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mercoledì 27 settembre 2023

Fabolous Stack of Comics: Nick Fury - Strange Tales


Il personaggio di Nick Fury esordisce nel 1963, sul primo numero di Sgt. Fury and his Howling Commandos. I suoi ideatori sono, ovviamente, Stan Lee e Jack Kirby. Per i due autori è un mettersi alla prova: dopo aver creato svariati supereroi, vogliono dimostrare al loro editore che sanno anche scrivere le storie di un eroe della Seconda Guerra Mondiale e che i lettori compreranno l'albo attirati dai loro nomi.
Superfluo dire, hanno ragione.
Stan Lee pensa allora di utilizzare questo personaggio anche nelle storie del presente (la fine del grande conflitto, all'epoca, non era così lontana nel tempo) e quindi ecco Nick Fury fare un'apparizione speciale quello stesso anno, come agente della CIA, in un albo di Fantastic Four.
Un anno e mezzo dopo, infine, Nick Fury diviene protagonista di una serie di avventure pubblicate sulla rivista antologica Strange Tales, a partire dal numero 135 del 1965. Gli autori di questa prima fase sono, oltre a Lee e Kirby, Don Heck, John SeverinJim Steranko.
Grazie alle sue imprese eroiche durante la Seconda Guerra Mondiale e alla sua dedizione come agente segreto, Nick Fury viene promosso - anche grazie ai buoni uffici di Tony Stark - a capo dello S.H.I.E.L.D., ovvero Supreme Headquarters, International Espionage and Law-Enforcement Division, un'agenzia governativa dedita al mantenimento della pace.
Con gadget tecnologici che sembrano provenire dal futuro e l'aiuto di preziosi alleati quali Dum Dum Dugan, Gabe Jones e Jasper Sitwell, Nick Fury affronta terribili minacce quali l'AIM, Fixer e Mentallo e l'Impero Segreto. Ma la minaccia più insidiosa è rappresentata dall'HYDRA, un'organizzazione terrorista che intende conquistare il mondo intero con la paura e il ricatto.
Quando escono queste storie siamo nel 1965, la saga cinematografica di James Bond è cominciata da pochi anni, ma sta già mietendo grandi successi. E c'è in quello stesso periodo anche un telefilm spionistico che va per la maggiore, si intitola Organizzazione U.N.C.L.E. (The Man from U.N.C.L.E.), che riprende alcune tematiche bondiane utilizzando un approccio differente per evitare problemi.
In quei primi anni di sperimentazione, la Marvel sta cercando una precisa identità e uomini come Stan Lee, Jack Kirby e Steve Ditko contribuiscono a fornirgliela ispirandosi a grandi opere del passato (si veda Hulk in versione Jekill e Hyde/Creatura di Frankenstein) o successi del momento.
Nick Fury diventa dunque il loro James Bond e la saga che lo vede protagonista prende in prestito alcune idee sia da James Bond stesso (i gadget incredibili come le auto fantascientifiche o gli abiti con al loro interno delle armi, l'HYDRA in versione SPECTRE con tanto di Blofeld alternativo), sia da Organizzazione U.N.C.L.E. (il ricercato acronimo, un certo umorismo di fondo).
Elementi che permettono a Jack Kirby di inventare dispositivi che solo grandi menti creative come la sua potevano concepire e a Stan Lee di riempire le varie storie di dialoghi - che col tempo diventano ripetitivi, ma al tempo non ci si badava più di tanto - sull'eroismo di Fury, sulla sua finta insofferenza verso gli agenti al suo servizio a cui in realtà è molto affezionato e le immancabili descrizioni che spiegano in dettaglio quello che è già chiaro dalla vignetta stessa.
Ma sarebbe limitativo definire questi primi episodi di Strange Tales con Nick Fury una mera copia carbone di James Bond. Episodio dopo episodio, i vari personaggi cominciano a prendere forma, vengono introdotti elementi a cui Ian Fleming non ha mai pensato come la divisione ESP e viene descritto una sorta di insolito mondo dove i supereroi rimangono nelle retrovie. Dove le minacce sono quelle terroristiche di allora, colorate e pompose.
Finché arriva un autore, un autore che rimette in gioco tutto quanto e contribuisce a una svolta decisiva: il suo nome è Jim Steranko.

venerdì 7 aprile 2023

Fabolous Stack of Comics: Il Dr. Droom


Se chiedessimo ai più quale sia stata la prima collaborazione continuativa tra Stan Lee e Jack Kirby, molti risponderebbero di sicuro il loro ciclo su Fantastic Four. Ma... non è così.
Qualche mese prima che il celebre Quartetto esordisca sulle pagine del loro fumetto, i due autori lavorano a un serial pubblicato nel 1961 sulla prima incarnazione di Amazing Adventures e incentrato sul Dr. Droom. Questo personaggio compare in cinque dei primi sei numeri della testata.
Il Dr. Droom è un chirurgo che apprende dell'esistenza di un mistico tibetano che necessita di cure mediche. Si reca dunque sui monti dove si trova la cittadella del mistico e, dopo aver superato alcune prove di abilità, gli viene dato l'incarico di proteggere la Terra dalle minacce mistiche e non solo che la assediano.
Il Dr. Droom diventa dunque un insolito paladino, combattendo colorati nemici che hanno sempre l'obiettivo di conquistare la Terra o schiavizzare l'umanità, come andava di moda decenni fa.
Siamo ancora distanti dalla celebre formula dei supereroi con superproblemi, introdotta coi Fantastici Quattro e poi resa celebre con Spider-Man, anzi a dirla tutta il Dr. Droom non è nemmeno da considerarsi un supereroe classico, quanto una variazione dell'apprendista stregone che la Marvel avrebbe poi capitalizzato al meglio con un altro dottore, il Dr. Strange.
Il personaggio è infatti uno degli ultimi "figli" dell'era Atlas, in cui sulle pagine dei fumetti imperavano mostri, alieni, storie d'amore e scenari western. Nel ciclo del Dr. Droom troviamo, tuttavia, solo i primi due elementi.
A parte la storia delle origini, con tanto di misticismo tibetano trovato su Wish, il canovaccio delle storie è sempre il medesimo. Nasce una piccola problematica su cui nessuno ha la capacità di intervenire fino a quando qualcuno non propone di contattare il Dr. Droom (non è dato sapere come, si vede che anche lui ha un ufficio stampa).
Costui arriva e in quattro e quattr'otto - o meglio, nel corso delle cinque pagine della storia - risolve il problema, sempre legato a un alieno nascosto sul pianeta Terra. Una sorta di metafora della situazione dell'epoca, con la Guerra Fredda sul punto di arrivare al proprio picco e il pericolo di avere nemici all'interno della nazione che percorreva gli Stati Uniti, reduci dall'era maccartista che aveva lasciato pesanti strascichi politici e sociali.
Dopo queste storie il Dr. Droom cade nel dimenticatoio, diciamo proprio che non ricompare più anzi! Poiché quando riemerge sulla scena svariati anni dopo, essendoci già ormai un personaggio abbastanza celebre come il Dr. Doom (Dr. Destino), viene rinominato Dr. Druido. Un nome che farà suonare qualche campanello in alcuni Marvel Fan. E il resto come si suol dire è storia.

venerdì 3 marzo 2023

Fabolous Stack of Comics: Inumani - Amazing Adventures (prima parte)


Dopo aver appreso le loro Origini, gli Inumani rimangono ancora per un po' ai margini del Marvel Universe, continuando nella loro sequela di illustre comparsate, in particolar modo su Fantastic Four. Ma giunge infine anche per loro la possibilità di finire sotto i riflettori e divenire protagonisti di una serie, grazie al loro creatore.
Il tutto avviene sulle pagine della rivista antologica Amazing Adventures, la quale esordisce nel 1970 e che gli Inumani condividono in principio con la Vedova Nera. Le prime quattro storie sono realizzate da Jack Kirby, come autore completo, sia testi che disegni, uno dei primi lavori che gli viene riconosciuto in maniera ufficiale. Nonché una delle sue ultime opere del suo primo periodo - che in realtà è il secondo, storia lunga - alla Marvel.
In queste storie, dapprima la famiglia reale degli Inumani capitanata da Freccia Nera deve riaffrontare la minaccia dell'esiliato Maximus, che con un insolito stratagemma li mette contro i Fantastici Quattro.
Successivamente gli Inumani si ritrovano di fronte al Mandarino e al potere dei suoi incredibili dieci anelli quando quest'ultimo, cercando un potente artefatto, scatena l'ira di Freccia Nera in quanto giunto troppo vicino al Grande Rifugio.
Credo che la parola "classiche" ben si adatti a queste storie, narrate con una sensibilità molto diversa rispetto a quella di anche solo dieci anni dopo la loro pubblicazione e con situazioni narrative che possono apparirci strane o addirittura ridicole a una prima lettura, ma che se vengono poi inquadrate nel giusto contesto trovano la loro adeguata collocazione.
Jack Kirby, a modo suo, quindi punta il dito con ardite metafore contro l'eccessiva proliferazione di armi nucleari da parte delle due superpotenze, Stati Uniti e Unione Sovietica, che accresce il clima di paura globale dell'epoca (la crisi di Cuba era avvenuta solo qualche anno prima e più in generale si era ancora in piena Guerra Fredda).
Dopodiché l'autore - sempre tramite le ardite metafore di cui sopra - se la prende contro l'eccessivo sfruttamento dei popoli ricchi delle risorse naturali di altri paesi, meno forti da un punto di vista economico, i quali si ritrovano dunque in una posizione di svantaggio. Col rischio che si arrivi a un escalation che culmini in un conflitto devastante per tutti.
No, Jack Kirby non ha previsto il futuro, semplicemente ha individuato delle problematiche che a distanza di decenni risultano ancora attuali, nel bene e nel male. Soprattutto nel male.
Qualcuno all'epoca, e anche oggi, affermava che "sono solo fumetti". Che siano fumetti è assodato, che siano solo questo è tutto da vedere e ogni autore capace - anche quando si tratta di prodotti più rivolti all'intrattenimento come questo - è in grado di lasciare una propria impronta personale.

mercoledì 22 febbraio 2023

Fabolous Stack of Comics: Le Origini degli Inumani


Gli Inumani vengono introdotti da Stan Lee e Jack Kirby nel 1965, sulle pagine di Fantastic Four 45, anche se un paio dei loro componenti erano già comparsi in precedenza.
Gli Inumani rappresentano l'incarnazione di un topos narrativo già a quel tempo consolidato nelle storie di avventura: il popolo misterioso e tecnologicamente avanzato che vive nascosto dalla società umana in una cittadella fantascientifica, Attilan nel loro caso.
Ma a parte questo, poco altro viene rivelato di loro in quelle prime apparizioni. Stan Lee e Jack Kirby, pressati dalle scadenze e dal fatto di dover gestire la quasi totalità delle serie Marvel dell'epoca, avevano l'abitudine di gettare nella mischia tutti questi nuovi personaggi, pensando poi tra sé e sé:"Questa la spieghiamo più avanti".
Nel caso degli Inumani, una prima saga sulle loro origini compare come back-up feature tra il 1967 e il 1968, nei numeri dal 146 al 152 di Thor, in una storyline collettivamente nota come Le Origini degli Inumani (The Origin of the Inhumans).
Le storie sono molto brevi, ognuna di cinque pagine, e partono dall'era preistorica, quando gli Inumani scoprono le Nebbie Terrigene e si isolano dall'umanità, arrivando alla prima sortita di un Inumano, Triton nel caso specifico, nella società moderna. Nel mezzo, la devastante nascita di Freccia Nera e le prime brame di potere di Maximus Il Pazzo.
Tranne che alla fine, dove vi sono tre racconti interconnessi, non vi è un vero e proprio filo conduttore. Ognuna delle storie getta uno sguardo al passato, dando maggiori informazioni - anche se non tutte - su dei personaggi che avevano già proiettato la loro aura di fascino sui lettori, i quali giustamente chiedevano più storie su di loro.
Stan Lee - coadiuvato da Jack Kirby non solo alla parte grafica, come è noto - non manca di inserire un tema a lui molto caro, poi maggiormente sviluppato nella serie di Silver Surfer: la propensione dell'essere umano a combattere e non accettare come parte del proprio mondo coloro che ritiene essere diversi da lui. I quali diventano dei reietti e si piazzano ai margini della società, ma dietro lo strato di una pelle differente provano in realtà le stesse emozioni.
L'anno è il 1967, un anno di grandi cambiamenti sociali per gli Stati Uniti, e di lotte per i diritti civili che causeranno anche delle vittime. Nel suo piccolo, il fumetto riflette questo scenario tramite ben congegnate metafore che sfuggono al lettore ignorante o distratto, ma vengono colte da quello più attento.
Quello che accade dopo è Storia con la S maiuscola.

martedì 29 marzo 2022

Fabolous Stack of Comics: Kamandi Challenge


Durante il suo secondo periodo alla DC Comics, dal 1971 al 1975, Jack Kirby si rese responsabile della creazione di numerosi nuovi personaggi e persino di un'intera saga, composta da testate interconnesse tra loro, nota come il Quarto Mondo.
Tra queste creazioni vi è anche Kamandi, l'ultimo ragazzo sulla Terra in un mondo dominato da animali senzienti a seguito di un ignoto Grande Disastro. Con una serie durata 61 numeri, di cui però solo 40 realizzati da Kirby, per la sua natura di mondo privo di supereroi è rimasto volutamente defilato dal DC Universe, tanto che - a differenza di altre creazioni di Jack Kirby di quel periodo - il personaggio di Kamandi e il suo lontano futuro verranno ripresi solo poche volte nei decenni successivi dopo la chiusura della testata.
Eppure, quella distopia così particolare, quel mondo insolito partorito da una grande mente creativa rimangono nei cuori di molti lettori. Alcuni di questi lettori diventano poi sceneggiatori e disegnatori di fumetti. E per celebrare quest'opera, nonché il centenario della nascita di Jack Kirby, nel 2017 viene pubblicata la maxiserie di dodici numeri Kamandi Challenge.
La storia ha un impianto narrativo molto particolare. Dodici numeri per dodici, differenti team creativi, con un cliffhanger presente a ogni fine episodio che deve essere risolto dal team creativo dell'episodio successivo.
Gli sceneggiatori coinvolti sono: Dan Abnett, Marguerite Bennett, Dan Didio, Keith Giffen, Tom King, Paul Levitz, Steve Orlando, Greg Pak, Jimmy Palmiotti, Gail Simone, Peter J. Tomasi, James Tynion IV, Rob Williams, Bill Willingham. Mentre la parte grafica è affidata a: Neal Adams, Amanda Conner, Carlos D'Anda, Shane Davis, Dale Eaglesham, Kevin Eastman, José Luis García-López, Dan Jurgens, Ivan Reis, Steve Rude, Walter Simonson, Ryan Sook, Philip Tan, Freddie Williams II.
L'ordinaria e tranquilla vita di un ragazzo in un'anonima città di provincia viene sconvolta quando scopre che tutti i suoi concittadini, compresa la sua cara nonna, sono dei robot e, prima che venga proiettato tramite un portale in un'altra dimensione, gli viene detto che deve rintracciare i suoi genitori per salvare la Terra.
Il ragazzo si ritrova così in un mondo dove l'essere umano è quasi estinto e ridotto in schiavitù, mentre gli animali dominano il pianeta, contendendosi i vari territori, cosa che complicherà la sua missione, destinata a chiudersi con una sconvolgente rivelazione.
Questa maxiserie non vuole e non intende essere una continuazione della serie di Jack Kirby, piuttosto si pone come una sorta di rivisitazione e riverito omaggio alla saga dell'Ultimo Ragazzo sulla Terra. Per chi questa saga già la conosce, sarà dunque un piacere rivedere certi personaggi così legati a quel mondo, mentre per i nuovi lettori la storia è comunque godibile a sé stante.
Tra l'altro, in un'epoca di saghe cinematografiche dove gli animali senzienti la fanno da padrone (si veda ad esempio Harry Potter, per citare uno dei più recenti e celebri), non sarà male per un lettore moderno scoprire che, dopo il creatore di Narnia, altri autori avevano già sviluppato questa tematica in maniera ampia e stratificata.
La cosa che forse alla fine non riesce nel migliore dei modi in questa storia è proprio il suo aspetto più particolare, ovvero un differente team creativo a ogni numero.
Poiché se è pur vero che ognuno di questi team riprende i fili in sospeso del numero precedente e li porta a compimento, è anche vero che ogni sceneggiatore vuole raccontare la propria storia, quindi ogni seme narrativo che viene gettato dallo scrittore di turno nel 90% delle volte viene abbandonato in fretta e non più ripreso dallo scrittore successivo, lasciando un vago senso di incompletezza (ci sono anche un paio di incongruenze, qua e là).
Rimane alla fine solo lo spunto generale, la ricerca dei genitori di Kamandi. E il padre non può essere che lui, Jack Kirby in persona, il creatore di mondi già comparso in un numero di Fantastic Four. A degno completamento della sua celebrazione, come autore sì, ma anche come persona. Così importante da divenire egli stesso un personaggio inserito nei mondi da lui stesso creati: un cerchio perfetto che si chiude.

lunedì 3 agosto 2020

Fabolous Stack of Comics: Devil Dinosaur



Devil Dinosaur è stata l'ultima serie regolare scritta da Jack Kirby per la Marvel e già solo per questo la sua importanza va sottolineata, pur non essendo la serie stessa l'apice del fumetto Marvel, tanto meno di Jack Kirby.
Nata come una sorta di veicolo pubblicitario per una serie di animazione mai realizzata, Devil Dinosaur continua in un certo senso quelle atmosfere che Kirby aveva sviluppato alla DC Comics con Kamandi, ed è stata pubblicata nel 1978, per un totale di nove numeri.
La trama è quanto di più semplice ci possa essere: in una landa preistorica, un ragazzo ominide di nome Moon-Boy appartenente a una tribù perduta si imbatte in Devil, un Tirannosaurus Rex che ha la pigmentazione rossa per... sorvoliamo, con cui stringe un insolito legame di amicizia.
Un legame che li porterà ad affrontare in poco tempo uomini delle caverne assassini, UFO, computer senzienti, streghe e viaggi nel tempo... non chiedetemi come tutto questo possa coesistere in una landa preistorica, Kirby possedeva una fantasia molto sfrenata come noto.
Sarebbe un po' ingeneroso dire che a Jack Kirby in questa serie interessa più disegnare che approfondire i personaggi ma... a Jack Kirby in questa serie interessa più disegnare che approfondire i personaggi. Avrà forse pensato:"Va be', ma è un ragazzo delle caverne amico di un dinosauro, che devo approfondi'?".
Psicologie ridotte al minimo, ai limiti dell'inesistente da un lato. Dall'altro disegni spettacolari. Insomma, c'è Kirby che disegna ogni dinosauro possibile e i paesaggi di lande preistoriche, cos'altro c'è da aggiungere?
Ho adorato alla follia le splash page su tavola doppia, nientemeno, che Kirby inseriva in ogni storia, dopo la prima pagina: di una spettacolarità unica e, pur se è un Kirby non più ai livelli degli anni precedenti, una cura nei dettagli invidiabile. Tale pratica scompare però negli ultimi numeri, si vede che l'autore sapeva già che la serie era destinata a chiudere e non ha voluto strafare.
Qualcuno si potrebbe chiedere come mai una serie di Jack Kirby sia rimasta per così tanto tempo inedita per il mercato italiano. Pare fosse stata opzionata dalla Comic Art nell'epoca in cui (quasi) qualunque fumetto che portava l'etichetta Marvel sopra veniva pubblicato, ma questa serie fu uno di quei quasi. Poi suppongo che con l'avvento dell'era digitale si sia preferito digitalizzare prima altre opere di Jack Kirby un tantinello più conosciute.
Rileggendola a distanza di così tanto tempo, la serie appare di certo datata, ma non obsoleta... modifico un po' una battuta di un film di Terminator. È come uno di quei dischi a 33 giri che vi piace riascoltare di tanto in tanto, perché possiede un suono particolare, che riesce a catturarvi, ma sapete bene che appartiene a un tempo passato che non può più tornare ed è meglio così.
Il passato si celebra anche in questo modo: contestualizzando l'epoca nel periodo in cui essa è uscita e rispettando l'impegno che un autore vi ha profuso. In questo caso, uno degli artisti più importanti del ventesimo secolo. Se non il più importante.

venerdì 20 settembre 2019

Fabolous Stack of Comics: Monkeyman and O'Brien


Quando un disegnatore decide di realizzare un'opera "creator-owned" (tiè, vedi quanto sono figo a utilizzare questo termine) il rischio è sempre dietro l'angolo. Da un lato, se non ha esperienza di sceneggiatura, ogni disegno dirompente che esce dalla tavola rischia di essere annullato da dialoghi e trame inconsistenti. Essere "andato a bottega" con altri sceneggiatori può essere utile, ma bisogna essere abili a recepire anche.
Inoltre c'è sempre la possibilità che il disegnatore si stanchi e lasci il tutto incompiuto... ma sì, facciamo quest'altra cosa, che tanto i miei fan adoranti non mi abbandoneranno. Ma ora basta parlare di Joe Madureira.
Monkeyman and O'Brien è un progetto personale di Arthur Adams, concepito nel 1993 e portato avanti per poco più di un lustro. Nasce sotto forma di back-up stories pubblicate in appendice a Seed of Destruction, la prima miniserie avente a protagonista Hellboy di Mike Mignola (anche io vorrei un biglietto da visita così). Il progetto è poi proseguito con una miniserie di tre numeri e qualche racconto sparso, l'ultimo dei quali pubblicato nel 1999.
Con le sue storie e i suoi personaggi, Adams celebra un periodo ben preciso e un artista ben preciso. La Pre-Silver Age e i primi "vagiti" della Siver Age e Jack Kirby. Le storie di Monkeymand and O'Brien sono piene di quelle situazioni paradossali e mostri strani tipici delle storie degli anni '50, mixate con la "fantascienza" dei primi albi di supereroi che presentavano ancora delle contaminazioni di quelle storie di mostri.
Questo includendo anche un gorilla, che nei fumetti degli anni '50 spuntavano come funghi, e un multiverso basato su frequenze vibratorie alla Gardner Fox. Per quanto riguarda Kirby, il Toporagnumanoide è l'Uomo Talpa, i Rospogliti sono gli Uomini Rospo (sì, ho letto Hulk 2 e me lo ricordo, ho già prenotato il mio cantiere da osservare) e Quash è Darkseid - che sì, non è proprio figlio della prima Silver Age, ma anch'io se volessi omaggiare Kirby creerei un clone di Darkseid.
Il nostro caro amico Arthur tuttavia, nei suoi omaggi dichiarati, si dimentica di infiocchettare bene il tutto, usando dialoghi poco ricercati - che è ovvio sia una cosa voluta, ma ecco, anche le cose volute devono essere ben confezionate. "Signora Adams, vede, il  fatto è che suo figlio è intelligente, ma non si applica".
La trama principale poi rimane incompleta, ma il nostro amico ha ancora molti anni davanti a sé per portarla avanti... (ehi, psst, sono passati vent'anni dall'ultima storia!) ... forse dovremo sperare in qualche opzione cinematografica per un sequel.
Sui disegni non c'è ovviamente nulla da discutere in merito alla loro spettacolarità. Se iniziassi a mettere in dubbio la bravura di Arthur Adams, sarei espulso dall'ingresso a Lucca Comics a vita.
Cosa rimane dunque oggi di Monkeymand and O'Brien, a vent'anni dall'ultima storia? Resta comunque qualcosa di divertente da leggere, senza pretese, magari quando vi avanzano un paio d'ore la sera e non volete andare subito a dormire. Poi però fate i bravi, cercate di calarvi in un passato oggi polveroso, contestualizzatelo e leggetevi le storie di Stan Lee e Jack Kirby.

domenica 8 settembre 2019

A scuola di cinema: Argo (2012)

4 novembre 1979: Un gruppo di studenti iraniani prende possesso dell'ambasciata statunitense a Teheran. Sono così tanti che, oltre a scavalcare le mura, riescono anche a sfondare il cancello dell'ambasciata. In breve tempo conquistano l'edificio e prendono in ostaggio i componenti dello staff.
Tale atto costituisce una rivalsa nei confronti del Presidente Jimmy Carter e dell'amministrazione statunitense, che stanno ospitando l'odiato ex monarca/dittatore Mohammad Reza Shah - seppur per motivi di salute e tenendolo sotto costante sorveglianza - e si sono rifiutati di consegnarlo alla nuova reggenza guidata da Khomeini.
Cinque componenti dello staff tuttavia riescono a fuggire da una porta laterale che si affaccia direttamente sulla strada. Sono i coniugi Mark Lijek e Cora Lijek, Robert Anders, Joseph Stafford e Kathleen Stafford, anch'essi sposati. Costoro cercano rifugio presso l'ambasciata britannica, ma anche questa è sorvegliata dai manifestanti.
I cinque capiscono che non sarà possibile entrare e si rifugiano in maniera temporanea presso l'abitazione di Anders, poi presso altre strutture, prima di trovare ospitalità presso le dimore di John Sheardown, un amico di Anders, e Ken Taylor, ambasciatore canadese. A loro si unisce poco dopo Henry Lee Schatz, sfuggito anch'egli alla cattura.
La notizia delle sei persone riuscite a scampare alla rivolta giunge all'attenzione della CIA e dell'agente Antonio Joseph "Tony" Mendez. Prelevare i sei e farli fuggire sarà ancora più difficile del previsto, poiché il nuovo governo iraniano ha tagliato ogni canale diplomatico e dunque occorre una perfetta storia di copertura. E bisogna anche fare presto, perché come la notizia della fuga è giunta alla CIA, può giungere ad altri.
Ma non è così semplice trovare una storia credibile per far uscire delle persone come se nulla fosse da una nazione reduce da una rivoluzione. La prima idea è di far passare i sei come insegnanti, ma ci si accorge che tutte le scuole in lingua inglese sono state chiuse. Poi di mascherarli da nutrizionisti, ma siamo ormai a gennaio e Teheran è sommersa dalla neve, non ci sono campi coltivati o agricoltura da osservare.
Finché Tony Mendez concepisce un'idea così assurda da funzionare alla perfezione. L'agente in passato ha avuto dei contatti con alcuni rappresentanti di Hollywood e se c'è una cosa che può attirare dollari in qualsiasi nazione è il cinema. Perché allora non far passare i sei come dei rappresentanti di una casa di produzione che stanno ispezionando alcune location per un film? Sia i superiori di Mendez che la Casa Bianca approvano l'operazione, che sarà condotta in collaborazione col governo canadese, il quale fornirà i passaporti ai sei. Tutto liscio? No, serve un film ora!
Come detto, la storia di copertura deve essere credibile e prevedere tutti i dettagli per ingannare le autorità iraniane. Mendez si reca dunque a Los Angeles, dove ha un incontro con John Chambers, un mago dei trucchi di Hollywood ideatore delle orecchie di Spock e delle maschere prostetiche de Il Pianeta delle Scimmie.
In quattro giorni viene creata una falsa società di produzione, Studio Six Productions (sei come il numero degli ostaggi), con tanto di biglietti da visita e credenziali. Si trova anche uno spazio per gli uffici, un set abbandonato dalla Columbia al termine delle riprese di Sindrome Cinese, che era riservato a Michael Douglas. Tale spazio viene riempito di telefoni, scrivanie, macchine da scrivere e manifesti. La copertura è così credibile che nelle sue poche settimane di vita la Studio Six Productions riceve più di venti sceneggiature.
Per quanto riguarda il finto film da promuovere, Chambers ha già quanto serve. Qualche mese fa era stato contattato da un produttore, Barry Geller, il quale qualche anno prima aveva opzionato i diritti del romanzo di fantascienza Lord of Light di Roger Zelazny per svilupparne un lungometraggio. Geller aveva anche contattato Jack Kirby, il quale aveva realizzato molte pagine di design, e aveva tenuto nel novembre scorso una conferenza stampa in cui annunciava il progetto. Solo che poi uno dei suoi soci era stato accusato di appropriazione indebita dei fondi e il tutto era naufragato.
Tuttavia, Chambers è ancora in possesso sia della sceneggiatura, scritta da Geller stesso, che dei disegni di Kirby. Soprattutto questi ultimi, Mendez li trova perfetti per lo scopo prefisso e capaci di convincere chiunque della veridicità di questo finto progetto. Inoltre, dopo il successo di Star Wars, l'idea di un film di fantascienza, capace di portare migliaia di dollari in termini di indotto in un paese straniero, avrebbe di certo suscitato l'interesse delle autorità iraniane. Chambers e Mendez si limitano solo a modificare il titolo del film, chiamandolo Argo.
La pellicola che non sarà mai prodotta riceve addirittura una pagina di pubblicità su Variety e The Hollywood Reporter e Studio Six Productions tiene un party per la sua promozione.
Mendez si reca dunque in Iran, con la falsa identità di Kevin Costa Harkins, un produttore associato del film, insieme a un altro agente della CIA, portando con sé i biglietti da visita della Studio Six Productions, materiale promozionale come delle scatole di fiammiferi personalizzate col logo di Argo, una copia della sceneggiatura, i disegni di Kirby e tutti i documenti che dimostrano che otto persone della società di produzione si trovano in Iran per ispezionare delle location. Il 27 gennaio 1980 incontra i sei rifugiati, spiegando loro il piano e modificando il loro aspetto estetico.
Il mattino del 28 gennaio, otto persone presentano imbarco per un volo della SwissAir diretto a Zurigo. Il nome dell'aereo, per una curiosa coincidenza, è AARGAU. Essendo da poco passata l'alba, ci sono solo il personale di servizio necessario e pochi agenti di polizia iraniani, quindi tutto fila liscio grazie alla perfetta copertura e ai disegni di Kirby, che dimostrano ai doganieri quanto il progetto abbia solide fondamenta (inesistenti, in realtà) e così i sei rifugiati abbandonano l'Iran. Missione compiuta.
Poi cala un velo di silenzio e segretezza su questa storia. Che viene sollevato molti anni dopo.


La storia del salvataggio e del finto film prodotto dalla CIA, per evidenti motivazioni diplomatiche, viene secretata per ragioni di stato. Solo nel 1997 gli atti vengono resi pubblici. Tuttavia, la storia ottiene una prima rilevanza mediatica quando nel 2007 il giornalista Joshuah Bearman pubblica sulla rivista Wired un dettagliato articolo sull'intera vicenda.
I diritti su questa storia vengono subito opzionati dalla Smoke House Pictures, una società di produzione guidata da George Clooney e Grant Heslov che ha stretto un accordo di distribuzione con la Warner Bros. La sceneggiatura viene affidata a Chris Terrio, che si permette alcune drammatizzazioni dell'evento.
Il progetto si sblocca a febbraio 2011, quando Ben Affleck viene selezionato come regista. L'anno precedente, Affleck ha stretto un accordo con la Warner Bros., che gli consente di esercitare anche l'opzione di dirigere alcuni film. La storia di Mendez e dei sei cattura subito la sua attenzione.
Affleck sceglie per sé la parte dell'agente della CIA, pur non avendo origini latine (ma avendo vissuto per un po' di tempo in Messico). Mendez stesso comunque si dichiara non toccato dalla cosa e ha un incontro con Affleck nel mese di marzo per discutere della cosa e dei retroscena di quei giorni.
Una volta radunato il cast, le riprese iniziano nel settembre 2011, dividendosi tra alcune località della California e Istanbul - che funge da "controfigura" dell'Iran. Per alcune scene ambientate alla CIA, grazie ai buoni uffici di Tony Mendez, l'Agenzia in via eccezionale autorizza le riprese presso la sede di Langley, in Virginia. La fase delle riprese termina a novembre 2011.
Argo viene distribuito nei cinema americani a partire dal 12 ottobre 2012. A fronte di un budget di 44,5 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassarne a livello internazionale 232. Non solo, consegue l'anno successivo il Premio Oscar come migliore sceneggiatura e miglior film.
Un dovuto riconoscimento alle capacità di Affleck come regista e Clooney come produttore. Affleck e Terrio avrebbero portato poi avanti la loro collaborazione grazie a un personaggio iconico come Batman... ma questa è un'altra storia.