giovedì 25 aprile 2024

Italians do it better? 43: Smetto Quando Voglio - Masterclass (2017)


Dopo Smetto Quando Voglio, gli scienziati divenuti criminali per necessità, ma di buon cuore nell'animo, ritornano nel secondo capitolo Smetto Quando Voglio: Masterclass, diretto da Sydney Sibilia, scritto da Sydney Sibilia, Luigi Di Capua e Francesca Manieri e distribuito nei cinema nel febbraio 2017.
Nel primo capitolo, abbiamo visto Pietro Zinni, un professore universitario precario, mettere su una insolita banda insieme ad altri colleghi scienziati e laureati costretti a fare lavori umilianti e creare una droga sintetica non inserita nell'elenco delle sostanze proibite dal governo e, dunque, legalmente commerciabile.
Questo aveva attirato l'attenzione di un boss criminale romano detto il Murena e, per evitare la galera ai suoi amici, Pietro Zinni si allea con la polizia per incriminarlo, anche se questo comporta per lui finire in prigione.
Da questo punto prende le mosse il sequel. Quando commercializzava con gran profitto le smart drugs, Alberto Petrelli (Stefano Fresi) aveva notato un grande cromatografo venir trasportato lungo le strade romane, ma non aveva potuto indagare oltre.
Mentre si trova in carcere, Pietro Zinni (Edoardo Leo) riceve una proposta da parte dell'ispettrice Paola Coletti (Greta Scarano): rimettere insieme la banda al fine di scovare altri spacciatori di smart drugs, il tutto agendo sotto copertura e senza l'appoggio formale degli organi di polizia. Se Zinni e la sua squadra riusciranno a neutralizzare un certo numero di bande criminali, la loro pena sarà del tutto annullata.
Per riuscire in questo intento, tuttavia, occorrono nuovi elementi. E non solo, il mistero del cromatografo nasconde in realtà un terribile segreto che rischia di mettere a ferro e fuoco Roma.
Potrebbe apparirvi strano, a un primo approccio, veder trasferita una trama prettamente americana (antieroi, inseguimenti, travestimenti, un villain determinato a seminare il caos) in un contesto molto, decisamente molto italiano.
Come spesso accade è una questione di mentalità. Aver visto simili trame create quasi sempre da americani e inserite nella società americana, mentre per quanto riguarda la società italiana ci siamo fossilizzati sul genere commedia, ci ha convinti che il cinema italiano simili storie non le possa creare.
E invece, come sempre, è solo una questione di volontà. Tra omaggi a Rambo, Ocean's ElevenFast and Furious e Indiana Jones (più magari altri che mi sono sfuggiti), questo secondo capitolo si rivela ancora più rocambolesco e pieno di sorprese del precedente e presenta una scena di inseguimento in treno che non sfigurerebbe affatto in un blockbuster americano.
Al tempo stesso, però, proprio perché calata in un contesto italiano, non abbiamo gli antieroi a cui ci ha abituato il cinema statunitense, bensì gente sfortunata, rigettata dalla società, ma che ha ancora a cuore valori come l'amicizia e la famiglia. E qualche battuta caciarona lungo la via dimostra ancor di più che sì, siamo proprio in Italia.
Ma questo non è un male, anzi, è giusto dare una certa impronta al film senza limitarsi a omaggiare in maniera rispettosa il cinema americano. Grazie a questo i protagonisti - non è semplice gestire più di dieci personaggi - e la storia acquistano una precisa fisionomia e donano coerenza e continuità, rendendo queste due pellicole una sorta di unicum.
Un unicum che però deve ancora trovare una risoluzione finale.

mercoledì 24 aprile 2024

Netflix Original 174: Enola Holmes


Il mito letterario di Sherlock Holmes continua a essere ben presente ancora al giorno d'oggi, oltre 130 anni dopo la pubblicazione della prima storia e dopo novant'anni dalla scomparsa dell'ideatore del personaggio, Arthur Conan Doyle.
Dopo la morte dello scrittore, sono fioccati gli apocrifi, il loro numero è ormai incalcolabile, è più numeroso delle stelle del firmamento. Li ha scritti persino uno dei suoi discendenti! E si sa, anche se il personaggio nelle sue origini era un totale misantropo, dopo un po' sono spuntati come funghi, grazie ad altri scrittori, mogli, eredi... e sorelle.
Già, perché secondo il famoso canone Sherlock Holmes ha un solo fratello, Mycroft. Ma... qualche tempo fa le cose sono cambiate.
Dal 2006, per la precisione, quando è uscito il primo romanzo della saga in sei parti The Enola Holmes Mysteries, scritta da Nancy Spinger, in quella che si definirebbe letteratura young adult. Tale romanzo viene adattato con Enola Holmes, diretto da Harry Bradbeer, scritto da Jack Thorne e distribuito su Netflix a partire dal 23 settembre 2020.
Enola Holmes (Millie Bobby Brown) è la sorella minore di Sherlock Holmes (Henry Cavill). Dopo la morte del padre e dopo che i suoi due fratelli si sono trasferiti a Londra, Enola Holmes è rimasta accanto alla madre Eudoria (Helena Bonham Carter), la quale è stata la sua tutrice e le ha insegnato anche alcune tecniche di combattimento.
Al compimento dei sedici anni, Enola scopre che la madre è scomparsa nel nulla, lasciando dietro di sé pochi, enigmatici messaggi. Mentre cerca di sfuggire ai due fratelli, soprattutto al rigido e severo Mycroft (Sam Claflin), la ragazza cerca di venire a capo del mistero, ma all'improvviso si ritroverà coinvolta in un enigmatico caso di sparizione di un giovane marchese, Lord Tewkesbury (Louis Partridge).
Come molte saghe letterarie che continuano secoli dopo essere state ideate, quella di Sherlock Holmes si è ormai distaccata dalle intenzioni originarie del suo creatore, che viveva in un periodo differente e aveva idee, per quanto progressiste, radicate in quel periodo. E dopotutto, chi è affezionato solo a quel canone letterario può sempre godere delle sue sessanta storie.
Ma Sherlock Holmes e il mondo che ruota attorno a lui oggi sono utilizzati anche con altri obiettivi, pur mantenendo il più delle volte l'ambientazione di base - l'Inghilterra tardovittoriana - e lo schema delle trame originario.
Tanto che il pubblico di riferimento dei libri da cui questo film prende spunto non era certo nelle priorità di Arthur Conan Doyle, ovvero gli adolescenti e in particolar modo le giovani lettrici.
Giovani lettrici che all'epoca di Conan Doyle, se sapevano leggere (non così scontato per le classi meno abbienti nel diciannovesimo secolo), erano più interessati ai feuilleton o alle opere romantiche. L'interesse del pubblico, non solo di quello femminile, si è espanso però da quei tempi lontani.
Ecco dunque che al centro di questo film troviamo una ragazza che deve imparare a conoscere il mondo, che fino a quel momento le è stato precluso, e trovare un proprio giusto posto in questo mondo. Cercando al contempo anche una propria indipendenza, se questo è possibile, che prescinda dagli uomini e dalle autorità.
Enola Holmes, attraverso l'indagine sul marchese scomparso, compie dunque anche un viaggio interiore, un viaggio alla ricerca di sé stessa, mentre scopre al contempo sia le cose belle che le cose brutte che questo mondo ha da offrirle e come lei possa fare la propria parte, senza necessariamente piegarsi alla volontà predominante.
Ovviamente non ci si dimentica che questo è un prodotto per le masse e dunque si contorna il tutto con un sano mystery, scene di combattimento, esplosioni, amori adolescenziali e qualche piccolo dramma. Solo in certi punti, almeno è una mia impressione, non si era ben chiari su quale direzione dovesse prendere la trama, pur essendo chiaro quale fosse l'epilogo.
Ma l'epilogo non è rappresentato da questo unico film: la saga originaria è in sei parti e dunque Enola Holmes può dunque ancora offrire altre sorprese. E svelare altri misteri.

martedì 23 aprile 2024

Fabolous Stack of Comics - Camelot 3000


Le storie legate ai miti arturiani hanno attraversato letteralmente i secoli, giungendo a decine di generazioni.
Sin dal Medioevo, infatti, le storie incentrate su Re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda, col loro carico di eroismo e tragedia, hanno appassionato migliaia di persone. Storie che, attraversando i secoli, sono inevitabilmente anche poi state plasmate per le masse, per il grande pubblico e per tempi molto diversi e distanti rispetto al Medioevo.
Ma forse nessuno si sarebbe aspettato di veder catapultato il mito arturiano in uno scenario futuristico. Eppure questo è ciò che avviene in Camelot 3000, maxiserie di dodici numeri pubblicata dalla DC Comics tra il 1982 e il 1985, scritta da Mike W. Barr e disegnata da Brian Bolland.
Nell'anno 3000, il pianeta Terra viene invaso da una malvagia razza extraterrestre. Mentre molte città cadono sotto il giogo degli attacchi alieni, un giovane inglese di nome Tom Prentice cerca di fuggire insieme ai suoi genitori.
Purtroppo un assalto alieno uccide i genitori e per salvarsi, Tom Prentice si rifugia in una caverna. Qui vi trova la tomba di Re Artù che, una volta aperta, rivela la figura dell'ex sovrano bretone, pronto a tornare sulla scena nel momento di maggior bisogno della Terra, come profetizzato nei tempi antichi.
Ma per sconfiggere il nemico proveniente da lontano, Re Artù avrà bisogno di ritrovare i suoi fedeli alleati, ovvero Merlino e i Cavalieri della Tavola Rotonda. E dietro l'invasione aliena c'è in realtà una sua vecchia e letale conoscenza.
C'è un approccio che viene fatto rispetto alla fantascienza che spesso è stato usato in maniera abile e intelligente. Ovvero, ambientando gli eventi della storia in uno scenario distante e futuro, sfruttare suddetto scenario per parlare in realtà del proprio presente.
Ed è ciò che viene fatto in quest'opera da parte di Mike W. Barr che, sfruttando personaggi radicati in un'epoca passata e distante, trasferisce tali personalità eroiche, ma conservatrici, in un futuro sull'orlo dell'apocalisse, dove il presente del tempo dello sceneggiatore fa capolino.
Tre periodi temporali che dunque convergono per narrare, sotto la metafora dei cavalieri coraggiosi e senza paura che combattono un nemico proveniente da un pianeta lontano, le tematiche sociali dell'epoca, inserendo argomenti come l'identità sessuale (con tanto di un personaggio transgender), il razzismo e le disparità tra classi ricche e popolazione povera.
Lo sceneggiatore, tuttavia, non si limita a stilare un semplice trattato sociale e, di concerto con un disegnatore la cui abilità è fuori scala, concepisce una trama certo intuibile e semplicistica in certi punti, ma piena di azione, combattimenti e colpi di scena.
Camelot 3000 è uno dei tanti esempi che dimostrano che si possono utilizzare personaggi ormai divenuti universali e, proprio grazie a questa loro natura, calarli in ogni possibile contesto narrativo, anche il più improbabile, e senza snaturarli far giungere al lettore dei messaggi altrettanto universali.
Magari alcuni di questi messaggi, alcuni decenni dopo, saranno ormai datati, ma questo non significa che la storia in sé ne risulti compromessa.

sabato 20 aprile 2024

A scuola di cinema: Assassinio allo Specchio (1980)

1962: Viene pubblicato il romanzo Assassinio allo Specchio (The Mirror Crack'd from Side to Side), scritto da Agatha Christie.
Ambientato a St. Mary Mead, vede protagonista Jane Marple che - in convalescenza a casa per via di una caduta - viene a sapere dell'arrivo nel villaggio di Marina Gregg e Jason Rudd, attrice e produttore cinematografici.
Durante un party di inaugurazione della loro nuova casa, una donna di nome Heather Badcock muore all'improvviso, per via di un drink che risulta avvelenato. Un drink che in origine era destinato a Marina Gregg.
Mentre Scotland Yard indaga e Miss Marple riceve informazioni al riguardo dall'ispettore Dermot Craddock, essendo ancora confinata a casa, altre due persone dell'entourage di Marina Gregg vengono assassinate e si inizia a temere che qualcuno l'abbia presa di mira.
Miss Marple capirà infine che la risoluzione del mistero risiede in un tragico evento del passato.
La EMI Films, che negli anni precedenti ha prodotto due adattamenti tratti da opere di Agatha Christie, nello specifico Assassinio sull'Orient Express (Murder on the Orient Express) e Assassinio sul Nilo (Death on the Nile), ha opzionato altre opere della scrittrice inglese, tra cui anche quelle che vedono protagonista l'altro celebre personaggio da lei ideato, ovvero Jane Marple.
Alla quale ora spettano gli onori della ribalta.


Già in passato, negli anni '60 del ventesimo secolo, erano stati prodotti alcuni film con protagonista Jane Marple. Ben quattro pellicole, dove a interpretare la celebre detective vi era Margaret Rutherford.
Una scelta, a dire il vero, non molto gradita ad Agatha Christie, e non per critica alle capacità attoriali della donna, bensì perché costei - secondo il suo punto di vista - con la sua personalità brillante era troppo distante dalla sua idea di Jane Marple, un personaggio tranquillo e riflessivo.
Un fatto che, inclusi altri fattori, aveva portato la scrittrice a negare per qualche tempo i diritti di sfruttamento cinematografici delle sue opere, fino a quando aveva dato il suo benestare per Assassinio sull'Orient Express.
L'intenzione originaria è quella di produrre una trilogia incentrata su Jane Marple e nel 1979 viene trovata l'interprete adatta, ovvero Angela Lansbury, la quale era presente con una parte rilevante anche in Assassinio sul Nilo. La produzione crede così tanto in lei che le lascia concludere, prima di coinvolgerla nel progetto, una tournee di Broadway dell'opera musicale Sweeney Todd.
In mancanza di un benestare da parte di Agatha Christie, scomparsa quattro anni prima, l'attrice viene ritenuta la scelta perfetta in quanto simile a quella che è la descrizione fisica del personaggio, seppur non sia all'epoca così anziana quanto Jane Marple.
Una prima sceneggiatura viene scritta da Jonathan Hales, il quale si concentra maggiormente sulla parte investigativa, venendo infine revisionata da Barry Sandler, che si dedica principalmente invece a delineare i protagonisti. La regia viene affidata a Guy Hamilton.
In contrasto con l'opera originale, i cui eventi si verificano negli anni '60 del ventesimo secolo, si decide di ambientare la storia nel 1953, l'anno dell'incoronazione della regina Elisabetta II. Così al direttore di casting Dyson Lovell viene in mente di utilizzare, per i personaggi di nazionalità americana, vecchie glorie del cinema di quell'epoca.
Vengono messi così subito sotto contratto Tony Curtis e poi Rock Hudson, nel ruolo di Jason Rudd, e Natalie Wood, nel ruolo di Marina Gregg. Ma quest'ultima in un secondo momento, forse per dispute contrattuali, decide di ritirarsi dal progetto.
Rock Hudson propone allora di contattare la sua cara amica Elizabeth Taylor, ponendo il tutto come condizione per la sua partecipazione. La produzione in principio è esitante. L'attrice infatti è scomparsa dai radar delle produzioni cinematografiche da circa due anni, sta prendendo antidepressivi a seguito del fallimento del secondo matrimonio con Richard Burton e una tumultuosa relazione con il senatore John Warner, ma soprattutto si teme che possa chiedere un ingaggio troppo alto.
Rock Hudson rassicura tutti: agirà da garante e farà sì che l'attrice accetti un compenso parificato al suo. Quando Elizabeth Taylor viene contattata, una molla che la spinge ad accettare è il fatto che sul set ritroverà amici di lunga data e stare insieme a loro la aiuterà a dimenticare le passate traversie per un po'.
Infine, per il ruolo di Lola Brewster, la rivale di Marina Gregg, viene ingaggiata Kim Novak, anche lei con alle spalle negli ultimi anni solo apparizioni sporadiche e perlopiù in ruoli secondari.
Il 27 agosto 1979, mentre si trova in vacanza presso il villaggio di Mullaghmore, situato nella contea di Sligo in Irlanda, il produttore John Brabourne rimane coinvolto in un attentato dell'IRA (Irish Republican Army) mentre si trova su una barca insieme alla propria famiglia. Le conseguenze dell'attentato, avvenuto tramite una bomba piazzata dall'IRA sull'imbarcazione privata Shadow V e controllata a distanza, sono devastanti.
Oltre al conte Louis Mountbatten, principale obiettivo del gruppo terrorista, l'attentato reclama infatti altre vittime, tra cui la madre di John Brabourne e Nicholas, uno dei suoi figli. John Brabourne, insieme alla moglie e un altro dei suoi figli, rimane invece gravemente ferito e deve affrontare un periodo di riabilitazione di alcuni mesi. Dopodiché torna a lavorare alla produzione del film.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 12 maggio 1980, tenendosi nella contea inglese di Kent, per concludersi il 18 luglio.
Assassinio allo Specchio (The Mirror Crack'd) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 19 dicembre 1980. A fronte di un budget di cinque milioni e mezzo di dollari, la pellicola arriva infine a incassare 11 milioni di dollari.
Il risultato non è ritenuto all'altezza delle aspettative, tanto che il progetto di un secondo film con Miss Marple già programmato, Appointment with Murder, viene subito messo da parte, bloccando così sul nascere i piani per una trilogia.
Angela Lansbury, tuttavia, non rimane troppo lontana dal genere giallo, poiché dal 1984 inizia a interpretare un'altra investigatrice, Jessica Fletcher, nel celebre serial La Signora in Giallo (Murder, She Wrote).
Ma se Jane Marple per il momento non prosegue la sua carriera cinematografica, sulla cresta dell'onda vi è ancora Hercule Poirot, pronto ad apparire in un nuovo film... ma questa è un'altra storia.

mercoledì 17 aprile 2024

Fabolous Stack of Comics: Wolverine - Il Tuo Peggior Nemico


Nello scenario di Krakoa emerso a seguito di House of X/Powers of X, lui non poteva di certo mancare. Stiamo parlando di Wolverine, personaggio mutante tra i più popolari, se non il più popolare, nonché il più riconoscibile dei personaggi Marvel dal pubblico generalista.
Mentre Hugh Jackman si appresta a sfoderare gli artigli un'altra volta, Wolverine - già attivo come componente di X-Force - ha tempo di vivere anche delle avventure in solitaria in una nuova serie regolare iniziata nel 2020. La prima saga di cinque numeri, intitolata Il Tuo Peggior Nemico (Your Own Worst Enemy) è scritta da Benjamin Percy e disegnata da Adam Kubert e Viktor Bogdanovic.
Durante una missione di X-Force, Wolverine entra in contatto con un misterioso polline in grado di creare allucinazioni molto reali e che una setta vuole utilizzare per acquisire poteri mutanti. Dietro questo insolito traffico di stupefacenti vi è un nuovo nemico i cui scopi sono in apparenza insondabili.
Per venire a capo del mistero, in assenza dei suoi compagni di squadra caduti in coma per via del polline, Wolverine deve allearsi con l'agente della CIA Jeff Bannister, che da tempo chiede a Krakoa una cura per la figlia malata.
Successivamente, Wolverine dovrà fare i conti con l'arrivo a Krakoa di un suo vecchio nemico, Omega Red. A tutti i mutanti è concessa ospitalità, anche a lui dunque, nonostante Logan non si fidi affatto. E fa bene, poiché Omega Red si è alleato con la nazione dei vampiri di Dracula per un misterioso obiettivo che vede proprio Wolverine come pedina principale.
In uno scenario davvero corale che più corale non si può come quello di Krakoa, risulta difficile incentrare una serie su un singolo personaggio. Difficile, ma non impossibile, visto che ci siamo già imbattuti nella testata di Cable.
Wolverine crede molto nel sogno di Xavier, ma al tempo stesso è un guerriero che ama agire in solitario portando avanti un suo personale concetto di giustizia, il quale adesso è in contrasto coi dettami del Consiglio dell'isola.
Ci troviamo dunque di fronte a un antieroe che sembra infine veder realizzato il sogno di integrazione per cui si è speso in prima persona negli anni precedenti, ma al tempo stesso desidera ancora battersi contro quelle minacce che mettono in pericolo quel sogno.
Con le trame principali indirizzate altrove, ci si concentra su alcuni aspetti del mondo mutante, in particolar modo quelli riguardanti Wolverine, creando in queste prime storie sia un nuovo avversario che riportando sulla scena uno dei suoi nemici storici.
Quindi trame incentrate molto sull'azione, poco sull'introspezione - diciamo quel tanto che basta in un'occasione del genere - e le consuete artigliate che ristabiliscono l'ordine. Per il momento è più che sufficiente.

martedì 16 aprile 2024

Prime Video Original 89: Road House


Nel 1989, esce Il Duro del Road House, epitome di una certa tipologia di film d'azione predominanti in quel decennio, e che tuttavia si distingueva per la profonda umanità del protagonista, interpretato da Patrick Swayze.
Per uno di quegli strani scherzi del destino, questo film negli anni ha conseguito una sorta di status di culto - forse anche per via della prematura scomparsa dell'attore - venendo apprezzato da più generazioni e continuando a essere lodato.
E sapete come funziona il cinema, a volte. Se un prodotto funziona, perché non rifarlo? Ecco dunque Road House, diretto da Doug Liman, scritto da Anthony Bagarozzi, Charles Mondry e David Lee Henry e distribuito su Amazon Prime Video a partire dal 21 marzo 2024.
Elwood Dalton (Jake Gyllenhaal) è un ex lottatore della UFC caduto in disgrazia, che si guadagna da vivere combattendo nei circuiti clandestini. Un giorno viene contattato da Frankie (Jessica Williams), un'imprenditrice della Florida che vuole assumerlo come buttafuori del suo road house, il quale è frequentato in parte da gente poco raccomandabile.
Dopo qualche esitazione Dalton accetta, ma ben presto si ritrova di fronte a qualcosa di non previsto. Il Road House, infatti, è nel mirino per qualche misterioso motivo di Ben Brandt (Billy Magnussen), uno spietato criminale che naviga nel lusso. Ma il nemico più insidioso per Edwood Dalton potrebbe rivelarsi il suo insidioso passato.
Un remake di solito si pone l'obiettivo di riprendere il film originario e attualizzarlo, considerato che nel mentre qualche anno o decennio sono passati. E sì, di certo il 2024 è molto differente rispetto al 1989, anche solo per la concezione di eroe cinematografico, da cui pure il personaggio interpretato da Patrick Swayze cercava in parte di distaccarsi.
Lo scheletro della trama originaria viene ovviamente ripreso (l'eroe contro il criminale e il suo sanguinario scagnozzo, la storia d'amore con una dottoressa, gli interessi economici che circondano il Road House), ma partendo da queste basi si cerca anche di costruire qualcosa di diverso.
A partire dalle ambientazioni. La pellicola originaria era ambientata principalmente di notte, nel Missouri popolato da "bifolchi", a sottolineare una certa oscurità della trama di fondo. Il remake invece si svolge nell'assolata Florida e la maggior parte delle scene, quasi tutti i combattimenti in particolar modo, avvengono di giorno, come a voler sottolineare un tono più leggero rispetto al passato.
Anche i protagonisti secondari, a partire dai villains, sono abbastanza fuori di testa, forse perché replicare Ben Gazzara in chiave seria oggi non funzionerebbe.
Il protagonista, invece? A mio avviso Jake Gyllenhaal non ha attualizzato il Dalton di Patrick Swayze, bensì ha cercato di fornire un'interpretazione aggiornata, e un po' più light, del suo stesso personaggio di Southpaw: L'Ultima Sfida. Diviso tra il tormento per alcuni eventi del passato e il desiderio di trovare una nuova strada, ma con un lato oscuro pronto a emergere e a seminare il caos.
Una personalità così preminente da offuscare tutte le altre, mentre nel film originario vi era un po' di spazio anche per gli altri protagonisti, nonostante la personalità imponente di Patrick Swayze.
Quindi chi volesse guardare questo remake nella speranza di ritrovarci le atmosfere de Il Duro del Road House resterà deluso. Questo è un film per il pubblico "moderno" (qualsiasi cosa voglia dire) e che il passato lo tratta solo in termini di rispetto. Ma questo è appunto passato.

lunedì 15 aprile 2024

Disney+ Original 24: Chang a Canestro


Lo sport - e i film sugli sport - si rivela spesso un argomento perfetto per narrare storie di integrazione e accettazione. Dopotutto, se uno è bravo da un punto di vista atletico, quale importanza possono avere il suo credo religioso o la sua provenienza?
Storie di integrazione di campioni sportivi si sono viste anche in Italia, neanche a dire nel calcio che è lo sport più popolare da sempre, ma anche nell'atletica o nella pallavolo. Negli Stati Uniti, invece, che rappresentano un crogiolo di culture, vi sono varie altre discipline che catturano l'attenzione del pubblico, come il football... o il basket.
E il basket e la sua capacità di far realizzare certi sogni sono oggetto del film Chang a Canestro (Chang Can Dunk), scritto e diretto da Jingyi Shao e distribuito su Disney+ a partire dal 10 marzo 2023.
Chang (Bloom Li) è un sedicenne, immigrato di seconda generazione, fan di Kobe Bryant e appassionato di musica. Durante le lezioni di ginnastica viene continuamente prevaricato dal coetaneo Matt (Chase Liefeld), più forte e abile atleticamente.
Le cose si complicano in maniera ulteriore con l'arrivo nella scuola di Kristy (Zoe Renee), una ragazza da cui Chang rimane subito affascinato. Per dimostrare di valere qualcosa agli occhi della gente, Chang scommette con Matt che in poche settimane sarà in grado di effettuare una schiacciata a canestro.
Ora però il ragazzo, che è alto neanche un metro e settanta, deve trovare un modo per vincere questa scommessa, da cui dipende anche il suo futuro.
Ormai anche in Italia è ben presente una fascia di popolazione nota come immigrati di seconda generazione (anche di terza, a dire il vero). Ovvero ragazzi figli di immigrati ma nati su territorio italiano. Che dunque parlano italiano in maniera fluente, studiano in scuole italiane e, una volta entrati nel mondo del lavoro, pagano le tasse in Italia.
Un fenomeno ben presente anche negli Stati Uniti, che in questi ultimi anni hanno visto arrivare flussi di immigrazione differenti dal passato e che coincidono coi nostri, ovvero di persone provenienti dai paesi orientali, i quali hanno una cultura differente e si devono ambientare in una società con le proprie regole e consuetudini.
Regole e consuetudini che non si applicano talvolta ai loro figli, poiché nascono circondati da esse. Nonostante questo, alcuni devono lottare - in una società spesso ottusa e conservatrice - per farsi accettare.
E la storia di Chang alla fine è proprio questo: il più classico dei racconti di integrazione, di un ragazzo che è escluso da una certa parte della scuola da lui frequentata e al tempo stesso accettato per quello che è da un'altra parte, composta perlopiù di reietti come lui.
La sfida che lui lancia diventa dunque una (evidente) metafora di come per fare parte di quella parte che non lo accetta occorra rispettare certi standard - e per una volta la provenienza o il colore della pelle contano davvero poco - e adeguarsi, come diceva il Principe.
Ma sarà davvero questo il modo migliore per integrarsi? O forse Chang ha già a disposizione tutti gli strumenti per conseguire la propria felicità? La risposta arriverà coi dolori della crescita e il confronto coi suoi coetanei e con la madre, nata in Giappone.
Poiché l'accettazione degli altri passa anche dall'accettazione di sé stessi.

domenica 14 aprile 2024

A scuola di cinema: Mosca a New York (1984)

1905: Da un treno in movimento salta una persona, seppur questo possa costargli la vita. Costui, originario di Kiev, è un soldato dell'esercito russo, il quale è insofferente rispetto all'autoritario regime zarista. Con molte difficoltà, il soldato si imbarca su una nave, diretta verso gli Stati Uniti. Su questa stessa nave incontra la futura moglie.
Giunta negli Stati Uniti, la coppia riesce a costruirsi una nuova vita e i due coniugi hanno dei figli, i quali a loro volta si creano una famiglia e hanno dei figli. Uno di questi è il futuro regista Paul Mazursky, che dalla storia di suo nonno e della sua famiglia molti anni dopo trae spunto per una pellicola.


Dopo aver lavorato con profitto, insieme allo sceneggiatore Leon Capetanos, per il film Tempesta (Tempest), Paul Mazursky decide di rinnovare la collaborazione con lui prendendo come riferimento - partendo dalle esperienze del nonno - le storie di immigrazione del popolo russo.
Il completamento della sceneggiatura si rivela lungo e laborioso e va avanti per quasi un anno, poiché i due autori decidono di portare avanti un importante lavoro di indagine e ricerca sul campo, intervistando molti immigrati russi che vivono a New York e Los Angeles.
Dopo il completamento della prima bozza, Paul Mazursky e Leon Capetanos visitano per tre settimane circa le città russe di Kiev, Mosca e San Pietroburgo, dove intervistano alcuni residenti del luogo, scoprendo che costoro, anche se potessero andarsene dal paese e questo migliorerebbe la loro vita, si lascerebbero comunque alle spalle qualcosa di importante per la loro esistenza, inoltre sarebbero costretti ad abbandonare la loro famiglia.
La sceneggiatura viene infine opzionata dalla Columbia Pictures, mentre nel frattempo Paul Mazursky cerca un attore adatto che possa interpretare il personaggio principale, Vladimir Ivanov. La sua scelta ricade infine su Robin Williams, per la sua capacità di essere sempre in bilico tra ironia e dramma e di passare dall'una all'altro con abilità e semplicità.
Nei mesi che rimangono prima dell'inizio delle riprese, per prepararsi al meglio alla parte, l'attore studia le consuetudini dell'allora Unione Sovietica, comincia a prendere lezioni di russo da un attore madrelingua e al contempo anche delle lezioni di musica per imparare a suonare il sassofono, caratteristica del suo personaggio.
La dedizione di Robin Williams nel padroneggiare come suonare questo strumento musicale si rivela aldilà delle aspettative, tanto che il suo insegnante afferma infine che in pochi mesi ha raggiunto un livello di abilità che di solito chiunque altro raggiunge in due anni.
Anche la padronanza della lingua russa, con lezioni giornaliere di cinque ore, arriva a un buon livello, tanto che alla fine l'attore è in grado, oltre che a non far sentire troppo il proprio accento americano, di intrattenere una conversazione con gli attori russi presenti sul set.
Le riprese iniziano in via ufficiale l'undici luglio 1983.
Come noto all'epoca era praticamente impossibile ottenere un autorizzazione dalle autorità russe per girare in loco, ancor più se si trattava di una produzione americana.
Dopo aver ispezionato alcune città, tra cui Stoccolma, Vienna ed Helsinki, Paul Mazursky decide che la migliore location per le riprese ambientate in Russia sia Monaco di Baviera, dove peraltro vivono molti russi e dove è presente uno studio cinematografico - Bavaria Studios- nel quale si possono ricreare le strade di Mosca durante il periodo invernale senza dover chiedere lunghe e burocratiche autorizzazioni per scene in esterno.
Dopo circa un mese di riprese, la troupe si trasferisce a New York, per continuare e concludere la lavorazione.
Nell'intento di dare maggiore autenticità alla pellicola, il regista Paul Mazursky decide di utilizzare, come comparse o per dei ruoli secondari, attori di nazionalità russa, che vengono trovati tramite apposite agenzie di casting o inserendo degli annunci su quotidiani in lingua russa presenti nelle città di Monaco e New York.
Tra questi attori vi è Saveliy Kramarov, che in una sorta di esempio di realtà che imita l'arte aveva defezionato dall'Unione Sovietica, rinunciando a una brillante carriera cinematografica in madrepatria in cambio di una nuova vita e libertà religiosa.
Anche negli Stati Uniti, tuttavia, Saveliy Kramarov ha la possibilità di continuare a recitare e questo film rappresenta la sua prima produzione americana (ironicamente, interpreta la parte di un agente del KBG, i servizi segreti dell'allora Unione Sovietica), e altre ne seguiranno negli anni successivi.
Mosca a New York (Moscow on the Hudson) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 6 aprile 1984. A fronte di un budget di 13 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare 25 milioni di dollari.
C'è qualcuno che non è molto felice di questo e non per motivazioni prettamente cinematografiche. Si tratta dell'artista Saul Steinberg. Costui, notando il poster che accompagna l'uscita del film, dove è presente una vista dall'alto della città di New York, cita in giudizio la produzione, affermando che tale poster ha copiato una sua illustrazione pubblicata sulla copertina della rivista New Yorker nel marzo 1976, View of the World from 9th Avenue.
Nel 1987 un tribunale di New York si pronuncia infine in favore del querelante, poiché anche a un primo sguardo di un non esperto si possono notare delle similarità, e per questo a Saul Steinberg viene concesso un risarcimento.
Alcuni anni dopo, Paul Mazursky concepisce l'idea per un sequel, intitolato Moscow on the Rocks, di cui arriva a scrivere anche la sceneggiatura. In questo seguito il protagonista è ancora Vladimir Ivanov, ora divenuto un importante ma al tempo stesso spietato uomo d'affari, che utilizza perlopiù manodopera a basso costo composta da immigrati.
La situazione cambia quando Vladimir ritorna in Russia, in uno scenario politico diverso da quello che aveva lasciato, per festeggiare il matrimonio di sua sorella e al tempo stesso innamorarsi di una dottoressa del posto.
Per anni il regista cerca di farsi dare il via libera per questo progetto ma, unito al fatto che nel frattempo Robin Williams è divenuto una star di primo piano ed è molto più richiesto rispetto al passato, esso non va mai in porto. Ogni residua possibilità svanisce infine con la scomparsa sia di Paul Mazursky che di Robin Williams, avvenute ironicamente nello stesso anno, il 2014.
E questa è la fine della storia.

sabato 13 aprile 2024

A scuola di cinema: American Gigolò (1980)

1976: Mentre sta tenendo lezioni di sceneggiatura presso l'aula di cinema della UCLA (University of California, Los Angeles), lo scrittore Paul Schrader tenta di dare alcuni input agli studenti in merito alle professioni dei protagonisti dei film.
Nel corso di queste lezioni, Paul Schrader rimane intrigato dall'idea di una figura maschile che si guadagni da vivere come Gigolò, definendolo un "American Gigolo". Così intrigato da scriverne infine una sceneggiatura, nello stesso anno in cui esce nelle sale cinematografiche un altro film da lui ideato e del tutto diverso, Taxi Driver. Questo rappresenta il primo passo verso la produzione di una celebre pellicola.


Poco meno di due anni dopo, la sceneggiatura di Paul Schrader viene opzionata dalla Paramount Pictures. Nel gennaio del 1978 viene trovato e messo sotto contratto l'attore protagonista, John Travolta, per il ruolo principale di Julian Kay, dietro un compenso di due milioni di dollari. All'epoca John Travolta è sulla cresta dell'onda grazie al successo de La Febbre del Sabato Sera (Saturday Night Fever), prodotto sempre dalla Paramount.
La partecipazione di John Travolta al progetto non si limita solo alla firma del contratto. L'attore, infatti, si reca a Milano, dove lo stilista Giorgio Armani prepara per lui circa 30 vestiti modellati sulla sua figura, da utilizzare durante le riprese. Sfruttando uno di questi vestiti, John Travolta compare in un annuncio pubblicitario sulla rivista Variety per annunciare la sua futura partecipazione al film.
Le cose, però, precipitano in maniera rapida. In quello stesso anno, Helen Cecilia Burke, la madre dell'attore, muore e il padre Salvatore si ammala in maniera grave. John Travolta rimane accanto alla sua famiglia e così l'inizio delle riprese, previsto per il 1978, viene spostato all'inizio dell'anno successivo.
Qualche tempo dopo, però, John Travolta chiede di poter avere la parola decisiva sul montaggio finale, ma Paul Schrader non è molto accondiscendente al riguardo. A chiudere la questione, alla fine dell'anno esce il film Attimo per Attimo (Moment by Moment), il quale si basa su un presupposto della sceneggiatura di Paul Schrader, ovvero la relazione tra un uomo giovane e una donna matura. Un film che si rivela un tremendo flop.
Temendo che un simile destino possa capitargli ancora, John Travolta si ritira dunque dal progetto, ma decide di tenere per sé l'intero set di vestiti preparato da Giorgio Armani, anche perché concepito esclusivamente su di lui.
Dovendo trovare un sostituto in tempi rapidi, la Paramount offre la parte e un compenso di un milione di dollari a Christopher Reeve, ma l'attore ritiene che non ci sia il tempo necessario per prepararsi in maniera adeguata e decide dunque di rinunciare.
A quel punto la produzione si rivolge a quella che era la prima scelta di Paul Schrader, ovvero Richard Gere. Costui all'epoca ha già qualche film all'attivo, ma non è ancora una star di successo come John Travolta o Christopher Reeve.
Questo permette alla Paramount di offrirgli un ingaggio di soli 350.000 dollari, più una percentuale degli incassi della pellicola. Intrigato dal personaggio e dalla sceneggiatura, Richard Gere accetta comunque la parte, nonostante abbia solo due settimane di tempo per prepararsi.
Il lungo processo di casting del protagonista ha effetti anche sull'assegnazione del ruolo della protagonista femminile, Michelle Stratton. In principio, infatti, la parte viene proposta a Jessica Lange, che ritiene tuttavia la trama troppo cupa. Viene messa dunque sotto contratto Julie Christie ma, a seguito dei ritardi nella produzione, viene tenuta un'audizione a Glenn Close.
Al suo arrivo l'attrice trova otto persone sedute attorno a un tavolo e John Travolta sdraiato su un letto. Glenn Close non ricorda le battute che deve pronunciare, così come Travolta del resto, ma questo a quanto pare non è l'obiettivo principale dell'audizione, che vuole vedere se possa scattare una chimica lavorativa tra i due protagonisti e se l'attrice sia in grado di essere seducente. L'esperienza si rivela per Glenn Close, infine, decisamente umiliante.
Si opta infine, dopo l'abbandono di John Travolta, per un'altra scelta di Paul Schrader, ovvero Lauren Hutton.
Per rientrare dalle spese già sostenute e in virtù del fatto che al film non partecipano più attori di rilievo, la Paramount prende la decisione di quasi dimezzare il budget originario.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 13 febbraio 1979, tenendosi a Los Angeles, Malibu e Beverly Hills, per concludersi a metà aprile del 1979.
American Gigolò (American Gigolo) viene distribuito nei cinema americani a partire dal primo febbraio 1980. A fronte di un budget di poco inferiore a 5 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale oltre 52 milioni di dollari.
Al successo del film contribuisce anche la colonna sonora, composta da Giorgio Moroder, e in particolar modo la canzone Call Me, concepita dallo stesso Moroder in collaborazione con la cantante Debbie Harry, del gruppo Blondie. Questa canzone diviene in breve tempo una hit internazionale.
La pellicola diventa anche una sorta di product placement involontario per la casa di moda guidata da Giorgio Armani, il quale ha fornito un nuovo set di vestiti per Richard Gere, ma che è uno stilista a quel tempo poco noto negli Stati Uniti, contribuendo così alla diffusione del suo marchio anche in questa nazione.
Oltre quarant'anni dopo l'uscita del film, nel 2022, American Gigolò ritorna sotto forma di una serie televisiva prodotta da Jerry Bruckheimer, il produttore del film stesso, la quale viene trasmessa sulla rete Showtime, con Jon Bernthal e Gretchen Mol nei ruoli che furono di Richard Gere e Lauren Hutton.
La serie si pone come un vero e proprio sequel della pellicola, ambientato circa 15 anni dopo, che vede Julian Kay tentare di riprendere i rapporti con Michelle Stratton cercando al contempo di trovare il proprio posto in una Los Angeles molto diversa da quella a cui era abituato e dove il sesso è divenuto una vera e propria industria.
La serie incontra molte difficoltà, incluso il licenziamento dello showrunner David Hollander, e viene cancellata dopo una sola stagione composta da otto episodi.
La carriera di Richard Gere, invece, a seguito di questa pellicola, decolla permettendogli di divenire una star di primo piano. Un successo che viene confermato dal film successivo, Ufficiale e Gentiluomo (An Officer and a Gentleman)... ma questa è un'altra storia.

venerdì 12 aprile 2024

Fabolous Stack of Comics: Fear Agent - Me Contro Me


Stiamo per giungere alla stretta finale della serie Fear Agent. Dopo i travagli che il martoriato protagonista, Heath Huston, ha dovuto affrontare, è tempo che si prenda la sua rivincita sugli eserciti alieni dei Dresseniani e dei Tetaldiani, che hanno devastato la Terra e distrutto la sua esistenza.
Nella saga precedente, Colpo Basso, Heath Huston stava passando al solito dei grossi guai. Mentre Mara trovava la sua fine in un atto di vendetta non portato a termine, l'ultimo dei Fear Agent finiva prigioniero in un arena di gladiatori, salvo poi precipitare in un portale dimensionale, verso morte certa... apparente.
Così non è, infatti, e Heath Huston ricompare nella penultima saga Me Contro Me (I Against I), scritta da Rick Remender e disegnata da Tony Moore.
Fuoriuscito dal portale dimensionale ancora miracolosamente vivo, Heath Huston si ritrova catapultato su un altro pianeta, dove è presente una città che sembra fuoriuscita da un film western classico e dove predominano gli antichi valori religiosi e uno stile di  vita puritano. Qui ritrova la moglie Charlotte, sopravvissuta anche lei a un attacco dei Tetaldiani.
La città, tuttavia, di pacifico e tranquillo non ha proprio nulla. Vi è una spietata forza di polizia che la sorveglia e la tormenta: e a capo di essa vi è una vecchia conoscenza di Heath Huston. Qualcuno che lui conosce come le sue tasche.
Nella vita di un alcolista incallito giunge prima o poi il momento in cui si tocca il fondo. E a quel punto ci sono due strade: continuare a rimanere sul fondo e lasciarsi andare, oppure trovare il modo di reagire e risalire. Si dice spesso che solo quando tocchi il fondo comprendi la gravità dei tuoi errori e puoi provare a rimediare.
Questo è sicuramente vero per Heath Huston. Dopo le prime due saghe in cui appariva come una sorta di tragica vittima delle circostanze e le saghe più recenti che ci hanno mostrato invece i suoi lati più oscuri, questo personaggio aveva toccato il fondo.
Per via di quello che ha passato, ma anche per via del fatto che ha scoperto di avere ancora qualcosa per cui vivere (la ritrovata moglie, una figlia), a partire da questo penultimo ciclo - meglio tardi che mai, dopotutto - il protagonista comincia la sua decisa risalita dal baratro.
Ammette dunque gli errori del proprio passato, guardandosi metaforicamente allo specchio, e inizia a combattere per garantire un futuro ai propri cari e all'umanità tutta, abbandonando al contempo i suoi vizi deleteri.
E quale modo migliore di dimostrarlo se non affrontando una sua versione spietata e corrotta? L'Heath Huston malvagio che compare in questo ciclo è come avrebbe potuto diventare il protagonista se avesse proseguito nella sua parabola distruttiva. Il fatto che si confronti letteralmente col suo peggior incubo, ovvero sé stesso, lo mette di fronte alle proprie fragilità e gli fornisce allo stesso tempo quella spinta morale che lo instrada verso un nuovo percorso.
Mr. Hyde che si trova dunque di nuovo di fronte al Dr. Jekyll, solo che stavolta c'è in gioco il destino di un intero pianeta. Anzi, svariati pianeti. Ma la semplice forza di volontà sarà sufficiente? Solo l'ultimo ciclo potrà darci la risposta.

mercoledì 10 aprile 2024

Italians do it better? 42: Bentornato Presidente (2019)


In Benvenuto, Presidente! abbiamo conosciuto l'onesto e simpatico Giuseppe "Peppino" Garibaldi. Un uomo che, per uno strano scherzo del destino, è divenuto Presidente della Repubblica e che nel suo piccolo ha cambiato le cose e ha trovato l'amore.
Ma si sa che l'Italia ha l'abitudine di ricadere negli stessi errori di un tempo e dunque occorre che il nostro eroe faccia il suo trionfale (?) ritorno. Il tutto avviene in Bentornato Presidente, diretto da Giancarlo Fontana e Giuseppe Stasi, scritto da Fabio Bonifacci e Nicola Giuliano e distribuito nei cinema nel marzo 2019.
Sono alcuni passati alcuni anni da quando Peppino Garibaldi (Claudio Bisio) è stato eletto Presidente della Repubblica. Ormai costui vive nel suo piccolo paese di nascita insieme alla moglie Janis Clementi (Sarah Felberbaum) e alla figlia ed è del tutto disinteressato dalle faccende politiche italiane.
Tuttavia, quando Janis viene richiamata a Roma per risolvere una misteriosa e impellente crisi, Peppino Garibaldi per amore decide di seguirla. Tuttavia è molto difficile avere contatti con lei all'interno delle stanze del potere. L'unico modo è trovare dei contatti nei nuovi partiti politici emersi durante la sua assenza e divenire... Presidente del Consiglio!
Giustamente, dopo la Presidenza della Repubblica, Peppino Garibaldi non poteva che ambire all'altra importante carica presidenziale italiana. Con un approccio abbastanza all'americana, tra complotti internazionali e personaggi che vanno oltre il paradosso (ovvero le parodie dei politici Matteo Salvini e Luigi Di Maio), vi è anche una procedura tipica delle produzioni americane, ovvero il recasting, con Sarah Felberbaum che subentra a Kasia Smutniak e qualche altro attore di contorno che trova un nuovo volto.
La cosa non risulta di sicuro confusionaria, ormai siamo abituati a simili procedure, ma altrettanto certamente è ben evidente.
Anche la trama pare molto debitrice di certe produzioni americane, con Claudio Bisio nell'insolita parte dell'eroe riluttante che - per ritrovare il suo amor perduto - deve affrontare una sfida che pare aldilà delle sue capacità (che già di per sé sono scarse).
Il tutto, concepito dagli autori del primo film, probabilmente per cercare di dare un tono diverso a questo sequel e non renderlo un semplice copia e incolla del film precedente, pur partendo dalla stessa situazione paradossale di base.
Al tempo stesso, però, il pubblico che vuole cose nuove vuole anche trovare i personaggi di un tempo e quindi via libera alle situazioni comiche, anche se non satiriche, coi politici dei nuovi partiti che sono "peggio di quelli precedenti", realizzando così la profezia di Peppino Garibaldi alla fine del primo film, e Claudio Bisio che può scatenare la sua verve comica. Alla fine è lui che prevale su tutti.
E c'è anche un messaggio di fondo, come nel primo film, un messaggio che vuole essere rassicurante ma al contempo anche esortativo. Però si sa che gli italiani sono fatti in un certo modo e quindi, come in una pellicola americana, avremo una scena post-credit che risulterà alla fine abbastanza sorprendente e destabilizzante.
Quando ci si ispira agli americani inserendo il tutto in un contesto italiano in maniera abile, ne può anche uscire fuori un discreto prodotto. Discreto e... paradossale, anche, come questo insolito ciclo composto da due film.

lunedì 8 aprile 2024

Italians do it better? 41: C'è Ancora Domani (2023)


L'Italia che esce dalla Seconda Guerra Mondiale è una nazione sconfitta, messa in ginocchio dalle folli scelte di un dittatore che si è alleato con un altro dittatore che ha compiuto scelte ancora più folli. E milioni di vittime sono lì a testimoniarlo.
L'Italia, dunque, dell'anno successivo al 1945, l'ultimo anno del conflitto, è una nazione che cerca con fatica di rimettersi in piedi, subissata da una forte crisi economica, una povertà diffusa e un'occupazione militare temporanea. Una nazione in cui, tuttavia, sta anche emergendo la figura femminile.
Così come si può vedere in C'è Ancora Domani, diretto da Paola Cortellesi, scritto da Paola Cortellesi, Furio Andreotti e Giulio Calenda e distribuito nei cinema nell'ottobre 2023.
Maggio 1946: Mentre sta per arrivare il giorno della votazione per decidere tra la Monarchia e la Repubblica, in un quartiere degradato di Roma vive Delia Santucci (Paola Cortellesi). Costei viene costantemente dileggiata e schiaffeggiata dal marito Ivano (Valerio Mastandrea), il quale a volte perde il controllo arrivando a pestarla in maniera significativa, di fronte all'impotenza e al silenzio dei figli, tra cui vi è la figlia Marcella (Romana Maggiora Vergano).
Delia dà il proprio contributo alla famiglia, facendo vari lavori sottopagati - alcuni dei quali solo perché è una donna - ma stringendo anche un'insolita amicizia con un soldato americano, pur non capendosi i due.
La vita della famiglia Santucci sta per svoltare quando Marcella annuncia il fidanzamento col rampollo di una famiglia benestante, nonostante questa sia osteggiata nel quartiere in quanto probabilmente è stata collaborazionista dell'esercito tedesco. Al contempo, Delia riceve una misteriosa lettera che nasconde a tutti e che potrebbe cambiare la sua vita.
Ci troviamo di fronte a una sorta di fotografia - per certi versi romanzata con inserti musicali moderni che ben si adattano al contesto (secondo me per attenuare i toni che altrimenti si sarebbero rivelati troppo cupi), per altri versi esasperata ma partendo da uno scenario storico ben presente dell'epoca - di un importante periodo della società italiana. E che dunque, come le fotografie di quel periodo, si presenta in un affascinante bianco e nero.
Tale periodo viene incarnato da vari personaggi, ma in particolar modo dai personaggi interpretati da Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea (entrambi bravissimi, a mio avviso, e avevano già dimostrato un'alchimia perfetta in un contesto drammatico con Figli) e dalla figlia Marcella.
Costoro sì rappresentano il passato di uno spaccato della società italiana, dominata dalla figura del "padre di famiglia" e da una preminente violenza domestica a cui qualcuno più anziano avrà assistito in passato, anche dopo la nascita della Repubblica. Ma ne rappresentano anche il futuro, il futuro di un'Italia che sta per cambiare tramite un significativo evento.
Suddetto evento sarà la molla che permetterà all'apparentemente timida e remissiva Delia di trovare il proprio riscatto sociale e personale, affrancandosi dal marito, e potendo dare così alla figlia un futuro che prima con ogni probabilità le sarebbe stato negato.
A contorno di questo troviamo una Roma che sembra uscita dai film di Roberto Rossellini, preda della povertà ma dove è anche presente la volontà della popolazione di andare avanti, pur ricommettendo a volte gli errori del passato. Errori che, lo sappiamo bene, poi si sono ripresentati. Ma questo non ha impedito che la società italiana andasse avanti e - pur a suo modo - progredisse.
E se lo ha fatto, è stato anche alle tante Delie senza nome che hanno contribuito a tutto questo.

mercoledì 27 marzo 2024

Prime Video Original 88: L'Incontro


Nei film di fantascienza una tematica molto comune è l'invasione aliena. A volte tale tematica viene utilizzata sotto forma di metafora, a volte più semplicemente si tratta solo di un adrenalinico film di azione dove si devono affrontare degli alieni malvagi.
Ma quella metafora di cui sopra, dove l'invasione è in realtà un pretesto per parlare di altri argomenti nascondendoli sotto un'affascinante patina fantascientifica, si rivela troppo tentatrice. Come si può vedere ne L'Incontro (Encounter), diretto da Michael Pearce, scritto da Michael Pearce e Joe Barton e distribuito su Amazon Prime Video a partire dal 10 dicembre 2021.
Malik Khan (Riz Ahmed) è un soldato che è stato congedato con disonore dall'esercito per aver aggredito un suo superiore. L'uomo è convinto che sulla Terra sia in atto un'invasione aliena segreta, che si propaga attraverso gli insetti.
Spinto da quelle che potrebbero essere manie paranoidi oppure no, Malik Khan si reca presso l'abitazione della ex compagna, la quale si è rifatta una vita con un nuovo marito, e porta via di lì i suoi due figli, convincendoli che vivranno insieme una grande avventura.
Peccato però che la realtà sia ben diversa e, in un mondo circondato dal deserto e dal buio, Malik e i suoi figli vengono ben presto ricercati dalla polizia e da sprovveduti cacciatori di taglie.
La patina di fantascienza di questo film è davvero molto esile. Quella che appare in principio come una versione moderna de L'Invasione degli Ultracorpi diventa ben presto una pellicola dai toni fortemente drammatici, incentrata sui rapporti familiari e sulle malattie mentali.
Malik Khan è infatti un reduce di guerra che ha vissuto gli orrori dei conflitti bellici e questo lo ha spezzato, portandolo a ribellarsi contro i suoi superiori.
Da quel momento in poi Malik Khan si è costruito un mondo fittizio per giustificare la sua esistenza che stava andando in pezzi e un nemico che si scoprirà essere immaginario (a dire il vero, nemmeno per un istante il film vuole far credere che ci sia un'invasione aliena in atto). Un mondo forse alimentato da certe teorie complottiste molto preminenti negli Stati Uniti e che fanno appunto leva su persone fragili.
Un mondo fittizio in cui l'ex soldato, però, si sente incompleto senza i suoi figli. Senza una famiglia. Quando l'orrore delle cose più brutte della vita travolge un'esistenza ordinaria, ci si aggrappa alle cose più care per non dover guardare nell'abisso.
Ma alla fine Malik Khan dovrà scrutare in quell'oscuro abisso che lui stesso ha creato e che sta mettendo in pericolo i suoi figli, per compiere una scelta definitiva e che possa rivelarsi salvifica... o distruttrice.

martedì 26 marzo 2024

Fabolous Stack of Comics: Hellions - Debito di Sangue


Il mantra di Krakoa alla sua fondazione, avvenuta in House of X/Powers of X, era molto chiaro: offrire protezione e rifugio ai mutanti. A tutti i mutanti. Anche quelli più "problematici", che si erano resi responsabili in passato di crimini gravi, incluso l'omicidio, severamente punito sull'isola nazione, come accaduto a Sabretooth.
E quindi, in questo nuovo scenario, come gestire queste personalità borderline? Lo vediamo nella serie del 2020 Hellions. Il primo ciclo di quattro numeri, Debito di Sangue (Blood Work), è scritto da Zeb Wells e disegnato da Stephen Segovia.
Nell'appena fondata Krakoa vi sono dei mutanti che stanno già creando dei disordini. Sono Wild Child, Empath, il Creatore d'Orfani e la Tata e Scalphunter del gruppo originale dei Marauders. A loro si aggiunge anche Havok, Alex Summers, preda di alcuni scompensi mentali a causa di alcuni recenti eventi.
Prima che superino un limite invalicabile, Sinistro si offre di guidarli offrendo loro missioni dove possano scatenare la loro ferocia contro esseri inanimati come robot o demoni. Non fidandosi del tutto, Ciclope chiede che a questo gruppo - denominato Satiri - si aggiunga la ninja Kwannon, alias Psylocke, come leader sul campo.
La prima missione è un vero e proprio battesimo del fuoco, visto che i Satiri dovranno affrontare la minaccia congiunta dell'esercito infernale della rediviva Regina dei Goblin e degli originali Marauders di Sinistro. Ma i nemici peggiori potrebbero rivelarsi i loro stessi compagni di squadra.
Credo che abbiamo trovato la Suicide Squad mutante di Krakoa. Carne da cannone ed elementi sacrificabili guidati da qualcuno spietato quasi quanto Amanda Waller (nessuno è più spietato, però, di Amanda Waller), che non hanno nulla da perdere. Anche perché, a differenza della Suicide Squad, possono tornare in vita grazie ai Protocolli di Resurrezione.
Tuttavia, questo gruppo sembra quasi una sorta di doppione della X-Force. Anche i Satiri, infatti, compiono missioni segrete, tecnicamente non riconosciute dal governo di Krakoa, contro nemici dell'isola senziente e del Consiglio. La - forse non lieve - differenza è che i vari componenti del gruppo si detestano tra loro, oltre ad avere tendenze suicide, paranoidi, complessi di inferiorità e manie di protagonismo... tra le altre cose.
Alla fine l'elemento di maggiore interesse è vedere come simili personalità possano interagire tra loro... male, molto male, e come reagiscano due dei protagonisti di fronte a vecchi fantasmi delle loro passate esistenze.
Interessante notare come i due presunti collanti - Sinistro e Kwannon - siano anche loro niente male in quanto a personalità borderline e possano risultare in realtà un male peggiore della cura.

giovedì 14 marzo 2024

Fabolous Stack of Comics: Fear Agent - Tales of the Fear Agent


A partire da La Mia Guerra, stiamo seguendo le (dis)avventure di Heath Huston, l'ultimo dei Fear Agent, il corpo di ranger spaziali che ha l'obiettivo di difendere la Terra dall'invasione degli alieni Tetaldiani e Dresseniani.
In L'Ultimo Addio ci è stato raccontato del suo passato, dei primi giorni di quel terribile conflitto che causò un numero altissimo di vittime, incluso il padre di Heath e suo figlio.
Ma c'è un altro periodo nel passato del protagonista di cui sappiamo poco o nulla. Di quando Heath, dopo aver quasi sterminato i due popoli alieni ed essere divenuto un paria tra i suoi stessi simili, iniziò a solcare le vie dello spazio, offrendo i propri servigi per le missioni più disparate. Il tutto per soddisfare il suo unico e distruttivo vizio, l'alcolismo.
Svariate storie ambientate durante questo periodo, e dunque precedenti a La Mia Guerra, sono raccolte in Tales of the Fear Agent, albo pubblicato nel 2008 da Dark Horse, scritto da Rick Remender, Hilary Barta, Chris Burnham, Gerry Duggan, Rick Spears, Ivan Brandon, Shane White e Steve Niles e disegnato tra gli altri da Francesco Francavilla, Rafael Albuquerque, Eric Nguyen, Paul Renaud.
Heath Huston passa da un pianeta all'altro e da un incarico all'altro, senza sosta e senza interrogarsi troppo. Per lui ogni tipo di missione può essere accettata: da un "ordinario" incarico di disinfestazione alla ricerca di un tesoro perduto.
Ma anche se le missioni sono diverse l'una dall'altra, delle costanti rimangono presenti. Heath Huston è un essere spregevole come sempre, ma si ritrova di fronte a esseri ancora più spregevoli di lui che vivono in mondi preda della follia più totale.
Salvo un paio di eccezioni, ogni storia è un breve racconto di poche pagine in cui Heath Huston affronta e risolve alla bell'e meglio le situazioni che gli si presentano. Salvo restare il più delle volte con un pugno di mosche e riprendere la propria cerca per alimentare il suo vizio.
Tale forma di narrazione riflette l'origine delle varie storie, nate come back-up che venivano pubblicate sull'albo principale. Quindi in quanto tali non approfondiscono più di tanto il protagonista o il suo background, poiché questo viene fatto nella testata principale di riferimento. Oltre questo solo pochissime storie sono effettivamente sceneggiate dal creatore di Fear Agent, Rick Remender.
Quindi potete prendere questi miniracconti come una sorta di divertissement, dove svariati artisti danno la loro personale interpretazione del mondo che ruota intorno a Fear Agent, potendosi permettere anche di fare qualche piccola sperimentazione vista la particolarità del progetto. Quindi se volete avere una visione completa di questo mondo, di sicuro è qualcosa che vi può interessare.
Ma per la storia principale, dovete volgere lo sguardo altrove. Alle saghe di cui abbiamo già trattato e alle ultime due che rimangono.

mercoledì 13 marzo 2024

Prime Video Original 87: L'Altra Zoey


Ma che belle e romantiche le storie d'amore, soprattutto quelle dove i due innamorati non affrontano crisi esistenziali o drammi privati. C'è solo peace and love, love and peace... ma come in Two Much: Uno di Troppo il tutto è rivolto verso un'altra persona!
Questo accade anche in L'Altra Zoey (The Other Zoey), diretto da Sara Zandieh, scritto da Matt Tabak e distribuito su Amazon Prime Video a partire dal 20 ottobre 2023.
Zoey Miller (Josephine Langford) non crede nell'amore romantico, in quanto per lei l'amore è solo una banale reazione chimica, detesta le commedie romantiche alla Notting Hill ed è convinta che festività come San Valentino siano solo a sfondo consumistico ed ipocrita.
Quando un'atleta della scuola, Zach MacLaren (Drew Starkey), si presenta presso la libreria dove la ragazza lavora part-time, dimentica lì la sua carta di credito. Rincorrendolo, Zoey lo distrae e così Zach viene investito da un'auto.
Non vi sono lesioni gravi, ma un colpo alla testa gli provoca una leggera amnesia, tanto da convincerlo che Zoey Miller sia la sua fidanzata. Siccome i dottori si raccomandano di non causargli forti shock, Zoey decide di continuare nella finzione.
Peccato che l'altra Zoey stia per fare il proprio ingresso sulla scena.
Qua e là talvolta ci occupiamo di commedie romantiche con protagonisti degli adolescenti e con storie molto semplici e immediate, poiché è il pubblico di riferimento che vuole questo tipo di racconto, senza troppe convoluzioni o patemi d'animo. Si vuole semplicemente una bella (a seconda dei rispettivi punti di vista, ovviamente) storia d'amore.
E quindi eccola qui, ben (?) confezionata. Partendo da due caratteri antitetici e le cui esistenze in teoria non dovrebbero nemmeno incrociarsi. Ovvero una ragazza materialista e priva di qualsiasi forma di romanticismo e un atleta che crede in maniera sincera nei sentimenti. I due attori sono giovani e rivedibili.
Stavolta la commedia degli equivoci si gioca utilizzando il classicissimo tema dell'amnesia, che nella realtà così tanto ridere non fa, ma il cinema può questo e altro. E in ultima analisi l'argomento principale risulta il consolidato cosa è davvero l'amore e come esso possa manifestarsi nelle situazioni più impensabili.
Ci aggiungiamo infine nel cast due glorie del (recente, ci mancherebbe) passato quali Heather Graham ed Andie MacDowell e il gioco è fatto.
Ormai anche chi non è esperto di meccanismi narrativi cinematografici può capire dove vadano a parare simili film. Ma appunto, come detto, al pubblico di riferimento spesso questo non importa. A loro importa vedere una storia d'amore che, una volta ogni tanto almeno nella finzione, trionfa su ogni avversità.

lunedì 11 marzo 2024

Fabolous Stack of Comics: Midnight Nation


Uno degli albi più celebri di Dylan Dog è Memorie Dall'Invisibile, in cui Tiziano Sclavi reinventa la figura letteraria e cinematografica dell'Uomo Invisibile rendendolo invisibile agli occhi della società. Egli è vivo, è accanto a noi, ma al tempo stesso è come se non esistesse perché anche se cammina per strada nessuno lo degna di un'occhiata, nessuno si accorge del fatto che egli esista. Dunque è come se fosse invisibile dopo aver perso l'unica persona che abbia mai amato.
Negli Stati Uniti esistono decine, centinaia di invisibili. Persone schiacciate dalla crisi economica o dalla vita stessa che attraversano la strada, vivendo negli angoli più oscuri, eppure nessuno può o vuole notarli.
Una storia incentrata sugli invisibili è Midnight Nation, maxiserie di dodici numeri pubblicata dalla Top Cow tra il 2000 e il 2002, scritta da J. Michael Straczynski e disegnata da Gary Frank.
David Gray è un giovane e abile detective della sezione omicidi della polizia investigativa di Los Angeles, che però per la carriera ha dovuto sacrificare il proprio matrimonio.
Le indagini su alcuni recenti e brutali omicidi portano David Gray a imbattersi in degli strani esseri sanguinari, responsabili dei recenti assassinii e noti come Camminatori, da cui viene sopraffatto.
Quando riprende i sensi, il detective scopre che nessuno è più in grado di vederlo, salvo poche persone. Una di queste è Laurel, un'apparente messia angelico che gli farà capire di essere finito nelle crepe dell'esistenza, laddove finiscono tutte le persone dimenticate.
Ma questa non è nemmeno la cosa peggiore. A David Gray è stata sottratta l'anima e, per recuperarla, deve recarsi a New York per confrontarsi con l'Altro, che gliel'ha sottratta. Ha un anno di tempo, dopodiché la sua anima sarà perduta per sempre e diverrà uno dei Camminatori.
Questa è una storia dedicata a coloro che si sono perduti. A coloro che, mentre percorrevano il sentiero della vita, all'improvviso lo hanno abbandonato, oppure sono stati forzati ad abbandonarlo. Anche se vivi da un punto di vista fisico, la loro anima e il loro spirito erano come perduti. Per via di un evento scatenante come la rottura di un rapporto oppure la perdita del lavoro.
Sono coloro che sono finiti nelle crepe della vita e che nessuno vede più e che solo nell'oscurità sembrano risplendere. La Nazione della Mezzanotte.
Durante il lungo cammino che David Gray e Laurel percorrono per arrivare a New York, incontrano molte di queste persone, apprendendone le storie e le sventure. Persone in cui il poliziotto può rispecchiarsi, non solo a livello spirituale. I sottotesti religiosi sono presenti e per certi versi preminenti, pur essendo lo sceneggiatore ateo (ma questo non significa che anche lui non possa interrogarsi sui misteri dell'esistenza).
Ci troviamo dunque di fronte a un insolito road movie di stampo fumettistico, dove il cammino dei protagonisti diventa anche una metafora del loro cammino interiore, per rinascere se possibile sotto altra forma e scevri dei loro errori del passato.
In questo contesto le scene d'azione, pur presenti, sembrano quasi essere fuori posto, una sorta di completamento, una nota a piè di pagina, delle vicende dei due protagonisti.
Un anno può cambiare molte cose nella vita di un essere umano, spesso perdiamo la nostra anima a causa di sfortunati eventi e dobbiamo intraprendere un cammino per riconquistarla. Alcuni o molti falliscono e si perdono nelle crepe dell'esistenza. Ma talvolta vi è chi rinasce, e intraprende un nuovo cammino.

sabato 2 marzo 2024

Italians do it better? 40: Figli (2020)


Si dice che avere un figlio sia la gioia più grande che possa capitare a una persona. Dare la vita, crescere un bambino ed educarlo verso certi valori per far sì che sia pronto a diventare indipendente da adulto. E questo è sicuramente vero.
Ma non è tutto rose e fiori. Un neonato ha bisogno di costanti attenzioni e rappresenta un impegno non da poco, soprattutto in una società sempre più opprimente e che richiede a tutti degli sforzi economici, con la progressiva scomparsa delle famiglie monoreddito.
Affronta tale tematica Figli, diretto da Giuseppe Bonito, scritto da Mattia Torre e distribuito nei cinema nel gennaio 2020.
Nicola (Valerio Mastandrea) e Sara (Paola Cortellesi) sono una famiglia come tante. Hanno una figlia ed entrambi lavorano, arrivando seppur con fatica sempre alla fine del mese, ma condividendo delle felici esperienze di coppia, almeno in apparenza.
Quando Sara rimane incinta per la seconda volta, però, emergono all'improvviso tutte le tensioni e i rancori seppelliti in profondità negli ultimi anni. Mentre il matrimonio tra Nicola e Sara rischia di andare in frantumi, un mondo indifferente intorno a loro e ai loro figli osserva la loro caduta.
Il film è uno spaccato di una parte della società italiana come era immediatamente prima della pandemia e del lockdown. A voi stabilire se si sia andati verso il meglio o il peggio adesso.
Con un netto distinguo tra quello che era il panorama italiano di trent'anni fa, simboleggiato dagli indifferenti e pretenziosi genitori dei due protagonisti, e quello odierno. Come spesso accade, due generazioni con visioni distanti della vita si affrontano e si scontrano, accusando l'altra di aver causato e star causando la rovina del paese.
La favola della famiglia monoreddito, ironia della sorte distrutto da un mondo che offre un'aspettativa di vita sempre più lunga e dove si è tutelati, ormai non esiste più ed è stata sostituita da una realtà che in questa pellicola si presenta come una sorta di distopia.
Dove le persone di buona volontà, che non sono sulla soglia della povertà, vengono schiacciate dalla crisi economica e abbandonate da tutti. Dagli amici, che al massimo si limitano a una parola di conforto, allo stato, che offre loro degli aiuti ma non un vero sostegno.
Però questa è anche una storia d'amore. Un amore in difficoltà, ovviamente. E di solito le storie d'amore finiscono bene. Eppure, come possono due persone comuni sovrastare difficoltà in apparenza insormontabili?

lunedì 26 febbraio 2024

Fabolous Stack of Comics: Cable - Il Big Bang


Cable è Nathan Christopher Charles Summers. Cable è il figlio di Ciclope e di un clone di Jean Grey. Cable è Askani'Son, il Prescelto per deporre Apocalisse sia nel futuro che nel presente.
Se in un tempo distante questo gli è riuscito, come narrato in Le Avventure di Ciclope e Fenice, nel presente in realtà non ha potuto replicare lo stesso risultato. E così alla fine, in un insolito twist temporale, un suo io più giovane è tornato indietro nel tempo e lo ha ucciso.
Questo giovane Cable ha dunque preso il suo posto nel nuovo scenario di Krakoa, emerso a seguito di House of X/Powers of X, e diviene protagonista di una serie regolare la cui pubblicazione comincia nel 2020. Il primo story-arc di 4 numeri, Il Big Bang (The Big Bang), è scritto da Gerry Duggan e disegnato da Phil Noto.
Il giovane Cable è parte integrante della famiglia Summers nel nuovo scenario di Krakoa e si intrattiene uscendo a turno con una delle Naiadi di Stepford, per il sommo dispiacere e sospetto di Emma Frost.
Mentre lungo tutto il mondo alcuni bambini mutanti vengono rapiti da una nuova setta denominata Ordine di X, Cable entra in possesso di una lama spaziale proveniente dal pianeta Galador, la Luce di Galador. Questo risveglia dal loro sonno criogenico tre Cavalieri Spaziali originari di questo pianeta.
Quando scoprono che il loro pianeta natale è andato distrutto per opera dei Costruttori, progettano di ricreare Galador richiamando dall'oblio altri Cavalieri Spaziali e prendendo possesso della Terra. Ma per fare questo hanno bisogno della Luce di Galador... e Cable non è così ansioso di consegnare loro questo artefatto.
Intanto il vecchio Cable appare ancora vivo e vegeto e pianifica qualcosa di al momento imponderabile.
Il contrasto tra passato e presente, ovvero tra diversi modi di pensare, si riflette anche sulle trame di un fumetto, a maggior ragione quando il protagonista è lo stesso, ma proviene da due diverse linee temporali.
Se il "vecchio" Cable era un guerriero esperto, abile a destreggiarsi nelle tattiche di combattimento e nel pianificare le mosse per sconfiggere i propri avversari, il giovane Cable è invece più irruento, va alla carica senza porsi troppe domande e ha quell'ardore tipico di alcuni giovani degli ultimi anni (anche se proviene dal futuro, ma si sa la gioventù è malleabile).
Fatti i dovuti distinguo, è la stessa distanza che intercorre tra il giovane Tex e il Tex più maturo.
Quindi, oltre alla trama che richiama vagamente le atmosfere della serie incentrata sul Cavaliere Spaziale Rom (anche se, a seguito di Infinity, è un po' difficile ricrearle come un tempo), ciò che conta in questo caso è vedere come reagisce questo nuovo personaggio, perché a tutti gli effetti è questo ciò che è, rispetto alla sua controparte più "anziana".
Non troverete ovviamente nulla di fuori dalla norma. Il giovane Cable è il classico scavezzacollo che prima spara e poi fa domande (anzi no, le domande non le fa proprio) e non si interroga molto sulle proprie azioni. In un certo senso è ancora come una lavagna vuota, sopra la quale si può scrivere ancora qualcosa di rilevante. Magari qualche formula narrativa che non è più applicabile per il vecchio Cable.
Forse questi rapimenti di bambini mutanti e le continue difficoltà che sta affrontando Krakoa porteranno il giovane Cable a maturare, in quanto diversamente dall'altro Cable non ha dalla sua l'esperienza di svariate battaglie combattute. E molte vinte.

venerdì 23 febbraio 2024

Netflix Original 173: His House


L'orrore più grande è quello che si può vedere nella vita di tutti i giorni. In un'epoca dove ormai i conflitti tra popoli nemmeno più fingono di essere per la democrazia e la giustizia e definiscono "danni collaterali" vittime di bombardamenti come i bambini, a volte è meglio rifugiarsi negli horror popolati da creature inesistenti come i fantasmi o i licantropi.
Ma l'horror non può prescindere del tutto dalla realtà ed è spesso dall'orrore che esso viene generato, come abbiamo visto in Nanny. E la stessa cosa può dirsi per His House, diretto da Remi Weekes, scritto da Remi Weekes, Felicity Evans e Tony Venables e distribuito su Netflix a partire dal 30 ottobre 2020.
Bol Majur (Sope Dirisu) e la moglie Rial (Wunmi Mosaku) riescono con fatica a fuggire dal Sudan del Sud, dove è in corso una guerra civile, e approdano in Inghilterra. Trattati con sufficienza dalle autorità governative, viene comunque garantito loro un visto, alla condizione che riescano a integrarsi nella società inglese.
Dopo che è stata assegnata loro una casa in un quartiere periferico e degradato lontano da Londra, i due devono affrontare il pregiudizio degli altri abitanti del quartiere, ma anche qualcosa di peggiore. La casa, infatti, è perseguitata da uno spirito. Uno spirito che ha inseguito i due coniugi anche in questa nazione in cui sono approdati e che vuole tormentarli facendo ricordare loro gli orrori che hanno dovuto subire.
Se pensiamo agli horror classici, questi vedevano spesso protagonisti giovani virgulti e attraenti ragazze preda del serial killer soprannaturale di turno. In un elegante quartiere americano dove l'elemento horror andava a infrangere una patina di apparente felicità oppure in un campeggio immacolato e con una natura verdeggiante.
Ma non siamo più negli anni '80 del ventesimo secolo, a quando il mondo intorno a noi era l'unico che potevamo materialmente conoscere e sperimentare. Ora gli orrori di questo mondo moderno ci colpiscono come un maglio.
Come le esperienze di coloro che fuggono da un paese in conflitto, costretti ad abbandonare le loro precedenti esistenze e ricominciare da capo in una nuova nazione, con difficoltà di integrazione e circondati dal pregiudizio (persino dai discendenti di coloro che vennero deportati secoli prima, in un'emblematica scena di questo film).
La minaccia soprannaturale che i due protagonisti devono affrontare è dunque l'incarnazione dell'orrore da cui sono fuggiti, e da cui sembra proprio non siano in grado di liberarsi, che li ha seguiti sotto diversa forma persino in un paese per ricordare loro un tragico evento di cui si sono resi responsabili.
Un diverso paese che certo ha usi e costumi molto distanti rispetto alla loro nazione di origine, ma alcuni aspetti come il degrado in cui vengono confinati, le occhiate delle persone quando i due compiono azioni di tutti i giorni come andare a fare la spesa e l'indifferenza dell'autorità di sicuro non aiutano.
Ancora una volta l'orrore della vita predomina sull'horror e forgia i due coniugi, capaci così di respingere la minaccia sovrannaturale. Hanno affrontato ben di peggio.