sabato 30 settembre 2023

Italians do it better? 17: Grazie Ragazzi (2023)


L'arte è salvezza. Spesso sentiamo questa frase e ad alcuni apparirà troppo retorica o irreale. Eppure, per chi ne usufruisce o la crea, l'arte può davvero rappresentare un mezzo per salvarsi dai dolori che la vita riserva. O quantomeno per sottrarvisi per qualche tempo. E l'arte può arrivare dappertutto, anche nei posti più impensabili.
Ne è una dimostrazione Grazie Ragazzi, diretto da Riccardo Milani, scritto da Riccardo Milani e Michele Astori e distribuito nei cinema nel gennaio 2023. Il film è il remake di una pellicola francese del 2020, Un Triomphe, la quale a sua volta si ispira a fatti realmente accaduti nel 1985 in Svezia che hanno visto protagonista l'attore Jan Jönson.
Antonio (Antonio Albanese) è un attore ormai in declino ridottosi a fare doppiaggi di film pornografici. Quando quindi un suo collega, Michele (Fabrizio Bentivoglio), gli propone di dare lezioni di recitazione in un carcere di Velletri sfruttando un fondo finanziato dall'Unione Europea, decide di accettare la proposta.
Nonostante ai corsi partecipino solo pochi detenuti, Antonio inizia a stringere con loro dei buoni rapporti e si impegna perché possano mettere in scena una loro rappresentazione teatrale di Aspettando Godot di Samuel Beckett, ma dovrà scontrarsi con la burocrazia e la diffidenza delle autorità penitenziarie.
Tecnicamente questa è una commedia e vi è soprattutto all'inizio qualche siparietto comico che serve a catturare l'attenzione del pubblico (come quando Antonio deve doppiare una scena di un film porno in pubblico, con tutto l'imbarazzo del caso), ma gli elementi drammatici non mancano e soprattutto l'attore protagonista è molto bravo a destreggiarsi nelle varie fasi in cui si richiede un diverso tipo di recitazione.
Aspettando Godot è, come dice il titolo stesso, la storia di un'attesa, di un qualcosa che forse non arriverà mai mentre le vite degli uomini procedono su vuote esistenze, come esseri in gabbia.
Per i detenuti di questo film la gabbia è fisica e tangibile e la loro è una vita fatta di un'eterna attesa, ma tramite l'arte e il teatro riescono ad assaporare un anelito di libertà, a riscoprire sensazioni che ritenevano non avrebbero mai più provato, ritrovando così in parte quell'umanità a cui hanno rinunciato quando hanno commesso i loro reati.
Per Antonio, invece, la gabbia è più che altro mentale e la sua attesa di un ritorno sulle scene si è scontrato con la dura realtà.
Dopo aver vissuto una breve carriera d'attore costellata di successi, l'attore ha perso quella spontaneità e carica passionale che aveva agli esordi, riducendosi a fare lavori di poco conto. L'incontro coi detenuti e la messa in scena della rappresentazione lo aiuta dunque a ritrovare quell'identità perduta.
Un incontro di anime smarrite e di diversi tipi di solitudine che, insieme ai protagonisti dell'opera di Beckett, una sorta di loro controparti, trovano delle nuove prospettive. Quindi, sì, l'arte è davvero salvezza.

venerdì 29 settembre 2023

Fabolous Stack of Comics: Batman - Europa


Di solito siamo abituati a vedere Batman aggirarsi tra i vicoli e i tetti di Gotham City, la città che ha giurato di proteggere dal crimine. Ma può capitare di tanto in tanto che la sua ricerca di giustizia lo porti in altri paesi o nazioni (si pensi ad esempio agli scontri con Ra's al Ghul).
Ma difficilmente abbiamo visto un tour come quello narrato in Batman: Europa, miniserie di quattro numeri pubblicata nel 2016, scritta da Matteo Casali e Brian Azzarello e disegnata da Jim Lee, Giuseppe Camuncoli, Diego Latorre e Gerard Parel.
Batman scopre di essere stato infettato con un virus che lo ucciderà entro sette giorni e che la cura risiede in un altro paese. Ma c'è un problema: il Cavaliere Oscuro possiede solo una parte delle informazioni che lo possono portare al prossimo indizio, mentre le informazioni rimanenti sono in mano a un altro infettato dal virus. E questo qualcun altro è il Joker!
I due acerrimi avversari saranno dunque costretti loro malgrado ad allearsi per salvare le loro rispettive vite in un tour (de force) che li porterà a Berlino, Parigi, Praga e Roma. Sempre che non si uccidano prima, ovviamente.
Batman e Joker rappresentano rispettivamente l'incarnazione del bene e del male, quindi vederli dalla stessa parte della barricata è qualcosa di assolutamente imprevisto, anche se nella ultradecennale storia fumettistica di entrambi è capitato che qualche volta dovessero stringere una scomoda alleanza di fronte a una minaccia più insidiosa.
Se quindi il tema in sé non è inedito, ma di certo poco sfruttato, quello che interessa maggiormente è in questo caso vedere come i due interagiscono, visto che non perdono il desiderio di voler stringere l'uno il collo dell'altro. A maggior ragione in territori che non conoscono in maniera così approfondita, a differenza di Gotham City.
Ma il bene e il male possono avere dei punti in contatto, talvolta, anche perché senza l'uno non può esistere l'altro e perciò Batman e Joker scopriranno che le loro esistenze sono intrinsecamente connesse da un legame più forte e invisibile. A un certo punto, quindi, vi distaccherete un attimo dalla trama principale - che risulta verso l'epilogo prevedibile - e vi concentrerete di più su questo legame, che - ça va sans dire - deve molto ad Alan Moore e The Killing Joke.
In stile History Channel, ogni città europea porta con sé una breve descrizione della sua storia e di come sia assurta alla gloria, se così possiamo dire, nel corso dei secoli. Le varie città rappresentano anche per i vari artisti coinvolti - ognuno caratterizzato da un preciso e affascinante stile pittorico - una possibilità di delineare paesaggi reali, in contrasto con quelli immaginari di Gotham, che ogni disegnatore interpreta come vuole (giustamente).
Non sappiamo quando Batman si allontanerà ancora da Gotham, ma per una volta è stato piacevole vederlo solcare le vie della città eterna.

giovedì 28 settembre 2023

Prime Video Original 70: A Million Miles Away


La conquista dello spazio è uno di quegli eventi storici avvenuti quando il cinema era già presente da alcuni decenni e quindi è stato una sorta di racconto in divenire.
Soprattutto il periodo che va dal 1961 al 1969, ovvero dal primo volo nello spazio di Jurij Gagarin fino al primo allunaggio ad opera dell'Apollo 11 capitanata da Neil Armstrong. Un periodo dove imperava la propaganda tra due superpotenze.
Sarà forse per questo motivo che i film su questo argomento scarseggiano, perché la realtà in questo caso si è rivelata più appassionante della fantasia. Ma comunque delle pellicole ci sono state, dal celeberrimo Apollo 13 a First Man - Il Primo Uomo, incentrato quest'ultimo proprio su Neil Armstrong e il primo allunaggio.
L'epopea dei voli spaziali, tuttavia, è composta sia da tragedie e trionfi che dalle storie di persone poco note. Una di queste storie è quella che riguarda José Hernández, che diviene il soggetto di A Million Miles Away, diretto da Alejandra Marquez Abella, scritto da Alejandra Marquez Abella, Bettina Gilois e Hernán Jiménez e distribuito su Amazon Prime Video a partire dal 15 settembre 2023.
José Hernández (Michael Peña) è figlio di braccianti messicani che emigrano negli Stati Uniti in cerca di lavoro. Quando da bambino vede alla televisione l'allunaggio di Neil Armstrong, inizia a rimanere affascinato dalle missioni spaziali e, una volta laureatosi, comincia a fare numerose domande di ammissione alla NASA, tutte inesorabilmente respinte.
Il tutto mentre incontra la donna della sua vita, Adela (Rosa Salazar), con cui si crea una vita e una famiglia, ma quel suo desiderio di esplorare le stelle potrebbe compromettere il tutto.
L'opera di riferimento della pellicola è l'autobiografia scritta dallo stesso Hernández, intitolata Reaching for the Stars. In apparenza potrebbe sembrare la storia di un umile, cresciuto in povertà, che riesce a coronare il suo più grande sogno a discapito di una società che in principio lo ostacola. Intendiamoci, è sicuramente questo, ma c'è anche altro.
Poiché la storia di José Hernández è la perfetta incarnazione del sogno americano, di una nazione che professa che chiunque può arrivare a coronare i propri obiettivi grazie alla propria forza di volontà e determinazione. Perché, se pur Hernández è figlio di migranti, chi gli consente di realizzare il suo sogno sono strutture ed enti americani.
Inoltre l'uomo ama la propria famiglia, rispetta la moglie e non la tradisce, è onesto e incorruttibile, cerca sempre di migliorarsi, si espone personalmente quando si tratta di accettare delle sfide. Tratti perfetti che caratterizzano chi persegue questo sogno.
Anche se la realtà ha più volte dimostrato che raramente è così in un mondo che diventa sempre più complesso e competitivo, questo tipo di narrazione continua ad affascinare il pubblico, il quale può empatizzare con le avversità e i trionfi del protagonista, seppur incentrati su un tipo di professione che appare distante.
Ora non siamo proprio dalle parti della propaganda, come avveniva durante quella corsa allo spazio di circa sessant'anni fa, ma a mio avviso ci arriviamo molto vicino. La storia di José Hernández è stata sicuramente la storia del trionfo di una persona sola, sostenuto dalla sua famiglia, ma piegando un po' la realtà è divenuta la storia di tanti.
Di tanti che hanno provato e perso, ma che qui riescono a vedere un riscatto realmente accaduto. E possono dunque tornare a sperare, fino alla prossima caduta.

mercoledì 27 settembre 2023

Fabolous Stack of Comics: Nick Fury - Strange Tales


Il personaggio di Nick Fury esordisce nel 1963, sul primo numero di Sgt. Fury and his Howling Commandos. I suoi ideatori sono, ovviamente, Stan Lee e Jack Kirby. Per i due autori è un mettersi alla prova: dopo aver creato svariati supereroi, vogliono dimostrare al loro editore che sanno anche scrivere le storie di un eroe della Seconda Guerra Mondiale e che i lettori compreranno l'albo attirati dai loro nomi.
Superfluo dire, hanno ragione.
Stan Lee pensa allora di utilizzare questo personaggio anche nelle storie del presente (la fine del grande conflitto, all'epoca, non era così lontana nel tempo) e quindi ecco Nick Fury fare un'apparizione speciale quello stesso anno, come agente della CIA, in un albo di Fantastic Four.
Un anno e mezzo dopo, infine, Nick Fury diviene protagonista di una serie di avventure pubblicate sulla rivista antologica Strange Tales, a partire dal numero 135 del 1965. Gli autori di questa prima fase sono, oltre a Lee e Kirby, Don Heck, John SeverinJim Steranko.
Grazie alle sue imprese eroiche durante la Seconda Guerra Mondiale e alla sua dedizione come agente segreto, Nick Fury viene promosso - anche grazie ai buoni uffici di Tony Stark - a capo dello S.H.I.E.L.D., ovvero Supreme Headquarters, International Espionage and Law-Enforcement Division, un'agenzia governativa dedita al mantenimento della pace.
Con gadget tecnologici che sembrano provenire dal futuro e l'aiuto di preziosi alleati quali Dum Dum Dugan, Gabe Jones e Jasper Sitwell, Nick Fury affronta terribili minacce quali l'AIM, Fixer e Mentallo e l'Impero Segreto. Ma la minaccia più insidiosa è rappresentata dall'HYDRA, un'organizzazione terrorista che intende conquistare il mondo intero con la paura e il ricatto.
Quando escono queste storie siamo nel 1965, la saga cinematografica di James Bond è cominciata da pochi anni, ma sta già mietendo grandi successi. E c'è in quello stesso periodo anche un telefilm spionistico che va per la maggiore, si intitola Organizzazione U.N.C.L.E. (The Man from U.N.C.L.E.), che riprende alcune tematiche bondiane utilizzando un approccio differente per evitare problemi.
In quei primi anni di sperimentazione, la Marvel sta cercando una precisa identità e uomini come Stan Lee, Jack Kirby e Steve Ditko contribuiscono a fornirgliela ispirandosi a grandi opere del passato (si veda Hulk in versione Jekill e Hyde/Creatura di Frankenstein) o successi del momento.
Nick Fury diventa dunque il loro James Bond e la saga che lo vede protagonista prende in prestito alcune idee sia da James Bond stesso (i gadget incredibili come le auto fantascientifiche o gli abiti con al loro interno delle armi, l'HYDRA in versione SPECTRE con tanto di Blofeld alternativo), sia da Organizzazione U.N.C.L.E. (il ricercato acronimo, un certo umorismo di fondo).
Elementi che permettono a Jack Kirby di inventare dispositivi che solo grandi menti creative come la sua potevano concepire e a Stan Lee di riempire le varie storie di dialoghi - che col tempo diventano ripetitivi, ma al tempo non ci si badava più di tanto - sull'eroismo di Fury, sulla sua finta insofferenza verso gli agenti al suo servizio a cui in realtà è molto affezionato e le immancabili descrizioni che spiegano in dettaglio quello che è già chiaro dalla vignetta stessa.
Ma sarebbe limitativo definire questi primi episodi di Strange Tales con Nick Fury una mera copia carbone di James Bond. Episodio dopo episodio, i vari personaggi cominciano a prendere forma, vengono introdotti elementi a cui Ian Fleming non ha mai pensato come la divisione ESP e viene descritto una sorta di insolito mondo dove i supereroi rimangono nelle retrovie. Dove le minacce sono quelle terroristiche di allora, colorate e pompose.
Finché arriva un autore, un autore che rimette in gioco tutto quanto e contribuisce a una svolta decisiva: il suo nome è Jim Steranko.

martedì 26 settembre 2023

Netflix Original 158: Roma


Le pellicole in bianco e nero, vero e proprio segno distintivo del cinema del lontano passato (salvo casi particolari come Clerks - Commessi), rappresentano oggi un vezzo artistico, se ci è permesso così definirlo, tramite cui ad esempio un regista lancia il proprio sguardo appunto su un lontano passato oppure lo si utilizza per ragioni di trama e aderenza al materiale originario
Come hanno fatto ad esempio Steven Spielberg con Schindler's List o Robert Rodriguez con Sin City. Si aggiunge a questi film anche Roma, film vincitore del Leone d'Oro al festival del cinema di Venezia, scritto e diretto da Alfonso Cuarón e distribuito su Netflix a partire dal 14 dicembre 2018.
Messico, 1970: Cleo Gutiérrez (Yalitza Aparicio) è una domestica che lavora per una ricca famiglia messicana, composta da moglie, marito e quattro figli. La quasi totalità della sua giornata è dedita allo svolgimento di mansioni casalinghe o ad accontentare le richieste della famiglia.
Nel tempo libero, Cleo frequenta Fermín (Jorge Antonio Guerrero), un appassionato di samurai e lotta con la spada. Quando Cleo gli rivela di essere incinta, tuttavia, Fermin sfugge alle proprie responsabilità e si allontana da lei.
Rimasta sola e in attesa di un bambino, Cleo deve anche tenere unita la famiglia, che si sta sfaldando a causa dei tradimenti del marito.
La sensazione è molto forte durante la visione della pellicola e una piccola indagine lo conferma: il film si basa in parte anche su ricordi personali del regista (i genitori di questa pellicola fanno gli stessi lavori dei suoi genitori e anche lui aveva due fratelli e una sorella). Come Cleo e la famiglia, infine, Cuarón è cresciuto nel quartiere messicano di Colonia Roma, che dà il titolo alla pellicola.
Una pellicola che di certo non si risparmia, offrendo vari spaccati di vita quotidiana, quasi da farlo apparire in certi punti come un documentario (con Cleo al centro della vicenda), molti dei quali finiscono in tragedia ma vengono alleviati dall'affetto che i vari personaggi nutrono l'uno nei confronti dell'altro. Unica ancora di salvezza in un mondo che precipita verso il caos tra rivolte studentesche, incendi dolosi e cariche della polizia.
Il bianco e nero è appunto utilizzato come una sorta di filtro verso questo lontano passato, quasi cinquant'anni prima all'epoca dell'uscita, ma anche come una sorta di zona di grigio che ammanta le varie vicende.
Non ci sono buoni o cattivi, anche quando potrebbe apparire così (il marito traditore, il fidanzato che scappa), bensì persone che compiono delle scelte - e in certi casi non le compiono - le quali come onde vanno a infrangersi sulla riva delle esistenze di altre persone, sconvolgendole.
Il film sottolinea inoltre in maniera evidente le disparità tra ricchi e poveri, sempre attraverso le esperienze e lo sguardo quasi neutrale di Cleo Gutiérrez. Seppur in diversi momenti i vari componenti della famiglia le dicano che è una di loro e ribadiscano quanto le vogliano bene, il fatto che sia la loro domestica (occupandosi anche di compiti ingrati come togliere dal selciato gli escrementi del cane) e debba adempiere alle loro richieste anche improvvise non viene mai messo da parte.
Questa, però, è l'unica famiglia che Cleo davvero ha - arrivando in un punto quasi a sacrificare la propria vita per loro - e nel suo piccolo rappresenta una piccola oasi di felicità. O così ci par di percepire.

lunedì 25 settembre 2023

Fabolous Stack of Comics: Il Commissario Spada - Il Segreto dell'Isola


Anche se qualcuno potrebbe dirvi il contrario, non è affatto vero che gli eroi dei fumetti non possano avere figli. Più che altro sono gli autori che - tranne quando questo aspetto è consolidato o presente sin dal principio - cercano di non trattare questo tema, guidati dalla convinzione che un figlio renda un personaggio troppo vecchio (e se il figlio è un neonato e non invecchia mai, ormai nessuno ci crede più).
Tex Willer, con la sua aria ribelle, ha dimostrato fin da subito, invece, che si può avere un figlio al proprio fianco e costui può persino divenire un vero e proprio co-protagonista delle sue avventure.
Anche il Commissario Eugenio Spada, il personaggio creato da Gianluigi Gonano e Gianni De Luca, come abbiamo visto ha un figlio: si chiama Mario ed è stato introdotto fin dalla prima storia, Il Ladro d'Uranio. Essendo vedovo, Spada deve occuparsi della sua educazione, che non è così semplice visto che Mario ha qualche problema con la matematica.
Sin dalla prima storia gli autori hanno reso chiaro che Mario Spada è un vero e proprio co-protagonista e a confermare in maniera ulteriore questa cosa vi è Il Segreto dell'Isola, pubblicato nel 1970 sui numeri dal 28 al 32 de Il Giornalino.
Mario Spada può infine concedersi una vacanza, in Sardegna, insieme all'Ingegner Fontana - un caro amico del padre - e la figlia Laura. Grazie a un'imbarcazione denominata Il Fuggitivo i tre si imbarcano per una crociera volta a toccare le località principali site tra Sardegna e Corsica.
Quando però un'improvvisa tempesta li travolge, i tre devono far fronte a pericoli imprevisti e a un drammatico segreto che si annida sull'isola di Lavezzi.
In questa storia il Commissario Spada è poco più di una comparsa, apparendo infatti solo nella prima pagina del primo capitolo e nelle pagine di epilogo. Il vero e proprio protagonista è invece il figlio Mario, nonché la sua amica Laura.
La cosa non deve stupire perché Il Giornalino si rivolge principalmente a un pubblico pre-adolescenziale, che dunque ha più facilità a rispecchiarsi nei personaggi più giovani. Ne segue dunque un'avventura che assume in certi punti anche toni macabri e drammatici. Con toni che oggi forse sarebbero considerati estremi.
Non manca, ai sensi di un'educazione formativa tipica di questa rivista, qualche informazione in merito alle imbarcazioni e alla geografia dove si svolge l'azione.
Il tema principale della storia si ispira a fatti reali molto presenti nella cronaca di quel decennio, oggi un po' sotto silenzio ma sostanzialmente ancora in vigore. Ovvero la lotta del popolo Corso per ottenere l'indipendenza dalla Francia.
Una lotta che, come purtroppo accade in situazioni del genere, ha visto avvenire anche gravi atti di violenza e tributi di sangue. Oggi la Corsica gode di una certa autonomia e persegue le sue richieste di indipendenza maggiormente attraverso canali diplomatici e politici.
Ancora una volta le storie del Commissario Spada diventano una finestra sul passato. Un passato che in apparenza non esiste più, ma ha influenzato molto la società attuale.

domenica 24 settembre 2023

Italians do it better? 16: Una Festa Esagerata (2018)


Il compimento dei diciotto anni rappresenta l'ingresso di una persona nell'età adulta, da un punto di vista prettamente anagrafico e sociale (sorvoliamo su quello mentale, su cui non basterebbe un'enciclopedia). Da un punto di vista social, invece, è un motivo per celebrare e fare festa (come se ci fosse davvero bisogno di un pretesto per questo, a ben vedere) coi propri amici.
Tuttavia, difficilmente si è visto un diciottesimo come quello presente in Una Festa Esagerata, diretto da Vincenzo Salemme, scritto da Vincenzo Salemme, Antonio Guerriero ed Enrico Vanzina e distribuito nei cinema nel marzo 2018. La sceneggiatura si basa sull'omonima commedia teatrale scritta sempre da Salemme.
Gennaro Parascandolo (Vincenzo Salemme) è un onesto imprenditore edile che sta per prepararsi alla festa per il compimento dei diciotto anni della figlia Mirea (Mirea Flavia Stellato). Una festa sfarzosa e in grande stile per cui ha già versato una imponente somma di denaro, a causa delle manie di grandezza della moglie Teresa (Tosca D'Aquino).
Non tutti, però, vedono di buon occhio la cosa e tra questi vi è la vicina di casa Lucia Scamardella (Iaia Forte). E l'imprevisto più imprevedibile di tutti infine giunge, rischiando di mandare a monte non solo la festa, ma anche l'intera esistenza di Gennaro Parascandolo.
Tramite una commedia che punta molto su rapidi scambi di battute - come in teatro, appunto - e giochi di parole, vengono messe a confronto due tipologie di italianità, se così le possiamo definire.
Da un lato abbiamo quegli italiani rappresentati da Gennaro Parascandolo che, pur appartenendo a una classe abbiente, è persona moralmente ineccepibile, che paga le tasse, chiede sempre lo scontrino, ama la famiglia e rispetta i propri lavoratori.
D'altro canto, invece, gli altri protagonisti rientrano tutti in un'altra categoria. Quella dei furbetti, che aggirano le regole sociali e si approfittano soprattutto di coloro che invece suddette regole le rispettano. C'è n'è per tutti: il politico, il sacerdote che dirotta per scopi personali i fondi destinati alle missioni, il falso invalido, il portiere di condominio approfittatore, i familiari egoisti e così via.
Per via degli eventi del film. Gennaro Parascandolo arriva a un punto di rottura, metaforico ma come vedremo anche fisico, decidendo di cambiare la marea e cercando di ristabilire il proprio punto di vista.
Una Festa Esagerata rappresenta proprio la rivincita dell'uomo comune verso tutte queste piccole ingiustizie che subiamo ogni giorno e la lezione di fondo è che dovremmo farlo un po' tutti noi. O al limite fuggire da questo caos e trovare un altro luogo dove possa esservi ordine.
Retorica spicciola, certo, ma, come già detto in altre occasioni, nelle commedie italiane - e non solo - non si va troppo in profondità con le lezioni morali per non annoiare il pubblico.

sabato 23 settembre 2023

Italians do it better? 15: Metti la Nonna in Freezer (2018)


Non è affatto semplice ideare una dark comedy. Non lo è poiché va a toccare temi molto, molto delicati come la morte o la cronaca nera cercando di strappare una risata e si sa che certe tematiche sono in grado di scatenare ire incontrollate, anche se non si capisce bene il perché.
E proprio la cronaca nera ci ha talvolta raccontato delle storie che vedono familiari poco amorevoli tenere nascosta la morte dei loro congiunti unicamente per continuare a incassare la loro pensione, mettendo il loro corpo in un congelatore.
A questo fatto reale si ispira Metti la Nonna in Freezer, diretto da Giancarlo Fontana e Giuseppe Stasi, scritto da Fabio Bonifacci e Nicola Giuliano e distribuito nei cinema nel marzo 2018.
Claudia Maria Lusi (Miriam Leone) è una restauratrice di opere d'arte fortemente indebitata con le banche in quanto gli enti statali non le pagano da due anni i lavori da lei portati a termine. Quando sua nonna Birgit (Barbara Bouchet) muore, per disperazione e per salvare la sua azienda decide di nasconderne il cadavere in freezer per incassare la pensione che le permette di andare avanti.
Le cose sembrano per lei cambiare quando conosce Simone Recchia (Fabio De Luigi), di cui si innamora. Peccato che costui sia anche un integerrimo e incorruttibile maresciallo della Guardia di Finanza che potrebbe scoprire la verità.
Quando si vuole imprimere una direzione diversa a una pellicola, in un paese di solito confinato in determinati schemi che si ripetono, ne possono uscire cose interessanti. A mio avviso questo è uno di quei casi.
È come se ci ritrovassimo di fronte a una di quelle commedie nere e surreali dei Fratelli Coen, come Fargo, solo ambientata in territorio italiano. Unendo sia una problematica comune a molti - che quando devono lavorare per lo Stato hanno molte difficoltà nel farsi pagare causa lunghe procedure burocratiche - che un fatto di cronaca davvero accaduto, quella che ci ritroviamo di fronte è una pellicola con improvvisi cambi di prospettiva e anche un montaggio abbastanza frenetico, alla Edgar Wright o Guy Ritchie.
I toni fin troppo dark in alcune occasioni vengono mitigati dalla presenza di Fabio De Luigi che, con la sua mimica, le sue battute e la sua imbranataggine sul grande schermo, contribuisce a rasserenare un po' l'atmosfera. Quindi un casting ben pensato, che fa sì che vi sia un buon contraltare anche per l'attrice protagonista.
Chiaramente non cercate pretese di realismo in questa pellicola, non intende averne. Porta il tutto a un livello superiore surrealista dove i vari personaggi sono come burattini nelle mani degli eventi e devono dunque adattarsi. Perché il destino sa essere spietato anche in una dark comedy, ma a volte è proprio una risata ciò che ci salva.

venerdì 22 settembre 2023

Netflix Original 157: Voglio una Vita a Forma di Me


I concorsi di bellezza, noti e organizzati anche in Italia (basti solo pensare al concorso di Miss Italia, un tempo celebre a livello nazionale), sono ben più diffusi negli Stati Uniti, dove suddetti concorsi vengono organizzati in tutti gli stati o quasi, per tutte le fasce d'età e sesso.
Anche per le teenager, che - come il ballo di fine percorso scolastico - li affrontano, nella concezione di quel paese, come una sorta di rito di passaggio verso l'età adulta.
Tuttavia, con ogni probabilità non si è mai visto un concorso di bellezza come quello presente in Voglio una Vita a Forma di Me (Dumplin'), diretto da Anne Fletcher, scritto da Kristin Hahn e distribuito su Netflix a partire dal 7 dicembre 2018. Il film è basato sull'omonimo romanzo scritto da Julie Murphy.
Willowdean Dickson (Danielle Macdonald) è una ragazza appassionata di Dolly Parton, ma insicura di sé a causa del suo aspetto fisico e la sua obesità. Questo la pone in contrasto con la madre Rosie (Jennifer Aniston), organizzatrice di un locale concorso di bellezza molto seguito e spesso per questo assente.
Quando l'amata zia di Willowdean, che le aveva fatto conoscere la musica di Dolly Parton, muore, la ragazza inizia a provare un forte sentimento di rabbia repressa e, in una sorta di sfida a sua madre e alle convenzioni della società, decide di iscriversi al concorso di bellezza organizzato proprio da Rosie Dickson.
Siamo all'interno di una tematica molto sentita nel paese di produzione di questo film, ovvero l'accettazione di sé stessi e del proprio corpo, incluse quelle che molte persone giudicano - a torto - imperfezioni.
Un tema che diventa molto sensibile nel caso dell'obesità, in una nazione che vanta un altissimo tasso in tal senso. Tanto che non mancano i casi di bullismo, talvolta molto più violenti rispetto a quelli che si svolgono in Italia.
Di certo la pellicola non si rivolge solo a una specifica categoria di persone e si presuppone l'obiettivo di essere mainstream, cercando dunque di toccare certi tasti per mischiare in egual modo sia il dramma che la commedia.
Ovviamente, come intuibile, la protagonista giunge infine ad accettare sé stessa grazie all'esperienza da lei vissuta, perché ha capito che ci sono persone, come la sua migliore amica o il ragazzo innamorato di lei, che la apprezzano per ciò che è davvero e non per ciò che appare agli occhi degli altri.
Altrettanto ovviamente, in un mondo con un'umanità spietata nel suo complesso, non è così semplice accettare la propria identità senza temere il giudizio altrui, ma almeno nei film questo obiettivo può essere raggiunto e forse ispirare altre persone. Sarebbe un primo passo, quantomeno.

giovedì 21 settembre 2023

Netflix Original 156: Mowgli - Il Figlio della Giungla


Il Libro della Giungla (The Jungle Book), scritto da Rudyard Kipling e pubblicato nel 1894, è divenuto un caposaldo della narrativa universale, ricordato ancora oggi.
Il fatto che nel libro siano presenti degli animali parlanti e senzienti e che il protagonista principale sia un ragazzino ha fatto sì che tale opera, nella cultura popolare, venga associata alla narrativa per bambini, anche se in realtà non è proprio così.
Il libro di Kipling è dunque divenuto oggetto di numerosi adattamenti, live-action e animati, in cui spicca il lungometraggio del 1967 prodotto da Walt Disney, uno degli ultimi a cui lavorò.
Tra questi adattamenti vi è anche Mowgli - Il Figlio della Giungla (Mowgli: Legend of the Jungle), diretto da Andy Serkis, scritto da Callie Kloves e distribuito su Netflix a partire dal 7 dicembre 2018.
La storia è quella nota di Mowgli (Rohan Chand), un neonato che rimane orfano dopo che la tigre Shere Khan uccide i suoi genitori. Salvato dalla pantera Bagheera, il bambino viene allevato dai lupi e dall'orso Baloo come se fosse un componente del branco.
Alcuni anno dopo Mowgli, ormai cresciuto, deve decidere se ritornare nel mondo degli uomini a cui non è mai appartenuto, mentre Shere Khan si prepara a sferrare un ultimo attacco.
Le opere classiche, a volte ritenute in maniera errata più adatte a un pubblico di bambini, nascondono dei temi maturi e non banali, anzi, nel caso del libro di Rudyard Kipling non le nascondono affatto.
Nel rappresentare degli animali senzienti e parlanti, lo scrittore mette infatti in scena i vari caratteri umani: prevaricatori e arroganti come Shere Khan, ma anche buoni e generosi come Baloo o Bagheera.
Il film riprende questa lezione dello scrittore inglese. Decisamente non vi sono scene soft, anzi, non si lesina sul sangue e alcune sono abbastanza crude. Quella che compare sullo schermo è in primo luogo una rappresentazione della malvagità e della meschinità dell'essere umano, filtrata attraverso i comportamenti e i dialoghi degli animali.
Ma c'è anche spazio per la bontà, l'altruismo e lo spirito di sacrificio, rappresentato dai lupi, da Bagheera e dallo stesso Mowgli.
Come il ragazzo, ci si ritrova sospesi tra due mondi: quello della giungla, dove vigono leggi precise, e quello degli uomini, dove dominano sia il caos che l'ordine. Eppure questi due mondi hanno molti punti in contatto e quando si incontrano entrano in contrasto. E uno di essi è destinato a prevalere, prima o poi.
In originale le voci dei vari animali sono fornite da attori di eccezione. Oltre allo stesso Andy Serkis, vi sono infatti anche Christian Bale, Cate Blanchett e Benedict Cumberbatch. A voi scoprire in quali ruoli.

mercoledì 20 settembre 2023

Prime Video Original 69: Die Hart


In quella che può essere vista come una particolare sottobranca del cosiddetto metacinema, o forse anche in uno slancio di eccessivo narcisismo e protagonismo, capita a volte che gli attori sullo schermo interpretino... sé stessi. E non per semplici cameo, ma vere e proprie versioni alternative di loro stessi.
Il caso più esemplare è con ogni probabilità Essere John Malkovich, ma vi è anche ad esempio Il Talento di Mr. C con Nicolas Cage.
Non raggiunge tali vette, ma si inserisce nella contesa anche Kevin Hart con Die Hart, diretto da Eric Appel, scritto da Tripper Clancy e Derek Kolstad e distribuito su Amazon Prime Video a partire dal 24 febbraio 2023. La pellicola è in realtà nata come serie televisiva per un'altra piattaforma e presenta dunque qui un nuovo montaggio.
Kevin Hart vorrebbe interpretare un ruolo da protagonista in un film d'azione ed è ormai stanco di essere considerato una semplice spalla comica. All'ennesima intervista televisiva in cui questa cosa viene rimarcata, perde la pazienza e prende tutti a male parole.
Per risollevare la situazione, il suo agente lo mette in contatto col celebre regista Claude Van De Velde (Jean Reno), il quale vuole proprio offrirgli una parte in una pellicola action, a patto che prima però frequenti un apposito corso tenuto da un veterano che ha allenato molti altri attori, Ron Wilcox (John Travolta).
Kevin Hart inizia dunque il suo addestramento, che potrebbe però rivelarsi più insidioso del previsto.
Si potrebbe pensare che questo film sia una sorta di satira sul cinema americano moderno, pronto a classificare i vari attori in base a quello che si presume vuole il pubblico senza tenere conto anche delle loro esigenze artistiche. E sì, questo aspetto c'è ma è davvero molto lieve, poco accennato (non penso che Kevin Hart possa permettersi di sputare nel piatto in cui mangia).
Più che altro la satira è rivolta verso il mondo dell'entertainment, sempre appiattito nelle interviste sugli attori, con canovacci molto banali che non approfondiscono alcunché.
Alla fine, infatti, questa è appunto una action comedy dove l'attore per una volta non è al fianco di Dwayne Johnson, ma questo non gli impedisce di sbizzarrirsi con le sue consuete movenze e tormentoni. Insomma non è un ruolo diverso da quelli che di solito interpreta, che il grande pubblico gli richiede.
Chi invece volesse vedere Kevin Hart in un ruolo diverso dal solito può cercare Sempre Amici.
Parte del divertimento qui è anche vedere quali siano le guest-star e riconoscere le varie citazioni, a partire dal titolo stesso che non penso abbia bisogno di spiegazioni, tutte abbastanza alla portata anche per chi non mastica troppo cinema.

martedì 19 settembre 2023

Netflix Original 155: Natale a 5 Stelle


Alla fine è accaduto. Anche Netflix ha prodotto il suo primo cinepanettone.
Questa peculiare tipologia di film nasce con Vacanze di Natale di Carlo Vanzina (è una semplificazione, me ne rendo conto), ma esplode pienamente solo nel decennio successivo, con una serie di pellicole - e cloni derivati - che nel bene e nel male divengono campioni di incassi.
Quando questo fenomeno pare ormai tramontato del tutto, ecco giungere Natale a 5 Stelle, diretto da Marco Risi, scritto da Carlo Vanzina ed Enrico Vanzina e distribuito su Netflix a partire dal 7 dicembre 2018. Il film è dedicato alla memoria di Carlo Vanzina, scomparso pochi mesi prima e che probabilmente era il regista originario.
Il Presidente del Consiglio Franco Rispoli (Massimo Ghini) si reca in visita diplomatica a Budapest nell'imminenza delle festività natalizie. Oltre agli impegni governativi, vi sono anche piaceri personali, in quanto intende sfruttare il tempo libero per stare insieme all'amante, Giulia Rossi (Martina Stella), deputata dell'opposizione.
Un imprevisto, però, rischia di mandare tutto a monte e di screditare l'immagine pubblica del politico. L'unico che potrebbe risolvere la situazione è il fido portaborse del ministro, Walter Bianchini (Ricky Memphis).
Non ci sono Massimo Boldi o Christian De Sica, gli attori simbolo di questa tipologia di pellicole, ma gli elementi di "successo" ci sono tutti. L'amante fedifrago, che alla fine viene punito, la donna in abiti succinti per la gioia di un certo tipo di pubblico e l'italiano medio, almeno secondo la concezione della produzione, lecchino e meschino.
Il film è una lievissima satira, al punto che forse non è nemmeno satira, sullo scenario politico di qualche anno fa, con tanto di puntuali riferimenti che lo rendono già datato.
Il personaggio di Massimo Ghini è infatti un omologo di Giuseppe Conte, mentre Martina Stella rappresenta la deputata Maria Elena Boschi. Entrambi, comunque, presentano un look molto diverso dalle loro controparti per evitare beghe legali.
Si va direttamente alla pancia dello spettatore con frasi facili e ad effetto quali quelle che tutti i politici sono dei ladri e dei bugiardi, che fanno solo i loro interessi. La loro rappresentazione come pagliacci e imbranati, incapaci di dare un senso alle loro vite vuote, contribuisce a rasserenare il pubblico, che vedendo persone per cui prova risentimento e disprezzo venire castigate nella finzione crede che una cosa simile possa verificarsi prima o poi anche nella realtà.
Nel mezzo il consueto mix di battute a sfondo sessuale, immancabili (no, potrebbero mancare, in realtà, ma la formula di successo le comprende) e qualche amabile (?) situazione di corna.
E anche questo film di Natale ce lo semo levato...

lunedì 18 settembre 2023

Fabolous Stack of Comics: Il Commissario Spada - L'Uomo Senza Ricordi


Anni '70 del ventesimo secolo. Milano. Una città che deve ancora cambiare in maniera profonda con un'espansione edilizia senza precedenti nella storia italiana, ma di cui in questo decennio già si vedono alcuni primi passi. Una società che cambia insieme agli uomini e donne che la abitano, anche nella finzione narrativa dei fumetti.
Se nelle storie dei decenni precedenti gli eroi erano integerrimi e vivevano le loro avventure in mondi inesistenti, come Tex Willer nel West uscito dal cinema americano o Zagor nella foresta di Darkwood, quelli di questo decennio iniziano a interrogarsi sul loro agire e il contesto in cui vivono le loro storie sono le città reali (tematica anticipata da Stan Lee e la Marvel, ma su sfondo supereroistico).
E un "eroe" di questi tempi è il Commissario Eugenio Spada, personaggio creato da Gianluigi Gonano e Gianni De Luca. Dopo la prima storia, Il Ladro d'Uranio, Il Commissario Spada ricompare in L'Uomo Senza Ricordi, pubblicato nel 1970 nei numeri dal 20 al 25 de Il Giornalino.
Eugenio Spada stavolta è alle prese con l'insolito caso di un uomo che non ricorda il proprio nome o da dove proviene, ma viene ritrovato con un'arma e degli abiti sanguinanti. Poco dopo viene scoperto un cadavere, di un esponente della criminalità organizzata, e tutto suggerirebbe che il responsabile dell'omicidio sia proprio la persona smemorata.
Ma la realtà è ben più complessa e ben presto la verità sull'uomo senza ricordi verrà a galla.
Stavolta ci ritroviamo di fronte col classico tema dell'identità e dei ricordi che delineano una persona e il suo agire. Così che, quando la persona perde una parte di questi ricordi, è anche come se perdesse una parte di sé stessa.
E il tema viene trattato con la classica e vecchia concezione narrativa dell'amnesia, vista in decine di altre opere, ma ricordiamoci che questa storia è di oltre cinquant'anni fa. Ovvero con una perdita di memoria causata da un trauma - e questo ci sta - e un recupero che avviene tramite una botta in testa. E questo ci sta un po' meno, in realtà è più complicato di così, ma narrativamente funziona.
Viene introdotto anche il tema dell'ipnosi. Non inedito, ovviamente, nelle opere a fumetti, ma stavolta non c'è Mefisto a prendere il controllo mentale dei pards di Tex per scopi di vendetta. Forse per la prima volta l'ipnosi viene descritta con scopi curativi (cosa che effettivamente si faceva un tempo con chi soffriva di gravi amnesie, non so se sia una pratica ancora usata) per recuperare i ricordi.
Diversamente dalla prima storia, stavolta il Commissario Spada non rimane proprio sullo sfondo, ma sembra più spettatore degli eventi che si dipanano davanti ai suoi occhi, cercando di capire quale sia la strada giusta da percorrere.
Tex avrebbe subito intuito cosa si annidava nell'uomo senza ricordi, ma Tex è l'eroe perfetto. Il Commissario Spada invece è un uomo come tanti altri, animato da una grande forza di volontà e dallo stesso senso di giustizia e ricerca della verità che guida il Ranger del Texas. Ma la verità, rispetto al vecchio West, adesso ha molte più facce e cominciano ad apparire le zone di grigio.

domenica 17 settembre 2023

Italians do it better? 14: Io C'è (2018)


Si torna di nuovo sul tema della religione nel cinema italiano. Una tematica inevitabilmente molto forte e sentita, visto che la religione cattolica e i suoi esponenti hanno profondamente influenzato la storia di questa nazione, più nel passato che nel presente a dire il vero.
Dopo Se Dio Vuole e Non C'è Più Religione, ecco dunque Io C'è, diretto da Alessandro Aronadio, scritto da Alessandro Aronadio, Valerio Cilio, Edoardo Leo e Renato Sannio e distribuito nei cinema nel marzo 2018.
Massimo Alberti (Edoardo Leo), proprietario di un bed & breakfast confinante con una chiesa, è uno di quei furbetti che tenta in ogni modo di non pagare le tasse. Quando dunque, grazie alla sorella Adriana (Margherita Buy), viene a sapere che gli edifici che ospitano un luogo di culto sono esentasse decide di fondare una propria religione, lo Ionismo, che mette al centro la singola persona.
Non è però così semplice creare un culto dal nulla e renderlo credibile agli occhi dello Stato per ottenere le necessarie esenzioni. A dare dunque una mano giunge Marco Cilio (Giuseppe Battiston), uno scrittore di basso profilo che scrive la "bibbia" della nuova religione.
Ma quello che doveva essere un semplice espediente per sottrarsi al pagamento dei tributi diventa ben presto un'esperienza formativa per Massimo Alberti, che lo cambierà in maniera profonda.
Il film non è e non vuole essere una critica alla chiesa cattolica o ad altre forme di religione e i loro privilegi, argomento troppo delicato e complesso per poterlo affrontare senza suscitare inalberamenti, nel contesto attuale.
Piuttosto appare come una satira su un certo tipo di follia della burocrazia italiana e del mare magnum di leggi in cui è sommersa e su una tipologia di persone, i piccoli imprenditori che pressati dal carico fiscale si inventano mille espedienti per sfuggire alle maglie del fisco.
Dopodiché, però, la pellicola diventa come una sorta di parabola di un messia del terzo millennio. Un messia radicato nel tessuto sociale cittadino, imperfetto, ma che proprio grazie a questo trova dei fedeli che credono in lui.
Un messia recalcitrante, che come quell'altro suo più celebre ispiratore entra in contrasto coi suoi discepoli e apostoli, i quali provengono da ogni classe sociale e sono riusciti a trovare qualcosa che dia un senso alla loro esistenza, venendo alla fine punito per i suoi "peccati". Perché è questo ciò che sembra essere suggerito alla fine: che compensiamo le nostre vite vuote con qualcosa di intangibile per trovare un flebile scopo.
Il film si pone dunque in una certo evitabile ma alla fine anche comprensibile posizione di mediazione. Non condanna senza alcuna possibilità di appello i culti religiosi e i loro dettami, ma al tempo stesso non compie nemmeno un'opera di esaltazione. Ognuno è libero dunque di seguire la propria strada, credere nella fede e nei miracoli se lo vuole, fino a quando non arriva a intralciare le strade altrui.

sabato 16 settembre 2023

Italians do it better? 13: La Profezia dell'Armadillo (2018)


Grazie alle serie animate Strappare Lungo i Bordi e Questo Mondo Non Mi Renderà Cattivo, Michele Rech alias Zerocalcare è arrivato a farsi conoscere lungo mezzo mondo.
Ma le sue origini rimangono sempre quelle di artista romano, residente nel quartiere di Rebibbia, il micromondo che - con poche eccezioni - fa da sfondo a tutte le sue storie, sin dalla sua prima opera, La Profezia dell'Armadillo, pubblicata nel 2011.
E prima di Netflix, Zerocalcare è approdato al cinema con un adattamento della sua graphic novel d'esordio, diretto da Emanuele Scaringi, scritto da Michele Rech, Oscar Glioti, Valerio Mastandrea e Johnny Palomba e distribuito nel settembre 2018.
Zero (Simone Liberati) è un disegnatore che, non riuscendo a sfondare nel campo dell'arte o dell'animazione, sbarca il lunario svolgendo vari lavori lungo Roma.
Le sue giornate sono anche costellate dalle avventure/sventure che vive insieme al suo caro amico Secco (Pietro Castellitto).
La vita di Zero cambia in maniera drastica quando gli giunge la notizia dell'improvvisa morte di una sua fiamma dei tempi del liceo, Camille. Questo lo porterà a dover fare i conti col proprio passato e a cercare di trovare infine una propria strada.
Il film riprende con poche alterazioni la trama principale de La Profezia dell'Armadillo, nonché alcune scene tratte dalla medesima opera (come quella che vede un vicino del disegnatore lamentarsi con lui perché "pattina"). Ma a mio avviso utilizza alcuni spunti anche di Un Polpo alla Gola, ovvero la seconda opera di Zerocalcare.
E in particolare sfrutta un tema molto caro all'artista romano, ovvero il confronto tra passato e presente (nessuno dei quali così idilliaco) che vanno a confluire in un evento comune, la morte di un'amica in questo caso.
Non sarà sfuggito che uno degli sceneggiatori della pellicola - nonché produttore - è Valerio Mastandrea, ovvero la voce dell'Armadillo nelle serie animate, ma che in questo caso non è presente, pur essendoci l'Armadillo, la cui esistenza trova anche una giustificazione.
Mi viene il dubbio che sia Mastandrea che Zerocalcare abbiano voluto utilizzare questo film come una sorta di trampolino di lancio, per capire cosa potesse funzionare o meno. Optando poi per un'altra strada, meglio riuscita.
Per quanto gli attori principali si impegnino, a mio parere Zerocalcare può essere interpretato solo da Zerocalcare e non vedrete il Secco di questo film, peraltro abbastanza simile alla sua controparte cartacea, chiedere a piè sospinto di andare a pigliarsi un gelato.
Per il resto chi ha letto le storie di Zerocalcare sa cosa aspettarsi, anche se per ragioni cinematografiche mainstream alcune cose - gli elementi più "politici", se così vogliamo definirli - sono state messe da parte per concentrarsi quasi unicamente sui concetti di senso di colpa, responsabilità e maturazione.
Non una pellicola banale, affatto, eppure Zerocalcare ha trovato la sua giusta dimensione altrove ed è giusto così. Meglio che l'Armadillo e la sua profezia possano concretamente realizzarsi sotto forma animata.

venerdì 15 settembre 2023

Netflix Original 154: Crossroads - One Two Jaga


Ogni città deve affrontare la propria dose di criminalità, sia che si parli di grandi metropoli sia che l'azione si svolga in una piccola cittadina.
La lotta tra polizia e criminalità, tra ordine e caos con moltissime zone di grigio nel mezzo, è un cardine del cinema di ogni paese, che tratta questo tema a seconda della propria sensibilità. Un confine netto e quasi filosofico, come in Heat - La Sfida, oppure più fracassone come in L'Ultimo Boy Scout. Senza dimenticare i nostri amati "poliziotteschi".
Ma difficilmente ci saremmo aspettati una visione filtrata dalla sensibilità della Malesia. Eppure questo accade in Crossroads: One Two Jaga, diretto da Nam Ron, scritto da Ayam Fared, Pitt Hanif, Amri Rohayat, Nam Ron e Muhammad Syafiq e distribuito su Netflix a partire dal primo dicembre 2018.
Nella Malesia del recente passato, il giovane poliziotto Hussein (Zahiril Adzim) è un idealista che crede ancora nella giustizia, ma si scontra subito con la dura realtà quando intuisce che la corruzione all'interno del dipartimento di polizia è profonda e arriva fino ai vertici.
La sua strada si incrocerà in maniera drammatica con quella di Sumiyati (Asmara Abigail), un'immigrata clandestina a cui è stato sottratto il passaporto che vuole tornare in Indonesia, sfuggendo al suo tirannico datore di lavoro.
In un mondo dominato dal male, è davvero difficile che un raggio di luce possa giungere, questo almeno sembra suggerire il film, popolato da figure perlopiù negative (bambini compresi) la cui natura di esseri caotici travolge le vite di quei pochi innocenti che popolano il loro stesso mondo.
Uno di questi è il poliziotto Hussein, che vive una sorta di Training Day alla malese venendo affiancato a un collega più esperto e corrotto, anche se per motivazioni differenti da quelle per cui agiva il personaggio di Denzel Washington.
Per come la pellicola è girata e per i dialoghi che non cercano in alcuna maniera le frasi ad effetto, ovviamente radicati nel modo di parlare locale, sembra quasi di vivere una sorta di Gomorra ambientata in Malesia. Ovvero diverse "finestre" che si spalancano su questo micromondi criminali ma che, diversamente dal film di Matteo Garrone, arrivano infine a incrociarsi, anche se in principio sembrano procedere lungo differenti binari.
Sembra quasi di assistere a un documentario, che con sguardo neutrale indaga nei bassifondi della città e sulla criminalità malese, intrufolandosi nelle vite dei boss, degli sfruttatori e dei semplici "sgherri".
E quel raggio di luce alla fine sembra arrivare, ma quanta sofferenza lungo la via.

giovedì 14 settembre 2023

Fabolous Stack of Comics: Lo Sconosciuto Le Nuove Avventure - I Segreti e le Colpe


Lo Sconosciuto, il personaggio creato da Roberto Raviola, in arte Magnus, è presente sulla scena editoriale da quasi cinquant'anni e - come accade a quei personaggi che riescono ad attraversare quasi indenni i vari decenni - ha vissuto diverse incarnazioni.
A partire da quella originaria concepita dall'autore romagnolo, che lui stesso poi ha fatto evolvere, prima che la sua prematura scomparsa interrompesse l'avvio di un nuovo percorso.
Svariati anni dopo, Unknow ricompare infine sulle pagine di Le Luci dell'Ovest, primo capitolo di una saga in due parti che si conclude con I Segreti e le Colpe, pubblicato nel 2022 da Sergio Bonelli Editore, scritto da Daniele Brolli e disegnato da Davide Fabbri.
Ci troviamo ancora nella Berlino divisa dal Muro, durante gli ultimi mesi del 1987. Mentre ormai il crollo dell'Unione Sovietica e del blocco comunista è imminente, Unknow è ancora coinvolto in un pericoloso gioco di spie che si svolge a Est e Ovest della città tedesca.
A causa di una grande somma di denaro che potrebbe ribaltare le sorti, lo Sconosciuto viene braccato da diverse persone perché riveli il nascondiglio dei soldi. Soldi che potrebbero spiegare come abbia fatto a salvarsi dopo essere fuggito da New York.
La seconda parte chiude la saga ambientata a Berlino, tirando grossomodo tutti i fili rimasti in sospeso nel primo capitolo. Apprendiamo dunque cosa è davvero capitato allo Sconosciuto dopo l'ultima storia realizzata da Magnus e quale nuova strada viene tracciata per lui dai nuovi autori.
Una strada che presenta, come è inevitabile che sia, molti tratti in comune con quello che già abbiamo visto. Lo Sconosciuto rimane un perdente, anche quando la situazione volge a suo vantaggio, anche quando è l'unico sopravvissuto in un mondo dove la vita delle spie è terribilmente breve.
Ma lui qualcosa perderà lungo la via: una parte della propria anima, o del proprio corpo. Elementi di un'umanità che lentamente va a sparire, fino a che di lui non rimarrà un guscio vuoto, se già  non lo è.
Al tempo stesso, inoltre, Unknow - e Daniele Brolli rispetto a Magnus, di cui viene rispettata la tradizione - prova a distanziarsi da ciò che era in passato. Cosa che rende lo Sconosciuto un personaggio ancora più problematico, in cerca di una redenzione per lui impossibile (una sorta di John Wick, fatti i dovuti distinguo).
Soprattutto, se con Magnus Unknow era il più infame in un mondo di infami, qui sembra quasi essere il male minore. Perché mentre il mondo sta cambiando e precipitando nel caos, lui rimane aggrappato a quel poco che ancora gli rimane, che siano il denaro o una fugace relazione, lottando per continuare ad averlo al suo fianco.
E arrivando a mettersi contro quel mondo di cui un tempo faceva parte, ma che oggi non riesce più a capire, e per sopravvivere in una vasca di squali si è disposti a tutto.
Così termina l'avventura dello Sconosciuto a Berlino. Se mai ricomparirà, lo ritroveremo altrove, sempre più demotivato, sempre più privo di un'anima che potrebbe ormai aver perso tanto tempo fa.

mercoledì 13 settembre 2023

Netflix Original 153: Rajma Chawal


I rapporti tra padre e figlio rappresentano anche la visione della vita attraverso diverse generazioni. I padri, infatti, sono un collegamento col passato, sul come era un tempo la società con tutti i suoi pregi e difetti. I figli, invece, sono l'incarnazione del presente e possibilmente anche del prossimo futuro, una proiezione su come si stia evolvendo la società (o involvendo, perché no?).
Una tematica che il cinema italiano ha spesso trattato, ad esempio in In Viaggio con Papà.
Da questa differenza di vedute ne nasce a volte un conflitto generazionale, ampliato oggi in maniera esponenziale in un'epoca dominata da una tecnologia che - pur con le dovute eccezioni . i giovani sono in grado di padroneggiare con maestria a differenza delle persone più mature.
Come accade ad esempio nel film indiano Rajma Chawal, diretto da Leena Yadav, scritto da Leena Yadav, Vivek Anchalia e Manu Rishi Chadha e distribuito su Netflix a partire dal 30 novembre 2018.
Kabir Mathur (Anirudh Tanwar), dopo la morte della madre per malattia, deve trasferirsi insieme al padre Raj (Rishi Kapoor) in un quartiere meno abbiente, viste alcune recenti difficoltà finanziarie di quest'ultimo.
Quella che vede come una mancanza di empatia da parte del genitore nei confronti del ricordo della madre defunta, unita al fatto che gli attribuisce la responsabilità di quanto sta accadendo, porta il giovane a limitare il dialogo col padre e addirittura a bloccarlo su Facebook quando riceve da lui una richiesta di amicizia.
Per cercare di ristabilire un contatto, Raj Mathur crea allora un finto profilo Facebook di una ragazza utilizzando le immagini di un account inattivo di una certa Seher (Amyra Dastur). La cosa non sarà priva di conseguenze, soprattutto quando le strade di Kabir e Seher si incroceranno in maniera inaspettata.
Ecco qui un confronto, in salsa indiana, tra un cosiddetto boomer - un uomo di altri tempi che non capisce bene la tecnologia e i social network - e un altro cosiddetto millennial, che invece quella tecnologia la vive e la utilizza sin dal giorno in cui è nato, praticamente.
Pur con questo elemento aggiunto, le tematiche sono quelle consolidate da tempo, seppur inserite in un contesto sociale che può apparirci lontano da quello cui siamo abituati. Ovvero la distanza tra differenti generazioni e differenti visioni della vita, le difficoltà di comunicazione e il desiderio di trovare un terreno comune.
Il film è comunque diviso in due parti: la prima è proprio un dramma familiare, con padre e figlio su lati opposti della barricata. La seconda parte, invece, diventa una love story in piena regola tra Kabir e Seher, con tanto di "ti amo, ti lascio, ti riamo, ti rilascio ecc...". L'epilogo, invece, unisce entrambe le trame dando loro una (scontata) risoluzione con profluvio di lacrime.
Il fatto che Kabir sia un aspirante cantante consente anche l'inserimento di alcuni inserti musicali, così tanto cari al cinema indiano.
Non è una pellicola così immediata per il grande pubblico, si nota molto che è stata concepita per un'audience indiana e calata in quel tipo di società, ma il tema di fondo è universale e molte emozioni - la perdita, il perdono - sono quelle che viviamo noi nel corso della nostra esistenza.

martedì 12 settembre 2023

Fabolous Stack of Comics: Avarat


Nel 2009 esce Avatar, film scritto e diretto da James Cameron che rappresenta un punto di svolta per quanto riguarda la tecnologia applicata a una pellicola, grazie all'innovativo 3D utilizzato. Il fatto che sia, alla data odierna, il film che ha ottenuto i maggiori incassi di sempre ne accerta la sua importanza, aldilà del giudizio sulla sua qualità che ognuno di noi può avere.
Ma... laddove vi è un successo giunge in maniera inevitabile anche la sua parodia, è così dall'alba dei tempi dell'entertainment. E per quanto riguarda le parodie a fumetti, uno dei maestri del genere è Leo Ortolani, di cui abbiamo già visto ironici riadattamenti de Il Signore degli Anelli con Il Signore dei Ratti e della saga di Harry Potter con Il Grande Magazzi.
Nel caso del film di James Cameron, la parodia giunge grazie ad Avarat, pubblicato da Panini Comics nel 2010.
Rat-Man si ritrova sul mondo di Pandora, un pianeta lussureggiante, dalla natura unica, ma dove dimorano anche pericolose creature. Rat-Man può però contare su una potente arma, la sua carta di credito!
Qui conoscerà il popolo dei Nadalé, che vive sugli alberi, e la guerriera Sunei dall'incredibile bellezza che gli insegnerà le vie del suo popolo per divenire parte di esso.
Ma un tremendo pericolo incombe su Pandora e si sa che quando Rat-Man è nei dintorni... le cose possono solo peggiorare!
Una struttura ormai consolidata vede Rat-Man o comunque lui sotto altro nome calato in un contesto del tutto inedito per lui, dove però la sua totale imbranataggine porta un totale scompiglio che rende quel mondo molto simile al nostro, con gente senza qualità che prova a cercare di svettare in un contesto del tutto nuovo, creando solo danni.
Nel caso di Rat-Man, ovviamente, i danni che crea sono quelli fumettistici e le situazioni sono quelle paradossali, basate su battute e giochi di parole (sfocianti a volte nel black humour, che qui insolitamente è poco presente) per cui Leo Ortolani è un maestro.
Ma c'è anche un piccolo messaggio dietro questa storia, che si basa su quello del film di James Cameron. Quello di lasciarsi alle spalle, per quanto possibile, i beni materiali che crediamo ci possano migliorare la vita (la carta di credito, in questo caso) e cercare di riavvicinarsi alla natura e a beni più importanti.
Ma si sa, Rat-Man è l'incarnazione della persona senza qualità. Per lui, così come per altri, Avatar rimane un semplice prodotto di intrattenimento. E come molti altri attende con impazienza i sequel. E resta aggrappato ai beni materiali.

lunedì 11 settembre 2023

Netflix Original 152: Tiempo Compartido


Curioso che in pochi ci abbiano pensato, ma i villaggi turistici/resort possono rivelarsi un buon territorio per film horror o dall'impatto drammatico, nonostante le persone vadano lì con l'unico scopo di divertirsi e rilassarsi.
Ma lì trovano gli animatori, che giustamente devono fare il loro lavoro e animare l'atmosfera, quando invece altri vogliono solo essere lasciati in pace.
E così, prima di Old di M. Night Shyamalan, vi è Tiempo Compartido, diretto da Sebastián Hofmann, scritto da Sebastian Hofmann e Julio Chavezmontes e distribuito su Netflix a partire dal 30 novembre 2018.
Pedro (Luis Gerardo Méndez) è pronto a trascorrere una settimana di relax e vacanza, insieme alla propria famiglia, in un resort della Everfields, una multinazionale americana che ha appena acquisito alcune piccole società turistiche messicane.
Il soggiorno però inizia male perché, per un disguido causato da overbooking, la famiglia di Pedro è costretta a condividere il proprio appartamento con un'altra famiglia che l'uomo non apprezza molto. Da quel momento, Pedro si convince che il personale del resort sia contro di lui e voglia minare la sua stabilità.
Al contempo, Andres (Miguel Rodarte), un dipendente della Everfields che compie lavori di basso profilo, non vede di buon occhio la recente acquisizione, che rischia di minare il già fragile rapporto con la moglie Gloria (Montserrat Marañon), e decide dunque di prendere drastici provvedimenti.
Spesso le migliori situazioni di orrore nascono dalle faccende ordinarie, dalla vita di tutti i giorni. Un fumetto come Dylan Dog, ad esempio, ha sfruttato molto questo stratagemma narrativo.
In questo caso assistiamo alla personale discesa all'inferno di due persone, le cui strade vedremo incrociarsi solo una volta in una scena fondamentale. Una discesa negli abissi che costoro, guidati da un'emozione pura quale il proteggere la propria famiglia e i propri cari, si costruiscono con le loro stesse mani.
Non ci sono scene particolarmente truculente (giusto un paio, ma molto leggere) o jumpscare. L'orrore nasce dalla paura della perdita, che porta a compiere una serie di scelte sbagliate. Quindi più che horror ci troviamo di fronte a un dramma in piena regola.
Oltre ciò, il film è una chiara critica alla globalizzazione e al sistema imprenditoriale americano che, tramite continue acquisizioni, arriva ad annullare la privacy e la personalità delle varie persone, facendo credere loro che questa sia una cosa giusta, che si sia parte di un grande famiglia.
Nel film si arriva a un'estremizzazione di questo concetto per cui ai dipendenti del resort viene praticamente fatto un lavaggio del cervello, per omologarli tutti sotto un'unica bandiera di pensiero.
Per i fan di Breaking Bad, vi è anche RJ Mitte, che in una scena compie un insolito omaggio - ai limiti della parodia - al personaggio da lui interpretato nel celebre serial televisivo.
Le vacanze meglio organizzarsele da soli, in ultima analisi.

domenica 10 settembre 2023

Italians do it better? 12: Con Chi Viaggi (2022)


Potrebbe apparire strano a un primo sguardo, ma anche il cinema italiano ha la sua discreta tradizione di road movies, genere che riteniamo più associato al cinema americano, con quelle lunghe autostrade dove a volte non incontri anima viva per chilometri e chilometri.
Ma anche le strade italiane, pur preda del traffico e di altre problematiche, offrono un buon posto per sviluppare delle storie, a partire dal classico Il Sorpasso, per arrivare a Cani Arrabbiati di Mario Bava e volendo anche a Tre Uomini e una Gamba.
Tale tradizione si rinnova con Con Chi Viaggi, diretto da YouNuts! (pseudonimo dei registi Niccolò Celaia e Antonio Usbergo), scritto da Matteo Menduni, Pasquale Petrolo e Tommaso Renzoni e distribuito nei cinema nel maggio 2022. La pellicola è un adattamento del film spagnolo del 2021 Con Quién Viajas di Martin Cuervo.
Tramite una app di car sharing, Paolo (Pasquale "Lillo" Petrolo) trova una compagna di viaggio nel tragitto da Roma a Gubbio in Elisa (Michela De Rossi). Paolo, tuttavia, si scorda di chiudere il servizio e così altre due persone si aggregano, Anna (Alessandra Mastronardi) e Michele (Fabio Rovazzi).
Il viaggio si dimostra fin da subito surreale, poiché a diverso titolo ognuno dei passeggeri nasconde un segreto. Ma la cosa più inquietante è che, da alcuni indizi che emergono, tra di loro potrebbe esserci un assassino o un'assassina.
Come intuibile, poiché la maggior parte del film si svolge all'interno di una vettura, buona parte della trama e del suo svolgimento è basata sui dialoghi e le interazioni tra i quattro protagonisti. Dialoghi e interazioni che, pur essendoci un sottotesto non così lieve, vertono principalmente sulla comicità e il surrealismo. Con quattro (presunti) sconosciuti che lentamente iniziano a conoscersi l'un l'altro, con tutte le conseguenze del caso ovviamente.
A tal proposito, Lillo Petrolo sembra ormai totalmente ingabbiato nel personaggio televisivo - parziale riflesso di quello reale, mia supposizione - che il pubblico ha imparato ad apprezzare e dunque lo si trasferisce in maniera giusta e inevitabile anche su un prodotto cinematografico.
Sembra dunque di stare su una sorta di anomalo palcoscenico teatrale, tra rapidi scambi di battute e improvvisi cambi di prospettiva. Tanto che alla fine la rivelazione che giunge non è poi così importante, conta più che altro il modo in cui ci si è arrivati.
Confesso che non ho capito se questa pellicola volesse anche mandare una sorta di  messaggio simil-boomer del tipo "non siate dipendenti dalla tecnologia e dai cellulari, ritornate a parlare tra voi senza muri virtuali", ma forse è qualcosa di proprio casuale in quanto verte sull'entertainment più puro.
E comunque non avrei mai detto che, del quartetto di protagonisti, avrei apprezzato di più la ragazza de I Cesaroni.

sabato 9 settembre 2023

A scuola di cinema: Corto Circuito 2 (1988)

Visto il grande successo ottenuto con Corto Circuito (Short Circuit), i produttori David Foster e Lawrence Turman decidono di mettere subito in atto dei piani per lo sviluppo di un sequel.
Il film si rivela molto diverso rispetto a quello originario e qualche personaggio non è più presente e la cosa, col senno di poi, costituisce un non previsto e prematuro epilogo della saga.


L'idea originaria dei due produttori è quella di riutilizzare lo stesso cast di personaggi, nonché lo staff tecnico del primo film.
Il regista John Badham si dichiara in principio disposto a tornare, salvo poi ritirarsi dal progetto in quanto impegnato su altri fronti.
In sua sostituzione viene chiamato Kenneth Johnson, uno sceneggiatore e regista proveniente dalle produzioni televisive - ideatore tra le altre cose delle prime due miniserie dei Visitors e de La Donna Bionica - e qui al suo debutto sul grande schermo. Incarico che ottiene anche grazie al fatto che conosce uno dei produttori.
Per quanto riguarda i due interpreti principali del primo film, l'ingaggio di Ally Sheedy (Stephanie Speck) si rivela troppo elevato e si decide così di optare per un breve cameo vocale dell'attrice. Nel caso, invece, di Steve Guttenberg (Newton Crosby), la produzione vuole che firmi il contratto per il sequel quando la sceneggiatura non è ancora pronta, così l'attore rifiuta la proposta, scelta di cui ha modo di pentirsi alcuni anni dopo.
Alla fine, dunque, l'unico attore a tornare per il sequel è Fisher Stevens (Ben), seppur con un diverso cognome rispetto al primo film, Jahveri, senza che di questo sia fornita una vera e propria spiegazione. Vi è inoltre anche il ritorno di Tim Blaney come voce di Johnny 5.
La nuova sceneggiatura, dal titolo provvisorio di Short Circuit 2: More Input, viene scritta dagli stessi sceneggiatori del primo film, ovvero Brent Maddock e S.S. Wilson.
Cinque nuovi robot "Johnny 5" vengono costruiti dal team guidato da Eric Allard per essere controllati da remoto da più persone che guidano ognuno una diversa parte del corpo robotico. I nuovo robot vengono creati utilizzando parti di ricambio o frammenti di metallo danneggiati provenienti dal primo film.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 13 settembre 1987, tenendosi a Toronto.
Le temperature sono abbastanza basse in quel periodo e accade più volte che la pioggia e le pessime condizioni meteorologiche causino delle complicazioni e dei rallentamenti al sistema idraulico ed elettrico dei cinque robot, su cui va effettuato dunque un grande lavoro di manutenzione.
Le riprese si concludono il 10 dicembre 1987.
Corto Circuito 2 (Short Circuit 2) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 6 luglio 1988. A fronte di un budget di 15 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare 21 milioni di dollari.
Nonostante questo risultato non eccezionale, si pensa comunque di girare un ulteriore sequel e viene scritta una sceneggiatura nel 1989. In questo nuovo capitolo Johnny 5, ora cittadino americano, inizia a frequentare un college e - con l'aiuto di Ben - sventa un furto di un'importante formula ai danni di uno scienziato.
La sceneggiatura viene sottoposta a revisione nel 1990, ma viene infine ritenuta insoddisfacente e, insieme all'insoddisfazione per gli incassi ottenuti dalla seconda pellicola, i piani per un nuovo film vengono del tutto abbandonati.
Tuttavia, Johnny 5 ricompare ancora un'ultima volta, nel 1991. L'occasione è quella di un prodotto intitolato Auto Theft: Hot Cars, Cold Facts, diretto da Russell Turner (il quale fornisce anche la voce di Johnny 5) e scritto da Steve Erkel, un cortometraggio a scopo educativo per spiegare al pubblico i pericoli derivanti dai furti di automobili e sensibilizzarlo su questa problematica.
In questo corto, infatti, Johnny 5 - poco dopo aver ottenuto la cittadinanza americana - si trasferisce a Los Angeles e lì lui e la vicina di casa Lisa (Gina Ravera) divengono vittime del furto delle loro auto.
Per ritrovare il suo mezzo di trasporto, Johnny 5 si allea con la sua vicina di casa e il Dipartimento di Giustizia della California apprendendo molte utili conoscenze sul furto di veicoli. Dopodiché la saga precipita nell'oblio.
Passano molti anni in cui Johnny 5 rimane solo nella mente e nel cuore degli appassionati, fino a quando nel 2008, venti anni dopo l'uscita del sequel, la Dimension Films rileva i diritti sul franchise con l'intenzione di sviluppare un nuovo film.
David Foster, produttore delle due precedenti pellicole, viene confermato, Dan Milano viene incaricato di scrivere la sceneggiatura e come regista viene contattato Steve Carr. Dopo tre anni viene assunto un nuovo sceneggiatore, Matt Lieberman.
La storia verte su Johnny 5 che stringe amicizia con un ragazzo che vive insieme a una famiglia coi genitori separati.
Nonostante l'intenzione di far uscire il film nelle sale cinematografiche nell'estate del 2013, nulla sembra muoversi in maniera concreta e così Steve Carr abbandona il progetto per essere sostituito nel 2011 da Tim Hill, il quale vorrebbe apportare delle tematiche più cupe rispetto a quelle dei primi due film, con un Johnny 5 dall'aspetto minaccioso e un focus incentrato sulle implicazioni etiche nell'utilizzare droni e robot nei conflitti militari.
Anche in questo caso, però, nulla si concretizza. La Dimension Films rinuncia dunque ai diritti sulla saga, che vengono rilevati alla fine del 2020 da Spyglass Media Group, che abbandona fin da subito le idee proposte per Dimension Films e inizia a sviluppare un proprio progetto sotto la supervisione di James Vanderbilt con protagonisti dei latinoamericani (forse per distanziarsi dal personaggio di Ben, un indiano interpretato da un americano, oggi non più fattibile).
A tale scopo la società di produzione ingaggia gli sceneggiatori Eduardo Cisneros e Jason Shuman.
Tuttavia a ormai tre anni di distanza non vi sono ulteriori sviluppi di questa vicenda e, anche se il film doveva in principio uscire nel 2022 ma non è mai arrivata una conferma ufficiale che il progetto fosse stato cancellato, al momento nessuno sa se Johnny 5 tornerà a vivere ancora una volta oppure rimarrà solo un caro ricordo di un tempo passato.
E questa è la fine della storia.

venerdì 8 settembre 2023

Netflix Original 151: Un Principe per Natale - Matrimonio Reale


I sequel sono una parte integrante del cinema fino praticamente dalla sua creazione, pur divenendo pratica comune solo a partire dalle grandi saghe blockbuster alla Star Wars.
Se infatti al termine di un film vediamo la parola "Fine", questo non significa che la storia dei protagonisti si sia necessariamente conclusa del tutto, visto che il giorno successivo potrebbero già affrontare altre sfide. Ecco perché dunque vi è un uso e talvolta anche un abuso del concetto di sequel.
Per Netflix la cosa non è stata così immediata, considerato che produce pellicole solo da poche anni. Ma giunge il tempo del primo sequel ufficiale.
In Un Principe per Natale abbiamo visto la giornalista Amber Moore coronare una fiabesca storia d'amore natalizia col principe Richard Charlton di Aldovia, aiutandolo anche a sventare un colpo di stato volto a impedire la sua incoronazione.
La loro storia prosegue in Un Principe per Natale: Matrimonio Reale (A Christmas Prince: The Royal Wedding), diretto da John Schultz, scritto da Nathan Atkins e distribuito su Netflix a partire dal 30 novembre 2018.
È passato quasi un anno da quando Amber Moore (Rose McIver) e re Richard di Aldovia (Ben Lamb) si sono fidanzati in via ufficiale e giunge il tempo in cui Amber deve trasferirsi in maniera permanente nel regno per celebrare il matrimonio reale, che si terrà il giorno di Natale.
Ma la donna non trova quell'accoglienza che sperava: Richard è infatti impegnato a concepire una soluzione a una grave crisi di liquidità del regno e spesso non le è accanto. Inoltre, il protocollo reale per il matrimonio, così rigido e formale, risulta troppo indigesto a una ragazza di città.
Come se non bastasse, la famiglia reale deve affrontare il ritorno di Simon (Theo Devaney), colui che aveva provato a sottrarre il trono a Richard. Un nuovo mistero da risolvere è alle porte.
Questo sequel segue esattamente la falsariga del film originario. Ambientazione natalizia, trama semplice e diretta, trionfo dei buoni sentimenti a un punto tale che alla fine mi colava miele dai pori della pelle, passaggi logici che vengono saltuariamente saltati senza troppi complimenti per giungere a una lieta conclusione.
Aldovia continua a essere lo specchio di come gli americani vedono i regni europei dal loro punto di vista: popolato solo da lavoratori del settore primario e secondario e dove a quanto pare non possono esistere grattacieli o case un minimo lussuose se non il castello fiabesco del re.
Anche la trama è ormai consolidata: si verifica una situazione di crisi nel rapporto tra i due amanti, questa crisi è collegata a un mistero che minaccia di minare alle basi la solidità del regno di Aldovia, Amber con la sua prontezza e intelligenza risolve da sola il mistero come una novella Enola Holmes e i due amanti si riappacificano.
Praticamente il sequel è una sorta di fotocopia del primo film, con davvero nessun nuovo elemento rilevante introdotto (anche il matrimonio è solo una "conseguenza" di quanto si era già visto). Tuttavia in un prodotto del genere non è che ci si potesse aspettare molto e a volte bisogna accontentarsi.