giovedì 30 giugno 2022

Netflix Original 58: 1922


Ecco un altro adattamento di un'opera scritta da Stephen King, poco dopo Il Gioco di Gerald. Si tratta stavolta di 1922, un racconto comparso in origine nell'antologia del 2010 Notte Buia, Niente Stelle (Full Dark, No Stars).
Il film tratto da questa storia, scritto e diretto da Zak Hilditch, è stato distribuito su Netflix a partire dal 20 ottobre 2017.
Siamo, appunto, nel 1922, esattamente un secolo fa. L'agricoltore Wilfred James (Thomas Jane) intende acquistare un terreno di proprietà di sua moglie Arlette (Molly Parker), la quale però vuole fermamente venderlo a una banca per permettere alla famiglia di trasferirsi in città e avere una vita più agiata.
Per impedire questa cosa, Wilfred - sobillando il figlio Henry (Dylan Schmid) - uccide insieme a lui Arlette. Ma quello che sembra un drammatico atto criminoso si rivelerà ben presto solo il primo passo verso la discesa in un terribile incubo per Wilfred James, mentre deve fare i conti con quanto ha fatto e col progressivo distacco da suo figlio.
Tutte le scene di questo film sono narrate dal punto di vista di Wilfred James, che rappresenta un soggetto narrativo che Stephen King ama molto utilizzare, oltre alla figura dello scrittore in crisi (quale ad esempio il Thad Beaumont de La Metà Oscura). Ovvero l'uomo comune che - per i più svariati motivi - decide di commettere un atto criminale e ne deve poi pagare le conseguenze.
Conseguenze che, nelle opere dello scrittore, hanno consistenza fisica e rappresentano l'incarnazione del peccato originale commesso dal protagonista, nonché la sua dannazione eterna. In questo specifico caso i ratti, spesso visti come incarnazione metamorfica della morte, sono i persecutori di Wilfred James, gli invisibili boia che non gli permettono di poter andare avanti con la propria vita a causa di ciò che ha commesso.
Un atto che ha effetti anche sulla vita del figlio Henry, anche lui parimenti dannato e destinato a un'eterna perdizione come il padre.
Seppur non troppo evidente nel film, differentemente che nel romanzo, buona parte degli eventi che susseguono all'omicidio di Arlette potrebbero essere nient'altro che allucinazioni di Wilfred James, la cui mente dopo l'omicidio precipita in una spirale di follia modificando la realtà attorno a sé. Dopotutto è lui che racconta gli eventi secondo la sua personale ottica e non vi è nient'altro che possa comprovarlo.
O forse nel caso del film questo è qualcosa di voluto: si vuole sottolineare come non si possa sfuggire - prima o poi - alla propria pena quando si commette un assassinio. Anche se questa pena non arriva tramite la giustizia ordinaria.

mercoledì 29 giugno 2022

Libri a caso: La Fragilità degli Angeli


Una città può avere angoli di paradiso, ma quella stessa città nel complesso può rivelarsi anche un inferno dantesco composto da assassini e criminali, mostri sociali che possono essere persino il nostro vicino di casa o un amico fraterno.
Il giornalista investigativo Carlo Alberto Marchi, personaggio ideato dallo scrittore Gigi Paoli, ha già avuto qualche squarcio, suo malgrado, di questo inferno nei primi due romanzi in cui è apparso, ovvero Il Rumore della Pioggia e Il Respiro delle Anime. Nulla, però, può prepararlo all'incubo che deve affrontare nel terzo romanzo della saga, La Fragilità degli Angeli, pubblicato dalla casa editrice Giunti nel 2018.
La figlia di Marchi, Donata, sta crescendo e si appresta a frequentare il primo anno di liceo. E sono proprio i legami familiari quelli che vengono presi di mira quando all'improvviso un bambino di nome Stefano Ristori scompare, venendo purtroppo ritrovato privo di vita poco tempo dopo.
Alcune prove, e un biglietto angosciante abbandonato sul suo corpo, lasciano presagire il peggio: fanno sospettare che in giro possa esserci un assassino di bambini che colpirà ancora. Sia Carlo Alberto Marchi che la procura di Firenze indagano su diversi fronti, ma quando il vero incubo si paleserà davanti ai loro occhi potrebbero non essere pronti ad affrontarlo.
Messi insieme, questi primi tre romanzi hanno mostrato una struttura narrativa costante, ma non ripetitiva. O banale. Ovvero Carlo Alberto Marchi, mentre si dibatte con ironia e positività a risolvere le sue faccende personali, che si ritrova faccia a faccia con l'oscurità quando - sempre per una casualità - indaga su un evento per conto del suo giornale. Un'oscurità che di volta in volta assume forme diverse e cerca di ingannare.
Nel primo romanzo quest'oscurità appariva come un delitto a sfondo religioso, basato sui veri fatti di cronaca dell'appropriazione di tesori artistici da parte della chiesa, salvo poi virare verso un tema di vendetta familiare. Nel secondo romanzo appariva invece come un omicidio la cui motivazione era il nuovo mercato rappresentato dalle tecnologie del futuro, anch'esso un fatto di cronaca reale, salvo poi virare verso una (stra)ordinaria faccenda di droga.
E anche in questa terza opera i fatti delittuosi appaiono in un primo momento collegati a eventi di cronaca di cui abbiamo letto spesso, ovvero le infiltrazioni della criminalità estera nel mercato delle adozioni internazionali, sennonché poi la faccenda prende una piega molto diversa e se possibile ancora più cupa.
Negli anni in cui ha lavorato per il giornale Il Nuovo, Carlo Alberto Marchi aveva una vita privata che comprendeva una moglie e una figlia piccola, ma quando la sua compagna lo ha abbandonato ha dovuto reinventare sé stesso e non farsi inghiottire dall'oscurità. Eppure quest'oscurità sembra non volerlo abbandonare, mettendolo di fronte a indagini e casi umani sempre più difficili da gestire.
Nonostante tutto, però, Carlo Alberto Marchi non perde la sua ironia, non perde la sua umanità e - pur consapevole di appartenere a un'epoca passata - fa del suo meglio per rimanere ancorato al presente e cercare di dare un futuro migliore a sua figlia.
Sempre se non si guarda troppo a lungo nell'abisso.

martedì 28 giugno 2022

Fabolous Stack of Comics: Deadman - Strange Adventures


Nel 1967, un giovane artista approda alla DC Comics e col suo tratto rivoluziona non solo la storia della casa editrice, ma quella del fumetto stesso. Il suo nome è Neal Adams.
Dopo qualche storia di prova e le prime di quelle che poi saranno decine di cover, Neal Adams ottiene il suo primo incarico regolare sulla testata Strange Adventures e il primo personaggio, supereroe sui generis, che viene graziato del suo inimitabile apporto grafico è Deadman.
Il personaggio viene creato da Arnold Drake e Carmine Infantino su Strange Adventures 205, ma già dal numero successivo Adams inizia a disegnarne le storie, con l'apporto di Jack Miller alle sceneggiature. Tuttavia, a seguito della prematura scomparsa dello scrittore, Neal Adams diviene anche lo sceneggiatore della serie, fino alla conclusione della saga di Deadman in Strange Adventures 216.
La storia è abbastanza nota: Boston Brand, un trapezista e gestore di un circo itinerante, viene ucciso da un misterioso assassino durante uno dei suoi numeri acrobatici. Un'entità di nome Rama Kushna, tuttavia, consente a Boston Brand di poter ancora camminare tra i vivi, seppur come spirito invisibile e con la capacità di prendere possesso dei corpi altrui.
A Deadman viene dunque concessa la possibilità di scoprire chi sia il suo assassino e di consegnarlo alla giustizia, prima che goda del riposo eterno. Questa, tuttavia, non si rivelerà affatto un'impresa semplice.
Riviste a distanza di tempo, dopo la scomparsa di Neal Adams, queste storie risultano ancora affascinanti, pur avendo in sé una certa ingenuità (beata ingenuità) in perfetto stile Silver Age.
Arnold Drake e Carmine Infantino stabiliscono con una sola storia le linee guida della saga, Jack Miller introduce la figura dell'assassino di Boston Brand, l'Uncino, e Neal Adams porta infine a compimento la trama raccogliendo con abilità quanto seminato in precedenza e introducendo ai lettori la città di Nanda Parbat.
La prima parte della saga si rivela di per sé abbastanza ripetitiva e segue lo stesso schema narrativo: Deadman si convince per vari motivi di aver trovato il suo assassino, solo per scoprire poi di essersi sbagliato, ma nel frattempo riesce ad assicurare dei criminali alla giustizia. Nella seconda parte, invece, quella gestita da Neal Adams, l'assassino viene infine trovato e la trama ha una sua risoluzione.
Ma questo significa dunque la fine del ciclo? Ricordatevi che siamo sempre all'interno di un prodotto seriale e - se vi hanno mai detto che le storie supereroistiche di un tempo davano sempre una conclusione a ogni saga senza lasciare punti in sospeso - vi hanno mentito. 
Quello che colpisce di più, ovviamente, è la sublime arte grafica di Neal Adams, tanto che si può dire senza timor di smentita che le storie sono lì a fare da contorno. Si rimane ipnotizzate già dalle cover, che ti fanno venir voglia di scoprire cosa accada davvero nell'albo.
Anche se oggi diamo certe cose per assodate, quell'uso continuo di tavole ampie, di personaggi che sfondano i confini della singola vignetta, quelle prospettive vertiginose e doppie pagine correlate erano al tempo qualcosa di innovativo.
Neal Adams, appoggiato dai suoi editor e aiutato dal fatto che stava lavorando su una testata minore e su un personaggio ritenuto secondario se non peggio, ha potuto dunque sbizzarrirsi e, per la nostra gioia e fortuna, imprimere una piccola, grande svolta. Da quel momento, chiunque ha dovuto fare i conti con questo nuovo stile alla DC Comics... e non solo.
Boston Brand è un ardito trapezista. In un certo senso anche Neal Adams è stato un ardito trapezista del disegno: ha spostato l'asticella un po' più in alto. Si è lanciato senza rete correndo i suoi rischi, ma alla fine è atterrato con sicurezza e abilità.

lunedì 27 giugno 2022

Prime Video Original 19: The Protégé


Nikita di Luc Besson ha sdoganato al grande pubblico il personaggio della donna cazzuta, se ci passate il termine, ma con un passato tormentato alle spalle che altri sfruttano per i loro fini, di solito poco onorevoli: una vera e propria anti-eroina che ha avuto poi molti epigoni (il più mainstream è di sicuro Black Widow).
Tra cloni americani e rifacimenti, una sorta di nuova Nikita compare nel film The Protégé, scritto da Richard Wenk, diretto da Martin Campbell e distribuito su Amazon Prime Video a partire dal 27 agosto 2021.
Nel 1991, il sicario Moody Dutton (Samuel L. Jackson) durante un incarico si imbatte in una ragazzina vietnamita che in qualche modo è riuscita a uccidere degli uomini che la tenevano prigioniera.
Moody porta con sé la ragazza negli Stati Uniti e l'addestra negli anni successivi a divenire un'abile assassina a pagamento di nome Anna (Maggie Q). Qualche anno dopo, i due vengono presi di mira da una vecchia conoscenza di Moody, che pare morire ucciso nel suo appartamento.
Al contempo, Anna fa la conoscenza dell'enigmatico Michael Rembrandt (Michael Keaton), il quale sembra fare il doppio gioco ed essere al servizio del mandante dell'omicidio di Moody. In maniera inevitabile, tutto deflagrerà in uno scontro finale.
Ci troviamo di fronte a un thriller di stampo spionistico "sporco" (nessuno dei protagonisti si rivela alla fine uno stinco di santo), ma che presenta anche echi alla James Bond, dopotutto il regista ha diretto alcuni film del franchise di 007.
Diversamente da Bond, però, che nel mondo delle spie ci è nato e non ha troppo desiderio di uscirne, Anna Moody vi è entrata dalla porta sul retro, costruendosi un'identità - lei che proviene in realtà da dei quartieri poveri - che non le appartiene davvero, ma non aveva altro con cui andare avanti e Moody rappresenta per lei una sorta di figura paterna. Che quando viene perduta la porta a compiere un processo di maturazione.
Il film dunque, più nella seconda parte, mixa azione con l'introspezione, mentre Anna combatte orrori e persone che le ricordano il suo passato, e si incentra anche su questa sua crisi di identità che la porta a prendere una (abbastanza prevedibile) decisione finale. Forse troppo improvvisa per come arriva, ma il cui impatto nei confronti dello spettatore è abbastanza forte.
Nel mezzo qualche scena un po' strana e surreale, tipo quella in cui Anna e Michael Rembrandt smettono di spararsi contro per iniziare a fare sesso senza davvero un perché (e visioni di Boris sono partite spontanee nella mia mente).
Insomma, lo studente è stato anche bravo, solo che non si è applicato.

domenica 26 giugno 2022

A scuola di cinema: Il Presagio (1976)

1973: Il produttore Harvey Bernhard discute col suo amico Robert Munger della figura dell'Anticristo, come delineata nel Libro della Rivelazione contenuto nella Bibbia (meglio noto come Apocalisse di Giovanni) e pensano a un film incentrato su questo tema che possa - così come era nelle intenzioni de L'Esorcista - riportare la gente a riconsiderare la propria fede.
Proprio per questo, Robert Munger, devoto cristiano e studioso di testi sacri, afferma che il diavolo non vorrà che questo film venga realizzato. La pellicola, invece, viene girata e dà vita a un nuovo, apprezzato ciclo horror.


Harvey Bernhard idea un trattamento di 10 pagine e chiede allo sceneggiatore David Seltzer di concepire una sceneggiatura basata sul presupposto dell'Anticristo. Allo sceneggiatore, a dire il vero, non interessa molto approfondire delle tematiche religiose (non ha infatti mai letto la Bibbia), ma intravede comunque del potenziale nell'idea di un Anticristo moderno e il generoso salario promesso fa il resto. Dopo l'iniziale The Antichrist, si opta per un nuovo titolo, The Birthmark.
In principio, Seltzer affibbia alla reincarnazione dell'Anticristo il nome di Domlin, lo stesso nome di un - a suo parere - alquanto seccante figlio di un suo amico. La moglie lo convince infine a cambiare idea, in quanto non è un gesto molto nobile, e rinominarlo Damien.
Il progetto viene proposto alla Warner Bros., non a caso la società che aveva prodotto L'Esorcista (The Exorcist), ma per mesi la sceneggiatura resta nel limbo, fino a quando viene rilevata dalla 20th Century Fox tramite l'intercessione di Alan Ladd Jr.
Costui suggerisce anche il nome del regista che aveva portato all'attenzione durante un pranzo di lavoro, Richard Donner. La richiesta viene accolta, seppur costui abbia diretto sino a quel momento solo film di basso profilo e si sia dedicato principalmente alla televisione. Ladd e Donner si ritrovano subito sulla stessa lunghezza d'onda nel volere che il film - nonostante il tema - abbia aderenze di realismo e risulti più un thriller su una famiglia in crisi che un horror.
Vengono dunque tolti tutti gli elementi dichiaratamente soprannaturali presenti nella sceneggiatura di David Seltzer, quali i sabba di streghe o i riti magici, e viene lasciata l'ambiguità sui vari incidenti che accadono, che potrebbero anche essere dovuti a semplice sfortuna.
Per il ruolo del protagonista, Robert Thorn, la prima scelta ricade su William Holden, ma costui non si trova molto a suo agio col tema del satanismo e preferisce declinare (cambierà presto idea). La parte viene dunque offerta ad altri attori, tra cui Charlton Heston e Roy Scheider, ma anche loro rifiuta.
Quasi con sorpresa, invece, il ruolo viene accettato da Gregory Peck, con cui Harvey Bernhard entra in contatto tramite il suo agente, il quale è un suo amico.
L'attore negli ultimi tempi ha tenuto un basso profilo, considerando anche la possibilità di ritirarsi dalle scene. Ciò che lo spinge ad accettare ha origine da un drammatico evento: il presunto suicidio di suo figlio Jonathan, avvenuto nel giugno 1975.
Non riuscendo a essere stato presente accanto a suo figlio in quei momenti drammatici, Gregory Peck accetta la parte anche per venire a patti con questo dolore, in una sorta di catarsi artistica. Per questo è disponibile anche a un ingaggio inferiore al consueto, di 250.000 dollari, nonché una percentuale sui profitti.
Harvey Stephens, il primo Damien, viene scelto in maniera alquanto singolare. A ogni bambino che si presenta alle audizioni, Richard Donner chiede di venirgli incontro come se lo stesse attaccando. Stephens, che ha cinque anni, non si fa pregare: riempie il regista di pugni e calci, lo graffia a una guancia e, per chiudere in bellezza, gli assesta un calcio all'inguine.
Per Richard Donner questo è più che sufficiente e, dopo aver allontanato il bambino da sé, chiede che gli vengano tinti i capelli di nero, essendo lui biondo, e fornite lenti a contatto di colore nero, per conferirgli un aspetto più sinistro.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 12 ottobre 1975, tenendosi in varie località inglesi e a Roma.
Considerato che Harvey Stephens non ha alcuna esperienza recitativa, Richard Donner provoca in lui quando necessario genuine reazioni di rabbia per rendere le scene convincenti, arrivando anche in un caso a urlargli contro. L'atteggiamento del bambino sul set non è comunque molto professionale, in quanto si comporta in maniera alquanto maleducata, e per questo viene detestato da alcuni attori. 
Mentre si gira in Italia presso un ospedale, alcune pazienti non gradiscono il titolo The Birthmark (che compare nei cartelloni con cui si invita a stare lontani dal set), in quanto si ritiene che porti sfortuna. Viene allora cambiato in The Omen, in quella che è ritenuta in principio una soluzione temporanea, che diviene però definitiva.
Per la scena in cui dei babbuini devono attaccare l'auto dove è presente Damien, due piccoli del branco vengono posti all'interno dell'auto, ma nessun effetto viene sortito. Si opta allora per inserire all'interno del mezzo il capobranco, il quale viene controllato dal guardiano degli animali, posto sul sedile posteriore.
I babbuini, già provati dal fatto che non viene dato loro cibo, iniziano dunque a sciamare attorno all'auto, salendo anche sul mezzo e sul parabrezza, gridando. L'attrice Lee Remick, che si trova dentro l'auto, rimane comprensibilmente spaventata da questo atteggiamento, dunque la reazione di paura che si può notare non è dovuta alla recitazione. Tanto che l'auto rimane ferma poiché Lee Remick è in tale stato di shock da non poter guidare e ritorna in sé solo dopo che i babbuini sono stati allontanati.
Prima e durante la produzione si verificano dei curiosi e strani incidenti, come se la profezia di Robert Munger si stesse avverando. Gregory Peck e David Seltzer prendono due aerei differenti a poche ore di distanza per recarsi in Inghilterra sul set ed entrambi questi aerei vengono colpiti da un fulmine. Stesso evento che accade a un produttore, Mace Neufeld, una settimana dopo. L'hotel in cui si trova Richard Donner subisce un attentato effettuato dall'IRA (Irish Republican Army) con una bomba.
E non è finita qui. Il giorno dopo la conclusione delle riprese prezzo lo zoo safari, uno dei guardiani dello zoo viene ucciso mentre si trova nel recinto dei leoni, in quanto lascia inavvertitamente aperta la porta della guardiola, venendo così attaccato dagli animali. Uno stuntman viene attaccato da dei rottweiler mentre viene girata una scena presso un cimitero (cosa ancora più strana in quanto è il loro padrone). Questo senza contare piccoli incidenti stradali.
Infine, due componenti della troupe, John Richardson e Liz Moore, rimangono vittime di un incidente stradale un anno dopo, mentre si stanno occupando delle riprese di Quell'Ultimo Ponte (A Bridge Too Far). Lui sopravvive, ma lei resta decapitata. Nasce così la leggenda della maledizione che colpisce chiunque lavori a questo film.
C'è da dire, però, che alcuni di questi eventi, come il triplo fulmine ai danni di tre aerei o l'uccisione del guardiano dello zoo, risultano difficili da dimostrare, quindi non è da escludere che siano stati parte di una manovra promozionale gratuita e di forte impatto.
Le riprese si concludono il 9 gennaio 1976.
Il Presagio (The Omen) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 25 giugno 1976. A fronte di un budget di circa 3 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale 61 milioni di dollari.
Nonostante la presunta maledizione, il film ottiene un grande successo e così viene subito messo in cantiere un sequel... ma questa è un'altra storia.

sabato 25 giugno 2022

A scuola di cinema: Le Colline Hanno Gli Occhi (1977)

Quindicesimo secolo: Alexander "Sawney" Bean, uno scozzese figlio di uno scavatore di tombe, dopo il matrimonio decide di stabilirsi con la sua compagna presso una grotta costiera, lontana dai centri abitati.
Lì i due concepiscono un gran numero di figli, i quali a loro volta concepiscono altri figli. Inevitabilmente, molti di questi ultimi sono frutto di incesto.
La famiglia di Sawney Bean, tuttavia, non si inserisce nella società ed esce di notte per rapinare e uccidere dei passanti o piccoli gruppi di persone. Dopodiché, i cadaveri dei malcapitati vengono portati nella grotta dove la famiglia vive, smembrati e mangiati.
Alcune parti di corpi vengono abbandonate sulla riva di una spaggia per dare l'impressione che le persone siano state divorate da degli animali selvatici e non suscitare sospetti. A un certo punto, però, il numero di persone scomparse diviene davvero alto e un gruppo composto da centinaia di persone, voluto dal re di Scozia in persona, rintraccia e cattura l'intera famiglia.
Sawney Bean e gli altri figli maschi vengono mutilati e lasciati morire dissanguati, mentre la moglie, le donne e i bambini vengono bruciati vivi, il tutto senza processo, ponendo così fine a questa drammatica vicenda.
La veridicità di questa storia è alquanto improbabile a onor del vero, poiché non sono mai stati trovati documenti storici attendibili che la comprovassero, finendo dunque per divenire parte del folklore scozzese, tuttavia è servita da ispirazione per un celebre film horror.


Dopo l'uscita di L'Ultima Casa a Sinistra (The Last House on the Left), Wes Craven tenta di affrancarsi dal genere horror e provare a dedicarsi ad altri progetti, ma nessuno appare interessato e gli viene sempre chiesto di ideare un'altra pellicola horror.
Così alla fine, ritrovandosi in difficoltà finanziarie, accetta la proposta del produttore Peter Locke di dirigere un nuovo horror dal budget contenuto. In cerca di un'ispirazione, Wes Craven si imbatte nella storia di Sawney Bean e della sua famiglia, rimanendo soprattutto colpito dal fatto che le persone cosiddette civilizzate - dopo aver catturato lui e la sua progenie - si siano rivelate nel punirlo altrettanto selvagge.
Il regista decide così di incentrare il film su una famiglia di cannibali, scrivendo una sceneggiatura intitolata Blood Relations. Wes Craven si ispira nel delineare la trama anche a Non Aprite Quella Porta (The Texas Chainsaw Massacre) di Tobe Hooper, film che ha molto apprezzato.
Un'ulteriore ispirazione arriva anche da un fatto capitato al regista nel percorrere le strade del Nevada in moto insieme a sua moglie. Lì incontra un piccolo gruppo di persone, che gli lancia contro una freccia la quale manca di poco la sua testa, e lo insulta. Quando il regista minaccia di denunciarli, costoro replicano che potrebbero facilmente ucciderlo, nascondere il suo corpo in una vicina miniera di sale e nessuno verrebbe mai a sapere della cosa.
In principio la storia è ambientata in una foresta in quello che allora è il futuro, il 1994. È di Peter Locke l'idea di ambientarla nel presente nel deserto californiano: passando in quei luoghi mentre va a trovare la sua ragazza a Las Vegas, il produttore intuisce che limitare il tutto a poche ambientazioni isolate aiuta a contenere il budget.
Le riprese si tengono dunque nel deserto della California a partire dall'ottobre 1976. Le temperature non facilitano il lavoro della produzione e del cast: si passa da oltre 40 gradi di giorno, sino ad andare sottozero di notte. Qualche svenimento da parte dei componenti della troupe è dunque inevitabile.
Quello che più rischia in tal senso è Michael Berryman, l'attore che interpreta Pluto, il quale è nato senza ghiandole sudoripare, essendo affetto da displasia ectodermica ipoidrotica. Questo, però, non gli impedisce di girare tutte le scene che lo riguardano, anche le più difficili, che risultano anche quelle più pericolose per il suo stato di salute. Al termine di ogni ripresa, infine, viene circondato da delle coperte.
Girare nel deserto significa anche dover fare i conti con la fauna locale. A un certo punto viene ritrovata una tarantola che vaga su una strada e, recuperata in tutta sicurezza e posta dentro un terrario, viene poi aggiunta in una scena non prevista in sceneggiatura. La reazione dell'attrice Dee Wallace alla vista dell'insetto è poco frutto di recitazione e più di sincero shock. Conclusa la ripresa, la tarantola viene liberata.
Prevista in sceneggiatura, invece, è la presenza di un serpente a sonagli. Mentre ci si sta organizzando per una ripresa da effettuare in uno stretto crepaccio di montagna, l'animale fugge, portando la troupe e gli attori a fuggire terrorizzati a loro volta dal luogo. Pochi minuti dopo, comunque, il serpente viene recuperato da un cacciatore.
Visto il budget contenuto, gli attori si occupano loro stessi del loro make-up, effettuano tutte le scene (anche quella più pericolosa dove esplode la roulotte) e Peter Locke interpreta un ruolo secondario, quello di Mercury.
In principio, Wes Craven prevede che anche il neonato sia una delle vittime della famiglia cannibale, ma molti attori si oppongono a questa scelta, arrivando al punto di minacciare di abbandonare la produzione, e così l'idea viene abbandonata.
Il regista concepisce inoltre un epilogo più rassicurante, con i componenti della famiglia Carter che si ritrovano dopo essere sfuggiti al pericolo, allontanandosi poi dal deserto. Ma decide infine di eliminare questa scena per lasciare un finale più ambiguo.
La Motion Picture Association of America (MPAA) dà inizialmente alla pellicola un rating X, assegnato a quell'epoca solo ai film pornografici. Wes Craven elimina dunque alcune delle scene più cruenti, fino a ottenere un rating più vantaggioso. Tali scene tagliate non sono più reperibili.
Peter Locke giudica infine non efficace come titolo Blood Relations e ne prova altri, fino a quando The Hills Have Eyes risulta quello più apprezzato. In principio a Wes Craven questo nuovo titolo non piace.
Le Colline Hanno Gli Occhi (The Hills Have Eyes) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 22 luglio 1977. A fronte di un budget di circa trecentomila dollari, la pellicola arriva infine a incassare sul territorio americano 25 milioni di dollari.
Nonostante questo nuovo successo, Wes Craven deve ancora faticare alcuni anni prima di imporsi all'attenzione del grande pubblico e un seguito di questa pellicola arriva solo svariati anni dopo... ma questa è un'altra storia.

venerdì 24 giugno 2022

Fabolous Stack of Comics: Tigra - Ferite Profonde


Prima che divenisse Tigra, la Donna Tigre, prima ancora che adottasse l'identità della Gatta, Greer Grant era una studentessa universitaria di Chicago come tante altre.
Fino a quando sposò il poliziotto Bill Nelson, il quale però rimase ucciso durante una rapina... o almeno così sembrava. Quell'evento fu la causa scatenante che portò poi Greer a divenire l'assistente della dottoressa Tumolo, come raccontato nella prima storia che l'ha vista protagonista.
Tigra ha poi vissuto le use eroiche avventure, da sola o alleata con gli Avengers, ma la memoria di Bill Nelson - sotto forma di flashback - ogni tanto tornava.
E la trama riguardante il suo omicidio trova infine una risoluzione nella miniserie in quattro numeri, pubblicata nel 2002, Ferite Profonde (Deepest Cuts), scritta da Christina Z e disegnata da Mike Deodato Jr.
Dopo anni di tentativi a vuoto, Tigra riesce infine a trovare un indizio importante che può portarla a individuare i responsabili dell'uccisione di suo marito. Dietro il suo omicidio, infatti, vi sarebbe la Confraternita del Pugno Blu, un gruppo di vigilantes composto da poliziotti corrotti che raddrizzano presunti torti della legge uccidendo criminali e spacciatori.
Nella sua identità umana, Tigra entra come recluta nel dipartimento di polizia di New York e riesce infine a infiltrarsi nella Confraternita, ma per arrivare alla risoluzione del caso dovrà scoprire molti segreti tenuti nascosti, su alcuni dei quali forse non avrebbe mai dovuto indagare.
Quando suo marito è stato ucciso, Greer Grant Nelson è diventata una donna priva di una precisa identità: non più una studentessa, non più una compagna di vita, le sue certezze erano tutte crollate. Col tempo, tuttavia, Greer è riuscita a riacquisire buona parte di quest'identità perduta.
Dapprima come l'eroina La Gatta e poi come Tigra, identità che l'hanno portata a maturare e a divenire una donna più sicura di sé e delle proprie capacità, anche se dentro di lei covava sempre una rabbia interiore, un lato bestiale che cercava di non far affiorare.
Un lato animalesco collegato a questo evento irrisolto del passato, l'omicidio di suo marito. Chiunque abbia affrontato una perdita di una persona cara e non sappia il perché sia avvenuta, spesso sente dentro di sé un vuoto, come un frammento incompleto della propria anima.
Nella vita ordinaria, si cercherebbe sollievo facendo affidamento sugli amici e - nei casi più rilevanti - andando da uno specialista che possa aiutarci a venire a patti col dolore. Nel caso di Greer, gli amici sono gli Avengers, mentre al posto dello specialista ci sono le sue avventure come Tigra (siamo dopotutto in un universo di supereroi) che l'hanno aiutata col tempo a seppellire il suo dolore... quasi del tutto.
L'indagine sull'omicidio di Bill Nelson consente a Tigra di riappropriarsi a pieno di quell'identità andata smarrita, aiutandola a chiudere questo tassello prima incompleto della sua vita. Per far questo si modifica un po' la storia del personaggio - nella storia originaria l'uccisione di Bill Nelson appariva come nulla più che una rapina andata a male - ma questo è perfettamente accettabile nell'ottica dello sviluppo di un personaggio e il tutto è peraltro facilmente inquadrabile nel nuovo contesto.
Quindi, anche se il dolore per non avere accanto Bill sarà sempre parte di lei, ora Greer può essere più serena e può pensare finalmente a costruirsi una nuova vita che non debba necessariamente dipendere da Tigra.
Un cerchio che si chiude.

giovedì 23 giugno 2022

Netflix Original 57: The Meyerowitz Stories


I rapporti familiari possono essere semplici e al tempo stesso terribilmente complicati. Il concetto di famiglia (per fortuna, secondo il punto di vista di chi scrive) è oggi diverso da quello di qualche decennio fa, ma anche nei nuovi contesti familiari della società attuale ci sono certe cose che rimangono immutabili e presenti, quale l'amore tra un genitore e i suoi figli.
Una visione peculiare di questo tema si può ritrovare in The Meyerowitz Stories, film scritto e diretto da Noah Baumbach, distribuito su Netflix a partire dal 13 ottobre 2017.
Si incentra su tre generazioni della famiglia Meyerowitz, a partire dal "patriarca" Harold (Dustin Hoffman), un rinomato scultore e insegnante d'arte. Costui ha due figli avuti da due matrimoni diversi: Matthew (Ben Stiller), un uomo d'affari che gode della sua stima, e Danny (Adam Sandler), uno scapestrato musicista divorziato - meno apprezzato da Harold - che a sua volta ha una figlia di nome Eliza (Grace Van Patten), la quale coltiva aspirazioni cinematografiche.
Mentre Danny organizza una mostra incentrata sulle opere di suo padre, costui inizia a soffrire di problemi di salute. È la possibilità per i due fratellastri di trovare un'intesa che non hanno mai avuto e dare una nuova direzione alle loro vite, cercando al tempo stesso di venire a patti col rapporto paterno che, per un motivo o per l'altro, non è mai stato semplice per loro.
La prima parte del film è incentrata sulla distanza tra il padre Harold e i suoi figli. Anche se i due soggiornano a casa sua o vanno con lui al ristorante, non riescono davvero a trovare un punto di contatto: c'è più che un gap generazionale, è proprio un abisso di incomunicabilità, dettato dalla distanza che c'è stata tra loro e dal diverso rapporto che il padre ha coi figli.
Nella seconda parte, quando Harold Meyerowitz si ammala, i tre devono fare i conti col loro passato - suggerito, ma mai mostrato in maniera esplicita tramite flashback, di modo che ogni spettatore se ne faccia una propria idea - e Danny e Matthew capiscono quanto abbiano bisogno l'uno dell'altro, senza dover davvero dipendere da loro padre, dal quale devono capire come allontanarsi.
Quello che poteva essere un elemento ulteriore di distacco, se non di definitiva rottura, si rivela infine un mezzo per riavvicinarsi e comprendersi.
Ben Stiller e Adam Sandler, che siamo più abituati a vedere in un contesto di commedia, qui si mostrano comunque a loro agio in un film drammatico - cosa non inedita, per loro - anche se non mancano di usare certi loro marchi di fabbrica (le urla e l'esagerata gestualità per Sandler, l'essere impacciato per Stiller).
Ognuno può dare la propria morale a questo film, a seconda di quale personaggio si sentirà più legato, perché ognuno ha avuto prima o poi un rapporto familiare complicato. A volte siamo stati il figlio amato (Matthew), a volte quello ripudiato (Danny) e a volte possiamo diventare il genitore distante (Harold).
Ma quello che non deve mai mancare è il supporto verso i propri cari e le loro aspirazioni.

mercoledì 22 giugno 2022

Fabolous Stack of Comics: Super-Villain Team-Up - Il Sudario


Dopo la prima saga della serie regolare, Super-Villain Team-Up ingrana la marcia trovando un'apparente stabilità e un nuovo, affascinante personaggio. Stiamo parlando de Il Sudario, The Shroud, che esordisce proprio su questa testata.
Il tutto avviene nei numeri dal 5 al 12 della serie, sceneggiati da Steve Englehart e Bill Mantlo e disegnati da Herb Trimpe, Keith Giffen e Bob Hall.
Non dobbiamo tuttavia dimenticarci che i veri protagonisti rimangono Namor e il Dr. Destino. E quest'ultimo non è proprio capace di accettare un no.
Così, quando Sub-Mariner rompe per l'ennesima volta l'alleanza con lui a causa della crudeltà di Von Doom, il Dr. Destino fa in modo che Namor non possa sopravvivere per lunghi periodi di tempo fuori dall'acqua e, dopo averlo catturato, lo tiene in scacco tramite un antidoto che gli consente di sopravvivere, ma che al tempo stesso ha una durata di poche ore.
Entra allora in scena il Sudario, determinato a uccidere il Dr. Destino per i suoi crimini, e si allea con Sub-Mariner per portare avanti questo piano. Ma questo sarà solo il primo atto di un lungo viaggio in cui il nuovo eroe avrà modo di incontrare i componenti della resistenza in Latveria e affrontare poi un diabolico piano concepito dal Teschio Rosso, per cui avrà bisogno dell'aiuto... proprio del Dr. Destino!
La serie, pur avendo avuto vita breve, qui cerca di trovare un po' di concretezza dopo le prime storie. Il canovaccio "Destino e Namor si odiano, ma non possono fare a meno l'uno dell'altro" dopotutto funziona e dunque perché non ampliare questo scenario introducendo qualche nuovo elemento?
Ecco dunque comparire sulla scena il Sudario, le cui origini sono ispirate in maniera dichiarata a quelle di Batman, con tanto di Nanda Parbat, solo che questo epigono del Cavaliere Oscuro è un non vedente (a causa di un rituale rivolto alla dea Kali) che utilizza dei sensi mistici sviluppati in un monastero per muoversi nell'ambiente che lo circonda.
Insomma, appare una sorta di riverito omaggio a uno dei più celebri eroi di quella che Stan Lee chiamava la Distinta Concorrenza - strano per l'epoca - senza magari quelle peculiari abilità da detective che Batman ha.
Torna anche l'altro canovaccio tanto caro a questa serie: anche se Namor e Destino si detestano, c'è sempre una minaccia più grande di loro che li costringerà ad allearsi di malavoglia. In questo caso vi sono più minacce, quali il Teschio Rosso e nuovamente Attuma.
Tuttavia è forse anche il ripetersi di queste stesse situazioni, e non allontanare le luci della ribalta da Namor e Destino (dal titolo della serie, tecnicamente, non ci si dovrebbe incentrare solo su di loro), che fanno sì che Super-Villain Team-Up stia per giungere alla sua conclusione.

martedì 21 giugno 2022

Netflix Original 56: La Babysitter


Ah, i cari, vecchi slasher movie degli anni '80 del ventesimo secolo! Quelli dove si verificavano le situazioni più assurde, il sangue sgorgava a fiotti in maniera anatomicamente impossibile, c'erano belle ragazze spesso discinte e ragazzi muscolosi con tanti saluti alla parità dei sessi e alla fine il cattivo, inevitabilmente, sopravviveva anche nei casi più improbabili.
Un particolare sottogenere che nel bene e nel male ha segnato la storia del cinema e che viene omaggiato in La Babysitter (The Babysitter), scritto da Brian Duffield, diretto da McG e distribuito su Netflix a partire dal 13 ottobre 2017. Credo non vi sorprenda sapere che quel giorno era un venerdì.
Lo studente Cole (Judah Lewis), nerd e bullizzato dai propri compagni di classe, passa una serata in compagnia dell'affascinante Bee (Samara Weaving), in assenza dei suoi genitori, prima di andare a letto.
Ma quella che sembra in principio essere un ritrovo tra amici si trasforma ben presto in un incubo per Cole, quando scopre che Bee è in realtà una strega malvagia che intende servirsi del suo sangue per effettuare un rito magico.
Se si dovesse sintetizzare questo film con una sola parola, questa sarebbe di sicuro eccesso. Ogni situazione di trama in questa pellicola, dalla più banale (il bullismo) alla più estrema (un auto che sfonda una casa, con tanto di colonna sonora dei Queen in sottofondo, le morti dei protagonisti) viene portata appunto all'eccesso, rendendo il tutto volutamente qualcosa di sopra le righe, da non prendere affatto sul serio.
Il tutto in una sorta di omaggio un po' particolare e ai limiti del parodistico a quei film slasher di svariati decenni fa. Se in quelle pellicole, infatti, tali situazioni estreme erano ideate per scioccare lo spettatore, in questo caso invece sono volte a far capire come fossero del tutto irreali - pur nel contesto di un film horror - e così superate che oggi ci si può solo scherzare sopra.
Anche i vari personaggi rispecchiano gli stereotipi di quei film. C'è il nerd che si riscatta trovando un inaspettato coraggio, la bella svampita di turno in divisa da cheerleader, il ragazzo palestrato che non perde occasione per mettere in mostra i propri muscoli, l'afroamericano sfigato. E sapete tutti che fine facevano questi personaggi in quei film... qui il loro destino non è dissimile.
Quindi, se si prende il tutto come un divertente esperimento e si sorvola su qualche aspetto di trama e alcune incongruenze, la cosa potrebbe anche piacervi. Certo, aiuta molto inoltre se siete appassionati del materiale di riferimento. E per rispettare la tradizione, pochi anni dopo ne hanno anche realizzato un sequel!
CH-CH-CH-AH-AH-AH.

lunedì 20 giugno 2022

Libri a caso: Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban


Giunge il terzo anno di lezioni presso la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, e con la minaccia di Voldemort sempre in agguato, nel libro Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban, scritto da J.K. Rowling e pubblicato nel 1999.
Dopo Harry Potter e la Camera dei Segreti, arriva un nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, Remus Lupin, competente ma anche un po' eccentrico e inviso a Severus Piton.
In tutta Hogwarts, tuttavia, vi è una sola notizia che percorre i corridoi della scuola: l'evasione di Sirius Black, ex pedina di Voldemort, dalla prigione di Azkaban, evento mai accaduto prima.
Sirius Black è anche uno dei più cari amici di James Potter, padre di Harry, di cui è il padrino, ma il suo arresto avvenne poco dopo l'omicidio dei genitori di Harry Potter, la cui locazione si ritiene abbia indicato a Voldemort. Che Black voglia ora completare l'opera col figlio di James Potter?
Con la scuola di Hogwarts sorvegliata dai Dissennatori, le guardie spettrali di Azkaban, e nuovi misteri che vengono rivelati, Harry Potter, Hermione Granger e Ron Weasley continuano il loro processo di maturazione e dovranno affrontare le prime perdite e gli inevitabili dolori della crescita.
Ormai vicina a compiere il suo giro di boa, la saga continua a introdurre nuovi elementi che vanno a costruire un sempre più grande e magnifico affresco narrativo.
In questo caso specifico, pur non essendo mancati elementi dark nei primi due romanzi, l'introduzione della prigione di Azkaban - che è un orrore solo nominato e mai mostrato - e degli eterei Dissennatori contribuisce a gettare un velo di oscurità su un mondo magico e incantato che prima sembrava solo essere stato "sporcato" dalle azioni di Voldemort.
Anche Harry, Hermione e Ron non sono - non possono più essere - i ragazzi intaccati dal male che abbiamo visto nel primo romanzo, visto le esperienze, sia positive che negative, che hanno affrontato pur loro malgrado. Non sono ancora pienamente "adulti" - in questo romanzo hanno tredici anni - ma dimostrano già un carattere più forte e sicuro di sé.
Appare curioso notare come, pur non comparendo in maniera diretta e neanche indiretta Voldemort in questo romanzo, la sua presenza sia costante lungo tutta la trama, una sorta di ombra che protrae le sue spire oscure e che, con la rivelazione finale che ribalta del tutto la prospettiva iniziale, diventa una minaccia onnipresente.
A ogni capitolo della saga il numero di protagonisti e comprimari aumenta: alcuni tornano dietro le quinte, altri diventano più importanti nell'economia globale, altri ancora compaiono per poche scene ben calibrate, ma nessuno finora è stato dimenticato o messo da parte per sempre. Fino a quando, ovviamente, Voldemort non vorrà dire qualcosa al riguardo.

domenica 19 giugno 2022

A scuola di cinema: Ace Ventura - L'Acchiappanimali (1994)

1993: Jim Carrey è un apprezzato stand-up comedian che da ormai molti anni diverte il pubblico sia americano che canadese (essendo lui nato vicino a Toronto) coi suoi spettacoli.
Da quando si è trasferito in via definitiva negli Stati Uniti a partire dal 1983, occasionalmente l'attoreè riuscito anche a ottenere delle parti in alcuni film, quali ad esempio Peggy Sue Si è Sposata (Peggy Sue Got Married) oppure Le Ragazze della Terra Sono Facili (Earth Girls Are Easy), ma sempre per ruoli secondari o in piccole produzioni.
Tutto questo, però, sta per cambiare in maniera drastica.


Nel 1990, la Morgan Creek Productions opziona un trattamento ideato dallo sceneggiatore Jack Bernstein incentrato su uno strano e bizzarro detective - una parodia dei film su Sherlock Holmes - il quale risolve casi che hanno come protagonisti degli animali domestici. Un'idea che Bernstein concepisce dopo aver visto al David Letterman Show un segmento incentrato sui proprietari di animali da compagnia.
L'opzione ha una durata di tre anni, ma per qualche tempo non si riesce a trovare il modo di far mettere in produzione il film, fino a quando uno scrittore di sketch comici di nome Tom Shadyac, ritenendo l'idea interessante, opera una revisione della sceneggiatura, collegando la trama al mondo del football americano e sviluppando la figura dell'antagonista del protagonista.
Il CEO della Morgan Creek James G. Robinson - desideroso di produrre una commedia con del potenziale ma senza un necessario valore artistico - decide dunque di offrire la regia allo stesso Tom Shadyac: pur essendo questo il suo debutto cinematografico, Robinson ha apprezzato un film per la TV da lui realizzato intitolato Frankenstein: The College Years.
Il ruolo del protagonista viene offerto in prima battuta a Rick Moranis, ma costui non è interessato. Anche Judd Nelson e Alan Rickman decidono di rinunciare.
Non riuscendo a trovare un interprete adatto, la produzione pensa a un certo punto di modificare il sesso del protagonista, rinominandolo Alice Ventura, per affidare la parte a Whoopi Goldberg, forse per capitalizzare sul successo conseguente all'ottenimento dell'Oscar per Ghost.
Fino a quando Tom Shadyac nota un comico che compare in uno show televisivo intitolato In Living Color, incentrato su una serie di sketch comici interpretati da vari attori. In uno spettacolo composto principalmente da attori afroamericani, lui spicca per essere uno dei pochi albini e per la sua eccentricità. Costui è appunto Jim Carrey.
L'attore viene dunque contattato e, insieme al fidato Steve Oedekerk, con cui collabora per scrivere gli sketch di In Living Color, apporta delle modifiche alla sceneggiatura quando non è impegnato con le riprese del programma televisivo, inserendo alcune scene sopra le righe. A volte i due si ritrovano per intere ore a concepire battute.
In particolare, Jim Carrey rende il protagonista, ritratto in principio come un idiota, una persona per quanto stramba dotata di acume e capacità investigative. L'apporto di Carrey si rivela così fondamentale che viene alla fine accreditato come sceneggiatore.
Per il look colorato degli abiti, le movenze e la capigliatura del suo personaggio, Jim Carrey si ispira agli uccelli tropicali, quali ad esempio i cacatua.
In principio, la Morgan Creek Productions non intende affidare il ruolo di Lois Einhorn a Sean Young, in quanto costei in quel periodo è reduce da una lunga causa legale intentatale da James Woods e più in generale è mal vista in alcuni ambienti cinematografici. Jim Carrey, però, non ci sta e si batte per lei, fino a quando le viene assegnata la parte.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 10 maggio 1993, tenendosi nella città di Miami.
Vista la natura esuberante di Jim Carrey, gli viene concesso di improvvisare alcune scene o aggiungere frasi di sua ideazione, spesso prese dal repertorio di In Living Color.
La scena in cui parla con un detective tramite le sue chiappe, invece, deriva da un'insolita lamentela che l'attore fece a Keenen Ivory Wayans, ideatore di In Living Color, il quale continuava a bocciargli molti sketch di sua creazione. Per protesta, un giorno, Jim Carrey si presentò da lui e iniziò a recitare uno di questi sketch parlando a Wayans tramite le sue chiappe. La rissa tra i due venne evitata per puro miracolo.
Paradossalmente, la presenza di Jim Carrey sul set causa a volte dei problemi, vista la sua verve e le sue capacità comiche. Quando si devono girare dei primi piani di Courtney Cox, l'attore deve essere allontanato dal set, in quanto lei non riesce a trattenere le risate in sua presenza. Inoltre, molte scene in sala di montaggio sono tagliate un istante prima che gli altri attori scoppino a ridere.
Courtney Cox non si trova molto a proprio agio nel dover recitare accanto a degli animali, in particolare quando è vicino alla scimmia, così per la scena d'amore tra Ace Ventura e Melissa Robinson gli animali presenti sul set vengono legati per impedire che si muovano. Qualcosa però va storto all'inizio, poiché uno scoiattolo riesce a liberarsi e si scatena il caos. Pochi secondi dopo, Courtney Cox si ritrova un pappagallo sotto le lenzuola.
Le riprese si concludono il 19 luglio 1993. Tom Shadyac intuisce subito che il materiale girato è così sopra le righe e surreale che potrebbe causare sia la fine che il successo della sua carriera, nonché di quella di Jim Carrey. Durante gli screening preliminari, alla scena in cui Ace Ventura parla con le sue chiappe, una persona si alza e se ne va, ma la scena alla fine rimane.
Ace Ventura - L'Acchiappanimali (Ace Ventura: Pet Detective) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 4 febbraio 1994. A fronte di un budget di 15 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale 107 milioni di dollari.
A seguito di questo successo, sia Tom Shadyac che Jim Carrey escono dall'anonimato cinematografico in cui prima erano confinati e iniziano a ricevere decine di chiamate telefoniche con la richiesta di partecipare a nuovi progetti.
Uno di questi, in maniera inevitabile, è un sequel immediato di Ace Ventura... ma questa è un'altra storia.

sabato 18 giugno 2022

A scuola di cinema: L'Uomo dei Sogni (1989)

1982: Viene pubblicato il libro Shoeless Joe, scritto da William Patrick Kinsella.
Il protagonista dell'opera è Ray Kinsella, un agricoltore appassionato di storia del baseball americano, il quale un giorno ode una misteriosa voce che gli chiede di costruire un campo da baseball in mezzo ai suoi campi di grano, per permettere a "Shoeless" Joe Jackson e altri giocatori del passato, coinvolti in uno scandalo di partite truccate che pose fine alle loro carriere, di poter giocare almeno un'altra partita.
Kinsella porta avanti questo insolito compito anche grazie a un inaspettato aiuto, quello dello scrittore J.D. Salinger, l'autore de Il Giovane Holden (The Catcher in the Rye).
Pochi anni dopo, quest'opera viene adattata per il grande schermo.


Lo scrittore e regista Phil Alden Robinson legge il romanzo praticamente all'epoca della sua uscita e ne rimane affascinato, cercando subito di far sì che sia oggetto di un adattamento cinematografico.
Trova dei produttori interessati alla cosa in Lawrence Gordon e Charles Gordon, i quali sottopongono il progetto alla 20th Century Fox. Tuttavia, lo studio ritiene che l'opera abbia poco appeal commerciale e non dà il via libera. Incurante della cosa, Phil Alden Robinson inizia comunque a scrivere la sceneggiatura, chiedendo talvolta dei consigli anche a William Patrick Kinsella.
Alla fine, Lawrence Gordon e Charles Gordon riescono a far opzionare la sceneggiatura alla Universal Pictures
La prima scelta per il ruolo di Ray Kinsella è Kevin Costner, ma si esita a proporgli il progetto in quanto ha appena concluso le riprese di un altro film incentrato sul baseball, Bull Durham - Un Gioco a Tre Mani (Bull Durham) e si ritiene dunque possa non essere interessato a girare subito un altro film sul medesimo argomento.
La parte viene allora proposta ad altri attori, ma un esecutivo della Universal consegna comunque la sceneggiatura a Kevin Costner, che ne rimane intrigato decidendo di accettare la parte.
Per il ruolo di "Shoeless" Joe Jackson, l'idea originaria di Phil Alden Robinson è quella di selezionare un attore sui quarant'anni, più vecchio di Kevin Costner, di modo che possa fungere nel film come sorta di figura paterna nei confronti di Ray Kinsella. Il regista cambia tuttavia idea quando ad un'audizione si presenta Ray Liotta, che è un coetaneo di Kevin Costner, e vede in lui quell'ambiguità richiesta per il personaggio.
Non avendo mai giocato a baseball in vita sua, Ray Liotta per circa un mese si allena, affiancato da Rod Dedeaux e Don Buford, ex giocatori professionisti di baseball. Inoltre, Joe Jackson era mancino, cosa che l'attore non è. Ray Liotta prova invano ad allenarsi perché riesca a essere convincente anche con la mano sinistra, ma Robinson gli dice che questa piccola discrepanza storica può andar comunque bene, anche se Liotta si rammarica di non aver avuto più tempo per sistemare questa cosa.
Il ruolo di Archibald "Moonlight" Graham viene offerto in prima battuta a James Stewart, che però rifiuta in quanto non vuole interpretare un personaggio che a suo dire alla fine muore. Robinson lo viene a sapere solo in un secondo momento e si rammarica di non aver potuto spiegare all'attore o al suo agente che in realtà si sono sbagliati sul destino finale di Graham. La parte viene dunque affidata a Burt Lancaster, che viene convinto da un suo amico appassionato di baseball ad accettare: per l'attore è l'ultima prova cinematografica della sua lunga carriera.
J.D. Salinger non aveva preso bene il fatto di essere apparso come personaggio nel romanzo di Kinsella e minaccia la produzione di querela nel caso si azzardasse a utilizzare il suo nome nel film.
Per evitare problemi di ogni sorta, lo scrittore recluso diviene un personaggio fittizio di nome Terence Mann e - onde evitare ogni possibile discussione - viene interpretato da James Earl Jones. È la moglie dell'attore a convincerlo ad accettare la parte.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 25 maggio 1988, tenendosi in Iowa e a Boston. Il campo da baseball e lo stadio vengono costruiti da zero presso una fattoria sita nella città di Dyersville, in Iowa, la quale è anche abbastanza isolata da altre abitazioni, cosa che rende più facile la gestione delle riprese.
Per l'affitto temporaneo della loro proprietà, gli abitanti della fattoria prescelta incassano una somma di 12.000 dollari, all'unica condizione che accettino qualche piccola modifica.
È fondamentale che vi sia un campo di grano con filari alti, che siano quantomeno della stessa altezza di Kevin Costner, ma in quel periodo l'Iowa sta vivendo un periodo di forte siccità. Per risolvere questa problematica, la produzione spende 25.000 dollari per far arrivare una consistente quantità d'acqua dal Mississippi, che fa sì che il grano infine cresca.
Forse anche fin troppo, poiché a un certo punto l'altezza è ben più alta rispetto a quella di Kevin Costner: per ovviare a questo, viene costruita una piattaforma di legno su cui l'attore possa camminare.
Grazie agli allenamenti sostenuti, Ray Liotta è divenuto un discreto giocatore di baseball. In una scena, con un mix di fortuna e abilità, ribatte una palla lanciata da Kevin Costner andando a colpire una sacca a pochi metri dall'attore. Costner - non prevedendo la cosa - inciampa, ma rimane nel personaggio, e la scena non prevista viene infine tenuta.
Per la scena finale con ripresa dall'alto, la produzione riesce a trovare - grazie all'aiuto della locale camera di commercio e di una stazione radio - 2.500 auto e 3.000 guidatori volontari che coi fari dei mezzi illuminino la via verso il campo da baseball, mentre la città vive un blackout programmato. Per dare l'illusione del movimento, considerato che i veicoli sono fermi, viene chiesto ai guidatori di alternare le luci di posizione con quelle abbaglianti.
La voce che esorta Ray Kinsella a costruire il campo da baseball appartiene a un attore la cui identità rimane a tutt'oggi sconosciuta. Molte sono state le ipotesi, inclusi Kevin Costner stesso o Ed Harris, ma la verità è nota solo a Phil Alden Robinson e al responsabile degli effetti sonori Sandy Gendler, i quali preferiscono che questo mistero rimanga tale.
Le riprese si concludono il primo agosto 1988.
Prima dell'uscita ufficiale, la Universal chiede che il titolo sia cambiato da Shoeless Joe a Field of Dreams, ritenendo il primo non così impattante. Phil Alden Robinson comunica la cosa a Kinsella, che però non ne rimane deluso, in quanto uno dei titoli del libro che aveva proposto era The Dream Field, ma l'editore aveva infine deciso altrimenti.
I proprietari della fattoria decidono di non smantellare il campo da baseball e lo stadio al termine della lavorazione e vi costruiscono accanto un piccolo negozio di souvenir. Chiunque può visitare la zona e, se lo vuole, giocare anche a baseball. Nei primi tempi, il sito ospita anche 65.000 visitatori all'anno. Occasionalmente, vi vengono anche tenute delle partite ufficiali.
L'Uomo dei Sogni (Field of Dreams) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 5 maggio 1989. A fronte di un budget di 15 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale 84 milioni di dollari. Riceve inoltre una candidatura al Premio Oscar come Miglior Film.
Forti di questo successo, Kevin Costner e Ray Liotta giungono a consolidare in via definitiva le loro carriere con successive pellicole: il primo grazie a Balla Coi Lupi (Dances With Wolves), il secondo con Quei Bravi Ragazzi (Goodfellas)... ma questa è un'altra storia.

venerdì 17 giugno 2022

Netflix Original 55: Fe De Etarras


Si sa, quando si va a fare ironia su temi delicati si percorre un sentiero intricato, come camminare sui vetri rotti, per citare una canzone. A maggior ragione quando suddetta ironia viene rivolta contro dei soggetti o delle organizzazioni che non apprezzano molto l'essere derisi, nello specifico i terroristi.
L'ETA (Euskadi Ta Askatasuna) è stata un'organizzazione terroristica attiva in Spagna per molti decenni, la quale ricercava - anche tramite la lotta armata e gli attentati esplosivi - l'indipendenza del popolo basco. Dopo centinaia di morti e decine di arresti, l'organizzazione ha dichiarato la tregua armata nel 2011, venendo poi sciolta dai suoi capi nel 2018.
Poco prima di questo ultimo atto, esce il film Fe De Etarras, diretto da Borja Cobeaga, scritto da Borja Cobeaga e da Diego San José e distribuito su Netflix a partire dal 12 ottobre 2017. Si tratta della seconda produzione spagnola dopo 7 Años.
L'anno di ambientazione è il 2010, durante i Mondiali di Calcio tenutisi in Sud Africa (e vinti appunto dalla Spagna). Tre terroristi baschi, Pernando (Julián López), Alex (Gorka Otxoa) e Ainara (Miren Ibarguren) si ritrovano in un piccolo quartiere di Madrid dove trovano Martin (Javier Cámara), di ritorno da una latitanza in Venezuela durata dodici anni.
Il loro compito è in apparenza molto semplice: devono restare nell'appartamento dove si sono radunati, tenere un profilo basso e aspettare di ricevere una telefonata di uno dei leader dell'ETA, il quale darà loro istruzioni in merito a un prossimo attentato da compiere. Passano i giorni, ma questa telefonata non arriva e così i quattro - che volevano tenere le distanze tra loro - iniziano a conoscersi e a mettere in dubbio quelle che un tempo erano forti convinzioni.
Per quanto la trama di fondo del film premetta a delle situazioni di tensione, dopo una prima fase di assestamento il tono principale diviene invece quello della commedia, magari a volte di stampo surreale o macabra, ma pur sempre commedia.
Come quando i quattro protagonisti fanno la classifica delle migliori organizzazioni terroristiche della storia (comprese le Brigate Rosse) o si ritrovano a dover fingere di tifare per la squadra di calcio spagnola, comprando anche una bandiera di dimensioni gigantesche da appendere al balcone per allontanare ogni sospetto.
L'ironia nera serve a mettere alla berlina certi atteggiamenti che, in un mondo e in un contesto molto diverso rispetto a quello in cui l'ETA iniziò la sua lotta armata, sono ormai superati e da abbandonare. Come la storia ha poi confermato.
Lo svolgimento dei mondiali di calcio (vinti appunto dalla compagine spagnola) rappresenta un'immediata e facile metafora per esortare tutti i cittadini iberici a ritrovare un'identità nazionale che pareva andata perduta, ma che ora può essere più forte. Tanto che anche i quattro terroristi giungono a capire che il loro tempo è finito e devono trovare una nuova strada.
Aldilà di questo messaggio, che ovviamente solo gli spagnoli possono comprendere e apprezzare a pieno, il film risulta del tutto godibile e lascia sorpresi per come su un tema tanto delicato, dove si rischia seriamente di scivolare, si sia riusciti a fare ironia in modo intelligente e senza fare sconti a nessuno.

giovedì 16 giugno 2022

Fabolous Stack of Comics: Savage Dragon - Guerra Fra Gang


Un nuovo status quo era stato anticipato al termine della storyline Vendetta, per Savage Dragon e il mondo che ruota intorno a lui. Dopo una trama che si è dipanata lungo i primi 20 numeri della serie regolare, l'eroe ha infine prevalso contro Overlord, il signore del crimine di Chicago. Ma eventi come questo, nei fumetti, sono solo il preludio ad altre (dis)avventure.
Ed è proprio quanto accade nella successiva storyline, Guerra Fra Gang (Gang War), pubblicata dai numeri 22 al 26 della testata sceneggiata, come sempre, da Erik Larsen.
Dopo la morte di Overlord, i vari supercriminali di Chicago iniziano a battagliare tra loro, ognuno con l'ambizione di divenire il nuovo signore del crimine. Mentre la città è di nuovo sotto assedio, Savage Dragon appare irreperibile, poiché ha subito un nuovo, devastante attacco da parte del Demonio e della madre che lo ritiene responsabile della morte di sua figlia.
Con l'eroe scomparso, il caos cresce sempre più, mentre i poliziotti e la Freak Force cercano di contenere i danni. Ma quando le macerie saranno scomparse, chi sarà il nuovo leader criminale?
Siamo proprio in una sorta di fase di transizione. Pur essendo ancora presenti in dose abbondanti splash page e tavole doppie, una delle due trame principali dei primi numeri, ovvero la battaglia contro Overlord (l'altra è quella riguardante il Demonio), sembra aver trovato una risoluzione finale e, tirando le fila di quest'evento, Erik Larsen procede a delineare un nuovo scenario che di sicuro caratterizzerà le storie successive.
Anche gli altri comprimari che ruotano attorno a Dragon, siano essi i poliziotti o gli altri supereroi, cominciano a essere meglio delineati, mentre prima erano trattati molto sui generis. Tanto che la momentanea scomparsa di scena di Savage Dragon per un paio di numeri permette di concentrare la propria attenzione proprio su queste figure che prima erano in secondo piano.
Come già era accaduto per la miniserie d'esordio, Battesimo del Fuoco, Erik Larsen torna a divertirsi un po' alle spalle di John Byrne, che a quanto pare proprio non sopporta. Lo fa includendo tra i contendenti al ruolo di nuovo signore del crimine di Chicago i componenti di un gruppo chiamato Nixed Men - ovvero i Next Men di questo mondo - capitanati da Johnny Redbeard, alias Byrne in persona. E va da sé che non fanno una bella fine.
Son ragazzi, piace loro scherzare!

mercoledì 15 giugno 2022

Netflix Original 54: Le Nostre Anime di Notte


Robert Redford e Jane Fonda rappresentano una coppia cinematografica affermata, capace di attraversare indenne gli anni, addirittura i decenni, e rimanere sempre affascinante.
I due collaborano una prima volta insieme nel film del 1966 La Caccia (The Chase), ma è solo nel 1967 con A Piedi Nudi nel Parco (Barefoot in the Park) che consolidano la loro partnership lavorativa. La loro terza, e penultima, collaborazione avviene infine nel 1979 con Il Cavaliere Elettrico (The Electric Horseman).
Passano altri anni e i decenni, ma ecco infine un nuovo film che vede protagonisti i due attori, ovvero Le Nostre Anime di Notte (Our Souls at Night), diretto da Ritesh Batra, scritto da Scott Neustadter e Michael H. Weber e distribuito su Netflix a partire dal 29 settembre 2017. La pellicola è l'adattamento di un romanzo scritto da Kent Haruf.
In una piccola città di provincia, Louis Waters (Robert Redford) e Addie Moore (Jane Fonda), rimasti entrambi vedovi, decidono di passare le notti insieme - senza alcun tipo di implicazione sessuale - per farsi compagnia vicendevolmente raccontandosi delle storie e sconfiggere la solitudine.
Oltre a dover tenere a bada i pettegolezzi degli abitanti della città, i due si ritrovano ben presto a dover gestire il nipote di Addie, Gene, che il padre ha lasciato alla nonna mentre lui cerca di rimettere in sesto il suo matrimonio. Questo farà sì che il rapporto tra Louis e Addie si cementi ancora di più.
Quando si parla di cinema e divi di altri tempi, penso senza timore di smentita che Robert Redford e Jane Fonda possano essere parte integrante di quei tempi. Il film, tuttavia, non è una semplice celebrazione del passato, del come erano belli i tempi in cui.
Vi è infatti un insolito parallelismo tra i personaggi e i due attori. Louis Waters e Addie Moore sono due persone che vivono nel passato e rappresentano il passato, non essendo a loro agio con la tecnologia e avendo una visione della vita che non combacia con quella di gente più giovane di loro. Appaiono dunque come persone fuori dal mondo, eppure - anche a causa delle sofferenze che hanno affrontato - sono coloro che forse meglio riescono a comprenderlo.
Allo stesso modo, Robert Redford e Jane Fonda potrebbero apparire a occhi disattenti o inesperti come attori ormai fuori dal mondo, simbolo di un'era che non esiste più, mentre invece le loro movenze, il loro agire davanti alla telecamera possono dare tanto ai giovani attori che emergono oggi.
Quindi vivere il presente e costruire il futuro anche imparando dal passato, senza che quest'ultimo ci sovrasti o venga mitizzato a tutti i costi.
Tramite Gene, Louis e Addie rientrano a far parte di quel mondo che avevano abbandonato dopo la perdita dei loro cari e ritrovano loro stessi. Forse non ritroveremo noi stessi vedendo i film di Robert Redford e Jane Fonda, ma di certo potremo apprezzare un'era che ci permetterà di inquadrare al meglio il nostro presente.

martedì 14 giugno 2022

Fabolous Stack of Comics: Wonder Woman - Terra Morta


Molte volte ritroviamo i supereroi immersi in scenari apocalittici futuri, di cui forse il più celebre è quello che compare in Il Ritorno del Cavaliere Oscuro (The Dark Knight Returns) e relativi seguiti di Frank Miller.
Tali scenari rappresentano una grande tentazione. Da un lato offrono all'autore di turno la possibilità di sbizzarrirsi, senza rimanere troppo ingabbiato dalla continuity e dalle storie passate del personaggio che decide di utilizzare. Dall'altro può dare un'interpretazione personale sulla tematica supereroistica e su personaggi che, avendo giurato di proteggere il loro mondo, improvvisamente si ritrovano calati in un'atmosfera tragica, dove la loro missione appare fallita del tutto e devono ritrovare sé stessi e uno scopo per cui combattere.
Un nuovo scenario apocalittico, dove è Wonder Woman a dover affrontare le conseguenze della devastazione, è possibile ritrovarlo anche in Terra Morta (Dead Earth), miniserie di quattro numeri pubblicata nel 2020, scritta e disegnata da Daniel Warren Johnson.
Wonder Woman viene risvegliata da un sonno criogenico durato decenni da un gruppo di esseri umani di cui fa parte la giovane Dee e scopre che la terra è divenuta un deserto a causa delle esplosioni delle testate nucleari, dove l'umanità sembra destinata a estinguersi. Come se questo non bastasse, l'eroina non ha memoria degli eventi che l'hanno portata a essere rinchiusa nella vasca criogenica e i suoi poteri appaiono diminuiti.
Nel corso del suo viaggio in questa landa semi-desolata, Wonder Woman ritroverà una sua vecchia conoscenza, scoprirà qual è stato il destino dei suoi due alleati più preziosi, Superman e Batman, e dovrà venire a patti con dei terribili segreti che riguardano le Amazzoni e sua madre.
Lo accennavamo prima: in storie di questo tipo l'autore di turno può sbizzarrirsi nell'inserire un eroe o un'eroina in scenari inesplorati e far vivere loro esperienze che nelle serie regolari non è possibile mostrare o approfondire più di tanto. Vi è un'unica condizione, ovviamente, da rispettare: che l'essenza narrativa stessa del personaggio non venga intaccata.
Ed è quanto accade in questa miniserie. Daniel Warren Johnson parte dai lati caratteriali più noti di Wonder Woman (il suo amore per l'umanità, l'affetto verso la sua patria di origine, il suo essere contro la violenza sconsiderata) per poi metterla di fronte a eventi e situazioni che rischiano di minare in maniera seria queste sue convinzioni.
Questo è il tema del viaggio dell'eroe che viene ampliato per comprendere anche la sua personalità. Wonder Woman intraprende dunque due tipi di percorso: il primo, quello più evidente, attraverso i paesaggi di questa terra apocalittica e le minacce da essa generate. E le minacce peggiori sono quelle che arrivano da persone che conosci e di cui ti fidi.
Il secondo, invece, è quello più interiore, in cui l'eroina deve ritrovare dentro sé stessa la volontà di non cedere ai demoni - che si manifestano anche in forma fisica e ingannatrice - che la porterebbero ad arrendersi all'oscurità e rinnegare la propria natura, come alcuni esseri umani fanno per ragioni di convenienza, di opportunismo o perché decidono di arrendersi.
A tal proposito, la ragazza di nome Dee diviene una sorta di ancora nei confronti dell'umanità, che ricorda in maniera costante con la sua presenza a Wonder Woman le motivazioni per cui combatte dalla parte dei più deboli.
E che le fa capire ciò che davvero è ed è sempre stata: l'incarnazione della pace, un'ambasciatrice dell'intera umanità in un mondo che sembra premiare solo chi cerca di prevaricare sugli altri, la bellezza più vera dell'essere una persona amata. Una donna meravigliosa.

lunedì 13 giugno 2022

Prime Video Original 18: Il Visionario Mondo di Louis Wain


Oggi ci sembra scontato pensare ai gatti come animali da compagnia, che vivono tra le mura di casa, presenze costanti dei video su Youtube... ma non sempre è stato così. Ci sono stati tempi in cui la figura del gatto veniva addirittura demonizzata e solo in questi ultimi due secoli quest'animale viene accettato come un amico domestico dell'uomo.
Tra coloro che hanno aiutato a inquadrare la figura del gatto per come è oggi vi è anche Louis Wain. Costui era un illustratore per varie riviste, vissuto tra il diciannovesimo e ventesimo secolo, che doveva mantenere la sua famiglia da solo, essendo figlio maschio unico e col padre deceduto.
Generò molto scandalo quando si sposò con Emily Richardson, una donna che aveva dieci anni più di lui (qualcosa di inconcepibile all'epoca), e che lo indirizzò all'illustrazione del soggetto che avrebbe reso celebre l'artista: i gatti. Che lui spesso ritraeva in forma antropomorfa.
Purtroppo la vita di Louis Wain fu costellata di tragedie: sua moglie morì dopo pochi anni di matrimonio, molte persone si approfittarono di lui a livello finanziario entrando in possesso della proprietà delle sue opere e a un certo punto venne internato in un istituto, in quanto soggetto a violenti attacchi di rabbia, causati da un imprecisato disturbo mentale, che mettevano in pericolo la sua famiglia.
Louis Wain è il soggetto del film biografico Il Visionario Mondo di Louis Wain (The Electrical Life of Louis Wain), diretto da Will Sharpe, scritto dallo stesso Sharpe e da Simon Stephenson e distribuito su Amazon Prime Video a partire dal 5 novembre 2021. L'artista è interpretato da Benedict Cumberbatch, mentre Emily Richardson ha le fattezze di Claire Foy.
La pellicola copre un periodo di tempo che parte dal 1881, quando Louis Wain conosce la sua futura moglie Claire, fino al 1930, quando grazie all'intercessione della famiglia e di alcuni intellettuali dell'epoca, tra cui H.G. Wells, Wain viene ospitato in una struttura adeguata dove vivrà i restanti giorni della sua vita.
Il film cerca di ritrarre la figura di Louis Wain come l'uomo che, nonostante tutte le avversità passate, riesce sempre ad andare avanti, da solo o tramite l'aiuto decisivo di altre persone, e trova nell'arte e nell'illustrazione una catarsi e un percorso salvifico per allontanarsi dalle tragedie che lo perseguitano.
Vengono dunque utilizzati alcuni classici aspetti di un biopic, quali la drammatizzazione di alcuni eventi a scopo narrativo (volti a far provare una maggiore empatia) e una consueta "santificazione" del protagonista con messa da parte di alcuni lati scomodi.
Tutto nella norma, dunque: viene seguito un consolidato schema che da un lato aiuta a inquadrare la figura storica da parte anche dello spettatore meno attento, dall'altro si evitano eccessivi approfondimenti che - dovendo la pellicola coprire un arco di tempo di quasi cinquant'anni - avrebbero rischiato di allungare troppo la narrazione.
Se anche voi siete tra coloro che ogni tanto guardano i video dei gattini che fanno cose strane o ridete dei meme incentrati su di loro, ora sapete chi ringraziare.

domenica 12 giugno 2022

A scuola di cinema: Mortal Kombat - Distruzione Totale (1997)

Il grande e insperato successo della prima pellicola incentrata su Mortal Kombat convince il produttore Lawrence Kasanoff e la New Line Cinema a mettere in produzione il prima possibile un sequel, considerato anche che l'accordo con la Midway Games - la casa produttrice del videogioco - ha una durata limitata.
Stavolta, tuttavia, il progetto non parte sotto buoni auspici e questo non tarda a riflettersi sul risultato finale.


L'intenzione è ovviamente quella di confermare sia il cast che il regista della prima pellicola, ma tale obiettivo fallisce in malo modo.
La prima persona, infatti, che decide di non partecipare al sequel è il regista Paul W.S. Anderson, il quale - pur essendogli stato proposto di tornare dietro la macchina da presa - preferisce invece occuparsi di un progetto differente, ovvero Punto Di Non Ritorno (Event Horizon). In sua sostituzione viene scelto John Robert Leonetti, direttore della fotografia del primo film, qui al suo debutto come regista.
Anche svariati attori del primo film scelgono di non ritornare per questo sequel. A partire da Christopher Lambert che, seppur interessato a riprendere il ruolo di Rayden, non rimane molto entusiasta della sceneggiatura e decide così di dedicarsi ad altri progetti. In sua sostituzione viene scelto James Remar.
Anche Linden Ashby, l'interprete di Johnny Cage, dopo aver letto la sceneggiatura e non averla trovata affatto interessante, decide di non essere parte del sequel per essere sostituito da Chris Conrad.
La stessa decisione che prende Bridgette Wilson, l'interprete di Sonya Blade, la quale preferisce partecipare alle riprese di So Cosa Hai Fatto (I Know What You Did Last Summer). In sua sostituzione, viene scelta Sandra Hess.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 28 ottobre 1996, tenendosi in Thailandia, Giordania e Galles.
Robin Shou, oltre a tornare ad interpretare Liu Kang, si ritrova anche a dover ideare e coreografare tutte le scene di battaglia. Questo doppio incarico a volte lo porta con suo rammarico a non essere presente dove si sta svolgendo un altro combattimento per fungere da supervisore. Alcuni combattimenti previsti, peraltro, non vengono girati per mere questioni di budget.
Tony Jaa e Ray Park sono tra gli stuntmen assunti per questo film (per Ray Park è anche il debutto cinematografico assoluto) e non è raro che debbano interpretare come stuntmen più di un personaggio.
Le riprese si concludono il 25 febbraio 1997. Il lavoro di post-produzione, volto ad aggiungere la CGI e gli effetti speciali, non è ancora stato completato quando la New Line Cinema decide di distribuire il film nelle sale, in quanto gli screening preliminari hanno ottenuto dei buoni riscontri.
Lawrence Kasanoff si oppone in maniera ferma a questa decisione, in quanto il montaggio non è ancora stato del tutto completato e bisogna effettuare almeno un miglioramento degli effetti visivi. La New Line rimane tuttavia inflessibile su questo aspetto, in quanto non intende spendere ulteriore denaro e così la post-produzione del film non viene completata al 100%. Con conseguenze prevedibili.
Mortal Kombat - Distruzione Totale (Mortal Kombat: Annihilation) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 21 novembre 1997. A fronte di un budget di 30 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale 51 milioni di dollari.
Un risultato molto inferiore rispetto a quello del primo film e deludente per molti, a partire da Ed Boon, ideatore del videogioco, e la Midway Games, i cui dirigenti non fanno mistero di quanto non abbiano apprezzato questo sequel. Anche molti degli attori si dissociano dal risultato finale e il regista John R. Leonetti tornerà a dirigere un altro film solo nove anni dopo.
Nonostante questa debacle, il franchise di Mortal Kombat viene portato ancora avanti. Dapprima in una serie animata intitolata Mortal Kombat: Defenders of the Realm, andata in onda su USA Network nel 1996 per un totale di 13 episodi. La serie si incentra su un gruppo di guerrieri capeggiato da Raiden che ha il compito di impedire l'arrivo sul piano terrestre di invasori extradimensionali che utilizzano dei portali per attraversare i mondi.
Dopodiché tocca a una serie televisiva, intitolata Mortal Kombat: Conquest e trasmessa tra il 1998 e il 1999 per un totale di 22 episodi. In realtà la serie è un prequel della serie di videogiochi e vede protagonista il primo Kung Lao (Paolo Montalbán) che, dopo la sconfitta di Shang Tsung, deve addestrare una nuova generazione di guerrieri e proteggere insieme a loro la Terra da numerose minacce, interne ed extradimensionali.
Viene programmata una seconda stagione ma, a causa principalmente dell'alto budget che questa serie comporta, Mortal Kombat: Conquest non viene infine rinnovata.
Dei piani per mettere in produzione un terzo film non vengono tuttavia abbandonati e questo a un certo punto sembra concretizzarsi nel progetto Mortal Kombat: Devastation.
L'intento è quello di far tornare tutti gli interpreti originari del primo film, incluso Christopher Lambert, e viene anche individuato un possibile regista in Russell Mulcahy. L'idea di base è che un redivivo Johnny Cage ricerchi l'aiuto degli altri lottatori per combattere la minaccia di un altrettanto redivivo Shang Tsung.
I risultati non eccelsi di Mortal Kombat - Distruzione Totale, tuttavia, non consentono un'immediato via libera di questo terzo film. Ogni residua speranza, infine, ha termine quando, nel 2005, l'uragano Katrina distrugge buona parte dei set che sono stati preparati in Louisiana.
Una svolta giunge nel 2009 quando la Midway Games dichiara bancarotta e finisce in amministrazione controllata, in quanto non è in grado di ripagare alcune società creditrici che hanno cominciato a esigere il pagamento dei loro debiti.
La Warner Bros. - che ha in precedenza collaborato con la Midway Games per alcuni progetti videoludici - si fa allora avanti, offrendosi di acquistare alcune delle loro proprietà intellettuali, tra cui anche Mortal Kombat, i cui diritti dunque non rimangono troppo a lungo nel limbo.
Mentre la procedura di fallimento della Midway Games si conclude nel 2011, con tutti i creditori che vengono ripagati delle somme prestate, la Warner Bros. inizia a progettare un nuovo film incentrato su Mortal Kombat. Un reboot che esce infine nel 2021... ma questa è un'altra storia.