.
Questo non accade invece ad Adriano Celentano, che di tutti e quattro gli attori protagonisti è quello che all'epoca risulta il più acclamato e seguito: costui, per evitare le orde di appassionati che vogliono un suo autografo, preferisce dunque restare chiuso nella sua stanza d'albergo.
Grand Hotel Excelsior viene distribuito nei cinema italiani a partire dal 7 ottobre 1982. La pellicola arriva infine a incassare sul territorio italiano quasi quattro miliardi e mezzo di lire, risultando anche tra i maggiori incassi di quell'annata. Alla fine l'azzardo, per quanto calcolato, ha dato infine i suoi frutti.
Castellano e Pipolo avrebbero poi replicato in maniera ancora più ampia la formula del film corale nel 1986 grazie a Grandi Magazzini... ma questa è un'altra storia.

venerdì 1 ottobre 2021

Fabolous Stack of Comics: Tex - La Mano Rossa


Ecco un altro fumetto di portata storica ed epocale, la seconda storia con protagonista l'allora fuorilegge solitario Tex Willer: La Mano Rossa, pubblicata in origine nel 1948 nel formato a striscia e in seguito piatto forte del primo albo bonelliano dedicato a Tex. Come per Il Totem Misterioso, troviamo Gianluigi Bonelli ai testi e Aurelio Galleppini in arte Galep ai disegni.
Tex si caccia di nuovo nei guai quando soccorre un esploratore che ha appena subito una rapina dalla banda criminale nota come La Mano Rossa, che l'ha ferito a morte. A causa di uno sfortunato imprevisto, Tex viene incriminato per l'omicidio dell'esploratore.
Solo contro tutti, il giustiziere del West ha un unico modo per dimostrare la propria innocenza: rintracciare tutti i componenti della Mano Rossa e metterli fuori gioco per sempre.
Con questa seconda storia, di maggior respiro rispetto alla precedente, Bonelli inizia a ampliare il mondo di Tex e a meglio caratterizzare il fuorilegge solitario, anche se molto è ancora in divenire.
Soprattutto diviene più chiaro come venga visto Tex da buona parte delle autorità: sì un giustiziere, ma che combatte comunque le giuste battaglie e gli omicidi che ha commesso in passato erano tutti per legittima difesa.
Gianluigi Bonelli getta dei semi narrativi che lui stesso non sa ancora come cogliere, dunque fa affidamento su idee generali che potrà riprendere in un secondo momento per approfondirle a dovere.
Essendo il Tex di questa storia giovane e ancora inesperto, c'è qualche momento di leggerezza e la sua aura di invincibilità non è ancora presente. Particolarmente divertente leggere oggi una scena che invece all'epoca voleva essere drammatica e in cui due componenti della Mano Rossa, dopo aver messo KO Tex, piuttosto che sprecare una pallottola per ucciderlo preferiscono gettarlo in un dirupo e poi rimanere lì quattro giorni per assicurarsi che non esca! Ah, la cara ingenuità di quegli anni.
Quello che risulta più interessante sono le vicissitudini successive alla sconfitta della Mano Rossa. Tex, ora riabilitato di fronte alla legge (sì, senza processo, non chiedete), viene nominato Ranger nr. 3 del Texas e incontra per la prima volta Kit Carson.
Altre idee che Bonelli getta lì, per poterle cogliere in un secondo momento: andava lui stesso per tentativi, in attesa di capire quale potessero essere le caratteristiche che meglio potevano adattarsi a questo nuovo personaggio.
E a volte non andava tanto per il sottile. Tra i primi nemici di Tex Willer vi è addirittura uno stupratore (anche se, causa censura dell'epoca, viene definito "rapitore di donne"), che causa il suicidio di una delle donne da lui plagiate e che Tex vendica.
Insomma, il West di queste storie è sì derivato dalle pellicole western americane, ma è anche un mondo distante, filtrato dalla sensibilità di un autore italiano inserito in una società molto diversa da quella americana, che sta cercando di risollevarsi - sia a livello economico che psicologico - da un conflitto mondiale che ha rischiato di metterla in ginocchio per sempre. Ma come Tex, si è rialzata ed è andata avanti.