mercoledì 29 settembre 2021

A scuola di cinema: Borotalco (1982)

Dopo l'uscita di Bianco, Rosso e Verdone la partnership lavorativa tra Carlo Verdone e Sergio Leone si interrompe. Pur rimanendo i due in buoni rapporti, Leone è convinto che l'attore e regista romano abbia ormai esaurito la sua vena creativa, non potendo replicare all'infinito la formula del film con i suoi personaggi caratteristici.
Rimasto senza contratto, per circa un mese Verdone, il quale si è anche sposato da poco, vive in uno stato di grande disperazione e - dietro esortazione di sua moglie - si reca all'università per poter partecipare a un'attività di assistentato, solo che il professore che gliel'ha proposta si è appena tolto la vita!
Sembra un ironico scherzo del destino e non esserci alcuna via d'uscita, ma all'improvviso arriva la chiamata che dà una nuova svolta alla carriera dell'attore.


Carlo Verdone viene contattato dal produttore Mario Cecchi Gori, il quale è rimasto colpito in maniera favorevole dall'episodio dell'emigrante di Bianco, Rosso e Verdone e vuole offrire un nuovo ingaggio all'attore romano. Verdone lo abbraccia, grato per la proposta: chiede solo che il nuovo film non sia più incentrato sui personaggi delle pellicole precedenti.
Mario Cecchi Gori non è interessato a questo, anzi, è convinto che Verdone possa concepire una buona commedia con un personaggio singolo e gli dà dunque carta bianca: se la pellicola avrà successo, sarà ricompensato.
Verdone chiede di essere assistito per la sceneggiatura da Enrico Oldoini, un giovane scrittore da lui ritenuto molto abile, ma in principio i due faticano a trovare la storia adatta, in quanto almeno sei soggetti iniziali vengono scartati, e la sceneggiatura finale non viene completata che dopo alcuni mesi.
Se Verdone riserva per sé il ruolo principale di Sergio Benvenuti, per il ruolo della protagonista Nadia Vandelli rimane conquistato dall'audizione di Eleonora Giorgi, la quale dimostra una spontaneità che si rivela essere perfetta per il personaggio.
A completare il cast principale, nel ruolo di Manuel Fantoni, vi è Angelo Infanti, un personaggio modellato in principio su Vittorio Gassman, dietro suggerimento di Oldoini. Solo che a quest'ultimo la parte non viene mai proposta, poiché all'ultimo minuto Verdone si convince che in realtà Infanti è perfetto per questa parte e riesce a persuadere di questo anche la produzione.
In un ruolo secondario invece, quello di Marcello, il compagno di stanza di Sergio, vi è Christian De Sica, all'epoca ancora sconosciuto al grande pubblico e cognato di Carlo Verdone.
Il titolo del film deriva da un commento che Verdone stesso fa a Eleonora Giorgi, tramite cui definisce la trama del film leggera, come una nuvola e il borotalco. Mario Cecchi Gori lo approva, ma si convince anche che la Manetti & Roberts - azienda titolare del marchio Borotalco - non rimarrà a guardare.
Per la colonna sonora, Verdone contatta Lucio Dalla - a maggior ragione se si pensa che il personaggio interpretato da Eleonora Giorgi è una sua grande fan - e gli chiede se sia interessato a comporla. Il cantante bolognese è disposto a concedere l'utilizzo di alcuni suoi pezzi, mentre per le canzoni originali suggerisce di fare affidamento sul gruppo che gli fa da supporto ai concerti dal vivo, ovvero gli Stadio capitanati da Fabio Liberatori.
Le riprese si svolgono a Roma e in questo film Verdone si riunisce per la terza volta di fila col fido caratterista Mario Brega, il quale ne approfitta, durante una scena del film - quella dove racconta del pestaggio ai danni di due bulli - per adattare un aneddoto, che nessuno può sapere se fosse veritiero o meno, che negli ultimi anni ha raccontato spesso, ovvero quello della scazzottata con Gordon Scott durante le riprese del film del 1964 Buffalo Bill - L'eroe del Far West.
Scazzottata causata dal fatto che, almeno secondo Brega, Gordon Scott in scena lo picchiasse per davvero e non fingesse.
Il giorno prima dell'uscita del film, Verdone riceve una telefonata da un irato Lucio Dalla. Costui ha infatti visto un'immagine promozionale della pellicola che, con ogni probabilità a causa di un errore di stampa, mostra il nome del cantante con caratteri più grandi rispetto a quelli di Verdone o di Eleonora Giorgi. Dalla non gradisce molto la cosa, sembra quasi come se il film lo avesse fatto lui.
Il cantante bolognese dichiara dunque che andrà a vedere la pellicola e, se non gli piacerà, farà causa sia alla produzione che a Verdone.
Borotalco viene distribuito nei cinema italiani a partire dal 22 gennaio 1982. La sera della prima Verdone e Oldoini sono carichi di tensione, poiché dalla riuscita o meno di questa pellicola dipende il futuro della loro carriera. I due comunque si rasserenano quando vedono uscire dal primo spettacolo molte persone che parlano tra loro dicendo che il film li ha fatti morire dalle risate.
Il mattino successivo, Lucio Dalla ricontatta Verdone: il cinema in cui si è recato era pieno in ogni ordine di posto e lui piuttosto ha preferito vedere il film seduto sul pavimento davanti allo schermo. È rimasto commosso dall'omaggio che gli è stato fatto e ha molto gradito la pellicola, dunque non intenterà causa.
Circa una settimana dopo l'uscita del film, come preventivato da Mario Cecchi Gori, la Manetti & Roberts contatta la produzione facendo notare come "Borotalco" sia un loro marchio registrato e dunque si debba cambiare il titolo per evitare una denuncia in tribunale.
Mario Cecchi Gori si reca allora di persona a Firenze, presso la sede principale della società, che alla fine - non è dato sapere se dietro ricevimento di qualche somma di denaro o semplicemente accontentandosi della pubblicità gratuita derivante da questo grande successo - non porta avanti la diffida.
Borotalco arriva infine a conseguire due Nastri d'Argento e cinque David di Donatello, tra cui quelli come miglior film e miglior attore sia a Carlo Verdone che a Eleonora Giorgi, oltre ovviamente alla miglior colonna sonora.
Carlo Verdone è riuscito infine a dimostrare di poter ideare un film che non faccia affidamento solo sui personaggi delle pellicole precedenti e, come promesso, Mario Cecchi Gori lo premia offrendogli un nuovo contratto per altre pellicole... ma questa è un'altra storia.

lunedì 27 settembre 2021

Fabolous Stack of Comics: Punisher - Platoon


Quando ha esordito nei fumetti, il personaggio del Punitore/Punisher era legato in maniera apparentemente indissolubile alla Guerra in Vietnam, all'epoca una ferita ancora aperta per il popolo americano (il  personaggio ha fatto la sua prima apparizione nel 1974).
Col passare degli anni e dei decenni, i riferimenti al Vietnam si sono fatti sempre più sporadici, per il consueto motivo che questo renderebbe troppo vecchio e datato il personaggio, fino a scomparire del tutto oggi.
C'è un autore, tuttavia, che non prescinde mai dal collegamento Punitore-Vietnam ed è Garth Ennis. Solo in Vietnam e non nelle successive guerre "tecnologiche", secondo l'autore, Frank Castle può aver sviluppato i demoni che costellano la sua vita e lo hanno spinto a portare avanti la sua crociata contro i criminali, anche quando i responsabili dell'uccisione della sua famiglia sono stati giustiziati.
Ma quando questi demoni ancora non esistevano? Cosa è accaduto a Frank Castle nel suo primo turno in Vietnam? A questa domanda risponde la miniserie di sei numeri pubblicata tra il 2017 e il 2018 Punisher: Platoon (Punisher: The Platoon), scritta appunto da Ennis e disegnata da Goran Parlov.
Il sottotenente Frank Castle, promessa dell'esercito americano, viene assegnato a un plotone di istanza in Vietnam, facendosi subito notare per la sua intraprendenza, ma anche per la conoscenza delle armi e la spietatezza nell'affrontare il nemico.
Proprio durante una delle prime sortite, Castle risulta l'elemento decisivo per sgominare un gruppo di soldati vietnamiti capitanati da Ly Quang, la quale è alla fine l'unica sopravvissuta e giura vendetta contro il futuro Punisher.
È l'inizio di una silenziosa lotta di volontà tra due anime che adorano la guerra e che sono destinate infine a incrociarsi in un drammatico scontro finale.
Quello che in storie come Born era stato più che suggerito, in questa miniserie viene ulteriormente chiarito: secondo Ennis, anche senza l'uccisione della famiglia, Frank Castle si sarebbe comunque imbarcato in una spirale di violenza, poiché essa è insita nel suo carattere, non può farne a meno. Quell'evento ha attivato qualcosa che già c'era, sepolta nel profondo dell'anima nera di Castle.
Non è di sicuro la prima volta che viene fatto in assoluto (anche se forse è la prima volta in un fumetto), ma è apprezzabile vedere come Garth Ennis rappresenti col giusto distacco e oggettività - l'autore proietta sé stesso nella storia tramite la figura di uno scrittore interessato alla vita di Castle e che intervista i suoi ex commilitoni - anche il punto di vista dei vietnamiti, i quali hanno vissuto gli orrori e le paure di un conflitto esattamente come gli americani.
La conclusione, da ambo i lati, è che la guerra che hanno condotto non ha portato altro che macerie, nei villaggi e nelle anime di entrambi i popoli.
Ly Quang è una sorta di omologo femminile di Castle: entrambi sono patrioti - deviati - fin nel midollo, entrambi sono guerriglieri nati che traggono gioia dall'affrontare il nemico sul campo di battaglia, entrambi non concepiscono un'esistenza al di fuori del suddetto campo di battaglia.
Tanto che il loro scontro finale non è un confronto tra due persone, bensì una lotta tra belve sanguinarie dove la ragione non trova spazio.
Punisher: Platoon riesce a essere una storia antimilitarista senza utilizzare facili retoriche o sensazionalismi, ma mostrando un uomo (Frank Castle) per ciò che è, un pazzo omicida che si nasconde dietro l'aspetto di un bravo soldato. E molte altre persone, in bilico sul precipizio della follia e non necessariamente perché sono reduci di guerra, rischiano ogni giorno di diventare come lui.

sabato 25 settembre 2021

Netflix Original 10: Tallulah


Il tema della maternità è molto delicato, ancor di più nella società attuale, più sfaccettata che in passato e che infine inizia a vedere come ordinario - eccezion fatta per i soliti bigotti - il fatto che l'essere madre non debba necessariamente essere solo un fatto biologico.
Uno dei film incentrati sul concetto di maternità è Juno, del 2007, interpretato da Elliot Page, che torna a trattare questo tema in Tallulah, pellicola diretta da Sian Heder e distribuita su Netflix a partire dal 29 luglio 2016.
Tallulah (Page) è una ragazza senza fissa dimora che vive di espedienti. Un giorno, dopo che Tallulah si è infiltrata in un hotel, una donna di nome Carolyn (Tammy Blanchard), scambiandola per una inserviente le chiede di badare a sua figlia neonata Maddy mentre è via.
Tallulah nota che Carolyn non ha a cuore la propria figlia e non tiene in alcun conto le sue necessità, così d'impulso decide di prendere la bambina con sé. Disperata e ricercata dalla polizia, Tallulah si rifugia da Margo (Allison Janney), la madre di un suo ex ragazzo a cui dice che Maddy è nata dal rapporto tra lei e suo figlio.
Questo è un film su tre donne viste attraverso l'ottica di un'altra donna (la sceneggiatrice e regista Sian Heder). Donne che, ognuna per i propri motivi, in principio cercano di evitare le proprie responsabilità, ma infine trovano dentro di sé la forza per reagire.
A partire da Tallulah, che cerca sempre di sfuggire alla vita così come sfugge ai creditori col suo camper, fin quando la vita stessa le presenta infine il conto. E stavolta, grazie alle esperienze vissute con Maddy e  Margo, non scappa più e - pur sapendo che questo le costerà la prigione - si fa carico dei propri errori.
C'è poi Carolyn, una donna infelice della sua vita matrimoniale che la porta però anche a trasferire sulla piccola Maddy le proprie insicurezze e la propria rabbia. Quando la bambina le viene portata via, però, la donna capisce quando sia affezionata a lei e cambia atteggiamento, ritrovando oltre che sua figlia anche sé stessa.
Infine abbiamo Margo. Lei è un'eremita: separata dal marito, in rotta col proprio figlio e rinchiusa nel suo appartamento, da cui esce solo per fare delle conferenze sui libri da lei scritti. L'esperienza che vive insieme a Tallulah e Maddy, però, la cambia. Stringe nuovi legami, riallaccia i rapporti col figlio, viene a patti con la separazione dal marito ed esce dal suo appartamento in maniera più frequente.
Questa pellicola dunque si rivela un prodotto ben riuscito che è in grado di parlare con efficacia del tema delicato della maternità... e non solo.

giovedì 23 settembre 2021

Fabolous Stack of Comics: Bedelia


Bedelia, la donna ideale per ogni essere vivente. Bedelia, colei che in maniera indiretta ha fatto sì che Aldo divenisse vittima della maledizione di Venerdì 12. Bedelia, infine protagonista assoluta di una storia. Nello specifico una graphic novel scritta e disegnata da Leo Ortolani e pubblicata nel 2020 da Bao Publishing.
L'albo trae ispirazione dal film Eva Contro Eva del 1950 e da un'altra pellicola che se ve la rivelassi e voi non aveste letto la storia vi rovinerei il finale, diciamo solo che è uscita 28 anni dopo Eva Contro Eva.
Sono passati circa quindici anni dalla conclusione di Venerdì 12. Bedelia è ancora la donna più desiderata da chiunque e la modella di punta della Segreti Lingerie, ma qualcosa sta per cambiare.
Sulla scena, infatti, irrompe una modella più giovane e ammirata, Elaiza, che prende il posto di Bedelia sui cartelloni pubblicitari di tutta la città. Con quel mondo apparentemente perfetto che inizia a crollare attorno a lei, Bedelia dovrà mettere in discussione la sua intera esistenza e sarà aiutata da un insolito angelo di nome Gladio e da... Aldo!
Si potrebbe pensare, e anche le prime pagine dell'opera danno quest'illusione, che questa sia una storia incentrata su un personaggio negativo. E invece no. Ortolani come sempre è molto abile a cambiare le carte in tavola e mentre il racconto procede veniamo a conoscenza di alcuni aspetti del personaggio di Bedelia che non potevamo immaginare.
C'è un punto preciso di stacco, di cui all'inizio è difficile accorgersene, in cui Bedelia passa dall'essere quella donna che tutti amano, ma che si fa anche odiare, a un essere umano che - nonostante tutta la ricchezza, nonostante sia sempre circondata da persone, nonostante possa ottenere tutto ciò che vuole - si ritrova ad essere una persona sola e fragile, anzi lo è sempre stata, senza un vero affetto.
Anzi, forse l'unico che affetto che ha avuto è stato quello di Aldo, inaspettata guest-star, il quale dimostra di essere stato anche l'unico ad amarla davvero.
Anche se Ortolani non manca di inserire qualche battuta, quest'opera è più venata di uno humour nero e in certi punti anche di malinconia.
Con tutte le certezze sul personaggio crollate, il finale - che comunque risulta prevedibile a un certo punto - è come un pugno nello stomaco a ogni residua convinzione.
E quindi, se siete giunti fin qui, possiamo rivelare l'altra pellicola che è con ogni probabilità servita di ispirazione: Il Paradiso Può Attendere. E alla fine l'attesa si è conclusa.

martedì 21 settembre 2021

Netflix Original 9: Rebirth


Avete presente quando vedete un film che sembra di denuncia, ma alla fine della visione rimanete alquanto confusi? Ecco, questa sensazione mi è capitata vedendo Rebirth, pellicola sceneggiata e diretta da Karl Mueller e distribuita su Netflix a partire dal 15 luglio 2016.
Kyle (Fran Kranz) è il social media manager di un gruppo bancario che un giorno riceve la visita di un suo ex compagno di scuola, Zack (Adam Goldberg). Quest'ultimo gli dice che la sua vita è cambiata grazie al programma Rebirth, a cui lui stesso ha contribuito, esortando il suo amico a parteciparvi.
Incuriosito, Kyle si reca a uno dei convegni indicatogli da Zack e precipita rapidamente in un incubo, un incubo composto da persone asservite a un ideale impalpabile. Un incubo di cui è proprio lui il protagonista e da cui non sarà così facile fuggire.
Questo film vuole essere una critica a quelle numerose organizzazioni, presenti soprattutto negli Stati Uniti, che promettono a chi si iscrive di cambiare la loro vita, salvo poi spillargli soldi e inculcare idee che riscrivano completamente la loro esistenza e possano andare anche contro lo stato civile. Qualcuno le definirebbe sette.
Se il primo pensiero in tal senso può andare a Scientology, vi è da aggiungere che essa è solo la punta di un iceberg molto più grande negli Stati Uniti (qui in Italia invece siamo ancora propensi all'affidarci a finti maghi e stregoni, ma ci evolveremo un giorno o l'altro), quindi la critica di Rebirth vuole essere più generale e non specifica.
Ma tale critica non pare cogliere nel segno, o non andare fino in fondo, quanto piuttosto fermarsi a metà. Rebirth sembra infatti mettere sullo stesso piano sia chi crea tali organizzazioni, sia tutti coloro che vi si affidano - che pure avranno le loro colpe, certo, ma spetterebbe alla società e agli organi legislativi piuttosto fermare tali organizzazioni se compiono atti illeciti o plagiano le persone.
Il finale in tal senso risulta piuttosto spiazzante. Se Kyle, col sempre bravissimo Kranz, sembra precipitare del tutto in quella spirale di oblio, non si capisce perché anche la famiglia e i suoi colleghi di lavoro debbano fare altrettanto. Come non è chiaro, anche se viene suggerito, come mai Rebirth diventi così influente senza che nessuno apra delle indagini (così come invece è accaduto a Scientology).
Certo, Karl Mueller vuole dirci che questo è un possibile rischio e non uno scenario che deve necessariamente coinvolgere tutti, ma non usa tutte le parole necessarie per far arrivare questo messaggio.
Non conoscendo poi a fondo questo mondo, non so se ci sia anche il rischio di fare di tutta l'erba un fascio, quindi classificare come delle sette organizzazioni che - pur vivendo dei contributi dei soci - perseguono obiettivi legali in maniera legale.
Sarebbe un tema interessante da approfondire.

domenica 19 settembre 2021

Fabolous Stack of Comics: La Morte di Hawkman


Una delle cose più insolite presente nei fumetti della Silver Age (e anche della Bronze Age) era il veder agire in coppia due eroi che in apparenza non avevano nulla in comune, ma che l'abilità dello sceneggiatore di turno riusciva a rendere credibile.
L'esempio più noto in tal senso è di sicuro l'accoppiata Lanterna Verde/Freccia Verde, ma possiamo annoverare tra queste insolite alleanze anche quella composta da Adam Strange e Hawkman.
I due personaggi, durante la Silver Age, vivevano tranquillamente le loro avventure in solitaria, fino a quando si è deciso di sfruttare il loro "background spaziale" (Hawkman è un poliziotto proveniente da un altro pianeta, Adam Strange un archeologo che vive le sue avventure su un altro pianeta) per unirli.
I mondi su cui agiscono i due eroi si chiamano Rann e Thanagar e spesso si ritrovano in guerra, costringendo Adam Strange e Hawkman a intervenire, mettendosi a volte contro quel popolo che hanno giurato di proteggere.
Tale scenario, con una sensibile modifica, ritorna anche nella miniserie in sei numeri pubblicata tra il 2016 e il 2017 La Morte di Hawkman (Death of Hawkman), scritta da Mark Andreyko e disegnata da Aaron Lopresti. Sarà un titolo clickbait? Chissà!
È di nuovo scoppiato il conflitto tra Rann e Thanagar, a seguito di un attentato terroristico da parte di alcuni Thanagariani che ha in apparenza causato la morte di Sardath.
Separato da sua moglie Alanna, Adam Strange ritrova il suo fedele alleato Hawkman, ma nessuno dei due può immaginare che dietro tutto ciò vi è Despero, il quale con i suoi poteri mentali sta sobillando l'inasprirsi delle tensioni tra i due pianeti e il cui piano finale è appropriarsi di un elemento che gli conferirà ancora più grandi poteri.
Questa è una storia che sfrutta il classico stratagemma di narrare gli eventi tramite due linee temporali - il presente e il recente passato - che alla fine si ricongiungono prima dello scontro finale. Quindi non aspettatevi colpi di scena imprevisti, poiché non è qui che li troverete. Avrete invece una buona storia d'azione che si dipana in maniera ordinaria e al contempo efficace.
E a volte è proprio ciò che serve, una lettura distensiva. E che forse ha in sé un messaggio. Interessante vedere come Despero (il Potente) sfrutti le paure e le paranoie delle popolazioni di Rann e Thanagar per dare vita a un conflitto che altrimenti non sarebbe mai esistito e che gli farà guadagnare più potere (petrolio/armi = Metallo Nth), mentre le voci della ragione (Adam Strange e Hawkman) vengono messe a tacere a tutti i costi.
Una metafora di certe, recenti situazioni storiche? Chissà again!
La Morte di Hawkman rappresenta anche il preludio a un'importante, futura saga, ovvero Dark Nights: Metal. Quale sarà il ruolo del falco alato in tutto questo?

venerdì 17 settembre 2021

A scuola di cinema: Distretto 13 - Le Brigate della Morte (1976)

Dopo l'uscita del primo film da lui diretto, Dark Star, nel 1974, un progetto di basso profilo concepito insieme al suo amico Dan O'Bannon, il regista John Carpenter viene approcciato dal produttore J. Stein Kaplan, il quale gli offre la possibilità di scrivere e dirigere un nuovo lungometraggio.
Al regista semi-esordiente viene concesso qualcosa di non così scontato per qualcuno con la sua poca esperienza, ovvero totale libertà creativa su quale soggetto presentare. Vi è una sola, tassativa condizione: che il budget della pellicola non superi i 100.000 dollari.
Pur con questa particolare spada di Damocle sopra la testa, John Carpenter concepisce il film che darà il via alla sua ricca e fortunata carriera cinematografica.


Carpenter idea due trattamenti per possibili film a basso budget: il primo si intitola Eyes, mentre il secondo The Anderson Alamo, completato in appena otto giorni.
J. Stein Kaplan appare più interessato a sviluppare quest'ultimo, visto che la concentrazione dell'azione in un solo luogo aiuta a tenere bassi i costi e rientrare nel budget previsto, mentre Eyes viene opzionato dal produttore Jon Peters e revisionato, diventando qualche anno dopo Occhi di Laura Mars (Eyes of Laura Mars).
Per The Anderson Alamo, l'intenzione originaria di Carpenter è quella di ricreare un film western che si ispiri alle atmosfere delle pellicole dirette da Howard Hawks, uno dei suoi registi preferiti e miti d'infanzia.
Tuttavia, il ridotto budget a disposizione non glielo consente, ma Carpenter decide di omaggiare comunque la filmografia di Howard Hawks rendendo The Anderson Alamo una sorta di remake moderno di Un Dollaro D'Onore (Rio Bravo), con qualche influenza aggiuntiva derivante dai film sugli zombie diretti da George Romero.
Per dare il via alla produzione della pellicola, Kaplan fonda la società CKK Corporation.
Per gli interpreti principali, sempre per motivazioni di natura economica, si deve necessariamente ricorrere ad attori di secondo piano, scelti personalmente da John Carpenter.
Per il ruolo di Ethan Bishop viene selezionato Austin Stoker, un attore con già una discreta esperienza alle spalle e che può vantare anche l'apparizione in un film della saga de Il Pianeta delle Scimmie.
Per il ruolo di Napoleone Wilson, Carpenter contatta Darwin Joston, un suo vicino di casa di Hollywood Hills e di cui apprezza l'uso di humour nero, tanto che modella il personaggio su di lui.
A completare il cast principale, sempre scelti da Carpenter, vi sono Charles Cyphers e Nancy Loomis.
Come art director e responsabile degli effetti sonori di questo nuovo film, Carpenter contatta un suo amico d'infanzia e compagno di università, Tommy Lee Wallace, il quale ha già collaborato per lui in Dark Star ma è praticamente ancora inesperto in merito ai meccanismi produttivi.
Le riprese si tengono a Los Angeles nel novembre del 1975, durando in totale 20 giorni. Carpenter, oltre a occuparsi della regia, idea anche molti degli storyboard del film. Durante la lavorazione, il titolo della pellicola viene modificato in The Siege.
Alcuni attori che interpretano dei componenti di una banda criminale sono in realtà degli studenti della University of Southern California, ben felici di poter apparire anche solo per quei pochi secondi durante i quali il loro personaggio muore. Anche John Carpenter ha un breve cameo nella pellicola come uno dei componenti di una banda criminale.
A riprese concluse, Carpenter - con l'assistenza di Debra Hill - si occupa del montaggio utilizzando lo pseudonimo di John T. Chance (ovvero il nome del personaggio interpretato da John Wayne in Un Dollaro D'Onore). Non pago di questo, compone anche la colonna sonora, portandola a compimento in appena tre giorni e ispirandosi alla soundtrack di Lalo Schifrin per Ispettore Callaghan: Il Caso Scorpio è Tuo (Dirty Harry) e alla canzone Immigrant Song dei Led Zeppelin.
Praticamente, a parte la direzione della fotografia, per questa pellicola John Carpenter ha compiuto l'intero processo creativo e forse anche e soprattutto per questo motivo il budget di centomila dollari viene pienamente rispettato.
Completato il tutto, la produzione decide di cambiare il titolo della pellicola in Assault on Precint 13, nonostante il film non si svolga in un distretto con quella numerazione, ben consapevole della svista ma ritenendo che questo nuovo titolo sia migliore dei precedenti e abbia un tono più sinistro.
Quando la pellicola viene sottoposta all'approvazione della MPAA (Motion Pictures Association of America), questa minaccia di dare un rating X (pellicola vietata ai minori) se non viene eliminata la scena in cui la bambina di nome Kathy (interpretata da Kim Richards) viene uccisa a sangue freddo.
Dietro suggerimento del distributore, John Carpenter viene incontro a questa richiesta - facendo dunque guadagnare al film un Rating R - ma quando la pellicola viene effettivamente distribuita nei cinema, la scena viene reinserita. Una pratica comune all'epoca per i film a basso budget su cui la MPAA non concentrava più di tanto i propri controlli.
Negli anni successivi, John Carpenter giunge a pentirsi di questa scelta, ritenendola dettata dalla sua giovinezza e inesperienza di allora.
Distretto 13 - Le Brigate della Morte (Assault on Precint 13) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 3 novembre 1976. In principio i guadagni sul territorio statunitense non si rivelano molto entusiasmanti.
L'anno successivo, tuttavia, la pellicola viene proiettata al London Film Festival, ottenendo un incredibile riscontro. Un distributore della Miracle Films, dunque, si aggiudica immediatamente i diritti sul film, il quale inizia a essere programmato lungo tutto il territorio britannico.
Distretto 13 - Le Brigate della Morte ottiene dunque il meritato successo e viene importato in altri paesi europei, consolidando così la carriera cinematografica di John Carpenter e in maniera indiretta anche di Tommy Lee Wallace. Nel 2015 ne viene anche prodotto un remake, diretto da Jean-François Richet e con protagonisti Ethan Hawke e Laurence Fishburne.
Ma un'ultima domanda rimane: qual era il nome di quell'oculato e previdente distributore inglese a cui John Carpenter deve la nascita del suo successo? Michael Myers! Ebbene sì, proprio in suo onore (se così possiamo dire), Carpenter decide di affibbiare questo nome al maniaco omicida della saga di Halloween... ma questa è un'altra storia.

mercoledì 15 settembre 2021

Fabolous Stack of Comics: Tex - Il Totem Misterioso


Ci troviamo di fronte a un fumetto di portata storica, epocale, ovvero la prima storia che vede protagonista Tex Willer, il "giustiziere solitario" (doveva ancora mettere da parte i contributi e diventare Ranger del Texas) ideato nel 1948 per la futura Sergio Bonelli Editore da Gianluigi Bonelli e Aurelio Galleppini, in arte Galep.
La storia si intitola Il Totem Misterioso e in origine viene pubblicata nel formato a striscia che era l'unico concepibile in quel periodo.
Facile dire, col senno di poi, che la trama è molto semplice: Tex si imbatte in Tesah, un'indiana inseguita da John Coffin e la sua banda criminale, i quali vogliono carpirle il segreto che li porterà alla scoperta di un immenso tesoro nascosto. Tex prende le difese di Tesah e ne nasce un tremendo scontro con Coffin dal quale uno solo uscirà vivo... indovinate chi!
Molto particolare leggere questa storia 73 anni dopo la sua pubblicazione, si può davvero dire che sia passata una vita intera. Appare curioso notare come Bonelli stesso volesse prendere le misure al suo personaggio, per cercare di carpirne le potenzialità, di modo da poterle sfruttare nelle storie successive.
E se pensiamo alla presunta aura di invincibilità che circonda il personaggio di Tex Willer, diventa molto strano - pur essendo questa un'avventura della sua giovinezza - vedere alcune sue ingenuità (si fa sorprendere più volte da Coffin, rimane ferito in uno scontro a fuoco salvandosi per miracolo) e caratteristiche impensabili (uccide dei cavalli pur di liberarsi degli sgherri di Coffin, sembra non tener in alcun conto la legge, si maschera per vendicarsi).
Non aspettatevi poi grandi approfondimenti dei personaggi: Tex è il buono, Coffin il cattivo, Tesah la ragazza in pericolo da salvare, punto. Ma allo stesso tempo - inquadrando questa storia nel periodo in cui è uscita - ciò è perfettamente funzionale essendo essa rivolta principalmente a quei giovani e bambini che avevano vissuto la guerra, la quale si era conclusa da appena un paio d'anni, e i suoi incubi. Giovani che avevano bisogno di svago, di una lettura d'evasione, della sicurezza che il male venisse punito senza possibilità di ritorno e il bene trionfasse su tutta la linea.
Si può sorvolare, dunque, su alcuni punti che rimangono in sospeso (Tesah che a un certo punto scompare e non si vede più, il tesoro che non si sa effettivamente che fine faccia, pur essendo un evidente MacGuffin), visto che ciò che conta è la battaglia tra Tex e Coffin.
È storia nota che Galep impegnasse di giorno le sue principali energie su un altro titolo, Occhio Cupo, mentre si occupava di Tex la sera e la notte. Questo però non significa che la prima storia di Tex presenti disegni scarsi o tirati via, anzi.
Se pur qualcosa viene sacrificato, in particolare gli sfondi, Galep rende al meglio le scene d'azione concepite da Gianluigi Bonelli, riuscendo sempre a catturare l'attenzione del lettore come se stesse vedendo un film sul grande schermo con Gary Cooper.
Senza immaginarlo all'epoca, Bonelli e Galep danno così vita in poco più di 30 pagine a una leggenda, che ancora oggi cavalca lungo le praterie del Texas e non solo.

lunedì 13 settembre 2021

Libri a caso: Il Dubbio


Dopo Morte a Domicilio, il Commissario Antonio Mariani fa il suo ritorno nel nuovo romanzo Il Dubbio, scritto sempre da Maria Masella e pubblicato nel 2004 da Fratelli Frilli Editori.
È passato un po' di tempo dagli eventi del primo romanzo, che hanno causato - dietro le quinte - una frattura in apparenza insanabile tra Mariani e sua moglie Francesca Lucas.
Dopo alcuni mesi di solitudine in un nuovo appartamento, il commissario si reca a trovare un suo ex collega a Cuneo (e senza che sia militare) e lì per un caso fortuito scopre che negli ultimi mesi Francesca ha avuto una relazione con un uomo che si è suicidato qualche giorno prima.
Col dubbio del titolo se la sua ex moglie abbia qualcosa a che vedere con quest'atto estremo, Mariani si ritrova subito dopo coinvolto in una serie di omicidi che prendono di mira persone che nascondevano alla famiglia e agli amici un aspetto della loro vita. E una delle vittime è collegata... all'amante di Francesca!
Nel primo romanzo ci eravamo imbattuti in un uomo, prima ancora che un rappresentante della legge, che appariva sconfitto dalla vita. Nonostante le sue indubbie competenze come commissario di polizia, Antonio Mariani appare più a suo agio nel cercare di capire quei misteri che non rientrano nella sua sfera personale, ma del tutto incapace di venire a patti con la propria tormentata esistenza e le donne della sua vita (la madre e la figlia, oltre che Francesca).
Quando dunque, come successo nel primo romanzo, un evento della sfera personale si intreccia con quella lavorativa, Antonio Mariani è costretto a mettere in discussione la sua stessa identità per cercare di trovare un compromesso tra questi due mondi che lui vorrebbe tener separati.
E se per quanto riguarda il lavoro ne esce vincitore, risolvendo il caso, la stessa cosa non può dirsi per la sua vita personale, poiché la sua estrema fallibilità nell'approcciarsi a un rapporto che vada oltre la sfera sessuale e confidarsi con chi gli sta accanto lo porta sempre a ricadere negli stessi errori. Forse perché è fin troppo un essere umano fallibile e appare incapace di migliorare sé stesso.
Questo romanzo non è tuttavia incentrato solo sull'analisi delle problematiche esistenziali di Mariani. La trama a sfondo giallo risulta trattata nella giusta maniera - seppur prevedibile nel finale - e si ricongiunge in maniera adeguata con quella parallela sul dubbio di Mariani.
L'epilogo ci lascia un commissario vincente, ma un uomo ancora più sconfitto, il quale dovrà trovare dentro di sé le forze per risollevarsi dal baratro.

sabato 11 settembre 2021

Netflix Original 8: Naman il Bramino


E alla fine è giunta, la prima produzione Netflix non americana, dopotutto era solo questione di tempo visto in quanti paesi questa piattaforma streaming ha tessuto la sua tela in questi ultimi anni.
Tuttavia tutto mi sarei aspettato tranne che questa prima produzione provenisse dall'India. Eppure non dovremmo stupirci, visto che l'industria cinematografica indiana è tra le più imponenti al mondo, forse la più grande di tutte.
E quindi il 7 luglio 2016 viene distribuito Naman il Bramino (Brahman Naman), sceneggiato da Naman Ramachandran e diretto da Qaushiq Mukherjee, il quale si firma semplicemente Q.
La storia si svolge nell'India degli anni '80 del ventesimo secolo ed è incentrata su Naman (Shashank Arora), uno studente abile nei quiz che insieme ad alcuni suoi amici deve partecipare a un concorso in cui saranno presenti altre scuole delle varie città dell'India.
Naman fantastica ogni giorno sul sesso e sulle donne, ma in realtà è incapace di relazionarsi con loro. Cosa che - nonostante il suo atteggiamento da guascone - rischia di renderlo una persona molto sola e infelice.
Ammetto che la visione di questa pellicola mi ha un po' spiazzato. È stato come rivedere una di quelle commedie americane degli anni '80 del ventesimo secolo ambientate nei college con maschi arrapati e donne discinte - film oggi chiaramente improponibili - quale ad esempio Porky's. A mio parere anche lo sceneggiatore e il regista di questa pellicola hanno visto quel tipo di commedie e hanno voluto omaggiarle a modo loro.
Solo che qui siamo in una diversa nazione e cultura e i tempi ormai sono cambiati. E così quel tipo di figura maschile viene giustamente adesso descritto come una persona patetica, che ha enormi difficoltà con l'altro sesso, mentre le donne sono più indipendenti e meno ingenue rispetto a quei film del passato.
A parte questo, però, e questo è stato un mio limite, l'atmosfera generale del film mi è sembrata qualcosa di insolito, con la società indiana divisa in caste e modelli di vita diversi da quelli che vediamo nella nostra bolla di realtà o in altre pellicole estere.
Limite derivante dal non aver approfondito questo tipo di società o aver visto in precedenza troppi film indiani... forse questo è stato addirittura il primo in assoluto! Dopotutto c'è una prima volta per tutto.

giovedì 9 settembre 2021

Fabolous Stack of Comics: Royals - Il Giorno del Giudizio


Durante Royals: Più Che Inumano abbiamo visto un gruppo di Inumani e Marvel Boy partire per lo spazio in cerca dei Progenitori e del Primagene, un sostituto del Terrigene che può ridare speranza alla città di Attilan dopo la distruzione delle Nebbie.
Questa maxiserie si conclude con la storyline Il Giorno del Giudizio (Judgment Day). Ai testi ritroviamo Al Ewing, mentre buona parte della parte grafica rimane affidata a Kevin Libranda e Javier Rodriguez.
Le due linee temporali, quella presente e quella futura dove gli unici sopravvissuti sono Maximus e Noh-Varr, sembra stiano per convergere. Gli Inumani nel presente trovano infine i Progenitori grazie all'aiuto di Ronan l'Accusatore, mentre nel futuro i due sopravvissuti si preparano al ritorno dei Progenitori stessi.
Entrambe le missioni delle due linee temporali sembrano destinate al fallimento, vista l'incredibile potenza dei Progenitori, tuttavia un apparente sacrificio, un atteso incontro tra due ex amanti e un'inaspettata rinascita rischiano di ribaltare le carte in tavola.
Questa seconda saga procede in maniera ordinaria, sfruttando i binari narrativi messi in moto all'inizio della storia: il tutto risulta anche ben narrato, ma non offre in sé nulla di particolare, visto che subito si intuisce quale sarà il risultato finale. Questo forse per dettame editoriale, che ha un po' tarpato le ali ad Al Ewing.
Come nella prima saga, anche in questo caso i riflettori rimangono puntati in particolar modo su Medusa e Maximus, con la conseguenza che gli altri protagonisti vengono un po' sacrificati sull'altare della narrazione e questo è un peccato.
L'unico altro personaggio che viene analizzato - nei primi numeri - è Crystal, grazie al matrimonio che ha avuto con Ronan (e di cui francamente mi ero scordato) e che ha con lui un incontro chiarificatore in merito.
L'epilogo si ricongiunge alla maxiserie parallela di Freccia Nera - con un evento comune vissuto dai due diversi punti di vista di Medusa e Blackagar Boltagon - e che costituisce un ottimo trait d'union tra le due storie.
Purtroppo l'aver affidato questa maxiserie a più artisti lungo la via, ognuno dei quali con uno stile differente, ha un po' compromesso una visione unica da un punto di vista grafico.
Ora sia Medusa che Freccia Nera si sono ricongiunti, ma il loro destino - come quello degli altri Inumani - è ancora incerto e dunque altre storie vi saranno lungo la via.

martedì 7 settembre 2021

A scuola di cinema: Joan Lui - Ma Un Giorno nel Paese Arrivo Io di Lunedì (1985)

Sin da prima dell'inizio delle riprese di Geppo Il Folle, uno dei suoi progetti cinematografici personali, il cantante e attore Adriano Celentano ha in mente un'altra opera alquanto ambiziosa, di cui vuole curare ogni principale aspetto tecnico - sceneggiatura, regia, montaggio e ovviamente anche la colonna sonora - e che rappresenti sotto forma di musical la summa del suo pensiero su alcuni argomenti delicati quali la figura di Gesù Cristo, la tutela dell'ambiente e il rapporto dei cittadini con la politica e l'economia.
Alcuni anni dopo tale opera infine si concretizza, diventando una delle pellicole più particolari uscite per il cinema italiano.


Dopo l'uscita nel 1978 di Geppo Il Folle, Adriano Celentano inizia dunque a proporre questa sua nuova opera, incontrando in principio molte resistenze poiché - essendo un progetto molto imponente - richiede un budget considerevole e rischioso che nessun produttore appare disposto a versare ed è incentrata su un genere (il musical) poco sfruttato dal cinema italiano.
Il destino viene incontro tuttavia a Celentano, poiché negli anni successivi diviene il protagonista di una serie di incredibili successi al botteghino, grazie a film quali Il Bisbetico Domato, Asso, Innamorato Pazzo.
Questo, oltre a consolidare la sua figura di attore agli occhi del grande pubblico, gli permette anche di ritornare alla carica col suo progetto, contattando i produttori degli ultimi film con cui è in quel momento sotto contratto - Mario Cecchi Gori e Vittorio Cecchi Gori - e a cui ha garantito quei grandi incassi.
Nel 1984 viene dato dunque il via libera alla produzione del film. Tuttavia Mario e Vittorio Cecchi Gori chiedono una serie di garanzie. Essendo il budget previsto molto alto, la prima stima si attesta infatti sui 15 miliardi di lire, costoro si dichiarano disposti a finanziare la pellicola purché Celentano giri prima di essa un altro film - Lui È Peggio di Me - e subito dopo un altro ancora, Il Burbero.
Poiché nelle loro previsioni la pellicola di Celentano non incasserà più del budget e al massimo andrà in pareggio, così facendo i due produttori si mettono al sicuro da eventuali perdite. L'attore accetta l'accordo. Per racimolare l'ingente somma, parte del denaro arriva anche dalla Germania, paese in cui la pellicola verrà esportata, e da una società appartenente a Silvio Berlusconi, il quale si aggiudica i diritti televisivi sulla pellicola.
Adriano Celentano può così dedicarsi alla sceneggiatura, la quale viene completata quello stesso anno. Per alcuni dei ruoli l'attore ha in mente grandi nomi, proponendoli a Peter Fonda e Meryl Streep, i quali tuttavia declinano la proposta.
Le riprese si svolgono tra maggio e ottobre del 1985, tenendosi a Genova, Roma e in Abruzzo. A causa di alcune problematiche e ritardi, il budget iniziale lievita in maniera consistente, arrivando a ben 20 miliardi di lire, forse anche qualcosa in più.
A complicare in parte le cose in tal senso vi è il fatto che il non indifferente corpo di ballo, scelto personalmente da Celentano e proveniente dagli Stati Uniti, a causa di un allungamento delle tempistiche, rimane bloccato per alcuni mesi in uno degli hotel di Roma, il tutto ovviamente a spese della produzione.
L'uscita nelle sale italiane è prevista per il periodo natalizio, dunque il tempo per montare la pellicola - compito che si assume lo stesso Adriano Celentano - è davvero ridotto all'osso.
Tanto che, a ridosso della data di uscita, i produttori si appropriano del montaggio a disposizione, forse non ancora del tutto definito, con la conseguenza che la durata della pellicola risulta di quasi 3 ore. Inoltre l'inevitabile stampa affrettata delle varie copie - in un'epoca in cui il digitale è ancora qualcosa di sconosciuto e lontano - fa sì che alcune di queste copie siano difettose e presentino dei tagli non previsti.
Joan Lui - Ma Un Giorno nel Paese Arrivo Io di Lunedì viene distribuito nei cinema italiani a partire dal 25 dicembre 1985 (data non casuale, con ogni probabilità). Questa pellicola è sia l'ultima diretta e sceneggiata da Adriano Celentano che anche l'ultima recitata da Claudia Mori.
Per via della stampa frettolosa delle copie, una di queste presenta un vistoso taglio del girato di quasi 20 minuti e viene programmata in un cinema di Milano.
Una fan di Adriano Celentano, che in precedenza ha visto la versione estesa, si accorge subito della cosa e ne informa l'attore, il quale si convince che questa sia stata una manovra voluta dai produttori e dai distributori per far sì che il film venga proiettato più volte nel corso di una giornata, cosa che la versione estesa non permetterebbe.
Per tutta risposta, dunque, Celentano querela Mario e Vittorio Cecchi Gori, chiedendo un risarcimento danni di ben 10 miliardi di lire e rifiutandosi di prendere parte alle riprese de Il Burbero, nonostante vi sia un obbligo contrattuale. Il disguido tuttavia viene scoperto in pochi giorni e dunque le accuse decadono.
Alla fine Joan Lui arriva a incassare sul territorio italiano circa sette miliardi di lire. Che rappresenterebbe un incasso ragguardevole per molti altri film, ma non per questa pellicola a causa dell'alto budget che essa ha comportato. Nonostante questo, viene importata con discreto successo in altri paesi europei quali la Germania, come detto, e nientemeno che la Russia.
Adriano Celentano accetta infine di girare l'anno successivo Il Burbero, ma qualcosa si deve essere infranto lungo la via, tanto che dopo questa pellicola l'attore e cantante interpreterà un solo altro film (Jackpot, uscito nel 1992) per poi ritirarsi del tutto dalle scene cinematografiche.
Quando qualche anno dopo Joan Lui inizia a essere trasmesso in televisione, Celentano rimette mano alla pellicola e concepisce un nuovo montaggio, da lui ritenuto quello definitivo, della durata pari a 125 minuti. La versione estesa rimane tuttavia a disposizione e ancora oggi risulta facilmente reperibile.
Celentano continua comunque senza soste il suo percorso musicale e in breve tempo porta le sue idee e i suoi discorsi sui temi a lui cari in un altro mezzo da lui ritenuto più adatto e influente per raggiungere un'ampia fascia di pubblico, ovvero la televisione... ma questa è un'altra storia.

domenica 5 settembre 2021

Fabolous Stack of Comics: Freccia Nera - Il Re di Mezzanotte Torna sulla Terra


Freccia Nera è stato imprigionato, sia nel fisico che nell'anima, nel corso della storyline Tempi Duri, ma ora è giunto il momento del riscatto.
La maxiserie dedicata al sovrano degli Inumani si conclude con la saga Il Re di Mezzanotte Torna sulla Terra (Home Free), scritta sempre da Saladin Ahmed. Alla parte grafica, Christian Ward - divenuto nel frattempo padre - viene assistito da Frazer Irving.
Evaso dalla prigione spaziale insieme a Blinky, grazie all'apparente sacrificio di Crusher Creel, Freccia Nera fa ritorno sulla Terra, ma trova uno scenario per lui inedito, con sua moglie Medusa lontana in missione e i giovani Inumani a guidare il regno.
Freccia Nera ha una promessa da mantenere, deve informare la moglie di Creel, Titania, della sua scomparsa. Non andrà tutto liscio, ovviamente, e sarà solo il preludio a un ultimo, risolutivo scontro con un nemico impensabile.
La prima fase è stata quella della rinascita attraverso la perdita di libertà, poiché forse solo quando perdi il bene più prezioso ne capisci l'importanza. Privato di tutto ciò che aveva di più caro, Freccia Nera trova dentro di sé la forza per rinascere dapprima interiormente e cambiare (se sia in meglio o in peggio, oppure tutto tornerà come prima, lo scopriremo col tempo).
Dopodiché - ed è il tema di questa saga conclusiva - Freccia Nera deve reinserirsi nell'ambiente da cui è stato allontanato, ignaro che nel frattempo esso è molto cambiato. Questo gli permette di staccarsi per il momento dalla società Inumana e perseguire una propria via volta a concludere quel processo di cambiamento e rinascita, ancora una volta ben descritto da Saladin Ahmed.
E tale processo passa anche attraverso personaggi inattesi, a partire da Blinky, l'aliena telepate, un nuovo ingresso ben concepito da Ahmed, e la coppia di criminali composta da Crusher Creel e Titania, con cui Freccia Nera stringe un insolito ma non assurdo rapporto di amicizia.
Anche questa volta il comparto grafico merita un applauso per come ha saputo rendere atmosfere così differenti, partendo dallo spazio profondo per giungere sulla Terra e infine arrivare su un piano onirico/metafisico.
Questa maxiserie ci ha insomma riservato molte sorprese e ci ha lasciato la curiosità di sapere cosa accadrà ora a Freccia Nera.

venerdì 3 settembre 2021

Netflix Original 7: Altruisti Si Diventa


Mi piacciono molto i film incentrati sul cosiddetto "road trip", ovvero quelli in cui i protagonisti si imbarcano in un viaggio - a volte con una meta precisa, a volte senza meta - che imprime una svolta alle loro esistenze. E ce ne sono tanti in giro, da Fandango alle prime commedie di Aldo, Giovanni e Giacomo... persino Scappo Dalla Città: La Vita, l'Amore e le Vacche!
In questa particolare categoria di film si inserisce anche Altruisti Si Diventa (The Fundamentals of Caring), adattamento di un romanzo del 2012 scritto da Jonathan Evison intitolato The Revised Fundamentals of Caregiving. La pellicola è stata sceneggiata e diretta da Rob Burnett e distribuita su Netflix a partire dal 24 giugno 2016.
In questo film ritroviamo, in un ruolo per lui insolitamente drammatico, il nostro Ant-Man, alias Paul Rudd. L'attore interpreta Ben Benjamin, uno scrittore in crisi, che sta per divorziare dalla moglie e con un terribile evento passato alle sue spalle, il quale supera un corso per diventare un esperto caregiver/badante.
Il primo paziente che gli viene affidato è Trevor (Craig Roberts), un ragazzo affetto dalla Distrofia Muscolare di Duchenne, il quale non esce quasi mai di casa e che ogni tanto concepisce dei pessimi scherzi ai danni di Ben.
Ben stringe con lui una forte amicizia, convincendolo infine a intraprendere un viaggio in auto insieme per andare a visitare un pozzo naturale. Un viaggio che, come si può immaginare, cambierà le loro vite.
Paul Rudd compie un buon lavoro interpretando un ruolo drammatico, seppur con qualche scena più leggera lungo la via, considerato che è abituato a interpretare delle commedie o film disimpegnati come appunto quelli incentrati su Ant-Man, dimostrando così la sua versatilità e supportato in tal senso dal resto del cast.
La pellicola bypassa subito la fase della costruzione dell'amicizia tra Ben e Trevor, condensandola in circa un minuto (scelta abbastanza inusuale), per passare al viaggio e alle esperienze che i due protagonisti affronteranno lungo la via, compreso l'incontro con una determinata ragazza interpretata da Selena Gomez.
Il viaggio in sé non offre particolari sorprese e, se ci pensiamo, anche le figure rappresentate da Ben e Trevor le abbiamo già viste più volte, in altre pellicole.
Quindi accade esattamente quello che deve accadere e certi eventi si possono anche prevedere. Tuttavia il tutto è ben raccontato, non scade mai troppo nel banale e porta quel cambiamento necessario ai due protagonisti perché riescano infine a voltare pagina e trovino entrambi un personale riscatto.
Quindi un viaggio che è anche un percorso interiore e aiuta a liberarsi da alcuni demoni personali. A volte è necessario solo questo.
Anche questa missione è stata portata a termine da Ant-Man, che può tornare nel Regno Quantico.

mercoledì 1 settembre 2021

Fabolous Stack of Comics: Le Avventure di Ciclope e Fenice


Il legame tra Scott Summers/Ciclope e Jean Grey/Fenice è profondo, affonda le sue radici nella storia. Fin dal primo, fondamentale numero di Uncanny X-Men, dove i due si incontrano per la prima volta.
Per lei, dopo il suo primo ritorno dalla morte, a un certo punto Ciclope abbandona persino sua moglie e suo figlio Nathan. Quello stesso figlio che, infettato qualche tempo dopo da un virus tecnorganico, Ciclope deve affidare a una donna perché lo possa curare in un futuro distante.
Insomma, un lungo e tormentato sogno d'amore quello tra i due mutanti, che si corona infine su X-Men 30 del 1994, col loro matrimonio. Ed è proprio da qui che prende le mosse la miniserie in quattro numeri Le Avventure di Ciclope e Fenice (The Adventures of Cyclops and Phoenix) pubblicata in quello stesso anno, scritta da Scott Lobdell e disegnata da Gene Ha.
Mentre si trovano in viaggio di nozze, le menti di Ciclope e Fenice vengono proiettate nel lontano futuro, dove la razza umana è stata soggiogata da Apocalisse. Responsabile di ciò è la Madre Askani, ovvero Rachel Summers, ormai invecchiata e che dunque non può più occuparsi di allevare Nathan, il figlio di Ciclope, che deve essere allenato perché un giorno riesca a soverchiare la tirannia di Apocalisse.
Scott Summers e Jean Grey adottano così le identità di Slym e Redd e inizia per loro un viaggio che durerà oltre dieci anni, durante il quale dovranno prendersi cura del futuro Cable senza rivelargli le loro vera identità. Sarà per tutti e tre un viaggio pieno di insidie, ma che li aiuterà anche a venire a patti con alcuni loro demoni interiori.
Questa miniserie riconcilia i personaggi di Ciclope e Fenice con una sensazione che, complice alcune loro scelte e le loro vite complicate, sembravano aver perso per sempre: l'affetto genitoriale.
Ciclope è cresciuto senza un padre e una madre accanto a sé e questo destino sembrava dover essere condiviso da suo figlio Nathan, dapprima abbandonato e poi affidato a colei che si riteneva un'estranea per un incerto futuro.
Standogli accanto, crescendolo, facendolo maturare fino quasi all'età adulta, Ciclope recupera quegli anni di crescita perduti da entrambi, compiendo in parte ammenda per quei due suoi peccati e ritrovando un senso di identità come padre - prima ancora che come eroe - che sembrava non essere più alla sua portata.
Jean Grey ha sempre rappresentato una confidente per gli altri X-Men, salvo alcune eccezioni (Wolverine, per dirne uno), qualcuna con cui stringere un forte legame che andava aldilà dell'appartenenza al gruppo, come è successo a Tempesta.
A differenza di Ciclope, Jean ha i genitori e una sorella, sposata e con figli. Jean però, causa la sua presunta morte e le missioni con gli X-Men, non è mai riuscita a ritagliarsi uno spazio per sé, almeno fino a poco prima del matrimonio con Scott Summers.
Nathan non è il figlio biologico di Jean Grey, ma questo non rappresenta una problematica. Crescendo il ragazzo in un mondo pieno di insidie insieme a suo marito, Jean si dimostra la vera madre di Nathan, colei che vuole bene al proprio figlio e non permette che gli accada nulla di male, anche a costo della propria vita.
Da questa esperienza, Nathan acquisisce la necessaria maturità per portare avanti la sua battaglia di libertà, mentre Ciclope e Fenice si riappropriano di una parte della loro identità perduta. Le Avventure di Ciclope e Fenice è molto più che un romanzo di formazione, è un viaggio interiore per tutti i personaggi coinvolti. Un viaggio la cui meta finale rappresenta la salvezza.