mercoledì 30 dicembre 2020

Fabolous Stack of Comics: LMVDM - La Mia Vita Disegnata Male


Il tema della memoria è molto presente in alcuni autori e nelle loro opere di questo terzo millennio. Dopo un secolo precedente a parlare, in maggior misura, di storie incentrate su altri, inarrivabili personaggi - cosa che si continua a fare tutt'oggi e con successo, giusto specificarlo - si è visto che anche l'autore di fumetto stesso può mettersi in gioco e divenire il protagonista delle sue opere. Così come, se ci si pensa bene, è sempre accaduto con le opere autobiografiche dei romanzieri.
Gian Alfonso Pacinotti, alias Gipi, è uno degli artisti più abili a trattare il tema della memoria nelle sue varie declinazioni, come ha dimostrato con S., dove il vero protagonista era suo padre, per arrivare a LMVDM - La Mia Vita Disegnata Male, graphic novel pubblicato nel 2008, dove invece l'attenzione viene concentrata su di lui, o meglio su alcuni aspetti della sua vita.
La scoperta di una malattia all'apparato genitale porta lo sceneggiatore e disegnatore Gipi a incrociare la sua strada con svariati dottori e a ripercorrere alcuni eventi del suo passato, caratterizzati dalla malvagità dell'essere umano: un breve periodo in carcere per uso di sostanze stupefacenti, le bravate di un caro amico che a un certo punto sparisce dalla sua vita, la notte in cui un misterioso assalitore tentò di violentare sua sorella, con lui paralizzato dalla paura come unico testimone.
Gipi non fa sconti in questa sua storia e usa un linguaggio che risulta una sorta di mix tra l'aulico - perché sì, ci sono anche momenti di meravigliosa introspezione - e lo "sporco", quando si tratta di descrivere certe sensazioni che non riesci a toglierti dalla pelle e dalla memoria, anche a distanza di anni.
Anche i disegni utilizzati affrontano questo contrasto: si passa da dei disegni che si potrebbe definire abbozzati, ma che in realtà non lo sono (la vita disegnata male del titolo), per passare agli acquerelli puliti e profondi incentrati su una vicenda parallela a quella di questo squarcio di vita privata dell'autore: una fiaba surreale e colorata incentrata su dei pirati, che va in opposizione all'oscurità di cui lo sceneggiatore decide di parlarci.
La visione dell'autore è quella di un uomo che rimane, a causa di un trauma infantile, ingabbiato nella malvagità umana, distaccandosi al contempo da essa e osservandola come spettatore interessato. Ma quello che emerge alla fine non è un ritratto di pessimismo totale, semplicemente una finestra su un'esistenza che lungo la via ha incrociato la propria strada con il male, ma che non può che rimanere affascinata dal bene, forse proprio perché è stata forgiata dal "fascino" che ha verso il male.
Un ritratto in cui molti di noi potrebbero ritrovarsi.

lunedì 28 dicembre 2020

The Mandalorian e i nuovi, insoliti affetti


Qualche mese fa analizzavo (ma diciamo che fu più un'impressione a caldo) la prima stagione di The Mandalorian, ravvisando in essa una metafora dell'essere genitore.
Ora che anche la seconda stagione si è conclusa, possiamo riprendere questo discorso. Anche stavolta troverete in giro per la rete lodi sperticate su questa serie scritte da gente più brava di me e a cui mi associo.
Io, dal canto mio, ho notato un'evoluzione di quel tema. Se la prima stagione era una metafora dell'essere genitore, la seconda diviene un'allegoria positiva del concetto di famiglia allargata.
Vi è in giro una convinzione, che alcune persone - a mio avviso non cattive, ma dalla visione limitata - cercano di inculcare a chiunque si "permetta" di avere una visione diversa dalla loro: che l'educazione e la crescita di un bambino siano appannaggio solo o del padre e della madre biologica, oppure delle "autorità" preposte (gli insegnanti, ad esempio).
E non se ne capisce il motivo: la bontà e i buoni insegnamenti possono giungere sia da queste persone che anche da persone non sposate, sole per scelta o che non hanno alcun titolo di studio. Così come la cattiveria può giungere sia dalla famiglia biologica che dalle persone estranee ad essa. Ma, in quest'ultimo caso, spetta proprio o ai genitori o a quelle autorità che devono vigilare sul benessere del bambino permettere che ciò non accada.
The Mandalorian offre una delle più belle visioni di famiglia allargata che si sia mai vista. Mando continua a essere presente nella vita di Baby Yoda/Grogu, ma attorno a loro si radunano altre persone, persone che tengono a cuore il loro benessere, persone che hanno sofferto e/o sono in cerca di un riscatto come Cara Dune, Bo-Katan e Ahsoka Tano. Donne indipendenti, le quali riescono a tracciare un proprio percorso, che tiene conto delle necessità del loro nuovo ruolo di "educatrici".
Costoro sono cresciute senza una famiglia, anche in senso lato (Ahsoka è una dei pochi Jedi rimasti in vita). Sono orfane calate in un mondo che devono ancora comprendere, come Grogu. Così come era successo per Mando, dunque, anche loro divengono le protettrici del Bambino.
Se nella prima stagione la figura "genitoriale" di riferimento era quella di un uomo, in questo caso ci si è concentrati molto sulle donne, con stupenda efficacia e senza retorica spiccia.
Arriva tuttavia il momento, nella vita di ogni genitore, in cui il proprio figlio deve staccarsi dalla sua ombra e iniziare a camminare con le proprie gambe. L'ormai celeberrima scena finale di questa stagione ci dice questo: Mando e gli altri hanno protetto il Bambino, lo hanno reso ciò che è adesso, ma ora tocca a qualcun altro portare avanti quel percorso di crescita.
Non sappiamo se la terza stagione tratterà il tema del distacco, evento potenzialmente traumatico per molti genitori. Quello che sappiamo è che la storia di Mando e Grogu è appena all'inizio.

sabato 26 dicembre 2020

Fabolous Stack of Comics: Black Widow - Mai Più Bugie


Vedova Nera/Black Widow: spia, vendicatrice, amica fidata, eroina, persona che ha alle spalle un passato tormentato e molti segreti. Ci sono storie che si concentrano solo su uno di questi suoi aspetti, altre che magari ne esplorano due. Poi ci sono Mark Waid e Chris Samnee, capaci di analizzarli tutti con efficacia e trarre da essi una storia fantastica.
Black Widow: Mai Più Bugie (Black Widow by Waid & Samnee: The Complete Collection) è una maxiserie di dodici numeri pubblicata tra il 2016 e il 2017. Chris Samnee ne ha sviluppato il soggetto, mentre Mark Waid si è occupato dei dialoghi.
Una misteriosa persona nota come Leone Piangente ricatta la Vedova Nera, minacciando di rivelare un suo terribile segreto e ordinandole di rubare alcuni dossier. Natasha Romanov capisce che non sta bluffando ed è costretta, perché non venga alla luce un'azione del suo passato, a mettersi contro lo SHIELD e Iron Man.
Nel mentre, tuttavia, l'eroina scopre che la Stanza Rossa - l'agenzia segreta russa che la trasformò in una letale spia - si è riformata e, col nuovo nome di Stanza Buia, è ora guidata da alcune sue vecchie conoscenze. Una situazione che appare senza via d'uscita, ma si sa, la Vedova Nera ha molte frecce al proprio arco, pur non essendo Occhio di Falco.
Quello che ci troviamo di fronte in questo caso è un blockbuster cinematografico sotto forma di fumetto. Nella prima parte vi sono infinite scene d'azione e di lotta dove la Vedova Nera parla davvero pochissimo (nel primo numero dice solo una frase, ad esempio), di modo tale che la Marvel non stacchi un assegno troppo grande a Waid.
La seconda parte invece, pur non dimenticandosi dell'azione, risulta più introspettiva, con sguardi ai vari protagonisti di questa saga e le loro motivazioni, nonché le interazioni tra la Vedova Nera e suoi ex alleati ora alla deriva a causa delle maxisaghe Marvel. Questa seconda parte, forse complice un finale esasperato, risulta meno intrigante della prima ma in ogni caso efficace.
L'intera maxiserie dovrebbe essere presa a esempio - e riempita di lodi - per la parte grafica. Quello che mi è parso di vedere è che gli editor abbiano preso la decisione migliore: hanno dato piena libertà a un grande artista quale è Chris Samnee, il quale si è sbizzarrito ideando tavole assurde e mirabili con storytelling frenetico (il primo numero dovrebbe essere insegnato nelle scuole).
Attenzione, però, gli straordinari disegni di Samnee non precludono a una buona storia, grazie con ogni probabilità al mestiere di Mark Waid che ha lavorato di scalpello per migliorare il soggetto di Samnee e ci ha poi aggiunto i suoi dialoghi, laddove davvero erano necessari... perché a volte le tavole parlavano da sole (in questo momento mi sto immaginando Chris Samnee in modalità Michelangelo, chiedo scusa).
Scarlett Johansson non avrebbe potuto fare di meglio.

giovedì 24 dicembre 2020

Fabolous Stack of Comics: DC Holiday Special 2017


I supereroi e il Natale: quante volte ci siamo trovati di fronte a quest'accoppiata? Innumerevoli. La ragione è semplice: è una buona occasione, durante una festività dove devono trionfare i buoni sentimenti, far vedere il punto di vista dei buoni che si battono per ciò che è giusto (ho inserito tre volte una variante di bontà in questa frase, ma quanto sono buono!). Ecco dunque, soprattutto in questi ultimi anni, la proliferazione di albi speciali.
Forse c'è poco da festeggiare in questo tumultuoso 2020 - o forse proprio perché è stato un anno complicato occorre lasciarselo alle spalle cercando qualcosa di positivo su cui concentrare la propria attenzione - ma, in ogni caso, uno di questi albi natalizi in questione è DC Holiday Special 2017, one-shot pubblicato dalla DC Comics, tre racconti del quale sono stati pubblicati su DC Christmas Special 2019, uno degli ultimi albi spillati pubblicati dalla RW-Lion R.I.P.
La storia che funge da prologo ed epilogo, scritta da Jeff Lemire e disegnata da Giuseppe Camuncoli, vede protagonisti Superman e John Constantine, quest'ultimo in modalità Scrooge, che ognuno a modo loro festeggiano il Natale dopo aver trovato conforto in ciò che fanno ogni giorno.
La seconda storia, la migliore, scritta da Tom King e disegnata da Francesco Francavilla, è incentrata su un componente della Compagnia Easy del Sergente Rock, il quale si ritrova a passare il Natale con un soldato nazista.
La terza e ultima, scritta da Shea Fontana e disegnata da Otto Schmidt, è quella più in modalità "peace and love, love and peace", con Starfire dei Giovani Titani che si fa travolgere per la prima volta dalla magia del Natale.
La prima e ultima storia non hanno in sé nulla di particolare, ma almeno sono ben scritte e disegnate. Il racconto di King invece, con quel retrogusto amaro da pugno nello stomaco, splendidamente illustrato da Francavilla con un gioco di luci e ombre straordinario, svetta in mezzo al gruppo.
Si tratta di una lettura agevole, per cui vale la pena passare qualche minuto in relax e silenzio, magari seduti accanto al proprio calorifero per riscaldarsi. Sì, fa molto vintage, ma non stanca mai.
Giunti a questo punto, quale miglior modo di concludere se non augurando a tutti voi... Buon Natale!

martedì 22 dicembre 2020

A scuola di cinema: S.O.S. Fantasmi (1988)

1843: Viene pubblicato Canto di Natale (A Christmas Carol), di Charles Dickens. La storia, ormai universalmente nota, è incentrata su Ebenezer Scrooge, un avaro affarista che si converte durante la notte della Vigilia di Natale a seguito della visita di tre fantasmi, che lo mettono a confronto col suo passato e le sue scelte di vita, trasformandolo in un uomo migliore, che aiuta il figlio malato di un suo dipendente e si riconcilia con la propria famiglia dopo anni di contrasti.
La storia viene adattata più volte per il grande schermo, sin dai tempi del cinema muto, sia per il cinema live-action che per quello di animazione, venendo modificata senza troppo problemi per proiettarla negli scenari sociali che mutano col passare degli anni e dei secoli. Forse, tuttavia, nessun adattamento risulta più originale di quello che vede protagonista uno dei più celebri attori americani.


1984: Dopo l'uscita di Ghostbusters, Bill Murray decide di prendersi una pausa dalla recitazione per passare più tempo insieme alla propria famiglia e trasferirsi a Parigi. L'attore effettua comunque ancora qualche apparizione: come protagonista nel film Il Filo del Rasoio (The Razor's Edge), girato tuttavia prima di Ghostbusters, ma distribuito in un secondo momento nel 1984, e con un cameo nel film La Piccola Bottega degli Orrori (Little Shop of Horrors) del 1986.
Sempre nel 1986, Murray viene approcciato dagli sceneggiatori Mitch Glazer e Michael O'Donoghue, con cui ha collaborato quando partecipava al Saturday Night Live, i quali gli propongono un adattamento in chiave comica del Canto di Natale di Dickens. Pur ritenendo la cosa interessante, Murray decide di prolungare la sua assenza dagli schermi per ancora un paio d'anni.
Quando l'attore fa infine il suo ritorno, con la promessa di un compenso di sei milioni di dollari per il suo prossimo film, le prime sceneggiature che gli vengono proposte non incontrano il suo gradimento. Riprende allora in mano il progetto di Glazer e O'Donoghue, ma ne chiede anche una riscrittura ai due sceneggiatori, ai quali offre la propria assistenza, per renderlo migliore, puntando in misura maggiore sulla relazione tra il protagonista e la sua ex fidanzata e sulle sue dinamiche familiari.
In principio, Murray contatta Sidney Pollack - con cui aveva collaborato per Tootsie - per dirigere la pellicola, prima di approcciare Richard Donner, reduce dai successi de I Goonies (The Goonies) e Arma Letale (Lethal Weapon). Donner è dubbioso sul fatto che una storia come il Canto di Natale di Dickens possa essere tramutata in una commedia senza rendere la cosa blasfema, ma Murray riesce a convincerlo ad accettare l'incarico dopo aver condiviso con lui qualche bicchiere di tequila.
Per il ruolo di Preston Rhinelander, viene suggerito il nome di Robert Mitchum. Donner non crede che un grande attore come lui possa accettare una parte secondaria. L'attore viene tuttavia contattato e, dopo pochi minuti di colloquio con Bill Murray, dà il suo assenso.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 7 dicembre 1987, svolgendosi a New York, Los Angeles e Toronto. Nell'imminenza del Natale, Donner chiede alla casa di produzione, la Paramount, se almeno per il 25 dicembre i componenti della troupe possano stare accanto alle proprie famiglie, ricevendo un netto rifiuto. Il regista allora - per soverchiare questa decisione - licenzia tutti il 24 dicembre, riassumendoli il giorno 26, per permettere loro di passare un Natale sereno.
Gli anni di pausa non hanno intaccato la verve di Bill Murray. Nonostante la riscrittura della sceneggiatura, l'attore non si fa problemi a lanciare battute improvvisate sul set e a muoversi lontano dal posto che gli è stato assegnato, generando frustrazione sia in Richard Donner, il quale non riesce a trovare il modo migliore per dirigerlo, che negli altri attori, più abituati a seguire il copione e in difficoltà nello stare dietro ai suoi ritmi.
Allo stesso tempo anche Murray ha qualche problema col regista, che gli chiede in maniera quasi continua di pronunciare le sue battute a voce alta, tanto che a un certo punto Murray inizia a pensare sia sordo. Quasi superfluo dire che, dopo questa pellicola, i due non hanno più lavorato insieme.
Quando Murray deve girare le sue scene insieme a Carol Kane, il Fantasma del Natale Presente, gli viene l'idea di rendere il personaggio interpretato dall'attrice un po' manesco. Carol Kane, tuttavia, si fa prendere un po' troppo la mano, dando sonori schiaffi a Murray e, in un'occasione, procurandogli una ferita a un labbro che blocca la produzione per alcuni giorni. L'esperienza segna l'attrice, che durante la lavorazione della pellicola ha talvolta delle crisi di pianto.
Murray ha anche dei problemi con la neve finta utilizzata sul set, che a volte gli fa tossire sangue.
Le riprese si concludono il 12 aprile 1988. L'ultima scena girata è quella del discorso finale del personaggio interpretato da Murray, Frank Cross. Questa è una scelta voluta di Donner, poiché ha un tocco emozionale e drammatico, che dura alcuni minuti, e che per l'attore rappresenta qualcosa di inedito, distante dalle sue precedenti interpretazioni comiche.
Seppure Glazier e O'Donoghue abbiano scritto un discorso toccante, frutto di molte ore di lavoro, Bill Murray come al solito fa di testa sua, improvvisando e muovendosi lungo il set. Alla fine della sua performance, la troupe applaude in maniera spontanea. O'Donoghue cerca di protestare, ma per tutta risposta Donner gli tira un pugno contro un braccio, cosa che lascia allo sceneggiatore un livido per alcuni giorni.
Molto del materiale girato viene tagliato in fase di montaggio, dove si dà la preferenza più alle parti improvvisate che a quelle da copione, di cui alla fine sul grande schermo rimane poco meno della metà.
S.O.S. Fantasmi (Scrooged) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 23 novembre 1988. A fronte di un budget di 32 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale oltre 100 milioni di dollari.
Un ritorno trionfale sul grande schermo per Bill Murray, il quale però sembra non riuscire a liberarsi dai fantasmi. Tanto che, dopo questa pellicola, si appresta a partecipare al sequel di Ghostbusters... ma questa è un'altra storia.

domenica 20 dicembre 2020

A scuola di cinema: Wild Wild West (1999)

17 settembre 1965: Va in onda, sulla rete televisiva CBS, il primo episodio della serie The Wild Wild West. Ambientata tra il 1869 e il 1877, questa serie - che mischia il western con l'horror, lo spionaggio e una tecnologia alternativa per l'epoca di ambientazione, diventando così antesignana dello steampunk - segue le avventure di James West (interpretato da Robert Conrad) e Artemus Gordon (interpretato da Ross Martin), due agenti governativi al servizio del presidente degli Stati Uniti Ulysses Grant, che combattono "supercriminali" desiderosi di conquistare il mondo con invenzioni improbabili o piani folli.
La serie va in onda per quattro stagioni, con oltre 100 episodi all'attivo, concludendosi nel 1969, a causa sia di un lieve declino degli ascolti che di una crescente protesta da parte anche di esponenti politici, i quali poco gradiscono la violenza, ritenuta per l'epoca eccessiva, mostrata nel telefilm.
The Wild Wild West ritorna sugli schermi televisivi nel 1979 e 1980, grazie a due lungometraggi, The Wild Wild West Revisited e More Wild Wild West. Tuttavia, ogni piano per eventuali, nuovi film per la televisione svanisce a causa della morte nel 1981 di Ross Martin. Qualche anno dopo, però, questo serial televisivo compie il grande salto e approda sul grande schermo.


1992: Warner Bros. acquisisce i diritti di sfruttamento di The Wild Wild West, progettando di farne dirigere un adattamento da Richard Donner (regista peraltro di alcuni episodi della serie televisiva), con Mel Gibson nel ruolo di James West e una sceneggiatura scritta da Shane Black. Si sarebbe insomma ricreato il trio del primo Arma Letale (Lethal Weapon). Donner e Gibson tuttavia abbandonano ben presto il progetto, decidendo di dedicarsi all'adattamento di un altro serial televisivo, ambientato sempre nel selvaggio West, Maverick.
Nel 1995 il progetto torna per qualche tempo in vita, quando si pensa di affidare la parte di Jim West a Tom Cruise, il quale però alla fine decide di partecipare alle riprese del primo Mission: Impossible (anch'esso adattamento di un celebre serial televisivo, si vede che è destino).
All'inizio del 1997, qualcosa infine si sblocca quando viene scelto come regista Barry Sonnenfeld e la parte di James West viene affidata a Will Smith.
In quel periodo l'attore ha ricevuto due proposte quasi concomitanti: questa e il ruolo del protagonista Neo nel film Matrix. Nonostante venga contattato sia dai produttori che dai registi di quest'ultima pellicola, Smith decide infine di rifiutare la parte di Neo e accettare quella di Jim West, poiché ritiene troppo improbabile la storia di Matrix e dei guerrieri della rete che combattono a mezz'aria, inoltre è un appassionato del serial televisivo The Wild Wild West. A oggi, l'attore afferma che questo è stato l'errore più grave della sua carriera.
In un primo momento, a George Clooney viene affidata la parte di Artemus Gordon, ma ben presto costui capisce di non essere la persona più adatta, inoltre non gradisce troppo quello che ai suoi occhi è un ruolo secondario. Nel dicembre 1997, dunque, decide di ritirarsi dal progetto. In cerca di una rapida sostituzione, la parte viene affidata a Kevin Kline.
A Robert Conrad, l'originario Jim West, viene offerto un cameo nel ruolo del Presidente Ulysses Grant, ma rifiuta quando legge la sceneggiatura, ritenendola non efficace e poco rispettosa della serie televisiva.
La prima bozza di sceneggiatura viene scritta da S.S. Wilson e Brent Maddock. Il loro trattamento è molto aderente al materiale originario, con toni seri, molti dialoghi e poca azione. Tutto ciò però non piace alla Warner Bros., che sottopone questo trattamento a una completa riscrittura a opera di Jeffrey Price, Peter Seaman e Jim Kouf, i quali inseriscono come da richiesta della produzione molti elementi comici e battute e ulteriori scene d'azione. Inoltre cambiano l'identità del criminale, che in principio è un nano di nome Miguelito Loveless.
Dietro insistenza del produttore Jon Peters, inoltre, viene aggiunta nell'epilogo la presenza di un ragno meccanico gigante. Peters aveva richiesto e ottenuto la stessa cosa da parte di Kevin Smith per la sceneggiatura di Superman Lives, film mai prodotto, e chiesto di nuovo la stessa cosa per un adattamento mai concretizzatosi di The Sandman di Neil Gaiman. Insomma, ci tiene molto che quest'idea venga inserita e alla fine riesce in questo intento.
Wilson e Maddock hanno una relazione di lavoro tormentata con Jon Peters, o sarebbe meglio dire coi suoi assistenti visto che non lo incontrano quasi mai. Peters all'inizio non capisce che si tratta di un film con ambientazione western e chiede che i cavalli siano sostituiti da delle motociclette. I due scrittori rimangono così traumatizzati da quest'esperienza e dal risultato finale che, oltre a cercare invano di far togliere i loro nomi dalla sceneggiatura, decidono di non voler avere mai più a che fare con una grande produzione.
Prima che le riprese possano iniziare, nel luglio 1997 alla Warner Bros. viene intentata causa da parte di Gilbert Ralston, sceneggiatore dell'episodio pilota del serial televisivo, il quale dichiara di essere l'ideatore di molti degli elementi del telefilm, incluso il protagonista James West, di cui poi il produttore e creatore dello show Michael Garrison si è attribuito la paternità in maniera indebita.
Ralston chiede dunque la sua quota di royalties su questo prodotto e il relativo merchandising. Lo sceneggiatore non vedrà mai la fine di questa causa, in quanto muore nel 1999, ma i suoi eredi alla fine ricevono comunque una somma di compensazione vicina al milione di dollari o di poco superiore ad essa.
Le riprese iniziano il 18 maggio 1998, svolgendosi in Arizona, California, New Mexico e presso la Monument Valley. Una volta conclusa questa prima fase, vengono richieste delle riprese aggiuntive con ulteriori elementi umoristici, in quanto gli screening di prova non hanno dato i risultati sperati. Contro il parere di Barry Sonnenfeld, ma dietro forte insistenza di Jon Peters, viene dunque aggiunta la scena con Will Smith in versione danzatrice del ventre.
Ancor prima che sia dato il ciak finale, il regista, tutti gli attori principali, buona parte della troupe e anche qualche esecutivo della Warner Bros. arrivano a detestare ciò che stanno facendo poiché hanno capito che ne sta venendo fuori qualcosa di raffazzonato. Le riprese si concludono il 3 novembre 1998.
Wild Wild West viene distribuito nei cinema americani a partire dal 30 giugno 1999. A fronte di un budget di 170 milioni di dollari, il più alto per l'epoca per la Warner Bros., la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale 222 milioni di dollari.
Pur essendo rientrata dalle spese di produzione, seppur solo grazie al mercato estero, la pellicola si rivela un flop, poiché da un simile investimento ci si aspettava un incasso di gran lunga maggiore. Per fortuna di Barry Sonnenfeld e Will Smith, la loro collaborazione nata sul set di Men In Black continuerà con altri film di questa saga... ma questa è un'altra storia.

venerdì 18 dicembre 2020

Fabolous Stack of Comics: Sacro/Profano - Purgatorio


Dopo l'Inferno, è giunto il momento del Purgatorio per Angelina e Damiano, i due protagonisti di Sacro/Profano, la serie ideata da Mirka Andolfo.
Il primo capitolo si era concluso con una reciproca promessa di matrimonio e la prima notte di sesso "infuocato" (è proprio il caso di dirlo) tra i due fidanzati. In questo secondo volume, Angelina e Damiano conoscono i rispettivi genitori del loro partner, tra gioie e dolori (soprattutto dolori), mentre si preparano a consacrare la loro unione davanti all'altare. E anche stavolta qualcosa di inatteso cambierà per sempre la loro relazione.
Formula vincente, come si suol dire, non si cambia. Quindi anche questo secondo capitolo raccoglie le vignette già apparse online, con in più alcune storie extra scritte da autori ospiti e sempre disegnate da Mirka Andolfo, omaggi alla serie da parte di svariati disegnatori, e infine un prologo e un epilogo inediti, di più pagine rispetto al consueto, a fungere da perfetta cornice.
In questo volume la "variabile impazzita" è il rapporto dei due protagonisti con la generazione precedente alla loro, ovvero la madre di Angelina (del padre invece non vi è traccia) e i due genitori di Damiano. Due generazioni con due visioni differenti della vita che, pur nel contesto di una serie comica, vengono ben descritte.
Ribadisco il concetto che più mi aveva colpito del primo volume: può essere surreale e sopra le righe quanto si vuole, ma il rapporto tra i due protagonisti è ciò che rappresenta il punto di forza di questa storia. Diversi nell'aspetto, nel carattere, sembra non abbiano alcun punto in comune, ma sono uniti dall'amore e dal rispetto.
Così tanto che alla fine Damiano, il diavoletto, dimostra di tenere da conto le scelte e l'indipendenza di Angelina molto più di quanto non faccia la madre di lei, l'angelo con le ali, la quale alla fine rinnega la propria figlia. Perché a volte, ecco forse il male no, ma di certo l'egoismo e il rancore possono nascondersi anche sotto una parvenza di eleganza e sfarzosità. Che nascondono invece una rabbia repressa, dovuta a scelte sbagliate, che viene scaricata contro i propri figli o amici.
Anche in questo volume dunque un importante messaggio viene trasmesso, seppur traslato in una serie comica, ma non per questo risulta meno forte o incisivo.
E quindi, dopo l'Inferno e ora il Purgatorio, rimane solo un ultimo atto. Resta da compiere per Angelina e Damiano l'ascesa verso il Paradiso.

martedì 15 dicembre 2020

Libri a caso: La Macchina dei Corpi


Warren Ellis è di certo più conosciuto per i numerosi fumetti su cui ha lavorato in svariati anni, in particolar modo per le sue creazioni Authority e Planetary (pur non avendo disprezzato qualche incursione nel "mainstream", come il nostro caro amico Batman può testimoniare).
Forse pochi sanno, però, che Warren Ellis è anche un romanziere, pur avendo al suo attivo al momento solo due romanzi. Il primo, pubblicato nel 2007, si intitola Con Tanta Benzina in Vena (Crooked Little Vein), mentre il secondo e per momento ultimo, pubblicato nel 2013 e di cui parliamo oggi, è La Macchina dei Corpi (Gun Machine).
Davvero una tragica giornata per il detective di New York John Tallow quando, nel tentativo di placare un cittadino impazzito e in possesso di un'arma da fuoco, quest'ultimo uccide il suo compagno di pattuglia Jim Rosato, prima che Tallow freddi a sua volta il folle. Mentre il cadavere di Rosato viene portato via, però, Tallow nota qualcosa di strano in un appartamento deserto vicino a dove si è tenuta la sparatoria letale.
Quello che viene ritrovato è sconcertante: ci sono in quell'appartamento ben duecento armi e ognuna di esse è collegata a un caso irrisolto di omicidio. Insieme a due insoliti detective della Scientifica, John Tallow scoprirà dietro a questi omicidi un mondo marcio fatto di corruzione e follia e un pericoloso serial killer noto come il Cacciatore.
Il Warren Ellis romanziere è diverso dal Warren Ellis autore di fumetti, non foss'altro perché sono due generi di narrazione differenti. Tuttavia, mi sembra che qualche cosa in comune ci sia: un inizio d'impatto (non si fa tempo a provare empatia con uno dei personaggi, che a pagina 3 questo viene subito ucciso) e un epilogo concitato, forse straniante, nel senso che ci si aspetterebbe una resa dei conti finale dura e concitata, mentre invece il tutto termina in un batter d'occhio.
Quello che Ellis mette più sotto i riflettori è l'ambiente che circonda i personaggi, nel caso specifico la città di New York e alcuni suoi lati oscuri, tanto da rendere la Grande Mela la vera protagonista di questo romanzo (non ci saremmo potuti aspettare di meno, in effetti, dall'ideatore di Jack Hawksmoor). Sarà forse per questo che le psicologie dei personaggi principali e il loro background non vengano approfonditi più di tanto, il che tuttavia non significa che siano dei gusci vuoti.
Paradossalmente, quello che risulta più approfondito alla fine è il serial killer, pur se non ne sapremo mai il nome, poiché non ha alcuna importanza. Questo perché lui rappresenta l'emblema vivente di una Manhattan che non esiste più e che lui cerca di recuperare nelle sue visioni, un uomo che non si riconosce nella New York - e nell'America- post 11 settembre 2001, troppo cambiata. Ma non è detto che questa sua posizione ci porterà a provare empatia per lui, aldilà del fatto che sia un assassino.
Un gustoso fuori programma, prima di tornare ad altri fumetti scritti da Warren Ellis.

domenica 13 dicembre 2020

Libri a caso: Pietr il Lettone


Londra, si sa, ha Sherlock Holmes. Gli Stati Uniti hanno i loro detective privati hard-boiled quali Philip Marlowe o Sam Spade. E Parigi? Be', anche questa città ha il suo detective, anzi Commissario per eccellenza, capace di competere in popolarità sia con Sherlock Holmes che con Hercule Poirot: si tratta di Maigret, il personaggio ideato da Georges Simenon.
Pietr il Lettone (Pietr-le-Letton), pubblicato nel 1931 seppur scritto un paio di anni prima, è il primo romanzo della saga che vede protagonista il commissario parigino della prima squadra mobile. Ma, badate bene, non il primo a essere pubblicato e nemmeno il primo in ordine cronologico dove compare Maigret (il quale era un personaggio secondario o anche meno in un paio di romanzi precedenti di Simenon). Insomma, c'erano problemi di continuity e difficoltà nel reperire gli arretrati già allora.
Il Commissario Maigret riceve la notizia che il criminale noto come Pietr il Lettone sta per giungere a Parigi. Si reca dunque alla stazione dove giunge il treno che ha Pietr come passeggero, ma qui, dopo averlo riconosciuto, trova quello che sembra un suo sosia ucciso in un bagno del treno.
Il Commissario segue dunque il criminale presso l'albergo dove alloggia sotto falso nome e da quel momento in poi inizierà tra i due una partita intricata, fatta di mosse e contromosse, sotto un'incessante pioggia novembrina. Il tutto mentre altri personaggi entrano in gioco e Maigret stesso rischia la vita in questo dramma esistenziale, che nasconde un'incredibile verità.
Un bellissimo, appassionante primo capitolo. In primo luogo per il suo protagonista, ovviamente, il Commissario Maigret, che ritengo per l'epoca in cui fu ideato una figura di investigatore del tutto inedita.
In questo romanzo ha quarantacinque anni, è alto, robusto ma non impacciato e ha una moglie - nota qui solo come Signora Maigret - a cui viene accennato più volte e che comparirà solo nelle pagine finali. Ahimè, ma non c'è da stupirsene troppo, il ruolo per quest'ultima è solo quello della moglie fedele che aspetta a casa il marito e cucina per lui. E siccome Simenon a quanto pare i nomi non li vuole diffondere, anche lei chiama suo marito per cognome.
Maigret sembra avere dei trascorsi in guerra e forse per questo è molto attaccato ai suoi colleghi, pur mascherando il tutto sotto un atteggiamento burbero e scontroso, tanto che quando uno di loro viene ucciso durante l'indagine, per lui la caccia al criminale diventa una faccenda personale. Fino al punto di mettere a rischio anche la sua stessa salute, cosa per cui alla fine dovrà subire un intervento chirurgico, purché sia fatta giustizia. E per Maigret giustizia non vuol dire necessariamente che i criminali paghino davanti alla legge.
Se Holmes ha il metodo deduttivo, se Poirot usa le sue celluline grigie, Maigret cerca sempre "la crepa", ovvero quel momento in cui il criminale tradisce la sua natura umana tramite delle emozioni.
Simenon manifesta una grande bravura nella descrizione dei luoghi, pur se diversi tra loro. In questo romanzo si passa, anche nell'arco di poche pagine, da un lussuoso hotel, a una locanda di provincia, a un locale di second'ordine in periferia e altri posti. E per ognuno di essi Simenon, con poche ma precise descrizioni, riesce a catapultarci in quei micromondi, come se la scena si stesse svolgendo davanti ai nostri occhi e prendesse vita di fronte a noi.
Scene dove l'umanità lì raffigurata pare essere preda del caos e Maigret è colui che porta ordine in quel caos col suo passaggio. Un insolito portatore di luce, bisogna ammetterlo.
Pietr il Lettone, come detto, è il primo romanzo che vede protagonista il commissario parigino. Il primo di settantacinque. Parleremo anche dei restanti settantaquattro? Non rimane che attendere.

venerdì 11 dicembre 2020

Fabolous Stack of Comics: Batman/Wonder Woman


Liam Sharp è uno di quei numerosi disegnatori britannici che ha esordito in patria per poi trovare una propria, gloriosa via nel mercato americano, riuscendo a lavorare sia per Marvel che per DC Comics.
Negli ultimi anni, l'artista si è concentrato in particolar modo sugli albi di Wonder Woman e Lanterna Verde, dove ha avuto la possibilità di collaborare con rinomati sceneggiatori quali Greg Rucka e Grant Morrison. Tuttavia, sin dai tempi di alcune produzioni indipendenti, Liam Sharp si è dilettato anche nella sceneggiatura.
E così nel 2018 esce la sua prima opera come autore completo per un'importante casa editrice: la miniserie di sei numeri Batman/Wonder Woman (The Brave and the Bold: Batman and Wonder Woman). Il titolo originale fa riferimento a una celebre testata del passato che ha ospitato per molti anni i team-up del Cavaliere Oscuro con altri eroi della DC Comics.
Wonder Woman viene convocata da Cernussos, guardiano del regno di Tir Na Nog, per fare da ambasciatrice e paciere tra i De Danann e i Fomoriani, i quali sono sul piede di guerra dopo l'uccisione del re Elatha. Diana ben presto capisce che l'omicidio di Elatha presenta dei lati oscuri che solo un abile detective potrebbe portare alla luce. E lei conosce il più grande detective del mondo.
Contemporaneamente, Batman è coinvolto in uno strano caso nel quartiere irlandese di Gotham City, dove tutti i residenti sono come ipnotizzati. Quasi superfluo aggiungere che le vicende su cui stanno indagando i due eroi sono collegate tra loro e la scoperta della verità rischia di mettere a repentaglio ben due dimensioni.
Liam Sharp è nato a Derby e con ogni probabilità fin da piccolo si è ritrovato circondato dalle mitologie della nazione britannica, compreso il variegato folklore irlandese, da cui questa miniserie attinge a piene mani. Tema abbastanza inedito nei fumetti di supereroi, che preferiscono concentrarsi di più sulla mitologia norrena oppure quella orientale.
Ne risulta dunque un'interessante commistione tra il fumetto di supereroi (anche se a volte Batman e Wonder Woman restano sullo sfondo) e quello mitologico irlandese, il quale viene adattato per il DC Universe. Tanto che la lettura di questa storia stimola poi la curiosità di volerne sapere di più sul folklore irlandese e su quanto Sharp abbia attinto da tale mitologia.
Sharp pecca la mancanza di esperienza come sceneggiatore piazzando in maniera involontaria qua e là un paio di momenti di stanca o poco significativi, ma nel complesso non inficiano l'opera nel suo complesso. Pur essendo la miniserie una storia leggibile a sé stante, lascia spazio per un eventuale seguito - ormai deve essere una prassi per le grandi case editrici - di cui al momento però non si vede traccia. Però si sa, mai perdere la speranza.

mercoledì 9 dicembre 2020

A scuola di cinema: Vacanze di Natale (1983)

1959: Esce nei cinema italiani il film diretto da Camillo Mastrocinque Vacanze d'Inverno. Interpretata tra gli altri da Alberto Sordi e Vittorio De Sica, si tratta di una pellicola corale dove agiscono e interagiscono svariati personaggi. Tra questi il Ragionier Moretti che, insieme a sua figlia, dopo aver vinto un concorso, si reca in vacanza a Cortina d'Ampezzo, dove si innamora della contessa Parioli, dilapidando buona parte dei suoi averi. E anche Maurizio, portiere di un albergo, e sua figlia Vera, la quale viene circuita dal marito della contessa.
Tra gli spettatori di questo film, vi sono anche i due figli di un celebre regista, Steno, di nome Carlo Vanzina ed Enrico Vanzina. I due fratelli trarranno ispirazione da questa pellicola svariati anni dopo, per dare vita a uno dei più celebri film della commedia italiana, nonché antesignano di un intero genere cinematografico.


1983: Il grande successo di Sapore di Mare lascia dietro di sé alcuni strascichi imprevisti. I fratelli Carlo Vanzina ed Enrico Vanzina non hanno infatti gradito le eccessive ingerenze dei produttori Pio Angeletti e Adriano De Micheli della International Dean Film, i quali fino all'ultimo hanno quasi impedito che la pellicola si realizzasse e hanno cercato di bloccare il casting di alcuni attori, questo senza forse contare un adeguato riscontro anche in termini economici.
Per questo motivo i due fratelli accettano ben volentieri la proposta di Aurelio De Laurentiis della Filmauro, il quale li contatta dopo poco dopo la prima del film, proponendo loro di replicare l'idea della pellicola a sfondo vacanziero, solo stavolta ambientata durante il periodo invernale.
L'idea, semplice nella sua forma ma a quel tempo inedita per il mercato italiano, è che gli eventi del film si svolgano nella stessa cornice temporale in cui esso verrà distribuito nelle sale cinematografiche, appunto nel periodo compreso tra poco prima di Natale e poco dopo Capodanno, dando così al pubblico la sensazione illusoria che stia vedendo una pellicola basata su eventi attuali.
I due fratelli ideano in breve tempo una sceneggiatura a quattro mani basandosi sul film di Camillo Mastrocinque, ma ambientandola nel presente, come richiesto dalla produzione, con ritratti delle diverse classi sociali dell'epoca.
Quando si sparge la notizia della produzione di questa pellicola, la International Dean Film mette subito in cantiere un sequel di Sapore di Mare, affidando il progetto all'aiuto regista di Carlo Vanzina, Bruno Cortini. Per ironia del destino, poiché in questo sequel vengono utilizzate scene riciclate o scartate del primo film, i fratelli Vanzina vengono accreditati come co-sceneggiatori.
La Filmauro riesce ad assicurarsi la presenza esclusiva dei due attori più apprezzati di Sapore di Mare, ovvero Jerry Calà e Christian De Sica, figlio quest'ultimo di quel Vittorio De Sica che era stato tra i protagonisti di Vacanze d'Inverno. L'attore romano è ancora in cerca di una consacrazione definitiva, visto che dal successo di Sapore di Mare ha ottenuto poco in termini economici, seppur per sua scelta.
Altri attori quali Karina Huff invece riescono a barcamenarsi, riuscendo a partecipare alle riprese sia del sequel di Sapore di Mare che della pellicola di Natale.
Le riprese si svolgono, chiaramente, a Cortina d'Ampezzo, in un arco di tempo di tre settimane nel mese di settembre del 1983, in particolar modo presso l'Hotel Cristallo, l'Hotel Fanes e il Vip Club in Corso Italia. In quest'ultimo locale viene creato il set del piano bar. Per questo, i fratelli Vanzina si ispirano al Jackie O', un locale di Roma da loro frequentato e da cui scelgono i pezzi più richiesti per riportarli nel loro film.
Il problema più immediato che si deve affrontare è che ci si trova alla fine dell'estate e di neve sulle montagne di Cortina d'Ampezzo praticamente non vi è traccia, anzi, sulle distese è ben visibile l'erba verde dei campi.
In un'epoca ancora senza effetti speciali al computer a disposizione, per rimediare alla situazione, per le inquadrature più ravvicinate si cospargono i campi di una schiuma bianca che simula l'illusione della neve, mentre per i campi lunghi si copre il terreno con delle lenzuola bianche prese in prestito dai vari hotel della zona. Infine, per fingere che ci sia neve anche sui davanzali delle case, viene comprata nelle farmacie una gran quantità di cotone idrofilo, la quale viene piazzata in maniera strategica.
Pur dovendo, per motivi di budget, lavorare con una tempistica ristretta, l'atmosfera sul set tra i componenti della troupe è rilassata, in quanto i registi e gli attori sia principali che secondari si conoscono da anni e sono amici. Tanto che in più di un'occasione, Carlo Vanzina consente ad alcuni di loro, tra cui Guido Nicheli e Mario Brega, di improvvisare delle battute, le quali non vengono tagliate.
A riprese concluse, vi è una prima proiezione del montaggio finale riservata, oltre che ai due fratelli Vanzina, ad Aurelio De Laurentiis, suo figlio Luigi e Christian De Sica. A quanto sembra, Luigi De Laurentiis non rimane molto soddisfatto del risultato finale ed è certo che nessuno andrà a vedere il film. Per tutta risposta, i fratelli Vanzina ribattono che se ne riparlerà il 6 gennaio.
Mentre Sapore di Mare 2 - Un Anno Dopo esce a inizio dicembre, non riuscendo forse inevitabilmente a replicare il successo originario, Vacanze di Natale viene distribuito nei cinema italiani a partire dal 23 dicembre 1983. Quando in una sala di Roma Christian De Sica sente il pubblico ridere si volta verso sua moglie e le dice che il tempo di ristrettezze economiche è finito. La pellicola arriva infine a incassare quasi 3 miliardi di lire, un risultato tra i migliori di quell'annata.
Può sembrare strano, ma in un primo momento non si capitalizza subito su questo particolare "format cinematografico". Certo, negli anni successivi escono altre pellicole durante il periodo delle festività, ma nessuna di loro ritorna sul tema del film corale ambientato in un luogo di vacanza durante il Natale. Infatti, prima che esca un nuovo Vacanze di Natale, passano ben sette anni, solo che stavolta non saranno i fratelli Vanzina a occuparsene... ma questa è un'altra storia.

lunedì 7 dicembre 2020

Fabolous Stack of Comics: Sacro/Profano - Inferno


Nel 2012 esordisce su Facebook una Pagina che ben presto diventa seguita e "virale", come dicono i giovani: Sacro/Profano.
Ideata da Mirka Andolfo, Sacro/Profano è incentrata su storie brevi di una pagina con protagonisti Angelina e Damiano, un angioletta e un diavolo molto particolari, che si innamorano e vogliono sposarsi (almeno, lo vuole lei, Damiano all'inizio è difficile da convincere), con divertenti "problematiche" sessuali a fare da contorno. Il successo è tale che l'anno successivo le Edizioni Dentiblù pubblicano il primo volume di Sacro/Profano, sottotitolato Inferno.
Dopo essersi conosciuti a un concerto, Angelina e Damiano iniziano a frequentarsi. Contro ogni previsione, anche di quelle dei loro amici, la loro relazione arriva al settimo anno. Quando puntualmente la crisi arriva. Più il tempo passa, infatti, più Angelina vorrebbe "convolare a giuste nozze" col suo Pucci. Pucci... ehm, Damiano d'altro canto vorrebbe "deflorare" la sua amata.
Ne nasce così una serie di divertenti situazioni ed equivoci, che culminerà infine con un evento che cambierà la relazione tra i due.
Si può considerare a buon diritto questa come un'opera prima, l'esordio di una colorista e illustratrice nel campo della sceneggiatura, pur avendo all'epoca già un curriculum di tutto rispetto, con lavori presso la Walt Disney e altri editori.
Ed è una buona opera prima. Questo primo volume raccoglie le prime "strisce" già apparse online, con in più alcune vignette extra scritte da autori ospiti e sempre disegnate da Mirka Andolfo, omaggi alla serie da parte di svariati disegnatori, e infine un prologo e un epilogo inediti, di più pagine rispetto al consueto, a fungere da perfetta cornice. Le battute sono tutte a sfondo sessuale, ma non c'è n'è nessuna davvero volgare o sporca (un paio abbastanza maliziose e sopra le righe, forse, ma null'altro).
Mi ha colpito in maniera favorevole soprattutto questa cosa. Angelina e Damiano sono, come è evidente, due personalità del tutto differenti e non solo perché lei è un angelo con l'aureola e lui un diavoletto con la coda. Il loro è un rapporto che sembra in principio basato su fragili fondamenta. Invece progredisce, in maniera coerente, progredisce perché lei rispetta lui e viceversa.
Certo, ogni tanto qualcuno... ok, Damiano, cerca di approfittare di qualche situazione, ma in nessun caso effettua atti di prevaricazione nei confronti della sua compagna. E può sembrare banale, ma vedere una relazione tra due persone diverse tra loro in apparenza, ma unite dall'amore e dal rispetto, rappresenta un messaggio molto forte in questi ultimi anni, anche se traslato in una serie comica.
E come nel poema di quel poeta fiorentino che forse conoscete anche voi, dopo l'Inferno vi è lo stadio intermedio, il Purgatorio. Là dove la relazione tra Angelina e Damiano proseguirà.

sabato 5 dicembre 2020

Fabolous Stack of Comics: Marathon


Nel 2011 viene pubblicato dalla Newton Compton il romanzo, scritto da Andrea Frediani, Marathon, incentrato sulla battaglia di Maratona e su una visione alternativa degli eventi storici attorno a quel conflitto, in particolar modo della celebre corsa del corridore che annunciò la vittoria ai cittadini di Atene.
Nel 2017 sempre la Newton Compton inaugura una propria linea editoriale dedicata ai fumetti, Newton Comics, e Marathon è il primo romanzo che viene adattato per questo nuovo medium. La sceneggiatura e l'adattamento sono opera di Lucio Perrimezzi, mentre la parte grafica è affidata a Massimiliano Veltri che - sarà il tema, sarà il fatto che ci sono i Persiani - ha dato in alcune tavole un piccolo omaggio a 300 di Frank Miller... almeno, se non ho avuto le allucinazioni.
Le cronache degli storici del tempo sono contradditorie rispetto alla battaglia di Maratona, soprattutto su quella famosa corsa che assume più i toni di una leggenda. Secondo alcuni a compierla fu un certo Filippide, mentre altre fonti riportano il nome di Tersippo o Eucle. La soluzione narrativa adottata da Frediani è che in realtà non sia stato solo un uomo a percorrere il tragitto da Maratona ad Atene, bensì tre soldati. Ovvero Filippide, Tersippo ed Eucle, amici tra loro, che si sono sfidati per conquistare il cuore di Ismene, figlia del reggente di Atene Ippia.
Tuttavia questa corsa si rivelerà qualcosa di più per i tre soldati, qualcosa che metterà a nudo le loro anime e le loro colpe, fino a che rimarrà un vincitore finale... oppure tre persone sconfitte.
Non è mai semplice per uno sceneggiatore adattare una storia scritta da qualcun altro e per un medium del tutto diverso da quello originario. In questo caso, il lavoro effettuato da Lucio Perrimezzi è ben realizzato, poiché è riuscito a trasferire su "vignetta" i pensieri, le emozioni e i dubbi dei quattro protagonisti del romanzo (oltre ai tre corridori, vi è anche il drammaturgo e storico Eschilo) e rendere appassionanti le scene di battaglia, grazie alla collaborazione con Veltri.
L'albo si incentra in particolar modo sui temi dell'onore e dell'amicizia, su quanto una persona sia disposta a tradire i propri ideali e financo gli amici che sono al suo fianco da una vita intera, pur di raggiungere una gloria effimera, che per ognuno si concretizza in qualcosa di diverso.
Massimiliano Veltri realizza matite "sporche", come sporca è la guerra, alla Sean Gordon Murphy. I tocchi di inchiostro che a volte appaiono sembrano macchie di sangue nero, simboli della follia che coglie gli uomini nel fervore della battaglia, eppur vittime di poteri e persone che non vedranno mai in vita loro.
A meno di mie sviste, la Newton Comics ha prodotto almeno un altro fumetto oltre a questo: vedremo se prima o poi capiterà sotto le nostre avide mani.

giovedì 3 dicembre 2020

Fabolous Stack of Comics: Dottor Strange - Shamballa


Quando si pronuncia il nome di J.M. DeMatteis (spoiler, le prime due lettere stanno per John Mark), lo si associa subito al personaggio di Spider-Man o, per coloro che hanno vissuto in un'altra dimensione, Uomo Ragno, di cui ha scritto decine di storie. Altri invece lo collegano alla Justice League (America, Europe, International, Formerly Known As, fate voi), di cui in coppia con Keith Giffen ha scritto altrettante decine di storie.
Ma si sa, la carriera di uno sceneggiatore che si protrae per decenni - a proposito di decine - è destinata a incrociarsi in maniera inevitabile anche con altri personaggi. Come è successo al Dr. Strange nel graphic novel del 1986 Dottor Strange: Shamballa (Doctor Strange: Into Shamballa), disegnato da Dan Green.
Il Dottor Strange si reca in Himalaya, dove si trova il tempio del suo defunto mentore, l'Antico, per rendergli omaggio. Qui incontra Hamir, uno dei ser... dei discepoli dell'Antico, il quale gli porge l'ultimo dono del precedente Stregone Supremo, all'apparenza un innocuo specchio.
Strange ben presto scopre a sue spese che quello specchio è un passaggio dimensionale per il regno di Shamballa, dove ritrova l'Antico attorniato da altre entità, le quali gli riferiscono che il tempo dell'umanità sulla Terra è giunto alla fine e una nuova era deve nascere tramite il ritrovamento di alcuni oggetti mistici.
Strange si mette alla ricerca di tali artefatti, preda del dubbio: possibile che l'Antico stesso voglia porre fine all'umanità? E lui deve portare a termine questa missione, anche se gli è stata affidata da una persona di sua fiducia?
In quest'albo DeMatteis tratta un tema che a volte ricorre in altre sue storie: il rapporto con una figura autoritaria con cui vi è anche un rapporto di affetto. Un padre o una madre, ad esempio, oppure chi non è parte della famiglia ma rappresenta comunque una figura genitoriale, come è accaduto con l'Antico nei confronti di Stephen Strange.
Questa storia va a toccare un momento delicato di questo rapporto, quando questa figura non c'è più e si trova infine il coraggio di confrontarsi col passato, scoprendo qualcosa di apparentemente controverso, che mette in dubbio quella figura che per noi rappresentava anche un ideale.
Ma non bisogna mai disperare in questo caso, secondo DeMatteis: se si è diventati le persone che siamo oggi è anche perché siamo stati formati ed educati da queste figure, sia coi loro pregi che coi loro difetti. Quello che conta davvero è che, quando giunge il momento del distacco, siamo in grado di andare avanti da soli e prendere in maniera autonoma le nostre decisioni.
Le illustrazioni, perché non di disegni si tratta in questo caso, di Dan Green completano il tutto. Si rimane un attimo spiazzati al principio, sembra quasi di vivere un sogno sfocato nella propria mente, poi ci si rende conto che gli acquerelli e i dipinti di questo artista contribuiscono a rendere al meglio l'atmosfera onirica e surreale voluta da DeMatteis.
L'anno successivo alla pubblicazione di questa storia, DeMatteis ritornerà sul tema del rapporto con una figura genitoriale, seppur con un finale più drammatico, grazie a L'Ultima Caccia di Kraven (Kraven's Last Hunt).

martedì 1 dicembre 2020

Fabolous Stack of Comics: Blacksad - Da Qualche Parte tra le Ombre


Esiste una regola non scritta della narrativa, di qualunque forma essa sia, secondo cui non esistono pessime idee. Ogni idea è potenzialmente buona e quello che conta davvero è come tale idea viene sviluppata dallo scrittore di turno.
Ora, se noi fino a venti anni fa avessimo pensato a un fumetto popolato da animali antropomorfi in un contesto drammatico e ispirato ai film noir dell'epoca d'oro del cinema, probabilmente in molti ci avrebbero preso per pazzi. Poi però è arrivato Juan Díaz Canales e ha zittito tutti.
Da Qualche Parte tra le Ombre (Quelque Part Entre les Ombres), pubblicata nel 2000, è la prima storia che vede protagonista John Blacksad, il detective privato con le fattezze di un gatto nero che agisce in una New York immaginaria degli anni '50 del ventesimo secolo.
L'albo, così come anche le storie successive, è stato realizzato da Juanjo Guarnido. Seppur entrambi gli autori siano spagnoli, la storia è stato pubblicata in Francia vista la sua natura autoriale.
Blacksad riceve la drammatica notizia dell'uccisione dell'attrice Natalia Willford, una donna di cui il detective si innamorò perdutamente dopo aver intimato a un suo stalker di lasciarla in pace, tuttavia la loro relazione si interruppe in maniera brusca e non la vide più.
La morte di Natalia scatena la rabbia di Blacksad, che inizia ad indagare sul suo omicidio, scoprendo ben presto che ci sono persone influenti che non vogliono che la verità venga a galla e dunque cercano di metterlo a tacere con le maniere forti. Blacksad ha tuttavia un alleato, il commissario Smirnov, che è pronto a tutto per far sì che il detective trovi il colpevole.
Quello che abbiamo di fronte non è di certo qualcosa di inedito, spesso in passato si sono pubblicati fumetti con animali dalle fattezze antropomorfe che rispecchiano certi comportamenti umani (ci sono certi topi e certi paperi che potrebbero dire qualcosa al riguardo), ma in questo caso ci troviamo al cospetto di un'opera eccezionale e unica nel suo genere.
In primo luogo per l'ambientazione. Davanti ai nostri occhi si para quella città multiforme - in questo caso è New York, ma essa diventa qualcosa di universale - che abbiamo visto nei noir con Jean Gabin o nei film con protagonista Humphrey Bogart.
Città, realizzata in maniera magistrale da Guarnido, dove sì i grattacieli svettano, ma l'umanità delle sue storie in realtà agisce nei vicoli malfamati, nei locali di terz'ordine, in salotti percorsi da raggi obliqui di malvagità, col fumo che esce dalle grate oppure prorompe dalle sigarette e che cerca di celare invano tutti i sozzi peccati che vengono commessi. Un ambiente dominato dall'ambiguità e dalla diffidenza, da cui Blacksad cerca di sottrarsi a tutti i costi, ma di cui suo malgrado entra a far parte.
In secondo luogo per il protagonista e i personaggi che ruotano attorno a lui. Dopo poche pagine non fai più caso al fatto che stai seguendo le indagini di un gatto nero detective e inizi a provare empatia per lui, a sentire i suoi pensieri come se fossero i tuoi. Tutti abbiamo sofferto, tutti prima o poi abbiamo perso un grande amore e ci siamo sentiti impotenti nel non poter fare nulla al riguardo.
I pensieri e le sensazioni di Blacksad diventano quanto di più umano ci possa essere e così le sue azioni, a volte dettate più dall'impeto che dalla logica, e che sono forse quelle che prenderemmo anche noi se ci ritrovassimo nella stessa situazione.
Insomma, davvero un piccolo capolavoro fumettistico di un passato ancora abbastanza recente. Da scoprire.

sabato 28 novembre 2020

Libri a caso: L'Uomo Disintegrato


Pur avendo nella sua vita scritto pochi romanzi, Alfred Bester è uno degli scrittori di fantascienza maggiormente apprezzati di sempre, a dimostrazione di come quelle poche opere siano riuscite a entrare comunque nell'immaginario collettivo dei lettori.
Il suo primo romanzo, pubblicato nel 1952 su rivista e l'anno dopo in volume, si intitola L'Uomo Disintegrato (The Demolished Man) ed è una sorta di mix tra la fantascienza e la "inverted detective story" ideata da Richard Austin Freeman. Tanto che il titolo è praticamente uno spoiler.
Nel ventiquattresimo secolo dominato dalle grandi corporazioni e dove parte dell'umanità ha sviluppato grandi capacità telepatiche, l'imprenditore Ben Reich - preda di terribili incubi dove è perseguitato da un Uomo Senza Volto - progetta di uccidere il suo rivale in affari Craye D'Courtney.
Non è facile, tuttavia, commettere un omicidio e farla franca in un mondo pieno di telepati, anzi, è praticamente impossibile. Tuttavia, Reich escogita una serie di espedienti per riuscire nel suo intento criminoso, cosa che attirerà su di lui le attenzioni del detective Powell, fino a un drammatico confronto finale.
Come molti romanzi di quel periodo, risulta strano leggere un romanzo di fantascienza, proiettato in un lontano futuro più progredito, dove le persone utilizzano ancora i telefoni pubblici e l'esistenza dei personal computer è sostanzialmente sconosciuta. Ma se andiamo oltre questi dettagli, si capisce bene come mai L'Uomo Disintegrato sia un romanzo entrato nella storia.
Bester introduce con eleganza e maestria concetti di psicologia freudiana all'interno della propria opera, senza farli risultare complessi e noiosi agli occhi del lettore, non dimenticandosi mai di far progredire la trama.
In tal senso, Ben Reich è la personificazione dell'ES, delle pulsioni che ci portano a compiere atti anche orrendi per quelli che possono rivelarsi talvolta dei semplici capricci. Powell è invece la personificazione dell'IO, colui che cerca di riportare l'equilibrio in una psiche dominata dal caos.
E infine c'è lui, l'Uomo Senza Volto, che diventa la personificazione del Super-Io e, tramite la proiezione verso un ideale assoluto, può portare anche alla disintegrazione dell'IO. "Paura, timore, ansietà, cominciano già".
Come ho detto, però, non vi troverete di fronte, leggendo questo romanzo, a un Sigmund Freud rinato che vi disserta sulle sue teorie, bensì a una storia con molte sfaccettature (e forse un po' troppi personaggi di contorno), che diventa infine un'apologia del progresso umano e una condanna alla pena di morte. Anche se la soluzione alternativa proposta da Bester non è che sia proprio democratica, a volerla dire tutta.

giovedì 26 novembre 2020

Fabolous Stack of Comics: Wonder Woman - Lo Spirito della Verità


In questi ultimi mesi abbiamo parlato dei vari one-shot che Alex Ross e Paul Dini hanno dedicato ai grandi eroi della DC Comics. Abbiamo iniziato con Superman, siamo passati poi da Shazam e la JLA, per finire con Batman.
Solo un personaggio manca all'appello e si tratta di Wonder Woman, l'eroina creata nel 1941 da William Moulton Marston. I due autori le hanno dedicato l'albo Wonder Woman: Lo Spirito della Verità (Wonder Woman: Spirit of Truth), pubblicato nel novembre 2001.
In qualità di ambasciatrice di Themyscira presso le Nazioni Unite, a Wonder Woman viene chiesto di indagare in maniera imparziale su uno stato straniero, di cui si vocifera usi scudi umani per impedire raid aerei di nazioni nemiche. Wonder Woman, però, incontra subito la diffidenza degli abitanti di quella nazione, i quali la respingono anche a sassate.
Seguendo un consiglio di Superman, l'eroina allora in abiti civili si mischia alla popolazione, ora come medico, ora come soldato, riuscendo così a dare il suo tocco di pace laddove impazza l'inferno.
Davvero ispirato questo racconto dedicato a Diana Prince. L'argomento sottotraccia in tutte queste storie scritte da Ross e Dini, questi esseri semidivini che si riappropriano della loro umanità, diviene qui ancora più chiaro.
In principio, come Wonder Woman, l'eroina è respinta dalle persone comuni, che la ritengono diversa da loro, qualcosa di così incomprensibile ai loro occhi da suscitare subito un'ingiusta diffidenza, come spesso capita all'umanità quando ha paura di una cosa che non conosce o non vuole comprendere.
Quando però Wonder Woman inizia a divenire parte integrante della popolazione, nelle sue varie identità, diviene anche parte di quell'umanità da cui in principio era stata allontanata e questo le permette infine di essere accettata come parte di essa e divenire fondamentale nella risoluzione della crisi.
I disegni di Ross sono come sempre spettacolari e rendono giustizia alla grazia e alla bellezza di questo personaggio, simbolo non solo del femminismo, ma di tutti coloro che riescono a portare la pace laddove ce ne sia bisogno. Poiché a volte non sono necessari confronti, battaglie o lotte intestine. A volte è necessario solo il dialogo, con la verità che emerge in maniera prepotente e inevitabile nelle menti di ognuno, che permette di progredire, sia come singoli che come comunità.
Ormai sono più di quindici anni che Alex Ross e Paul Dini non collaborano più insieme su un nuovo progetto ed è abbastanza improbabile che tornino a farlo. Non deve esserci tuttavia rammarico per questo. Le loro cinque storie sono ancora lì, pronte a essere rilette in ogni momento e per certi versi ancora attuali. Casomai le ristampassero in futuro o le ritrovaste da qualche parte, dateci un'occhiata: non ve ne pentirete.

martedì 24 novembre 2020

Fabolous Stack of Comics: Zagor - Le Origini


Il personaggio di Zagor, lo Spirito con la Scure, protettore di Darkwood, è stato creato da Sergio Bonelli/Guido Nolitta e Gallieno Ferri nel 1961. Sono quindi quasi sessant'anni che Za-Gor-Te-Nay difende Darkwood e non solo da ogni ingiustizia, sempre accompagnato dal fedele amico Cico dai mille cognomi.
Ogni eroe ha una sua origine e quella di Zagor non arrivò che nel 1969, otto anni dopo la sua creazione (uno Stan Lee al contrario, insomma, il caro Bonelli), grazie alla storia Zagor Racconta. Quella storia, e tutti i retroscena che hanno ruotato attorno ad essa tramite altre storie pubblicate negli anni successivi, divengono la base per la miniserie in sei numeri Zagor: Le Origini, pubblicata dal giugno al novembre 2019, scritta da Moreno Burattini e disegnata da svariati artisti: Giuseppe Candita, Maurizio Di Vincenzo, Giovanni Freghieri, Valerio Piccioni, Oskar, Walter Trono.
Il piccolo Pat Wilding cresce felice in una capanna vicina alle rive del Clear Water, insieme ai suoi genitori. Ma tutto cambia quando gli indiani Abenaki, guidati dal predicatore Salomon Kinsky, attaccano la dimora per vendicarsi di Mike Wilding, padre del futuro eroe, reo di aver in passato guidato un assalto dell'esercito contro la loro tribù, generato in massacro.
I genitori di Pat vengono uccisi, mentre lui viene salvato dal trapper Wandering Fitzy, che negli anni successivi gli insegnerà come usare la scure e altre armi, mentre da alcuni artisti circensi apprenderà altre utili lezioni. Ma un tarlo si insinua nella mente di Pat Wilding, il demone della vendetta contro Salomon Kinsky, che rischia di bloccare sul nascere la strada per diventare un eroe.
La prima domanda che ci si potrebbe porre è: questa miniserie è fruibile da chi Zagor lo conosce poco o addirittura non ha mai letto un albo con lui protagonista? La risposta è sì, facilitata dal fatto che questa è la storia delle origini di un eroe, dove dunque non c'è alcun background pregresso. Certo, la conoscenza di alcune storie, tra cui lo Zagor Racconta citato in precedenza, può aiutare meglio la comprensione, ma non è affatto bloccante.
Questa miniserie si è rivelata più cruda e realistica di quanto mi aspettassi. Qui abbiamo proprio un futuro eroe alle prime armi, un futuro eroe che in quanto tale commette qualche ingenuità, sbaglia a volte a usare le armi - così come è capitato al Bruce Wayne di Batman: Anno Uno - e che da questi stessi errori impara, per divenire infine il personaggio da tanti amato, ai limiti dell'infallibilità.
Cruda e realistica anche per una serie di scene abbastanza violente, forse inaspettate in un fumetto Bonelli, ma nessuna di esse gratuita, bensì perfettamente inserite nel contesto della storia. Se proprio dovessimo trovare un difetto è la presenza di un paio di "spiegoni" (alcuni personaggi amano raccontare per filo e per segno dove sono stati, cosa hanno fatto, perché ce l'hanno tanto con quell'altro personaggio...).
Apprezzatissimo anche il comparto grafico. Di solito, quando un'unica storia viene affidata a più disegnatori, ciò si rivela come l'anticamera del disastro, ma non in questo caso. Anche se ognuno degli artisti porta avanti e giustamente il proprio stile non ci sono stacchi grafici di rilievo da un numero all'altro, cosa che contribuisce a far apprezzare il tratto di ogni singolo disegnatore coinvolto.
Questa miniserie analizza la leggenda di Zagor, una leggenda che - per quanto riguarda le sue origini - potrebbe avere ancora qualcosa da dire. Vedremo se in futuro apprenderemo qualcosa di più sul giovane e non più inesperto Pat Wilding. La storia è appena all'inizio.

domenica 22 novembre 2020

Fabolous Stack of Comics: Cinzia


Sì, è successo, più di una volta. Un comprimario, o addirittura un personaggio che compare per poche vignette in un fumetto, che diventa per le più svariate ragioni uno dei beniamini di una serie, fino a conquistarsi un proprio spazio personale. E in alcune occasioni anche a scalzare il protagonista originario (un primo caso eclatante che mi viene in mente è quello di Valentina, di Guido Crepax).
Cinzia Otherside compare per la prima volta nel 1990, sulle pagine di uno dei primi racconti dedicati a Rat-Man, il personaggio creato da Leo Ortolani. Da quel momento, Cinzia Otherside si conquista col tempo sempre più spazio, divenendo uno dei personaggi di punta dell'universo di Rat-Man. Fino ad arrivare al 2018 e al graphic novel Cinzia, pubblicato da Bao Publishing, scritto e disegnato sempre da Leo Ortolani.
Come molte persone, Cinzia Otherside vuole contribuire alla società e cerca un lavoro. Ma Cinzia è una transessuale, sui suoi documenti di identità c'è ancora scritto il nome Paul, e quella stessa società in cui vuole inserirsi la rigetta per sciocchi pregiudizi.
Qualcosa cambia quando Cinzia conosce un uomo di nome Thomas e se ne innamora. Pur di avvicinarsi a lui, Cinzia torna a essere Paul e inizia a lavorare per la stessa associazione in cui lui opera. Solo che quest'associazione è per la cosiddetta "famiglia naturale" e non si fa scrupolo a discriminare chiunque non sia loro gradito. Cinzia dovrà dunque decidere se coronare questo sogno d'amore, e così facendo rinnegare anche una parte di sé stessa, oppure prendere una strada differente.
Non sono abituato a dare voti alle storie di cui parlo, ma se dovessi farlo questa storia prenderebbe il voto più alto tra quelle che ho letto in questi ultimi anni.
Non è facile strappare un sorriso o una risata di questi tempi, ma - come ha dimostrato anche durante il lockdown generale di qualche mese fa - Ortolani è un maestro in questo. E la sua non è quella battuta caciarona a tutti i costi, anzi, a volte è una battuta disturbante, cattiva ma non di cattivo gusto, che ti fa sorridere ma a denti stretti. E poi ci sono anche bellissime citazioni cinematografiche e degli stacchetti musicali ("Ma come, intermezzi musicali in un fumetto? E funzionano?". Certo che sì)!
Non c'è solo questo, tuttavia. Ci sono alcuni momenti in cui la storia e le battute si fermano, come congelati nel tempo, e la protagonista offre alcune riflessioni sulla sua situazione. Riflessioni profonde e che colpiscono allo stomaco, smascherando una generale ipocrisia che pervade la società.
Non solo la cattiveria di coloro che discriminano coloro che reputano, e non si sa perché, diversi da loro, ma anche l'indifferenza di molti altri. Quell'indifferenza che può anche essere la nostra, quando volgiamo lo sguardo e proseguiamo per la nostra strada, oppure ridiamo di fronte a un'oscenità detta da un nostro amico quando si è in gruppo perché... ehi, lo fanno tutti, non posso dimostrarmi diverso da loro.
Forse è l'indifferenza ciò che fa più male, quella che porta Cinzia a sentirsi come una macchia oscura, invisibile agli altri. Ma la sua decisione finale, con cui non annulla la propria vera identità - aldilà delle convenzioni sociali - è la più giusta.
Questa storia è perfettamente leggibile anche se non si conosce l'universo di Rat-Man. Oltre a non esserci riferimenti a questo personaggio, l'autore costruisce un racconto autonomo, con un cerchio narrativo perfetto e che trova degna conclusione. Insomma, questa volta è andato davvero tutto bene!

venerdì 20 novembre 2020

Fabolous Stack of Comics: Ghost Rider Cosmico


Alla fine di Thanos Vince!, il Ghost Rider Cosmico Frank Castle viene ucciso dal Caduto/Silver Surfer grazie a Mjolnir. Questo gli garantisce l'ingresso nel Valhalla. Ma la sua fine è in realtà solo l'inizio di un nuovo, folle viaggio.
Le (dis)avventure del Ghost Rider Cosmico proseguono infatti su Cosmic Ghost Rider, miniserie in cinque numeri pubblicata tra il 2018 e il 2019, sceneggiata dal suo creatore Donny Cates e disegnata da Dylan Burnett.
Esiliato dal Valhalla per sua volontà, il Ghost Rider Cosmico torna indietro nel tempo, a quando Thanos era solo un infante. Desistendo dall'ucciderlo, lo prende sotto la sua tutela, con l'intenzione di trasformarlo in una persona diversa, migliore.
Ma si sa, avere un mentore come il Ghost Rider Cosmico non è proprio la migliore delle opzioni e questo genererà distruzioni, caos temporali e l'arrivo dal futuro del Punitore più improbabile che la storia dei fumetti abbia mai visto.
Surreale. Ecco il primo aggettivo che mi viene in mente se penso a questa miniserie. La pletora di scene fuori dall'ordinario - pure nel contesto di un fumetto Marvel che ha per protagonista un Punitore di un universo alternativo che ha stretto un patto con Mefisto ed è divenuto araldo di Galactus, provate a leggerlo tutto d'un fiato se ci riuscite - è fuori scala, ma allo stesso tempo mai fuori posto (ho usato 3 volte la parola 'fuori' in questo paragrafo, tanto è fuori questa storia).
Cates sembra farsi beffe, sottolineo il verbo sembra, di varie situazioni che spesso si presentano nei fumetti di supereroi - i viaggi nel tempo, le speranze di redenzione - per costruire la sua versione rivista e scorretta di Lone Wolf and Cub.
Sottotraccia rimane questo dilemma, alla fine: davvero una persona diventa quello che è perché ritenuta pazza o è malvagia nel midollo fin dal principio? O sono forse le persone e l'ambiente che girano attorno a questa persona che contribuiscono a renderla ciò che è? Quelle che noi riteniamo le migliori intenzioni, la migliore educazione, il migliore esempio, possono a volte portare a conseguenze disastrose se pensiamo solo a ciò che è meglio per noi piuttosto che al bene degli altri. E a volte, con rammarico, non teniamo in conto che ci sono forze ed eventi più grandi di noi che non possiamo controllare.
E queste stesse forze forse hanno permesso che le (dis)avventure del Ghost Rider Cosmico non si fermassero qui! Altre nuove storie sono già state pubblicate su di lui, anche se non più al momento ad opera del suo creatore Donny Cates. Il tempo ci darà modo di capire se saranno altrettanto folli come questa miniserie.

martedì 17 novembre 2020

Fabolous Stack of Comics: Klaus


Qualcosa di incredibile è accaduto: ho letto una storia di Grant Morrison che ho compreso in maniera immediata! Un'ulteriore conferma del fatto che questo 2020 è davvero un anno pieno di eventi fuori dall'ordinario.
Klaus è una miniserie di sette numeri pubblicata da Boom Studios tra il 2015 e il 2016 e disegnata da Dan Mora. Il protagonista, ebbene sì, è proprio lui: Babbo Natale! Avete presente quella simpatica persona amante dei caminetti e sponsorizzata da una nota marca di bibite che in un altro mondo si chiamava San Nicola da Bari?
Ebbene, scordatevela. Il Klaus di questa miniserie è un uomo tutto d'un pezzo che ritorna nella città dove è nato, Grimsvig, durante le festività del solstizio d'inverno, Yule. Trova un'atmosfera molto tetra e cambiata rispetto a prima e una popolazione governata col pugno di ferro e schiavizzata da Lord Magnus, il quale ha stretto un patto con un demone.
Klaus si imbatte ben presto in una sua conoscenza dell'infanzia, Dagmar, moglie di Lord Magnus, e si ritrova in possesso di strani poteri e tanti giocattoli che possono riportare la felicità tra i bambini e gli abitanti di Grimsvig. Sempre se il demone non si metterà in mezzo.
Ho volutamente esagerato con la prima affermazione, ma è di certo strano vedere una storia così lineare da parte di Grant Morrison, con i buoni e i cattivi ben chiari e delineati sin dall'inizio e soprattutto con motivazioni da ambo i lati molto "terrene", quali la brama di potere e il desiderio di portare giustizia a tutti i costi.
Ma siccome alla fin fine è sempre Grant Morrison, l'autore non manca di abbellire la sua storia con elementi folkloristici ed esoterici che si ispirano in particolar modo alla tradizione medievale e germanica, senza tener conto di influssi religiosi provenienti dal Cristianesimo che avrebbero rischiato di annacquare il racconto.
Ecco dunque perché la figura di Klaus si distacca così tanto dall'iconografia ordinaria associata a Babbo Natale. Se si fosse deciso di perseguire questa strada, premesso che una storia di Natale non può prescindere dalla retorica, nel bene e nel male, lo si sarebbe associato a una figura "cristiana" che per alcuni risulta troppo distante e in cui non ci si riesce a identificare.
Così invece viene costruito un personaggio diverso, di certo portatore di valori associati al Natale quali la felicità e la forza dei legami familiari, ma allo stesso tempo credibile come figura universale.
Dopo questa miniserie, il personaggio di Klaus ha continuato ad apparire negli anni successivi tramite speciali one-shot, che tuttavia risultano ancora inediti in Italia. Solo il tempo ci dirà se anche questi racconti perduti di Klaus arriveranno nel nostro paese.
Ora mi toccherà leggere un'altra storia di Grant Morrison, però: questo Nameless sarà una miniserie lineare come questa?

domenica 15 novembre 2020

A scuola di cinema: Giochi di Potere (1992)

1987: Viene pubblicato Attentato alla Corte d'Inghilterra (Patriot Games), secondo romanzo di Tom Clancy che vede protagonista l'analista della CIA Jack Ryan. Pur essendo stato pubblicato tre anni dopo La Grande Fuga dell'Ottobre Rosso (The Hunt for Red October), cronologicamente Patriot Games si svolge prima fungendo dunque da prequel della saga.
Mentre si trova a Londra, l'insegnante di storia Jack Ryan sventa un attentato dell'Ulster Liberation Army, una scheggia impazzita dell'Irish Republican Army (IRA), ai danni del Principe e della Principessa del Galles... sì, insomma, Carlo e Diana per capirci. Nel conflitto che ne segue, John McCrory, uno dei terroristi, viene ucciso da Ryan e Sean Miller, suo amico, giura vendetta contro l'uomo e la sua famiglia.
Riuscito a fuggire di prigione, Miller raduna attorno a sé un piccolo esercito e, trasferitosi negli Stati Uniti, causa un incidente stradale a seguito del quale la moglie e la figlia di Ryan rimangono gravemente ferite.
Per avere più informazioni su Sean Miller e la sua fazione terrorista, Ryan accetta un'offerta da parte della CIA di divenire un loro analista. Quando Ryan poco dopo riceve la visita dei reali d'Inghilterra, Miller decide di portare a compimento l'attentato fallito a Londra.
Ne nasce un drammatico conflitto a fuoco, a seguito del quale molti terroristi e agenti della sicurezza vengono uccisi, con Miller che viene infine catturato dalle autorità dopo un ultimo scontro con Jack Ryan. Il romanzo si chiude su una nota lieta, con la nascita del secondogenito di Ryan, che porta il suo stesso nome.
Qualche anno dopo, anche il secondo romanzo con protagonista Jack Ryan diventa oggetto di un adattamento cinematografico, il secondo anch'esso incentrato su questo personaggio, seppur con qualche significativo cambiamento.


Dopo il grande successo di Caccia a Ottobre Rosso (The Hunt For Red October), la Paramount decide di mettere subito in cantiere un sequel della pellicola, con l'intenzione originaria di confermare sia il regista (John McTiernan) che l'interprete principale (Alec Baldwin) del primo film.
McTiernan vorrebbe in realtà dirigere l'adattamento di un altro romanzo di Tom Clancy, Pericolo Imminente (Clear and Present Danger), di cui John Milius ha completato una prima bozza di sceneggiatura. Tuttavia, il produttore Mace Neufeld ha già acquisito i diritti di Patriot Games, su cui anche la Paramount decide di concentrare le proprie risorse.
McTiernan dunque, considerato il suo retaggio irlandese, decide di rinunciare al progetto perché a disagio col tema trattato, preferendo dedicarsi alla regia di Mato Grosso (Medicine Man), dove ritrova Sean Connery.
In sua sostituzione viene contattato Phillip Noyce, regista australiano che sta emergendo sul panorama statunitense.
Alec Baldwin, interessato a riprendere il ruolo che ha lanciato la sua carriera, nonostante un ingaggio promesso sui quattro milioni di dollari non può in principio confermare la sua presenza poiché è impegnato in teatro a Broadway con Un Tram che si Chiama Desiderio (A Streetcar Named Desire) e chiede un piccolo posticipo, nonché la possibilità di approvare la sceneggiatura prima di confermare la sua partecipazione. La cosa non risulta molto gradita al produttore David Kirkpatrick, che chiede all'attore di scegliere tra la rappresentazione a Broadway o la partecipazione alle riprese della pellicola.
Al contempo, la Paramount è reduce da un progetto non andato a buon fine che avrebbe visto come protagonista Harrison Ford e a causa del quale ora è in debito con l'attore, non solo morale. Per compensare la cosa, Ford si propone per interpretare Jack Ryan, come sarebbe già dovuto accadere per la prima pellicola, dalla quale si era ritirato poiché convinto che fosse stato dato più spazio al personaggio interpretato da Sean Connery.
Quando viene a sapere che le trattative con Baldwin sono ancora in corso, Ford chiede senza mezzi termini alla produzione di mandarlo a quel paese. E la parte di Jack Ryan è sua. Superfluo dire che, da quel momento, Alec Baldwin e Harrison Ford non si sopportano a vicenda.
Il ruolo di Sean Miller viene affidato all'attore britannico Sean Bean, alla sua prima esperienza con una produzione americana
La sceneggiatura viene scritta da W. Peter Iliff e Donald Stewart. Per evitare problemi, le figure dei reali d'Inghilterra presenti nel libro di Clancy vengono sostituite con personaggi immaginari. Inoltre, considerata la differenza di età tra Baldwin e Ford, il personaggio di Ryan viene "invecchiato" di circa 10 anni, rendendo la pellicola davvero un sequel di Caccia a Ottobre Rosso, piuttosto che un prequel.
Questi cambiamenti, uniti ad altre modifiche alla sua trama (Miller che viene ucciso da Ryan e non arrestato, più alcune scene ritenute irrealistiche), portano Tom Clancy già prima dell'inizio delle riprese a dissociarsi dal progetto e chiedere che il suo nome venga tolto da ogni materiale promozionale associato al film.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 2 novembre 1991, svolgendosi a Londra, in California e nel Maryland. Il finale originario prevede una lotta tra Ryan e Miller su degli scogli circondati da un mare in tempesta, col terrorista che infine cade nelle acque agitate, annegando. Questa scena non viene tuttavia gradita in uno screening di prova e viene perciò sostituita all'ultimo momento con una lotta su un motoscafo.
Durante le riprese del confronto, Harrison Ford colpisce in maniera accidentale Sean Bean poco sopra l'occhio sinistro con un gancio per barche. La ferita e il sangue che ne conseguono - ben visibili nel film - sono reali e non frutto di un abile trucco. Come conseguenza, Sean Bean porta una piccola cicatrice ancora oggi.
Le riprese si concludono il 18 febbraio 1992.
Giochi di Potere (Patriot Games) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 5 giugno 1992. A fronte di un budget di 45 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale 178 milioni di dollari.
Un risultato inferiore rispetto a Caccia a Ottobre Rosso, ma nonostante tutto un buon riscontro che convince la Paramount a mettere subito in produzione un terzo film incentrato su Jack Ryan. Che si rivela proprio quel Clear and Present Danger tanto caro sia a John McTiernan che ad Alec Baldwin... ma questa è un'altra storia.