giovedì 29 luglio 2021

Fabolous Stack of Comics: Ghost Rider Cosmico Distrugge la Storia Marvel


Incredibile ma vero, il folle Ghost Rider Cosmico non smette di combinare disastri! Dopo la sua prima apparizione in Thanos Vince e la pubblicazione di una prima miniserie a lui dedicata, il personaggio ritorna in una nuova miniserie di sei numeri, pubblicata nel 2019 e intitolata Ghost Rider Cosmico Distrugge la Storia Marvel (Cosmic Ghost Rider Destroys Marvel History).
Sì, il titolo appare abbastanza emblematico. Gli sceneggiatori sono Nick Giovannetti e Paul Scheer, mentre la parte grafica è affidata a Gerardo Sandoval.
Per chi ancora non lo sapesse, il Ghost Rider Cosmico è un Frank Castle di una terra alternativa che ha stretto un patto con Mefisto ed è poi divenuto araldo di Galactus, per passare infine al servizio di Thanos alla fine dei tempi. E be', insomma, gli è partito il boccino (cit.).
Dopo aver invano cercato di uccidere Thanos quando era ancora un bambino, il Ghost Rider Cosmico inizia a vagare per il tempo e lo spazio lungo la storia del Marvel Universe, contribuendo - alla sua maniera - ad alcuni eventi importanti quali la nascita dei Fantastici Quattro o l'avvento della Forza Fenice.
Fino a che giunge a un giorno per molti insignificante, ma che per lui rappresenta tutto: il giorno precedente a quello in cui la sua famiglia viene uccisa a Central Park. Coi suoi poteri, il Ghost Rider Cosmico potrebbe facilmente sventare la tragedia... ma questo avrà qualche impatto sull'intero spaziotempo? E come deciderà di agire Uatu?
Questa è la prima storia del Ghost Rider Cosmico non ideata dal suo creatore, Donny Cates, e in maniera inevitabile si avverte. Scheer e Giovannetti decidono di concentrarsi in maggior misura sulla tragicità del personaggio, laddove Cates riusciva ad equilibrare al meglio anche la personalità folle del Ghost Rider Cosmico. Perché sì, il Ghost Rider Cosmico è in primo luogo un pazzo visionario in possesso di un potere smisurato ed è questo che lo rende affascinante.
Sul fatto che il Ghost Rider Cosmico abbia viaggiato lungo la storia Marvel fin dalla nascita dei Fantastici Quattro modificando più volte la linea temporale, non c'è troppo da preoccuparsi, aldilà del discorso linee temporali alternative, poiché alla fine potrebbe essere nulla più di lui che si vanta raccontando storie incredibili davanti alla sua famiglia o ai Guardiani della Galassia di imprese che non ha mai affrontato (o peggio, che la sua mente è convinta di aver affrontato, pur non avendolo fatto).
Insomma, boutade comiche, laddove invece nella prima miniserie vi era - e non poco - humour nero lungo tutto il percorso.
La storia dunque di per sé è poco incisiva, diventa qualcosa del tipo "Ghost Rider Cosmico che dice di fare cose...", tranne per la parte finale, ecco lì diventa interessante lo sviluppo che potrebbe causare in futuro. Se è davvero avvenuto, ovvio, e se non è l'ennesima boutade di questo pazzo visionario che ha nome Ghost Rider Cosmico.

martedì 27 luglio 2021

Libri a caso: Il Giallo di Montelepre


Ritorniamo nella Sardegna dei primi anni '60 del ventesimo secolo, insieme al Tenente dei Carabinieri Giorgio Roversi, a Luigi Gualandi e la sua famiglia allargata di Villa Flora, grazie al secondo romanzo del ciclo ideato da Gavino Zucca, pubblicato nel 2018 da Newton Compton Editori e intitolato Il Giallo di Montelepre.
È il dicembre del 1961, a Sassari, è passata poco più di una settimana dalla risoluzione del primo caso, Il Mistero di Abbacuada. Mentre tutti si preparano a festeggiare il Natale, il tenente Roversi riceve da Bologna la visita di Flavia Lanzerini, la quale è collegata all'evento che ha causato il suo trasferimento dal capoluogo emiliano.
Al contempo, la città è scossa dal brutale omicidio di un mendicante soprannominato Millomì: sembra in principio una banale rissa finita male, ma in realtà dietro il suo assassinio vi è un segreto rimasto sepolto per anni e che affonda le sue radici in un passato poco radioso per la terra sarda e per l'intera nazione.
Con l'ambientazione e il background di buona parte dei personaggi già definiti nel primo romanzo, in questa opera seconda l'autore si concentra sull'approfondimento del passato di Roversi - rimasto volutamente sottotraccia fino a questo momento - nonché sul definire al meglio le personalità di Luigi Gualandi, dei numerosi abitanti di Villa Flora (inclusi i factotum e le cameriere, che sono tutti trattati come figli adottivi, da qui il concetto di famiglia allargata ante-litteram) e - ultimo ma non ultimo - sviluppare di più la trama a sfondo giallo.
Quest'ultima, rispetto a quella del primo romanzo - che era ingabbiata nella presentazione dei personaggi, seppur ben presente - risulta ben trattata e delinea un particolare periodo storico italiano, nonché le sue conseguenze, che nell'epoca in cui è ambientata la storia rappresenta ancora una ferita fresca. Non si ricorre tuttavia a facili sensazionalismi o retoriche, tranne qualche scena alla Tex Willer (il personaggio preferito dai due protagonisti) qua e là, del tutto accettabili.
Vi sono anche un paio di sottotrame, che contribuiscono a dare maggior risalto a qualche personaggio "secondario", anche se questa definizione è molto ristretta se paragonata all'importanza che hanno nel piano generale di questa saga.
Alla fine di quest'opera abbiamo ormai tutti i personaggi sulla scacchiera, pronti a fare nuove mosse. Alcune possono essere prevedibili, per altre dovremo studiare attentamente i futuri sviluppi. Li aspetteremo con gioia.

venerdì 23 luglio 2021

Fabolous Stack of Comics: Mostri Scatenati - Curva di Apprendimento


Si conclude la corsa per Kei Kawade/Kid Kaiju, le sue creature e i Mostri Scatenati, dopo la prima miniserie e il primo ciclo della serie regolare, Mostruosità Assortite (Monster Mash).
Dopo una minisaga di due numeri scritta da Cullen Bunn, la testata chiude infatti i battenti col dodicesimo numero e una seconda saga, Curva di Apprendimento (Learning Curve), sceneggiata da Justin Jordan e disegnata da una pletora di artisti tra cui Andrea Broccardo e Francesco Gaston.
La fine di un percorso narrativo non coincide necessariamente con l'inizio di un altro, ma in questo caso almeno una conclusione è stata data. E così, dopo aver affrontato il Fin Fang Foom di un universo alternativo, Kei Kawade può infine imparare a conoscere meglio le cinque creature da lui ideate (Aegis, Hi-Vo, Mekara, Scragg e Slizzik). Vivendo diverse avventure in cui è al fianco solo di una di loro o al massimo due, impara a comprenderle meglio e a capire che le loro personalità sono più complesse di quello che poteva apparire in principio.
Con questo ciclo, e già il titolo è emblematico in tal senso, si chiude il processo di formazione di Kei Kawade (in maniera affrettata poiché la serie doveva finire e Justin Jordan ha avuto poco tempo, ma questo passa il convento): dal ragazzo timido e insicuro della prima miniserie, fino alla persona sicura di sé e delle sue capacità che troviamo nel dodicesimo e ultimo numero.
Al povero Kei, un personaggio del tutto nuovo, non ha giovato essere circondato da un parco comprimari poco noto ed efficace e, con l'abbandono anche di Elsa Bloostone (metafora del maestro che non ha più nulla da insegnare all'allievo o, meglio, della sorella che non deve più proteggere suo fratello dai mali del mondo poiché è in grado di camminare con le proprie gambe), la serie da quel momento è destinata alla fine, poiché quel pubblico pre-adolescenziale tanto cercato non ha risposto all'appello.
Prima dell'ultima pagina, tuttavia, Justin Jordan ha l'indubbio merito di tentare di caratterizzare meglio le creature ideate da Kid Kaiju, cercando di donare loro quantomeno un abbozzo di personalità, anche se appare evidente che le storie in sé, pur godibili, siano frutto di indicazioni editoriali volte a dare una conclusione più degna possibile alla serie.
E dopo la fine? Kid Kaiju è ricomparso in qualche altra storia e forse è probabile che si possa tornare a parlare di lui in futuro. Sarebbe stato un peccato se fosse scomparso del tutto.

mercoledì 21 luglio 2021

Fabolous Stack of Comics: Mostri Scatenati - Mostruosità Assortite


Dopo Mostri Scatenati, Kei Kawade/Kid Kaiju, Elsa Bloodstone e le cinque creature ideate dal ragazzo alla fine della saga (Aegis, Hi-Vo, Mekara, Scragg e Slizzik) ritornano in una testata regolare intitolata - ebbene sì, incredibile - Monsters Unleashed. La serie è durata in tutto dodici numeri, pubblicati tra il 2017 e il 2018.
Il primo arco narrativo di cinque numeri, dal titolo Mostruosità Assortite (Monster Mash), viene scritto dallo stesso sceneggiatore della miniserie, ovvero Cullen Bunn, e disegnato da David Baldeon.
Kid Kaiju, la sua famiglia e le cinque creature sono ora sotto la tutela di Damage Control ed Elsa Bloodstone e ospitati in un'isola riservata solo a loro. I problemi non tardano ad arrivare quando l'isola subisce un assalto da parte dei Moloidi e dell'Uomo Talpa, i quali a loro volta sono al servizio dell'Intellighenzia (la versione criminale degli Illuminati Marvel), la quale ha in mente un piano misterioso che coinvolge Kei Kawade.
Anche se ha affrontato e sconfitto la minaccia dei Leviatani, questa battaglia potrebbe rivelarsi impossibile per Kei Kawade, poiché coinvolge la malvagità e l'intelligenza umana usata per obiettivi perversi. Qualcosa che la sua mente di giovane ragazzo ancora non comprende a pieno.
Ovviamente, derivando i personaggi principali coinvolti in questa storia dalla prima miniserie, l'opera non può leggersi in maniera autonoma poiché, giustamente, si danno per assodate per il lettore cose avvenute in quella sede.
La trama dunque prosegue il percorso narrativo che riguarda non solo Kei Kawade, il quale nella miniserie ha scoperto i suoi poteri, mentre qui deve accettare la sua nuova vita, ma anche le cinque creature partorite dalla sua fervida immaginazione e che in apparenza hanno personalità prestabilite.
Si hanno quindi a disposizione le classiche possibilità narrative del romanzo di formazione, che in questo caso sono incentrate su un ragazzo degli Inumani che deve essere in grado di maturare in un mondo che ancora non conosce (quello non alla portata dei civili, che riguarda supereroi e supercriminali), ma potendo contare sull'aiuto dei suoi genitori e di una sorta di sorella mai avuta (Elsa Bloodstone).
Tale maturazione è in realtà una metafora della crescita - se la miniserie poteva essere rivolta a un pubblico più ampio, questa testata è chiaramente indirizzata a un pubblico pre-adolescenziale - in cui alcuni lettori possano identificarsi.
Un difetto involontario che questa serie presenta, non potendo più contare sui pezzi da novanta del Marvel Universe, è che si può fregiare sì di un cast variegato, ma non abbastanza forte da riuscire a catturare sul lungo periodo una platea di lettori atta a giustificarne la continuazione (con tutto il rispetto, Elsa Bloodstone fuori da un gruppo come Nextwave è anche meno di un personaggio secondario del Marvel Universe). Solo così si spiega la sua breve vita.
Questo tuttavia non deve pregiudicare la lettura della serie in questione, se avete apprezzato la miniserie. Vi troverete atmosfere un po' differenti, ma ormai i personaggi sono riconoscibili e potete continuare ad apprezzarne le gesta. Almeno per un'altra saga ancora.

sabato 17 luglio 2021

A scuola di cinema: Insider - Dietro la Verità (1999)

4 febbraio 1996: Come ogni settimana, va in onda sulla rete televisiva CBS 60 Minutes, un programma di approfondimento giornalistico condotto da Mike Wallace. Ospite della trasmissione quella sera è Jeffrey Wigand, biochimico ed ex consulente della Brown & Williamson, una delle più potenti industrie del tabacco.
Costui rilascia una confessione sconvolgente: la Brown & Williamson ha volutamente alterato la sua miscela di tabacco, inserendo elementi chimici quali l'ammoniaca, allo scopo di procurare più assuefazione al consumatore finale.
Quest'accusa in realtà non è nuova nell'ambiente del giornalismo, poiché i reporter di 60 Minutes - a partire dal produttore Lowell Bergman - ne sono a conoscenza già dall'anno precedente e intendevano mandare in onda la trasmissione mesi prima, nel novembre 1995. Tuttavia, un pericolo di possibili ritorsioni da parte della Brown & Williamson aveva fatto sì che venisse mandata in onda una versione "edulcorata" dell'inchiesta, senza le accuse specifiche di Wigand.
Questo porta a far sì che Bergman venga meno a una specifica promessa che aveva fatto a Wigand, il quale a sua volta passa attraverso il divorzio dalla prima moglie e diviene l'attacco di un dossier da parte della Brown & Williamson che tenta di screditarlo. Molte delle accuse di quel dossier, tuttavia, vengono smontate grazie all'intercessione di Bergman e, messa alle strette e copertasi di ridicolo, la CBS manda infine in onda l'intervista completa di Wigand.
Pochi mesi dopo, la storia di Jeffrey Wigand diviene il soggetto di un importante articolo della rivista Vanity Fair, The Man Who Knew Too Much, scritto dalla giornalista Marie Brenner. Ed è da questa storia e le sue forti implicazioni che pochi anni dopo viene tratta una celebre pellicola.


Il regista e sceneggiatore Michael Mann - che conosce Lowell Bergman - inizia ad appassionarsi alla vicenda di Wigand già nel novembre 1995, quando vede la trasmissione di 60 Minutes che non include la sua intervista, ma intuisce che c'è dietro una storia interessante.
Quando l'articolo di Vanity Fair ad opera di Maxine Brenner viene opzionato dalla Touchstone Pictures, Mann raccoglie tutta la documentazione possibile sulla vicenda, comprese anche le deposizioni rese in tribunale.
Poco dopo, il regista entra in contatto con Eric Roth, lo sceneggiatore di Forrest Gump. Mann ha letto la sua sceneggiatura di un film che sarà prodotto solo alcuni anni dopo, The Good Shepherd, incentrato sulla nascita della CIA, e ritiene che sia la scelta più adatta.
I due si incontrano e iniziano a delineare la sceneggiatura, approfondendo le ricerche e contattando sia Lowell Bergman che Jeffrey Wigand. Il primo si dimostra molto collaborativo nel dare informazioni, il secondo un po' meno, ma non per cattiveria o malafede, semplicemente è ancora legato a un accordo di confidenzialità con la Brown & Williamson e non può rivelare più di tanto, oltre a ciò che è già pubblicamente noto.
La sceneggiatura finale (che ha per titolo provvisorio Man of People) di Mann e Roth si rivela abbastanza fedele rispetto a quanto accaduto nella realtà, pur concedendosi qualche inevitabile libertà per esigenze narrative, ma non alterando i fatti storici.
Una delle poche modifiche la chiede Wigand in persona, esortando a cambiare nel film il nome delle sue figlie, al fine di tutelarne la privacy. L'uomo chiede inoltre che durante la pellicola non sia mostrata neanche una sigaretta: questo non accade, anche se le sigarette compaiono solo per pochi secondi durante tutta la pellicola.
Oltretutto, trattando temi delicati e non esitando a fare i nomi delle società coinvolte nella vicenda, la sceneggiatura viene sottoposta a un rigoroso processo di fact-checking, al fine di evitare possibili conseguenze di natura civile o penale.
Per il ruolo di Lowell Bergman, Michael Mann ha in mente un solo nome: Al Pacino, con cui ha collaborato in Heat - La Sfida (Heat). L'attore non solo accetta, ma suggerisce anche di affidare la parte di Mike Wallace a Christopher Plummer. Suggerimento che viene accolto. In preparazione per questo ruolo, Pacino incontra più volte Lowell Bergman e frequenta le redazioni di quotidiani e notiziari televisivi.
Per il ruolo di Jeffrey Wigand, la prima scelta di Mann ricade su Val Kilmer, altro attore con cui ha lavorato in Heat. Il produttore Pieter Jan Brugge, tuttavia, gli suggerisce un altro nome, Russell Crowe, in quanto rimasto impressionato in maniera favorevole dalla sua interpretazione in L.A. Confidential.
Crowe effettua un'audizione aggiudicandosi la parte, ma ha qualche riserva sul fatto che possa ben interpretare una persona più anziana di lui (tra l'attore e Wigand vi sono più di venti anni di differenza). Per entrare nella parte, Crowe ingrassa di circa quindici chili, si schiarisce la capigliatura e applica su base giornaliera delle rughe finte sulla propria pelle, di modo da simulare l'età avanzata.
L'attore cerca anche di avere dei colloqui con Wigand, ma non vi riesce. Visiona allora delle videocassette coi discorsi di Wigand per capire il suo modo di parlare e di muoversi.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 20 maggio 1998, tenendosi in California, New York, Kentucky e Indiana, con delle sortite all'estero in Libano, Israele e Bahamas.
Le riprese della deposizione di Wigand non si tengono in uno studio cinematografico, bensì nello stesso tribunale del Mississippi dove si tenne l'udienza originaria. In questa scena, l'attore Bruce McGill, prorompendo in una concitata arringa, si procura una lieve frattura all'intestino di cui si accorge solo il giorno successivo.
Le riprese si concludono il 9 ottobre 1998.
Insider - Dietro la Verità (The Insider) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 5 novembre 1999. A fronte di un budget di circa 90 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare sul territorio statunitense poco meno di 61 milioni di dollari.
Non si tratta ovviamente di un grande successo, eppure questo non impedisce che la pellicola riceva numerose nomination al Premio Oscar - pur non vincendo infine nessuna statuetta - tra cui quelle per miglior film, miglior regia, miglior attore protagonista (Russell Crowe) e migliore sceneggiatura non originale.
Crowe, già sulla cresta dell'onda grazie a L.A. Confidential, diviene così un attore ancora più quotato e ha la sua consacrazione definitiva l'anno successivo, quando esce Il Gladiatore (Gladiator)... ma questa è un'altra storia.

mercoledì 14 luglio 2021

Libri a caso: Harry Potter e la Camera dei Segreti


Inizia un nuovo anno di lezioni per Harry Potter. Un anno che si preannuncia ancora più insolito e particolare del primo, narrato in Harry Potter e la Pietra Filosofale.
Harry Potter e la Camera dei Segreti (Harry Potter and the Chamber of Secrets) è il secondo romanzo, pubblicato nel 1998, del ciclo che vede protagonista il personaggio creato da J.K. Rowling.
Di nuovo insieme ai suoi amici Ron Weasley e Hermione Granger, Harry Potter inizia il secondo anno presso la scuola di magia di Hogwarts, nonostante un elfo di nome Dobby abbia tentato di impedirgli in tutti i modi di partire, dicendo che su di lui pende una grave minaccia alla sua vita.
Con un nuovo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, il pomposo Gilderoy Lockhart, Harry Potter e l'intera scuola di Hogwarts si ritrovano di fronte al mistero della Camera dei Segreti, di qualche attentato a base di magia e della maledizione dell'erede di Serpeverde... che potrebbe rivelarsi essere Harry stesso!
Il mondo di Harry Potter si amplia ulteriormente con questo romanzo, dimostrando che J.K. Rowling è, oltre che un'abile tessitrice di trame, davvero ferrata nel worldbuilding. Certo, un worldbuilding che si basa su suoi concetti e invenzioni narrative, ma che non prende mai in giro i lettori, offrendo loro tutte le indicazioni di cui hanno bisogno, salvo quelle ovviamente che saranno sviluppate in trame successive.
Rimango soprattutto colpito da idee originali quali la Strillettera, la festa di Complemorte e la Pozione Polisucco, le quali non appaiono come cose surreali, bensì risultano perfettamente integrate in quella che è l'atmosfera incantata che circonda Hogwarts.
Anche la trama e il modo in cui essa viene raccontata subisce qualche impennata: anche se solo di un anno, sia Harry Potter che i suoi lettori sono cresciuti, iniziano a porsi dubbi diversi rispetto a quelli che si ponevano anche solo pochi mesi prima.
Ecco dunque, pur ancora conservando il romanzo qualche aspetto spiritoso e bambinesco, vedere la trama generale proiettata verso qualche aspetto più cupo e oscuro (le paure, l'oscurità interiore, il disprezzo per chi si ritiene diverso). Aspetti che di sicuro saranno maggiormente esplorati nei capitoli successivi.
Incredibile come così tante, affascinanti idee siano state gettate solo nei primi due capitoli della saga.

giovedì 8 luglio 2021

Fabolous Stack of Comics: Venerdì 12


Leo Ortolani non ha scritto solo Ratman e questo è evidente, poiché una carriera che continua ormai dopo numerosi anni ne è la dimostrazione più lampante. A volte però si tende, ed è inevitabile, ad associare il nome di questo artista solo alle storie del Ratto... ma c'è altro oltre a questo.
Come ad esempio Venerdì 12, una saga composta da più storie pubblicata tra il 1996 e il 2004 su varie testate e poi raccolta in volume un paio di volte, più di recente nel 2020 da Bao Publishing. In questa edizione si può trovare come bonus, oltre a una cover gallery dedicata, anche la versione alternativa di un racconto, in origine smarrito da Ortolani.
Aldo è innamorato perdutamente di Bedelia. Pur sapendo che lei non ricambia i suoi sentimenti e che frequenta altri uomini, Aldo continua imperterrito a corteggiarla e le regala un carillon. Ma su questo carillon pende una maledizione: se esso viene donato a una donna che non ricambia l'amore di Aldo, costui diventerà un orribile mostro.
Questo puntualmente capita. Bedelia rifiuta l'amore di Aldo e lui diventa un mostro. Da quel momento vive in un attico, solo col suo dolore... e l'insolito servitore di nome Giuda. Per spezzare la maledizione e tornare umano deve o versare il sangue di una vergine o donare il carillon a una donna che lo ami davvero... ma ci riuscirà?
Venerdì 12 è una serie di racconti (suddivisi in quattro capitoli) scritti nell'arco di otto anni, la maggior parte di questi della lunghezza di sei pagine, tranne le ultime tre storie che chiudono il ciclo e hanno più ampio respiro. In tal senso, ci sono storie ben riuscite e altre meno e ognuno avrà le sue preferite secondo il proprio punto di vista, ma nessuna di esse è davvero noiosa.
Gli omaggi ai film horror di questa saga sono l'abbastanza dichiarato richiamo a Venerdì 13 (il titolo, nonché il look di Aldo), e un accenno più sottile a Il Fantasma dell'Opera (Aldo che suona l'organo durante le sue notti insonni).
Sembra quasi che, con queste premesse, ci si debba ritrovare di fronte a un'opera drammatica. E invece no, Venerdì 12 è una saga intrisa di umorismo, anzi di vero e proprio humour nero (alcune battute risultano ancora "cattive", a distanza di tempo) che sfocia a volte nello scurrile, ma senza esagerare.
Forse alcuni di noi sono stati come Aldo in passato. Incapaci di capire che il loro amore non è ricambiato e, invece che andare avanti, si decide di rimanere bloccati in un passato che non è mai esistito... che è la maledizione reale che attanaglia questo tipo di persone.
E se all'inizio si può provare empatia per Aldo e la sua situazione, col progredire dei racconti questo personaggio diventa ridicolo e patetico - cosa voluta dall'autore, il cui stile matura negli anni - per la sua incapacità di saper accettare sé stesso e quindi aprirsi al mondo esterno.
Giuda... già il nome ci dovrebbe dire di non fidarsi di lui. Eppure, a meno di non essere degli eremiti, è una figura che prima o poi incontriamo o diventiamo. Giuda è quell'amico che non solo dice le cose senza peli sulla lingua, ma le dice anche in maniera cattiva, condendole di ironia e credendo così di fare del bene. Quell'amico che il più delle volte detesti, fino a quando capisci che le sue frasi sono esortazioni a reagire mascherate da battute al vetriolo.
Bedelia non è né intende essere una rappresentazione dell'intero genere femminile. Oltre a esserci altre figure femminili in questa saga diverse da lei, la cosa appare evidente anche da altri aspetti.
Soprattutto dal fatto che, a parte il primo racconto, Bedelia compare sempre o sullo sfondo o durante dei flashback o come allucinazione o come soggetto di un quadro, insomma è quella persona inarrivabile che sempre è stata per Aldo. Rappresenta quel punto del passato da cui Aldo non riesce a staccarsi, quel tarlo nella mente che si porta avanti per anni in particolar modo quando si tratta di amore, che è un sentimento così forte capace anche di rovinare la psiche di una persona.
Come spesso capita, pur essendo le battute all'ordine del giorno nelle sue storie, Leo Ortolani non manca di trattare in maniera precisa e originale un tema delicato, offrendoci il suo particolare punto di vista che non verrà tanto presto dimenticato. E se forse la maledizione di Aldo è stata spezzata, presto colpirà qualcun altro, perché è nella natura di certi uomini ricadere sempre in questo tipo di errori.

martedì 6 luglio 2021

Fabolous Stack of Comics: Infinity Wars


Dopo Infinity Countdown, la trama incentrata sulle nuove Gemme dell'Infinito continua e si conclude su Infinity Wars, con la S di Samantha finale, miniserie di sei numeri pubblicata tra il 2018 e il 2019. Lo sceneggiatore è lo stesso di Infinity CountdownGerry Duggan, mentre la parte grafica è affidata a Mike Deodato Jr.
Ma, essendo questa una saga che ha coinvolto buona parte del Marvel Universe, non sono mancate storie parallele. Nello specifico sei miniserie di due numeri note collettivamente come Infinity Warps (l'originalità si spreca qui), una miniserie di quattro numeri dedicata nientemeno che a Sleepwalker (e che mi è pure piaciuta), più qualche one-shot e tie-in.
La trama riprende da dove si era conclusa Infinity Countdown. I nuovi sei possessori delle Gemme dell'Infinito (Dr. Strange, Turk, Vedova Nera, Capitan Marvel, Adam Warlock e Drax: sì, un'accozzaglia davvero particolare) si ritrovano a New York per discutere su come gestire al meglio il potere delle Gemme stesse.
Ma l'incontro viene bruscamente interrotto dall'arrivo di Requiem, la minaccia rimasta sotto traccia nel prologo. Tale minaccia - così evidente che Thanos preferisce farsi uccidere piuttosto che prendere parte alla trama - acquisisce le Gemme dell'Infinito e, diversamente dal Titano, crea un nuovo mondo dove ognuno è fuso con un'altra persona, l'Universo Warp (E chest'è), con la popolazione dell'universo così dimezzata e nuovi supereroi amalmagati (questa l'ho già sentita). Tanto che Thanos... ah, ve l'ho già detto.
Con supereroi privi di memoria e fusi tra loro e l'entropia che si riversa nel Multiverso, la speranza risiede nel più improbabile dei risolutori di crisi: Loki.
Lo dice anche il titolo stesso della maxisaga, questa è Infinity War rivista e corretta o scorretta a seconda dei punti di vista. Requiem prende il posto di Thanos, mentre Thanos - sotto forma di spirito - è il Mefisto della situazione.
E poi c'è il dimezzamento degli abitanti della galassia... solo che stavolta, invece di far scomparire una metà della popolazione, questa si fonde con l'altra metà dando vita a insoliti ibridi. Ecco, di questi ibridi solo il Soldato Supremo (mix tra Capitan America e il Dr. Strange) risulta interessante, mentre gli altri personaggi - complici delle miniserie a loro dedicati poco incisive - non riescono a catturare del tutto l'attenzione.
La trama è quella consueta, non aspettatevi clamorosi colpi di scena (c'è pure l'ormai classica morte temporanea di un paio di personaggi necessaria a risolvere la crisi, prima o poi ci si accorgerà che è un cliché superato).
Mike Deodato adotta uno stile grafico composto da più vignette "frammentate" per pagina che compongono una sorta di mosaico unico, adatto alle atmosfere cosmiche di questa storia e solo in certe parti un po' difficile da seguire.
Così finisce la nuova/vecchia epopea delle nuove Gemme dell'Infinito. In attesa della successiva.

domenica 4 luglio 2021

A scuola di cinema: Pomodori Verdi Fritti alla Fermata del Treno (1991)

1987: Viene pubblicato il romanzo Pomodori Verdi Fritti al Caffè di Whistle Stop (Fried Green Tomatoes at the Whistle Stop Cafe), scritto dall'attrice e presentatrice Fannie Flagg.
La storia ha inizio nel 1986, quando una donna di nome Evelyn Couch diventa amica dell'anziana Ninny Threadgoode, la quale le racconta alcuni eventi della sua giovinezza vissuti in Alabama e avvenuti tra gli anni '20 e '30 del ventesimo secolo, fino a poco dopo la Grande Depressione.
Eventi incentrati in particolar modo su Idgie Threadgoode e sulla sua forte amicizia - che in realtà sfocia in una relazione amorosa - con Ruth Jamison. Relazione che si rafforza dopo che Idgie sottrae Ruth al suo manesco marito Frank Bennett.
Insieme a lei e altri amici, Idgie Threadgoode fonda il Whistle Stop Cafe, posto vicino a una stazione ferroviaria, cosa che aiuta nell'avere un grande afflusso di clienti.
Purtroppo, con la morte di Ruth Jamison per cancro e la chiusura della stazione a causa della Grande Depressione, anche il Whistle Stop Cafe chiude i battenti e poco tempo dopo Idgie viene incriminata per l'omicidio di Frank Bennett, ucciso in circostanze misteriose.
Tuttavia, un sacerdote le fornisce un alibi a prova di ferro non esitando a mentire davanti ai giudici, e la donna viene scagionata.
Grazie alle storie che sente raccontare da Ninny Threadgoode, Evelyn Couch riacquista fiducia in sé stessa. Quando l'anziana donna muore, Evelyn viene a sapere che Idgie Threadgoode è ancora viva e gestisce un nuovo locale in Florida.
Questo romanzo cattura subito l'attenzione del cinema, tanto che pochi anni dopo approda sul grande schermo.


Nel medesimo anno in cui l'opera viene pubblicata, la produttrice Lisa Lindstrom la sottopone all'attenzione del suo amico e collega Jon Avnet, produttore e regista di alcuni film per la televisione. Rimasto intrigato dalla storia, Avnet riesce a ottenere i finanziamenti necessari per far sviluppare una sceneggiatura.
Avnet affida il primo trattamento a Carol Sobieski, la quale consegna un adattamento sotto forma di musical che - pur venendo ritenuto interessante - non è quello che ci si aspetta.
Avnet contatta allora direttamente l'autrice del libro, Fannie Flagg, la quale, pur avendo avuto in passato qualche esperienza in fatto di sceneggiatura per il cinema e la televisione, si trova ben presto in difficoltà nel dover adattare la propria opera per un diverso medium di comunicazione. Così, dopo aver completato circa 70 pagine, decide di abbandonare il progetto.
Avendo ormai esaurito i fondi che gli sono stati garantiti, Jon Avnet non ha altra possibilità che prendere i due trattamenti incompleti e mettervi mano lui stesso, completando la sceneggiatura durante le pause tra un impegno lavorativo e l'altro, ma mantenendo comunque sempre i contatti con Fannie Flagg durante questo periodo per ricevere da lei consigli o suggerimenti.
Per completare il tutto, Jon Avnet impiega poco più di due anni. Anni durante i quali una delle sceneggiatrici, Carol Sobieski, viene a mancare a causa di una grave forma di amiloidosi. Alla fine il trattamento definitivo viene opzionato dalla Universal Pictures.
Ad Avnet viene affidata anche la regia della pellicola: quest'opera rappresenta il suo debutto sul grande schermo, pur avendo lui già diretto in passato alcuni prodotti televisivi.
Per il ruolo di Ninny Threadgoode vi è una sola possibile interprete che Avnet ha immaginato, Jessica Tandy, che poco tempo prima ha vinto un premio Oscar per A Spasso con Daisy (Driving Miss Daisy).
Per il ruolo di Evelyn Couch, invece, gli impegni come produttore del film Gli Uomini della Mia Vita (Men Don't Leave) portano Avnet a conoscere e affidare la parte a Kathy Bates, anch'essa reduce da un Oscar vinto per Misery Non Deve Morire (Misery).
Svariate attrice vengono provinate per i ruoli di Ruth Jamison e Idgie Threadgoode, ma quelle che dimostrano una migliore alchimia quando recitano insieme si dimostrano essere Mary-Louise Parker e Mary Stuart Masterson, a cui vengono affidate infine queste parti.
Due attrici i cui nomi sono gli stessi, dunque Avnet quando è sul set decide di chiamare la prima "Lou" e la seconda "Stu", per non confondersi e far confondere.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 10 giugno 1991, tenendosi in Georgia. Nonostante le obiezioni di Fannie Flagg (la quale ha anche un cameo nella pellicola), di Mary-Louise Parker e di Mary Stuart Masterson, Jon Avnet decide di non rendere esplicita la relazione omosessuale tra Idgie e Ruth, preferendo lasciare il rapporto tra le due solo su un piano di forte amicizia.
Un'altra differenza rispetto al libro è che viene lasciato un piccolo dubbio se Ninny ed Idgie siano la stessa persona, mentre nel romanzo è evidente che siano due personaggi differenti, che interagiscono peraltro in più di una occasione.
In principio è previsto l'uso di una controfigura per la scena in cui il personaggio di Idgie Threadgoode si avvicina a un nido di api per prelevare del miele, ma la stuntman decide di rinunciare all'ultimo istante per motivi di legittima, umana paura e così Mary Stuart Masterson, con sprezzo del pericolo, effettua la scena in autonomia, come è ben evidente nella scena in questione.
Le riprese si concludono il 23 agosto 1991.
Pomodori Verdi Fritti alla Fermata del Treno (Fried Green Tomatoes) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 27 dicembre 1991. A fronte di un budget di undici milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale quasi 120 milioni di dollari. La pellicola viene dedicata alla memoria di Carol Sobieski.
Oltre a questo ottimo incasso, il film ottiene anche due nomination agli Oscar, uno per la miglior sceneggiatura non originale e uno per Jessica Tandy come miglior attrice non protagonista.
Qualora aveste in mente un viaggio negli Stati Uniti, in Georgia, nel prossimo futuro e vi potesse interessare, sappiate che nella città di Juliette esiste davvero il Whistle Stop Cafe e, ovviamente, potete lì gustare anche i pomodori verdi fritti, mentre a poca distanza passa un treno.
Per Jon Avnet non poteva esserci debutto migliore come regista e vi saranno altri film da lui diretti negli anni successivi... ma questa è un'altra storia.