giovedì 22 settembre 2022

Fabolous Stack of Comics: Storie di Guerra - Arcangelo


Garth Ennis torna a raccontarci una nuova Storia di Guerra incentrata sull'inglese RAF (Royal Air Force), a lui molto cara a quanto pare, dopo Lo Squadrone dei Vampiri (Vampire Squadron).
Tocca stavolta al one-shot Arcangelo (Archangel), pubblicato nel 2003 e disegnato da Gary Erskine.
L'anno è il 1942 e, a seguito di una tremenda debacle durante una battaglia aerea, il pilota Charlie MacKenzie viene dirottato a un altro incarico, che si ritiene essere di basso livello. Deve infatti iniziare a servire come pilota su una portaerei e rimanere a disposizione per proteggere la flotta in caso di attacco nemico. Il mezzo con cui deve alzarsi in volo? Una catapulta!
Diviso tra il senso del dovere e un amore che sembra non doversi mai concretizzare, Charlie MacKenzie dovrà dimostrare il suo valore e trovare una possibilità di riscatto, proprio quando le sortite dell'esercito nazista iniziano a diventare più insidiose.
In queste storie di guerra Garth Ennis ama mostrarci dei perdenti, ma differenti tipi di perdenti: a volte sono perdenti condannati al fallimento fin dal principio, come i protagonisti di Condor o I Reiver. Altre volte, invece, come nel succitato Lo Squadrone dei Vampiri, sono perdenti che credono in quello che fanno, seppur osteggiati dai loro superiori, e cercano di dimostrare quanto realmente valgono.
Charlie MacKenzie è un magnifico perdente, un personaggio in cui molti possono identificarsi. Inviso ai suoi superiori, pronto a prendersi anche responsabilità non sue per il bene del suo squadrone e uomo innamorato. Tutte caratteristiche che la guerra rischia di togliergli ma sarà proprio quello stesso conflitto, in senso lato, a farlo infine emergere vincitore. Ribaltando così la caratterizzazione di partenza.
Per chi stesse già pensando che in questa storia Garth Ennis sia partito per la tangente, immaginandosi aerei lanciati con delle catapulte... ebbene, non è affatto una sua invenzione, bensì un fatto storico acclarato. Durante i primi anni della Seconda Guerra Mondiale, infatti, erano attivi i Catapult Aircraft Merchantman (CAM), portaerei che avevano nella loro dotazione anche una catapulta da cui lanciare un velivolo che si sarebbe acceso in volo e il cui scopo era proprio quello descritto da Ennis.
Seppur lo sceneggiatore irlandese a volte esageri con la violenza e le scene surreali, quando si tratta di scrivere storie belliche ha sempre aderito a una perfetta realtà storica, come in questo caso.
Forse tra le Storie di Guerra è la migliore vista finora, ma molte altre sono ancora in attesa.

mercoledì 21 settembre 2022

Libri a caso: Sherlock Holmes - Lo Spettro dello Squartatore


Jack lo Squartatore è uno dei più celebri serial killer della storia, quando il termine serial killer non era ancora stato inventato: ha agito nella seconda metà del 1888 nel quartiere londinese di Whitechapel, ma la sua vera identità non è mai stata accertata e chi sia rimarrà con ogni probabilità per sempre un mistero.
Sherlock Holmes ha agito nello stesso periodo temporale in cui Jack lo Squartatore ha colpito ma, siccome Arthur Conan Doyle non si è mai volutamente occupato di casi reali (tralasciando che una storia dove Holmes risolve questo mistero a quell'epoca sarebbe stata ritenuta molto indelicata, per usare un eufemismo), nel suo canone non troverete nemmeno un accenno a questi celebri delitti.
Moderni scrittori (e anche il cinema), invece, hanno abbandonato questi scrupoli, anche in conseguenza delle numerose teorie che hanno provato a identificare chi fosse Jack lo Squartatore. Seppur non esattamente incentrata su questi delitti, David Stuart Davies ne esamina alcune possibili conseguenze nel romanzo Lo Spettro dello Squartatore (The Ripper Legacy), pubblicato nel 2016.
Ci troviamo nel marzo 1895. Con uno Sherlock Holmes ritornato a Londra dopo i tre anni di assenza, la vita sembra procedere come prima, così lui e Watson decidono di indagare sul rapimento di un bambino, William Temple, dopo essere stati contattati dai suoi genitori, i quali devono ancora ricevere una richiesta di riscatto.
Tramite esili indizi, Holmes e Watson riescono a risalire ai mandanti del rapimento, che fanno capo a un'organizzazione criminale molto potente, la quale uccide senza pensarci due volte chi li intralcia o non è più utile ai loro piani. E che a quanto pare ha scoperto un segreto di Jack lo Squartatore che intende sfruttare per richiedere una forte somma di denaro direttamente al governo inglese. Un modus operandi che ricorda molto da vicino i metodi di qualcuno che non dovrebbe esserci più.
Questa storia risulta essere un buon "apocrifo che, partendo dagli elementi consolidati del canone holmesiano (ci sono praticamente tutti, da Mycroft a Lestrade), vi innesta anche altre soluzioni narrative che Conan Doyle era solito usare cum grano salis.
In particolare vi sono molte scene di azione, dove sia Holmes che Watson hanno modo di dimostrare - oltre alle loro capacità intellettive - le loro capacità fisiche e di agilità. Niente male per dei quasi cinquantenni, ma si sa, indagare tiene in perfetta forma.
Ci troviamo quindi di fronte, più che a una detective story (a volte gli indizi vengono scoperti quasi per caso, forse Conan Doyle non avrebbe molto gradito), a una sorta di thriller che, come tutti i thriller che si rispettino, è incentrato su un segreto inconfessabile.
Senza andare troppo nel dettaglio, il libro appoggia la teoria che Jack lo Squartatore fosse in qualche modo legato alla famiglia reale inglese e ciò che viene suggerito è un'ipotesi che da tempo viene suggerita nei numerosi tentativi di risoluzione di questo irrisolvibile mistero.
Ma è destino che certi misteri reali rimangano infine insoluti e trovino nel tempo solo una conclusione nelle opere di fantasia.

martedì 20 settembre 2022

Netflix Original 77: The Outsider


Il tema dello straniero in terra straniera risulta inevitabilmente affascinante in molti settori artistici, tra cui anche il cinema, ovviamente.
Per gli americani, l'Oriente ha spesso costituito una terra misteriosa e incantata, ma al contempo anche un luogo dove si annida la sinistra criminalità della Yakuza, come si è visto ad esempio in Black Rain - Pioggia Sporca.
Un nuovo straniero in terra straniera, con tanto di Yakuza incorporata, si ritrova in The Outsider, film diretto da Martin Zandvliet, scritto da Andrew Baldwin e distribuito su Netflix a partire dal 9 marzo 2018.
Ci troviamo nel 1954, ad Osaka. L'ex soldato Nick Lowell (Jared Leto), dopo aver passato alcuni anni in prigione, viene accolto da Kiyoshi (Tadanobu Asano), a cui aveva salvato la vita nel corso di un attentato dietro le sbarre, e introdotto nel clan Yakuza degli Shiromatsu.
L'ingresso di un gaijin in un clan giapponese suscita ovviamente sdegno e disprezzo da parte degli altri componenti, ma col tempo Nick Lowell si guadagna il loro rispetto, risultando fondamentale nel confronto con un altro clan Yakuza, quello dei Seizu. Si innamora inoltre della sorella di Kiyoshi, Miyu (Shiori Kutsuna).
Sia il tema di fondo che l'ambientazione di questo film (il Giappone post-seconda guerra mondiale, di solito poco trattato in pellicole americane) risultano interessanti, ma lo svolgimento risulta un po' zoppicante.
Del protagonista, Nick Lowell, che comunque Leto interpreta con quel giusto distacco che lo caratterizza, ci viene fornito il minimo indispensabile. Cosicché la motivazione di certe sue scelte, come l'aderire alla Yakuza senza ripensamenti o il perseguire ciecamente gli obiettivi del clan, non ricevono il necessario approfondimento, lasciandoci il dubbio che il protagonista segua quei sentieri narrativi solo perché è lì che deve andare la storia.
In senso più lato, si intuisce che Nick Lowell è in sostanza un uomo che intende essere senza passato e che non vuole farsi ritrovare da quel passato che si è lasciato alle spalle. Senza una famiglia, senza un vero scopo nella vita, si può dunque capire come mai entri a far parte del clan Shiromatsu. Alla fine questo per lui rappresenta un nuovo inizio, con una nuova "famiglia" e dei nuovi obiettivi. Ma un minimo di approfondimento non ci sarebbe stato male.
Le atmosfere "nere" della pellicola si riflettono nelle scene che la contraddistinguono, spesso caratterizzate da pioggia od oscurità. Oscurità che si solleva in quei pochi momenti di serenità.
Il film è anche un melting-pot di linguaggi, visto che alterna in maniera continua il giapponese e l'inglese (e per questo motivo non è stato doppiato in italiano, sarebbe risultato troppo confusionario). Una dimostrazione del suo voler essere poco mainstream, considerato che è il giapponese la lingua predominante.

lunedì 19 settembre 2022

Fabolous Stack of Comics: Joker - Il Sorriso che Uccide


Il tema è di quelli ricorrenti. "Chi è più pazzo? Il pazzo o il pazzo che lo segue?" come direbbero in una galassia lontana lontana. I confronti tra Batman e Joker hanno spesso viaggiato sull'orlo della follia, col Cavaliere Oscuro che rischiava di precipitare in quella spirale, e l'esempio più celebre in tal senso rimane The Killing Joke, di Alan Moore e Brian Bolland.
Una nuova sfida tra questi due contendenti, in bilico tra sanità mentale e pazzia, si verifica nella miniserie in 3 numeri, pubblicata nel 2020, Il Sorriso che Uccide (Killer Smile), scritta da Jeff Lemire e disegnata da Andrea Sorrentino. Questa storia ha poi avuto un epilogo, realizzato dagli stessi autori, col one-shot Batman: The Smile Killer.
Tanti hanno cercato di curare il Joker dalla sua follia, per gloria personale o sincero altruismo, e il dr. Ben Arnell è colui che vuole tentare per l'ennesima volta di comprendere ciò che si cela dietro la pazzia del misterioso criminale.
Tuttavia il Joker, che ormai ben conosce quello che lui definisce un gioco, è pronto per l'ennesima volta a far precipitare una delle sue vittime in quella spirale di follia che lui invece conosce molto bene e a cui solo Batman è riuscito a sfuggire negli anni. E l'ancora perfetta per far impazzire Ben Arnell è a portata di mano: è la sua famiglia.
Sì, questa storia di per sé non racconta nulla di nuovo: il Joker fa impazzire una persona che si avvicina troppo a lui, iniziando a scavare nella sua psiche e a indebolire i suoi affetti. Fino a quando i ruoli si invertono: il Joker diventa la figura predominante, mentre lo psicologo la vittima di cui vengono messe a nudo tutte le debolezze e le incertezze, coi peccati del proprio passato che ritornano a tormentarlo. Più che a sufficienza per far precipitare chiunque nella follia.
Ben Arnell dunque appare quasi come una versione maschile di Harleen Quinzel - senza sottotesto romantico - ma almeno, pur intuendo abbastanza presto dove la narrazione sta andando a parare, è descritto tutto abbastanza bene e come al solito con una parte grafica gestita da Andrea Sorrentino di livello eccelso.
Appare curioso che, pur avendo la storia una conclusione e tutti i nodi vengano infine al pettine, si lasci un piccolo margine per un seguito. Che il destino di Ben Arnell, e di Batman e del Joker, non sia ancora stato sancito? O forse, più semplicemente, quel precipizio che porta lungo la spirale della follia non avrà mai fine, mentre la risata di un pagliaccio ci accompagna.

martedì 13 settembre 2022

Prime Video Original 31: Antebellum


Nel suo piccolo, Jordan Peele ha fatto scuola ad altri giovani cineasti afroamericani che, seguendo in parte il suo esempio come visto in Ritrova Te Stesso, hanno impostato in questi ultimi anni dei thriller e horror rivolti sì principalmente a un pubblico afroamericano, ma perfettamente fruibili da ogni tipo di spettatore, in quanto trattano tematiche che, in un mondo globalizzato, chiunque è in grado di conoscere.
Tra questi nuovi registi emergenti vi sono anche Gerard Bush e Christopher Renz, i quali hanno esordito dirigendo e sceneggiando Antebellum, distribuito su Amazon Prime Video a partire dal 14 dicembre 2020, dopo una mancata distribuzione cinematografica causata dalla pandemia del COVID-19.
In una piantagione di cotone della Louisiana gestita da soldati confederati sudisti, gli schiavi di colore vengono maltrattati e pestati, con le donne che vengono violentate e costrette ad abortire. Una ragazza di nome Eden (Janelle Monáe), stanca di questi continui soprusi, decide infine di scappare e cerca degli alleati, anche se questo potrebbe costarle la vita.
Ma... è davvero questa la verità? O c'è qualcosa di ancora più sinistro e drammatico sotto il velo dell'illusione? Come mai la Louisiana del periodo precedente la Guerra Civile Americana presenta dei tratti che non tornano?
Le basi di questo film poggiano quasi interamente sulla rivelazione che si cela dietro lo scenario iniziale e che, se non lo si è spoilerato prima (Prime Video nella sua descrizione del film lo fa senza problemi, mille grazie), può giungere abbastanza inaspettata.
Credo che l'inesperienza dei due registi, che pure hanno dimostrato in quest'occasione un notevole mestiere e dunque possono ancora crescere, si possa notare nel fatto che - suppongo per raggiungere un minutaggio accettabile - trascini in maniera eccessiva sia la prima parte dove descrive la vita nella piantagione di cotone e le violenze subite dalla popolazione afroamericana, sia la seconda parte dove viene spiegato il background di Eden e del mondo che le ruota intorno. La terza parte, che raccoglie quanto seminato e lo porta a compimento con una notevole dose di azione, risulta invece ben fatta.
Menzione di merito a Jena Malone che, forse provata dagli Hunger Games, ritrae in modo convincente una sudista così bastarda e cattiva che vorresti attraversare lo schermo e darle due schiaffi di persona.
Il messaggio di fondo di questo film - e in ultima analisi dei due registi/sceneggiatori - è ben evidente. Anche se oggi quell'epoca di schiavismo non esiste più e si vive in una società molto diversa, più libera, ci sono ancora rischi concreti che si possa tornare a commettere gli stessi errori del passato e vi è ancora un discreto numero di persone - alcune delle quali occupanti posizioni di potere - che non permetteranno che i loro privilegi siano condivisi con altri.
Oggi si vive un differente periodo di conflitto.

lunedì 12 settembre 2022

Fabolous Stack of Comics: Erinni II


Al termine della prima maxiserie incentrata su Erinni, la serial killer Eleanore Glenn - dopo una lunga e tormentata caccia - era stata catturata dalla detective Magdalene Wellman, che l'aveva già conosciuta anni prima a Eleusi durante un rito di fertilità, ed era stata internata in un istituto psichiatrico.
Da questo punto prende il via la nuova storyline, ambientata pochi mesi dopo, intitolata Erinni II, pubblicata tra il 1999 e il 2002 per un totale di dodici capitoli, sceneggiata da Ade Capone e disegnata da Michele Cropera, la prima opera professionale per questo artista.
Anche se Eleanore Glenn si trova senza ombra di dubbio in stato di detenzione, gli omicidi su persone che commettono reati a sfondo sessuale continuano e aumentano nel loro essere macabri. Magdalene Wellman, la quale ha perso ogni forma di empatia dopo gli eventi della prima storia, intuisce che dietro questi nuovi assassinii potrebbe esservi un copycat sobillato in qualche modo da Erinni dall'istituto psichiatrico.
Con l'aiuto di una nuova recluta con cui entra subito in sintonia, l'agente Delay, la detective di Chicago si imbarca in questa nuova, pericolosa indagine durante la quale dovrà anche venire a patti coi propri demoni interiori e cercare di trovare un senso alla sua vuota esistenza.
Questa seconda parte viene concepita proprio come un naturale e immediato prosieguo del primo capitolo. Buona parte dei personaggi della prima storia fanno il loro ritorno e sono introdotti nuovi comprimari, anche se l'ambientazione viene spostata (da New York a Chicago).
La presenza sulla scena di Erinni aumenta col progredire del suo ruolo nella vicenda, seppur abbastanza intuibile a un certo punto, portando dunque questa storia a non sviluppare più di tanto la trama già iniziata in precedenza: in ultima analisi è un nuovo scontro di volontà e perversione tra lei e Magdalene Wellman, le quali rimangono protagoniste assolute, con sfortunati altri comprimari presi nel mezzo.
Soprattutto la drammatica motivazione, rivelata verso la fine della prima storia, che porta Erinni a uccidere qui viene in parte annullata, tramutando la donna praticamente in una malvagia e spietata serial killer come tante e, a mio avviso, riducendo in parte il suo fascino come personaggio negativo.
La prima storia aveva una componente investigativa ben presente - nonostante la rivelazione sull'identità di Erinni venisse subito detta - mentre in questo caso invece si è più proiettati verso atmosfere macabre e psicologiche di natura tetra, rendendo il tutto una sorta di fumetto horror.
Alla fine si lascia spazio per un eventuale seguito ma, con la scomparsa di Ade Capone, una cosa simile appare molto incerta: è davvero difficile in certi casi raccogliere una così ingombrante eredità narrativa.

venerdì 9 settembre 2022

Netflix Original 76: Mute


Confido che molti di voi abbiano visto Moon, film gioiello del 2009 scritto e diretto da Duncan Jones e che vede come protagonista assoluto Sam Rockwell, il quale si sdoppia in quattro come Michael Keaton in una claustrofobica e angosciante atmosfera spaziale, mentre una terribile verità di un mondo futuro viene a galla.
Ebbene, nove anni dopo Duncan Jones ritorna a quel mondo narrativo grazie a Mute (di nuovo un titolo composto da quattro lettere che inizia con la lettera M), da lui sceneggiato insieme a Michael Robert Johnson e distribuito su Netflix a partire dal 23 febbraio 2018. Non si tratta di un vero e proprio sequel, quanto di una storia differente ambientata nello stesso universo narrativo di Moon, sulla Terra stavolta. Tranquilli, il cameo di Sam Rockwell c'è, ma non aspettatevi un prosieguo della sua storia.
Leo (Alexander Skarsgård) è un componente della comunità Amish che da piccolo è rimasto muto a causa del contatto con l'elica di una barca che ha danneggiato le sue corde vocali e il rifiuto da parte della sua famiglia di sottoporlo a un intervento chirurgico.
L'uomo lavora come barista in un locale di Berlino gestito dalla mafia russa ed è innamorato di Naadirah (Seyneb Saleh), la quale tuttavia un giorno scompare nel nulla dopo aver rivelato di volergli confessare un suo segreto.
Dietro la sua scomparsa sembrerebbe esserci una mano criminale e due loschi americani di nome Cactus Bill (Paul Rudd) e Duck (Justin Theroux). Leo intraprende così una missione di ricerca e vendetta, ma il suo handicap potrebbe rivelarsi il suo peggior nemico.
Penso che non vi lasci sconvolti sapere che questo secondo capitolo risulta inferiore a Moon, pur conservando una propria dignità. Come nel film originario, i temi principali sono quelli della solitudine e dell'alienazione dell'uomo, qui esemplificati attraverso l'incapacità di Leo di interagire col mondo esterno - anche per sua scelta - e di trovare un'ancora di salvezza solo e unicamente in Naadirah. Cosicché quando quell'ancora viene perduta, lui rischia di affondare ancor di più nel mare della sua solitudine e nella sete di sangue e deve trovare un nuovo appoggio morale.
Tuttavia, vi è qualche passo falso qua e là. Se può apparire interessante in principio che la storia progredisca attraverso i dialoghi altrui, visto che il protagonista non è in grado di parlare, a lungo andare diviene un artificio narrativo ripetitivo e in certi punti forzato.
Le caratteristiche degli antagonisti vengono sin troppo esasperate. Paul Rudd è un villain folle eccessivamente folle con cambi d'umore repentini troppo repentini, mentre Justin Theroux è un personaggio borderline eccessivamente borderline non pienamente sviluppato.
È stato comunque interessante ritornare su questo mondo e scoprirne un nuovo aspetto. E chissà se avremo mai un terzo capitolo.

giovedì 8 settembre 2022

Fabolous Stack of Comics: Question - Le Morti di Vic Sage


Question è un personaggio ideato da Steve Ditko nel 1967 per la casa editrice Charlton Comics, che rifletteva in parte le peculiari convinzioni filosofiche dell'autore basate sull'oggettivismo di Ayn Rand. Dopo essere comparso in poche storie, Question riceve un insolito revival quando Alan Moore scrive Watchmen, il cui personaggio Rorschach in origine doveva essere proprio l'eroe ideato da Steve Ditko e di cui conserva alcune caratteristiche.
Questo fa sì che Question ottenga la sua prima serie regolare nel 1987, sceneggiata da Dennis O'Neil e disegnata in buona parte da Denys Cowan. Una serie che diviene di ispirazione per la miniserie in quattro numeri pubblicata nel 2020 Le Morti di Vic Sage (The Deaths of Vic Sage), che funge anche da dovuto omaggio a Dennis O'Neil, scomparso in quello stesso anno. La sceneggiatura è di Jeff Lemire, mentre la parte grafica è affidata a Denys Cowan e Bill Sienkiewicz.
Hub City, la città dove vive Question nella sua doppia identità di Vic Sage, reporter televisivo, sta precipitando sempre più nella violenza e nel caos, a causa dell'incompetenza e della corruzione del sindaco Wesley Fermin e degli uomini di sua fiducia.
Quando un poliziotto uccide un afroamericano a un posto di blocco, in poco tempo si scatenano risse per strada ed episodi di distruzione incontrollata.
Ma Question non è lì a fermarli, qualcos'altro lo sta chiamando: visioni di epoche passate, di altre vite e di un male che sembra non dover aver mai fine. Con l'aiuto di Richard Dragon, Vic Sage intraprende un viaggio lungo il tempo e lo spazio da cui potrebbe non fare più ritorno e che gli consentirebbe di eliminare una volta per tutte da Hub City le radici del male.
Per quanto possa sembrare tale, a una prima lettura, questa miniserie non è necessariamente un'analisi della società americana sotto la presidenza di Donald Trump. O un'allegoria delle vicende che hanno coinvolto alcuni agenti della polizia e la loro brutalità. Seppur l'evento scatenante sia l'uccisione da parte di un poliziotto di un afroamericano, la storia è stata scritta prima dell'omicidio di George Floyd.
Jeff Lemire, da abile sceneggiatore, è riuscito a cogliere malumori e situazioni già ben presenti nella società e li ha usati come background per analizzare quali sono le ragioni per cui l'uomo è spinto a seguire il male e ne rimane affascinato, nonostante quasi tutti (comprese soprattutto le persone che stanno al potere) dichiarino di volere il bene.
Come intuibile, il viaggio nel passato di Question diviene al tempo stesso un viaggio nella psiche di Vic Sage, un uomo che come Rorschach soffre di sdoppiamento di personalità e fatica a trovare una propria identità. Un uomo che vede solo il bianco e il nero, non immaginando che in questo mondo complicato esistono infiniti toni di grigio.
Question, motivato ad agire da una filosofia oggettivista che non ha più ragione di esistere, è convinto di poter eliminare il male assoluto, senza comprendere che dentro ogni essere umano convivono sia il bene che il male ed è l'equilibrio tra questi due elementi che definisce ciò che siamo.
L'epilogo del viaggio di Question porterà con sé o un uomo del tutto rinato o una persona che ha ormai perduto ogni certezza, ma la sua battaglia sarà ben lungi dall'essere conclusa.

mercoledì 7 settembre 2022

Prime Video Original 30: Samaritan


Da oltre vent'anni al cinema impera l'estetica dei fumetti supereroistici, dopo sporadici e ben riusciti prodotti come il Superman di Richard Donner o il Batman di Tim Burton. A seguito dei primi film incentrati sugli X-Men e Spider-Man, tale estetica è stata ulteriormente rimodellata da Kevin Feige per plasmare, insieme a un notevole manipolo di autori, il Marvel Cinematic Universe.
E quando il cinema scopre una nuova gallina dalle uova d'oro, si impegna a far produrre il maggior numero di uova possibili. Abbiamo così visto addirittura supereroi creati ex novo per il cinema, come Jolt, o pescati dal mucchio personaggi così minori che nemmeno i loro ideatori si ricordano più di loro.
Ne è un ottimo esempio Samaritan, personaggio comparso in una graphic novel del 2014 pubblicata dalla sconosciutissima casa editrice Mythos Comics, ma comunque opzionata per un film diretto da Julius Avery, sceneggiato da Bragi F. Schut (creatore del personaggio) e distribuito su Amazon Prime Video a partire dal 26 agosto 2022.
A Granite City un tempo si confrontavano un supereroe e un supercriminale, Samaritan e Nemesis, i quali erano anche fratelli gemelli. Fino a quando un ultimo scontro presso la centrale elettrica della città ha causato la presunta morte di entrambi.
Svariati anni dopo, Sam Cleary (Javon Walton), un giovane ragazzo che vive nei quartieri poveri della città, si convince che un netturbino di nome Joe (Sylvester Stallone) sia in realtà il supereroe Samaritan, che ha deciso di ritirarsi dopo quell'ultimo scontro.
Col tempo i due iniziano a legare, mentre su Granite City si profila una nuova minaccia, il nuovo Nemesis Cyrus (Pilou Asbæk), un delinquente di mezza tacca che è riuscito a trafugare la maschera e la mazza del Nemesis originale e intende utilizzarle per conquistare la città attizzando la rabbia della gente povera. E solo Samaritan può fermarlo... se davvero è ancora vivo.
Come buona parte dei prodotti a cui partecipa come attore, Sylvester Stallone ha ritagliato per sé anche il ruolo di produttore e il suo tocco in tal senso si nota, circondandosi di un regista di discreto livello che di sicuro non contesta le sue decisioni e di buoni comprimari che non offuscano la sua presenza, anche quando non è presente fisicamente sullo schermo (seppur il suo contendente faccia davvero un buon lavoro, nonostante la povertà narrativa del suo personaggio che appare come un Bane acquistato su Wish).
Ben descritto, forse la caratteristica migliore del film, il rapporto tra Sam e Joe, l'aspetto di sicuro più prettamente supereroistico, che è ispirato non so quanto volutamente alle interazioni tra eroi e giovani sidekick che dominavano durante la Golden Age dei fumetti (in particolare quella tra Batman e Robin), opportunamente modernizzate in un nuovo contesto sociale e storico.
Samaritan appare infatti l'eroe del popolo, di quelle classi povere provate da una politica economica scellerata degli ultimi anni che ha privilegiato le classi ricche ulteriormente aggravata dalla pandemia, e la cui legittima disperazione viene sfruttata e sobillata da persone forse guidate anche da buoni propositi (se non si considerano gli atti criminali, quello che Cyrus vuole va a beneficio di tutti), ma che per perseguirli utilizzano metodi sbagliati.
Un'altra caratteristica del fumetto supereroistico ben presente è il concetto di maschera. A volte il confine tra bene e male è davvero labile e quella che è la maschera che decidiamo di adottare in società può essere interpretata in maniera diversa a seconda dei differenti punti di vista. Questo è anche l'elemento narrativo cardine che predomina la seconda parte del film (abbastanza prevedibile, ma comunque abbastanza ben fatta).
E come nella migliore delle tradizioni, nel finale si lascia spazio a un possibile sequel. Dopotutto, anche questo aspetto ormai fa parte dell'estetica dei film di supereroi.

martedì 6 settembre 2022

Fabolous Stack of Comics: Carnage - La Cosa che Abita nel Profondo


Si conclude la prima serie regolare dedicata a Cletus Kasady alias Carnage, con la terza storyline intitolata La Cosa che Abita nel Profondo (What Dwells Beneath) che tira le fila delle trame iniziate con Quello Che è Scappato Via (The One that Got Away) e proseguite su Diavolo Marino (Sea Devil). Il team creativo è quello consueto: Gerry Conway ai testi e Mike Perkins ai disegni.
Tutti i protagonisti di questa storia approdano su un'isola non cartografata della Giacarta, dove risiede la Progenie di Chthon, che attende il Rosso Uccisore, ovvero Carnage, per sacrificarlo in onore del loro dio oscuro e consentirne la rinascita. Superfluo dire, però, che Kasady ha altri piani in mente e può contare su una nuova alleata: Raze, ovvero l'agente del FBI Claire Dixon, da lui catturata e mutata con un simbionte.
Al contempo, i Figli di Mezzanotte di Victoria Montesi cercano di impedire l'ascesa di Chthon profetizzata dal Darkhold e, laddove nemmeno le forze combinate dell'Uomo Lupo e di Toxin sembrano essere sufficienti, c'è un nuovo asso nella manica: Jubulile Van Scotter. Anche lei mutata dal simbionte di Carnage, ma in positivo e in possesso di un potere in apparenza sconfinato.
Ecco dunque un epilogo senza troppe sorprese e che rispetta il dettame di riportare la situazione come era prima che la serie partisse... un classico. Credo che sia una delle poche volte in cui il Cthulhu della Marvel, ovvero Chthon, venga mostrato in tutto il suo splendore oscuro. Questo grazie al Necronomicon della Marvel, ovvero il Darkhold.
Tuttavia di influssi lovecraftiani in questa ultima saga ce ne sono davvero pochi, appare più un'avventura esotica, l'ambientazione di riferimento aiuta in tal senso, mixata con le consuete scene d'azione supereroistiche e i dilemmi interiori di coloro che sono stati modificati dai simbionti durante questa serie, curiosamente entrambe donne.
La prima, Claire Dixon, una donna di autorità inquadrata nella società, ha ceduto subito al suo lato oscuro, salvo poi capire i suoi errori, e quindi potete immaginare che fine può fare. La seconda, Jubulile, l'orfana come orfano è Kasady, ha trovato dentro di sé un equilibrio interiore che le ha permesso di non diventare come Kasady. Costui ha voluto e cercato la sua condizione uccidendo suo padre, Jubulile invece l'ha subita ma non si è fatta da essa travolgere.
Forse non proprio tutto è tornato come era all'inizio, però: Carnage ha visto aumentare i suoi poteri grazie al Darkhold e da nessuna parte si capisce se li abbia persi o meno. Quindi può essere diventato ancora più letale. E solo le storie future potranno confermare o meno questo fatto.

lunedì 5 settembre 2022

Netflix Original 75: L'Unica


Capita, capita molto spesso. Lui ama lei, lei ama lui, ma... arriva l'imprevisto. Avete presente Love Story? Una storia d'amore in cui all'improvviso irrompe il dramma quando si scopre che lei è malata terminale di cancro.
Ecco, allora forse vi suonerà qualche campanello in testa nel vedere L'Unica (Irreplaceable You), film diretto da Stephanie Laing, scritto da Bess Wohl e distribuito su Netflix a partire dal 16 febbraio 2018.
Abbie (Gugu Mbatha-Raw) e Sam (Michiel Huisman) si conoscono sin da quando sono bambini e sono sempre stati insieme. Dopo anni di convivenza stanno infine pensando di sposarsi ma, durante un controllo per una presunta gravidanza, Abbie scopre di essere malata terminale di cancro.
Negli ultimi mesi di vita che le restano frequenta un gruppo di sostegno dove conosce Myron (Christopher Walken), il quale le darà preziosi consigli, e cercherà di rendere migliore la vita per Sam una volta che lei non ci sarà più. Ma paradossalmente questo rischia di compromettere il loro rapporto proprio nei suoi ultimi giorni di vita.
Sì, questo è proprio un Love Story ambientato cinquant'anni dopo circa, ma con una sensibile differenza. Stavolta vediamo la sofferenza di un rapporto d'amore che finisce a causa di una malattia non curabile principalmente dal punto di vista della protagonista, mentre cerca di immedesimarsi nel suo compagno e di accettare la sua situazione.
Lo spessore drammatico che si viene a creare viene bilanciato, per non appesantire troppo l'atmosfera generale in quella che rimane comunque una pellicola mainstream, da alcune scene e personaggi in grado di portare levità.
Come tuttavia intuibile, il film prosegue su binari programmati (tanto che si preoccupano subito di dire come va a finire prima che lo si capisca da soli), facendo affidamento su situazioni romantiche, melense (se mi si passa il termine nonostante la drammaticità del tema trattato), retoriche anche in certi punti per cercare di toccare alcune corde nello spettatore.
La cosa viene tuttavia eccessivamente sfruttata nel complesso, facendo sfumare in parte questo intento, seppur risulti particolare - e forse anche inedito - come a un certo punto i due protagonisti si interroghino se aver vissuto insieme tutta la vita, sin da quando erano piccoli, non abbia precluso loro di conoscere altri grandi amori (ma la risposta alla fine è ovviamente no, altrimenti si sarebbe vanificato quanto narrato sino a quel momento, a partire dalla metafora iniziale in una scena ambientata in un acquario).
Un merito va a Christopher Walken, il quale interpreta anche lui un malato terminale e con mestiere è capace di dargli spessore e credibilità, pur essendo comunque il suo personaggio soggetto a quella retorica da "non ho rimpianti, ho vissuto la mia vita" che predomina lungo tutto il film.

venerdì 2 settembre 2022

Fabolous Stack of Comics: Motor Girl


Se c'è una costante nelle storie ideate da Terry Moore è che presentano come protagoniste assolute delle donne forti che si ritrovano tuttavia coinvolte in situazioni complicate per cui vengono messe alla prova e devono mettere in questione loro stesse e le loro scelte di vita.
A partire da Francine e Katchoo di Strangers In Paradise, per passare poi a Rachel Beck di Rachel Rising. E giungere infine alla protagonista di Motor Girl, miniserie in dieci numeri pubblicata da Abstract Studio (un'etichetta indipendente fondata dallo stesso Moore) e pubblicata tra il 2016 e il 2017.
Samantha Lockyear è una reduce del conflitto in Iraq che, dopo essere sopravvissuta a due attentati e la tortura da parte dei soldati iracheni che le ha lasciato delle cicatrici sulla schiena nonché dei forti traumi psicologici, gestisce un deposito di rottami di proprietà di Libby, un'anziana donna che le è molto affezionata. Oltre a lei, l'unica altra sua compagnia è un gorilla di nome Mike con cui parla dei più svariati argomenti.
Samantha inizia a notare qualcosa di strano quando alcuni agenti governativi si presentano alla sua porta, intimandole di convincere Libby a vendere il terreno su cui si trova il deposito di rottami. La ragazza non può immaginare che quel terreno diverrà presto oggetto dell'atterraggio di un UFO. E non solo: gli alieni inizieranno a essere suoi amici. Il governo americano, tuttavia, ha altre mire.
Pur con svariate scene ironiche, se non addirittura comiche (grazie in particolar modo alla presenza di due energumeni al servizio del governo che in realtà si comportano come Gianni e Pinotto), questa storia presenta in realtà un sottotesto davvero drammatico e che non viene rivelato immediatamente, cosicché quando il quadro diventa più chiaro agli occhi del lettore, è come ricevere un metaforico pugno narrativo nello stomaco.
Samantha Lockyear si rivela essere una donna tormentata, dalla psiche fragile a causa di ciò che ha dovuto subire in Iraq e quindi la trama che si dipana davanti ai nostri occhi - e che salvo brevi stacchi vediamo svolgersi solo per ciò di cui lei è testimone - è un continuo alternarsi tra realtà e fantasia. Tra ciò che appare come concreto e ciò che invece è solo qualcosa di sfuggevole, creato dalla mente per non vedere quella che è la realtà davanti ai propri occhi.
Quella stessa realtà da cui Samantha sta cercando di fuggire sin dal termine del conflitto in Iraq, rifugiandosi in un luogo solitario, dove non c'è nessuno con cui poter parlare. Ma ben presto la ragazza capirà che questa non è vera vita e, tramite l'insolita esperienza da lei vissuta, subirà uno strano processo di rinascita al termine del quale, comunque, non sarà più la persona di un tempo.
Non è detto che diventi necessariamente una persona migliore, ma un nuovo percorso viene iniziato e nuove strade iniziano a essere intraprese. Poiché a volte la realtà va affrontata di petto e non evitata: non tutto il mondo è in guerra, dopotutto.

giovedì 1 settembre 2022

Prime Video Original 29: Flashback - In Taxi nel Passato


Nato nel 2017, il Movimento Me Too (espressione usata, tuttavia, già qualche anno prima) ha scoperchiato un vaso di Pandora ignoto ai più o, se noto, tenuto sotto silenzio. Un mondo, soprattutto quello del lavoro e in particolare l'ambiente cinematografico, dove le donne erano oggetto di molestie sessuali in maniera continua.
Pur con critiche arrivate da più parti, anche da rilevanti personalità, il Movimento continua a operare ancora oggi e - seppur in maniera indiretta - ha ispirato il film francese Flashback - In Taxi nel Passato (Flashback), scritto e diretto da Caroline Vigneaux e distribuito su Amazon Prime Video a partire dal 4 febbraio 2022.
Charlie Leroy (Caroline Vigneaux), un'avvocatessa abile ma egoista, viene incaricata di difendere uno stupratore che ha ammesso la sua colpa durante una deposizione. Sfruttando un cavillo, tuttavia, Charlie dimostra alla giuria che la vittima ha a suo dire provocato il suo cliente, il quale viene prosciolto da tutte le accuse.
Mentre lungo tutta la Francia scoppiano le proteste, Charlie si imbatte in Hubert (Issa Doumbla), un tassista che la porta in giro tra le varie epoche del passato. Un viaggio durante il quale Charlie si imbatte in importanti personalità quali Giovanna D'Arco, Marie Curie e George Sand e da cui alla fine apprenderà un'importante lezione.
Esistono film che vogliono trasmettere un messaggio, anche importante, ma in cui alla fine il messaggio prevale sulla storia in sé andando in parte a inficiare il prodotto finale. Come in questo caso.
Tramite il viaggio nel tempo del personaggio da lei interpretato, l'autrice - come si può notare, questo è un progetto per lei molto sentito e personale - vuole evidenziare come le donne nel corso del tempo siano state costantemente sfruttate, private di diritti, sfavorite rispetto agli uomini, ma nonostante tutto hanno sempre dimostrato una grande forza di volontà che ha permesso loro di migliorare la propria condizione, anche se molti altri passi vanno compiuti.
Tale messaggio diventa comunque evidente già a metà del film e da quel momento in poi non viene fatto altro che ripetere il concetto, fino allo sfinimento oserei dire, andando dunque a sminuire un po' quello che è il viaggio interiore dell'eroina, il quale dovrebbe riflettere quello "spaziotemporale" che si verifica nel corso della pellicola.
E di per sé è un peccato poiché l'idea di partenza, una sorta di Canto di Natale delle eroine femministe ante-litteram, risulta sulla carta molto interessante, ma poi diventa come quei temi che scrivi a scuola dove, per rimpinguare un po' il testo, aggiungi particolari non necessari.
L'ironia di sottofondo, invece, è abbastanza centrata e in sintonia con la comicità del nostro paese: basta fare caso al nome del tassista.