domenica 31 gennaio 2021

Netflix Original 2: The Ridicolous 6


Siamo solo alla seconda produzione originale Netflix e mi imbatto subito nel Christian De Sica americano, Adam Sandler. Sì, lui, Zohan, Cambia la Tua Vita con un Click... miseria ladra! Intendiamoci, ogni tanto qualche discreto film con lui l'ho visto, comunque va dato atto a quest'attore di essere uno dei pochi rappresentanti rimasti - forse addirittura l'unico - della commedia demenziale americana, ormai lontana da certi fasti del passato... se mai ci sono stati.
The Ridicolous 6 è una commedia a sfondo western, diretta da Frank Coraci, tratta da un soggetto dello stesso Adam Sandler e di Tim Herlihy e pubblicata sulla piattaforma Netflix l'undici dicembre 2015.
Tommy "Lama Bianca" Stockburn è un albino cresciuto da una tribù Apache che un giorno ritrova suo padre, Frank Stockburn (un Nick Nolte che svetta sopra gli altri, anche quando deve recitare in film di questo tipo per suppongo meri motivi alimentari), il quale gli confessa che gli sono rimasti pochi giorni di vita a causa di una malattia.
Frank Stockburn viene tuttavia rapito da una sua vecchia banda, ansiosa di recuperare il tesoro di una grande rapina andato perduto. Per salvare suo padre, Tommy si allea dunque con i suoi cinque fratelli che non sapeva di avere, e tutti interpretati da caratteristi che avrete di certo visto in altre pellicole nel corso degli anni (sì, c'è pure il licantropo di Twilight, miseria ladra 2), dando così vita ai Ridicoli Sei.
Questo film prende per il cu... omaggia in maniera divertita alcuni cliché del cinema western e alcuni suoi capisaldi, tra i quali I Magnifici Sette, Il Piccolo Grande Uomo e I 4 Figli di Katie Elder (perlomeno, questi sono quelli che ho riconosciuto) costruendovi attorno lo sputo di una trama.
Ehi, se vogliamo c'è anche un messaggio di fondo, in quanto sia Tommy che tutti i suoi fratelli appartengono a delle minoranze, e tutti si trattano alla pari e portano rispetto l'uno verso l'altro. Oppure questo messaggio di fondo l'ho visto solo io, può essere.
Il fatto è che vi devono proprio piacere questo tipo di pellicole, demenziali e sopra le righe, per avere una speranza di apprezzare questo film che fa uso anche, e soprattutto, di scurrilità e battutacce.
Una delle poche cose degne di nota sono i cameo di alcuni grandi attori quali Harvey Keitel e Steve Buscemi (che per motivi che non voglio indagare è quasi sempre presente nei film di Adam Sandler), pochi minuti che risollevano l'animo, anche se il loro ruolo è quello di fare gli idioti.
E ora scusatemi, ma sento l'impellente esigenza di rivedere Ombre Rosse.

giovedì 28 gennaio 2021

Fabolous Stack of Comics: She-Hulk - I Due Volti della Giustizia


She-Hulk, tra gli ultimi personaggi creati da Stan Lee, con la complicità di John Buscema, esordisce nel 1980, grazie a una prima serie regolare incentrata su di lei.
Per alcuni anni rimane in una sorta di semi-anonimato, fino a quando John Byrne non la rende un'icona, dapprima inserendola nelle fila dei Fantastici Quattro, poi dedicandole un graphic novel e una nuova serie personale, incentrate sull'ironia e il metafumetto, dove cioè il personaggio è consapevole di essere la protagonista di una testata supereroistica, con tutto il divertissement del caso.
Dopo alterne fortune a seguito dell'abbandono di Byrne, She-Hulk diviene titolare di una nuova serie regolare nel 2014, scritta da Charles Soule e disegnata da Javier Pulido, con un paio di contributi da parte di Ronald Wimberly. Alla fine diventa una maxiserie di dodici numeri, intitolata She-Hulk: I Due Volti della Giustizia (She-Hulk By Soule & Pulido: The Complete Collection).
Jennifer Walters abbandona il suo impiego come avvocato presso lo studio legale Paine & Luckberg, poiché non ottiene incarichi significativi e i due soci intendono solo sfruttare la sua fama presso la comunità dei supereroi per farsi pubblicità. She-Hulk decide allora di aprire un proprio studio legale nel quartiere di Brooklyn.
Con Hellcat come investigatrice e l'insolita assistente Angie Huang (con tanto di scimmietta di nome Hei Hei al seguito) al suo fianco, Jennifer Walters si trova ben presto a indagare su casi fuori della norma, il più misterioso dei quali è il Dossier Blu, di cui nessuno è in grado di ricordare il contenuto.
Charles Soule ha praticato e pratica l'attività di avvocato, dunque sa come muoversi nelle aule di tribunale e questo ben risalta nelle scene ambientate presso le corti degli Stati Uniti, ma lo scrittore è al contempo molto bravo a non inondarci di tecnicismi, inutili in questo contesto, e a mantenere la narrazione lineare e intrigante.
Soule sembra proprio il miglior successore di Byrne come sceneggiatore di She-Hulk. Pur non sfondando più la metaforica quarta parete, il personaggio diviene il centro di avventure ironiche e surreali, seppur mai sopra le righe, che strappano qualche risata.
Questo senza contare l'utilizzare con abilità elementi e personaggi poco sfruttati del Marvel Universe... anche se qualcuno si è dimenticato di dire a Soule che Nightwatch (sì, lo so che ve lo ricordate in pochi) era stato ucciso... o forse questo fatto è stato dimenticato volutamente.
A tutto ciò si aggiungono anche gli incredibili disegni di Javier Pulido, capaci di rendere la sensualità e la forza di She-Hulk a ogni vignetta, in ogni espressione del suo volto in particolar modo. Meno incredibili, invece, i disegni di Ronald Winberly... una tragedia, proprio.
Elemento a sfavore è l'eccessiva fretta con cui viene conclusa la trama principale sul Dossier Blu, in sostanza tutto viene concentrato nel dodicesimo e ultimo numero: quasi di certo una decisione editoriale che ha troncato le gambe a questa serie, costringendo Charles Soule a trovare una risoluzione in fretta e furia. Un peccato davvero, meritava di più questa nuova incarnazione editoriale di She-Hulk.

martedì 26 gennaio 2021

A scuola di cinema: The Rock (1996)

Don Simpson e Jerry Bruckheimer hanno costituito una delle più affermate coppie di produttori cinematografici, responsabili negli anni '80 del ventesimo secolo di svariati successi quali Flashdance, Beverly Hills Cop e Top Gun.
Nel decennio successivo, la loro partnership lavorativa inizia a incrinarsi a causa dell'uso e abuso da parte di Don Simpson di sostanze stupefacenti, cosa che a volte lo porta a essere intrattabile, dentro e fuori dal set. Già ai tempi della lavorazione di Allarme Rosso, Bruckheimer decide dunque di troncare la collaborazione.
Con l'uscita nel 1995 di Pensieri Pericolosi (Dangerous Minds), rimane dunque un ultimo impegno contrattuale da portare a termine. Ed è allora che la tragedia colpisce.


L'ultimo contratto da onorare è con la Disney, tramite la consociata Buena Vista Pictures. Simpson e Bruckheimer opzionano una sceneggiatura ambientata ad Alcatraz realizzata da due scrittori, amici sin dai tempi dell'infanzia, di nome David Weisberg e Douglas S. Cook.
Weisberg e Cook hanno alle proprie spalle ancora poca esperienza e così i due produttori fanno revisionare la sceneggiatura da Jonathan Hensleigh e Mark Rosner, con qualche contributo aggiuntivo da parte di Aaron Sorkin e Quentin Tarantino.
Simpson, dopo aver visto uno speciale del programma giornalistico 60 Minutes dedicato ai soldati deceduti mentre impegnati in missione segrete all'estero, fa modellare il cattivo della storia, Francis Hummel (interpretato da Ed Harris), su una versione distorta del Colonnello e giornalista David Hackworth, il quale nelle sue memorie criticò con ferocia le pianificazioni degli attacchi militari degli Stati Uniti durante la guerra del Vietnam.
Per via delle regole della Writers Guild of America, oltre a Weisberg e Cook, solo Rosner viene infine accreditato, nonostante le lamentele formali che non trovano accoglimento.
Per la regia, la prima scelta di Simpson e Bruckheimer ricade su Tony Scott, ma costui è costretto a declinare, in quanto impegnato con le riprese di The Fan - Il Mito. I due produttori optano dunque per un regista ancora alle prime armi, reduce dalla direzione di video musicali e che ha diretto nel 1995 il suo primo lungometraggio, Bad Boys, anch'esso prodotto da Simpson e Bruckheimer: Michael Bay.
Il ruolo di Stanley Goodspeed viene proposto in prima battuta ad Arnold Schwarzenegger, ma quando Bruckheimer lo contatta la sceneggiatura è ancora incompleta e l'attore non ne rimane impressionato, preferendo dunque dedicarsi a L'Eliminatore - Eraser. La produzione affida allora la parte a Nicolas Cage, il quale dopo aver concluso le riprese di Via Da Las Vegas (Leaving Las Vegas) vuole dedicarsi a un film meno impegnativo ed è felice di poter lavorare col team composto da Simpson e Bruckheimer.
Per il ruolo di John Patrick Mason, viene scelto Sean Connery. Costui accetta, purché le scene che lo riguardano siano girate prima delle altre e i dialoghi del suo personaggio siano revisionati da due suoi sceneggiatori di fiducia, Dick Clement e Ian La Frenais, in grado di dargli un tocco più britannico. Alla fine non meno di nove sceneggiatori, su vari livelli, hanno lavorato al trattamento di questo film.
Una sceneggiatura che risulta comunque molto seriosa, fin troppo per Michael Bay, il quale accetta di buon grado da parte degli attori delle improvvisazioni a carattere umoristico o leggere. Nicolas Cage, oltre a cambiare il nome del suo personaggio - in principio si chiama Bill - decide allora di utilizzare espressioni colorite piuttosto che insulti o bestemmie.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 30 ottobre 1995. Pur essendo la trama ambientata in buona parte nella prigione di Alcatraz, la produzione insiste che gli interni vengano girati negli studi di Los Angeles. Michael Bay, però, si impunta su questo aspetto, ottenendo alla fine la possibilità di spostare la produzione ad Alcatraz.
L'isola è ancora aperta al pubblico e sono dunque frequenti le visite dei curiosi che osservano la lavorazione del film o chiedono un autografo ai loro beniamini.
Perché la troupe e gli attori giungano sul luogo delle riprese, ogni giorno devono prendere un traghetto che li porti a destinazione, traghetto che poi devono riprendere per tornare indietro. Sean Connery, tuttavia, non ha molta voglia di fare questo andirivieni e chiede che sia costruita per lui sull'isola un'apposita abitazione dove possa riposare. Viene accontentato.
Altre riprese in esterni si svolgono a Los Angeles e San Francisco. Una scena girata presso il Fairmont Hotel di San Francisco, in cui una controfigura viene lanciata oltre un balcone (con le precauzioni necessarie), viene notata da alcuni passanti che, non capendo che è un film e ritenendo che sia un atto criminale, contattano la reception dell'hotel e la polizia.
Michael Bay ha un primo attrito con la produzione quando gli viene richiesto di eliminare una scena in cui i Navy Seals arrivano all'isola di Alcatraz sott'acqua. Per protesta, abbandona il suo posto per un paio d'ore, nonostante gli venga intimato che, così facendo, sarà trascinato in causa per 60 milioni di dollari. Alla fine, tuttavia, la richiesta del regista viene accolta.
Notando una mancanza nella sceneggiatura, Michael Bay chiede di girare una scena di inseguimento tra auto, un suo pallino, nonostante le proteste degli sceneggiatori. Solo che la richiesta e approvazione di molteplici autorizzazioni, visto che l'inseguimento si svolge lungo svariate strade della città di San Francisco, comporta delle lungaggini burocratiche che vanno infine a interferire con le tempistiche di produzione.
Per questi motivi, Bay viene un giorno convocato dalla Disney, i cui esecutivi sono insoddisfatti di come sta gestendo la lavorazione del film. Mentre si appresta a partire, il regista si imbatte in Sean Connery, in tenuta da golf, e dietro sua domanda gli rivela dove sta andando. Connery lo accompagna al meeting e, sempre in tenuta da golf, dice agli esecutivi che Michael Bay sta facendo un buon lavoro e deve essere lasciato in pace. Da quel momento in poi, il regista non ha più problemi.
Michael Bay, però, ha il suo bel da fare nel convincere Connery e Cage a girare la scena che li vede entrambi sott'acqua, mentre delle esplosioni avvengono sopra di loro. I due attori vengono subito presi, fuori inquadratura, da alcuni sommozzatori addetti alla sicurezza che li portano al sicuro, ma l'esperienza non è delle più felici per James Bond.
Il 19 gennaio 1996, a poche settimane dalla fine delle riprese, una tragedia investe la lavorazione della pellicola: Don Simpson viene infatti trovato morto nel suo appartamento di Bel Air. L'autopsia, e non è una sorpresa per nessuno, dichiara che il decesso è dovuto a un infarto causato da abuso di sostanze stupefacenti, tra cui la cocaina, che il produttore non ha mai smesso di prendere. Si decide di comunicare la notizia alla troupe solo al termine della giornata lavorativa, ma durante la pausa pranzo Nicolas Cage rivela inavvertitamente la cosa a Michael Bay.
Le riprese si concludono il 22 febbraio 1996.
The Rock viene distribuito nei cinema americani a partire dal 7 giugno 1996. La premiere si tiene sull'isola di Alcatraz, per la precisione nel cortile della ex prigione, dove viene montato un apposito schermo cinematografico. La pellicola è dedicata alla memoria di Don Simpson. A fronte di un budget di 75 milioni di dollari, il film arriva infine a incassare a livello internazionale oltre 335 milioni di dollari.
Michael Bay ha in mente un possibile seguito di questa pellicola, che vede coinvolto Stanley Goodspeed, ora sposato, in possesso di un microfilm contenente informazioni governative confidenziali e scottanti, per cui i servizi segreti iniziano a dargli la caccia, e l'unico che potrebbe aiutarlo è John Patrick Mason. Tuttavia, alla fine non se ne fa nulla.
Vi è un curioso effetto collaterale derivante dall'uscita di questo film, che diviene di dominio pubblico solo nel 2016 a seguito di un'indagine governativa. Nel 2002, un report dell'intelligence britannica afferma che, grazie a fonti ritenute affidabili, l'Iraq di Saddam Hussein stia sviluppando delle armi chimiche, le quali vengono conservate in recipienti di vetro a forma sferica.
Qualcuno fa notare che è lo stesso modo in cui il personaggio interpretato da Ed Harris in The Rock conserva il gas nervino per minacciare il governo statunitense, e in ogni caso risulta qualcosa di alquanto improbabile, ma nessuno presta ascolto a queste obiezioni.
Grazie anche a questo report, il Primo Ministro Inglese Tony Blair - insieme all'amministrazione statunitense guidata da George W. Bush - dichiara guerra all'Iraq. Come sia andata a finire, lo sappiamo tutti. Quando diviene ormai chiaro che quel report è del tutto falso, basato su prove inesistenti e ideato da una fonte che tanto affidabile non è, il conflitto con le sue vittime si è ormai concluso.
Dopo The Rock, Michael Bay e Jerry Bruckheimer rinnovano subito, un paio di anni dopo, la loro collaborazione e si preparano all'Armageddon... ma questa è un'altra storia.

domenica 24 gennaio 2021

A scuola di cinema: Il Ragazzo di Campagna (1984)

Con la progressiva fine dei cosiddetti anni di piombo, verificatasi all'inizio degli anni '80 del ventesimo secolo, l'Italia si appresta a vivere una nuova fase di boom economico, che si concentra in modo particolare nel nord della nazione. Molte sono e saranno col passare degli anni le contraddizioni insite in questa rinascita o presunta tale, con conseguenze che diverranno evidenti ai più solo svariato tempo dopo, ma all'epoca praticamente nessuno ci fa caso.
Invece, una delle immediate conseguenze di questo boom economico è la sempre più crescente urbanizzazione di alcune città d'Italia, Milano in particolar modo, la quale porta molte persone ad abbandonare le città di campagna dove risiedono in cerca di una sistemazione più stabile nella metropoli, con diverse, alterne fortune a seconda dei casi.
Il cinema italiano non tarda a interessarsi a questo fenomeno e a portarlo sul grande schermo, ovviamente sotto forma di commedia.


Nel 1984, una sceneggiatura scritta da Franco Castellano e Giuseppe Moccia, alias Castellano & Pipolo, viene opzionata dal produttore Achille Manzotti, con l'intento di distribuirla tramite la sua società Faso Film.
Per il ruolo del protagonista, Artemio, la prima scelta ricade su Enrico Montesano, il quale però è costretto a rifiutare in quanto impegnato con le riprese de I Due Carabinieri. La parte viene allora assegnata a Renato Pozzetto, attore che aveva già collaborato con Castellano e Pipolo nel 1980 per Mia Moglie è Una Strega e che può anche vantare una partnership lavorativa di lunga data con Achille Manzotti, il quale ha persino prodotto dei dischi con lui.
Per il ruolo di Severino Cicerchia, viene scelto Massimo Boldi. Anche lui, come Enrico Montesano, è parte del cast de I Due Carabinieri, ma il fatto che in entrambe le pellicole abbia un ruolo secondario gli consente di destreggiarsi con le tempistiche.
Per il ruolo della protagonista femminile, Angela Corsi, viene selezionata una modella statunitense, senza alcuna esperienza cinematografica alle spalle, Donna Osterbuhr. Costei è stata per qualche tempo a Milano, per partecipare a qualche sfilata lavorando con l'agenzia Why Not. Da qui il suo portfolio giunge all'attenzione della produzione. Donna Osterbuhr si trova a Parigi quando riceve una telefonata che la invita a sostenere un'audizione per la pellicola: questa va a buon fine e le fa ottenere la parte.
Le riprese si svolgono nella primavera del 1984, svolgendosi a Milano, Cinecittà e in una piccola frazione di Pavia, Carbonara al Ticino, dove vengono girate le scene ambientate nella fittizia Borgo Tre Case. Per la casa di Artemio viene utilizzato invece un casale di campagna che si trova a Molino d'Isella, una frazione del comune di Gambolò.
Castellano e Pipolo si dividono sul set i compiti in egual modo: un giorno dirige l'uno, il giorno successivo dirige l'altro, come se fossero un unico regista.
Pozzetto prende Donna Osterbuhr sotto la sua ala protettiva, considerata la sua inesperienza in campo attoriale se non per qualche recita scolastica, e con molta pazienza le insegna come preparare al meglio le sue scene e i rudimenti della recitazione prima che si inizi a girare.
Durante il periodo pasquale, le riprese vengono momentaneamente sospese e Pozzetto invita la donna in una casa di campagna dove si trovano anche i familiari e gli amici dell'attore, per festeggiare insieme e staccare per qualche giorno dalla routine quotidiana, prima di ritornare sul set e concludere le riprese.
Il Ragazzo di Campagna viene distribuito nei cinema italiani a partire dal 20 dicembre 1984. Oltre a un ottimo incasso, stimato sui dieci miliardi di lire, il film inizia a divenire un vero e proprio oggetto di culto col passare degli anni, grazie ai numerosi passaggi sulle reti televisive private, cosa che genera qualche curiosa conseguenza.
Massimo Boldi, il quale ha partecipato sia a questa pellicola che a un altro film di successo uscito in quello stesso anno, il già citato I Due Carabinieri, vede lanciata in via definitiva la propria carriera cinematografica. La cosa gli consente di ottenere parti più rilevanti e, un paio di anni dopo, a partire dal film Yuppies - I Giovani di Successo, di dare vita a un lungo e proficuo sodalizio cinematografico con Christian De Sica.
Lo stesso non può dirsi invece per Donna Osterbuhr. Dopo aver partecipato, in ruoli secondari, ad un altro paio di film - uno dei quali è Yado (Red Sonja) con Arnold Schwarzenegger e Brigitte Nielsen - decide di rinunciare alla sua carriera cinematografica, per trasferirsi in pianta stabile nella natia Omaha, in Nebraska, e iniziare una nuova vita e attività come fisioterapista e truccatrice per sfilate di moda o piccole produzioni cinematografiche.
Passano gli anni, i decenni addirittura, ma il pubblico non dimentica quella pellicola che sembra figlia del proprio tempo. L'edificio utilizzato come casa di Artemio, di proprietà comunale, viene abbandonato, facendo sì che venga occupato in maniera abusiva. Nel 2011, però, l'immobile viene acquistato e ristrutturato da una signora, affezionatasi poiché vi passava davanti con suo padre quando era una bambina e andava a cavallo per quei luoghi.
Essendo quindi del tutto all'oscuro della fama che ha quest'edificio, grande è lo stupore della donna quando all'inizio vede circolare dei passanti vicino alla sua abitazione. Ben presto, però, la signora viene a conoscenza dell'importanza che ha la sua casa nel cuore degli appassionati de Il Ragazzo di Campagna e, su base occasionale, permette a qualche curioso ben disposto di visitarla.
Il Ragazzo di Campagna trova poi una nuova vita con l'emergere dei social network, dove si radunano gli appassionati di questa pellicola. Una community che diviene sempre più ampia, tanto che a un certo punto viene deciso di organizzare un raduno annuale degli appassionati, da tenersi presso "Borgo Tre Case", ovvero Carbonara al Ticino. Un ritrovo che vede il suo culmine col passaggio del treno, ricreando così una delle scene più celebri del film. In uno di questi raduni, è presente anche Renato Pozzetto.
L'attore varesino continua con la sua carriera cinematografica e rinnova la sua collaborazione con Castellano e Pipolo a partire già dall'anno successivo, nel 1985, con la commedia È Arrivato Mio Fratello... ma questa è un'altra storia.

giovedì 21 gennaio 2021

Netflix Original 1: Beasts of No Nation


Un giorno me ne stavo bel bello a rimuginare sul senso della vita... o forse sulla lista della spesa... quando una domanda ha preso improvvisamente forma nella mia mente:"Ma quanti film originali ospita Netflix sulla propria piattaforma?". Per "Originali" intendo film prodotti direttamente da Netflix, oppure acquisiti e distribuiti in esclusiva su questa piattaforma, salvo un rapido passaggio di uno o pochi giorni in cinema selezionati. O, per farla ancora più semplice, tutti i film nella cui immagine di presentazione vedete la N di Netflix in alto a sinistra.
Ho dunque spulciato la bibbia ingannevole che ha nome Wikipedia, scoprendo che sono tantissimi ed è dal 2015 che Netflix presenta questo tipo di contenuti in maniera pressoché continua. Ho dunque deciso di vedere tutti questi film originali, in ordine cronologico (ma aspettatevi comunque qualche errore e recupero in corsa, che alla fine sono un essere umano, almeno così mi hanno detto), e recensirli (parola grossa) qui. Sarà un lungo viaggio, pieno di insidie e alterne fortune che... iniziamo.
La prima pellicola si intitola Beasts of No Nation ed è stato aggiunto sulla piattaforma il 16 ottobre 2015. Il film, di genere drammatico, è stato scritto e diretto da Cary Joji Fukunaga, lo sceneggiatore di True Detective, il quale ha preso ispirazione da un omonimo libro, pubblicato nel 2005, dello scrittore nigeriano Uzodinma Iweala.
In un'ignota nazione africana, il piccolo Agu (interpretato da un bravissimo Abraham Attah, cercatelo in Spider-Man Homecoming) viene separato dalla sua famiglia a seguito di uno scontro tra l'esercito nazionale e delle forze ribelli. Fuggito nelle foreste, Agu viene ritrovato dal battaglione del Comandante (uno spietato e inedito Idris Elba), che lo tramuta in un bambino soldato, facendogli vivere decine di orrori. Un incubo dal quale Agu potrebbe non fuggire mai.
Il film mette in atto un dramma reale e purtroppo ben presente in alcune nazioni, il dramma dei bambini soldato, sottratti alle loro famiglie con l'inganno o il dolore e costretti a compiere atti inumani, che nessun bambino dovrebbe sopportare. Fukunaga decide di non nascondere nulla, mostra questo dramma in tutta la sua crudezza, non preoccupandosi - a ragion veduta - di apparire troppo estremo. Perché di estremo non può esserci nulla, in questo contesto.
Quindi, sì, ci sono scene forti e disturbanti, più di una. Qualcosa che è come un pugno dello stomaco che ti fa male e, per rincarare la dose, te ne viene dato un altro. E non aspettatevi un finale alla Impero del Sole di Steven Spielberg. Avete capito, dunque, che questo non è uno di quei film da guardare quando siete un po' giù di morale.
Molto bello, in termini di resa delle immagini - Fukunaga per non farsi mancare nulla si ritaglia anche il ruolo di direttore della fotografia - il contrasto tra i colori della natura, nei pochi momenti di pace che vivono i protagonisti, in opposizione all'oscurità e alla cupezza che assale i loro animi, e quindi anche l'ambiente circostante muta, quando vengono calati nell'orrore.
C'è bisogno di questi film, perché le persone vengano a conoscenza di queste problematiche, e se necessario e possibile siano spinti ad agire di conseguenza. Ma questo presupporrebbe un mondo ideale... che non è quello che abbiamo in questo momento a disposizione.

martedì 19 gennaio 2021

Libri a caso: Il Cavallante della Providence


Dopo Pietr il Lettone, il Commissario Maigret della Prima Squadra Mobile di Parigi torna a indagare su un altro caso di disperata umanità ne Il Cavallante della Providence (Le Charretier de La Providence), il secondo romanzo in ordine cronologico che lo vede protagonista, scritto nel 1930 e pubblicato nel 1931.
In un aprile piovoso (pioveva anche nel romanzo precedente, povero commissario), presso la chiusa di Dizy viene ritrovato in una stalla il cadavere di una donna in abito elegante, del tutto fuori posto in quel luogo popolato da marinai, operai e guardiani che all'occorrenza diventano baristi e gestori di piccoli hotel.
Giunto lì a indagare, Maigret scopre ben presto che la donna uccisa si chiama Marie ed è la moglie del colonnello Walter Lampson, il quale percorre i canali della zona con la sua imbarcazione, la Southern Cross, e il suo fedele equipaggio.
Dietro l'omicidio c'è una brutta storia, una brutta storia che Maigret potrebbe scoprire subito, ma altri eventi e un mondo a lui ignoto portano invece a un tragico finale.
Non c'è un vero e proprio intreccio giallo in questo romanzo, anzi, a ben vedere e stando attenti Simenon dice chi è il responsabile dell'omicidio già nelle prime pagine. Il focus della storia invece è veder calato Maigret in un ambiente a lui del tutto ignoto, lontano dalle luci della città di Parigi, e che deve imparare a conoscere per venire a capo del mistero.
Come nel precedente romanzo, è immensa l'abilità di Simenon nel descrivere luoghi che nella vita di tutti i giorni giudicheremmo insignificanti e la vita che anima questi posti. Basandosi anche su esperienze personali, Simenon tratteggia un mondo che appare come l'anticamera dell'inferno ma dove regna al contempo la pace. Un luogo dove sono stati confinati i reietti della società e gli emarginati, i quali sembrano non avere una vita al di fuori di questa zona o lontano dai canali e che ripetono in maniera meccanica le stesse azioni ogni giorno.
E come nell'indagine precedente, quando per venire a capo del mistero Maigret ha dovuto prima capire quale storia avesse alle proprie spalle il criminale che stava cercando, la stessa cosa accade qui. E anche stavolta è una storia di umanità abbandonata, tradita, che cade nella trappola del male perché sembra non avere altri sbocchi, altre vie d'uscita, quel male che irrompe in un solo istante, un istante capace di distruggere intere esistenze.
Nei racconti di Sherlock Holmes non abbiamo mai provato pietà per i criminali che catturava. Nei romanzi di Agatha Christie, mai abbiamo avuto qualche moto di simpatia per coloro che commettevano un assassinio. I detective rappresentavano l'ordine che annullava il caos, ristabilendo una realtà serena e pacifica.
Con Maigret è diverso. Pur essendo lui un'incarnazione dell'ordine, si pone dei dubbi, agisce spinto dall'istinto e il suo obiettivo primario è cercare di capire il modo di agire dei criminali piuttosto che catturarli.
Tanto che alla fine di questo romanzo, pur non giustificando quanto commesso dal colpevole (un assassinio a sangue freddo non è mai giustificabile e Maigret questo lo sa bene), possiamo capire perché sia arrivato a tanto.
Questo è solo il secondo romanzo, ma Simenon ha già tratteggiato con efficacia un personaggio fuori dai canoni, per quel periodo storico.

domenica 17 gennaio 2021

A scuola di cinema: I Due Carabinieri (1984)

Una volta sotto contratto con la Cecchi Gori, dopo i primi due film prodotti da Sergio Leone, l'attore, sceneggiatore e regista Carlo Verdone, esortato dal suo nuovo mecenate Mario Cecchi Gori, idea i suoi primi due lungometraggi dove interpreta un unico ruolo, mettendo da parte i vari caratteri dei film precedenti, ovvero Borotalco del 1982 e Acqua e Sapone del 1983.
Pellicole che ottengono entrambe un grande successo e per le quali l'attore romano sceglie di circondarsi di ottimi caratteristi o futuri, bravi attori alle prime armi, riservando sempre per sé il ruolo del protagonista.
Per la sua terza pellicola con questa casa di produzione, invece, questo schema subisce un piccolo cambiamento e non tutto andrà secondo i piani.


La sceneggiatura del nuovo film, scritta da Verdone insieme ai suoi abituali collaboratori Leonardo Benvenuti e Piero De Bernardi, è incentrata sull'Arma dei Carabinieri, la quale viene invitata a collaborare.
In principio gli ufficiali dei Carabinieri sono scettici, visto che negli anni precedenti sono usciti alcuni film di serie B, basati sulle barzellette incentrate su di loro, che prendevano in giro il loro ruolo. Quando però capiscono che, pur essendo una commedia, non vi è alcun intento parodistico e vi sono anche elementi drammatici, l'Arma offre il proprio sostegno mettendo a disposizione mezzi di trasporto e caserme per le riprese e insegnando agli attori come muoversi sulla scena per risultare più credibili.
Con Verdone che riserva per sé uno dei due ruoli da protagonista, Marino Spada, i produttori Mario Cecchi Gori e Vittorio Cecchi Gori scelgono per l'altra parte principale, Glauco Sperandio, un altro attore in quel momento sotto contratto con la loro casa di produzione: si tratta di Enrico Montesano.
Montesano, tuttavia, non è come gli altri attori con cui Verdone ha finora collaborato. Oltre ad aver condotto in passato programmi televisivi dove era il protagonista, ha a quell'epoca già alle sue spalle un curriculum cinematografico di tutto rispetto, avendo recitato al fianco e alla pari con altri mostri sacri della cinematografia italiana. Insomma, non intende certo avere un ruolo da semplice spalla.
I due hanno in realtà già condiviso una pellicola insieme, uscita un paio di anni prima, ovvero Grand Hotel Excelsior, dove tuttavia non hanno mai interagito in maniera diretta.
Le riprese si svolgono a Roma, Torino e Biella, più in altre piccole città laziali. Quasi superfluo dire che le tensioni tra Carlo Verdone ed Enrico Montesano, peraltro amici nella vita reale, non tardano ad arrivare.
Montesano si convince che Verdone abbia tenuto per sé le battute più divertenti, a discapito del suo personaggio, e così un giorno si presenta sul set con un taccuino dove ha evidenziato con colori diversi le battute affidate a lui e quelle date a Verdone, affermando che lui ne ha solo il venti per cento del totale, mentre Verdone ha tenuto per sé il restante ottanta per cento.
Il regista, ovviamente di diverso avviso, non ci sta e ribatte da par suo, dando vita a un litigio molto acceso. Uno dei tanti avvenuto durante la lavorazione, con ogni probabilità.
Eppure, nonostante questa tensione evidente a ogni componente della troupe, la dinamica tra i due attori quando si ritrovano a recitare insieme funziona alla perfezione e permette loro anche di fare delle improvvisazioni, non previste nel copione, che rimangono nel risultato finale, come quando ad esempio a Enrico Montesano viene permesso di fare un'imitazione di Jerry Lewis, un suo idolo cinematografico.
A riprese finite, vi è una nuova diatriba quando Montesano manifesta la sua insoddisfazione dopo essersi accorto che, in un primo montaggio, alcune tra le sue migliori battute sono state tagliate ed è certo che dietro questa manovra ci sia Carlo Verdone, il quale vuole una sorta di rivalsa nei suoi confronti.
Montesano si reca allora personalmente da Mario Cecchi Gori, chiedendogli di intervenire. Il produttore esamina la vicenda e chiede che quelle battute siano aggiunte nel montaggio finale. Verdone non avanza alcuna obiezione, al che Montesano si convince in un secondo momento che dietro il taglio di quelle scene non ci fosse lui, bensì alcuni dei suoi assistenti che volevano fare bella figura nei confronti del regista.
I Due Carabinieri viene distribuito nei cinema italiani a partire dal 21 dicembre 1984. La pellicola si rivela uno dei migliori incassi di quell'annata e diventa anche uno dei film più visti durante i primi passaggi televisivi.
Particolarmente ammirata dall'Arma dei Carabinieri è l'interpretazione di Massimo Boldi, con l'inattesa morte sullo schermo del suo personaggio Adalberto Occhipinti, tanto che viene chiamato poco tempo dopo dal comando generale e nominato carabiniere ad honorem.
Un'altra vittima di questa pellicola è, in maniera inevitabile, l'amicizia tra Carlo Verdone ed Enrico Montesano. Pur continuando a incrociarsi negli anni successivi, negli studi cinematografici, nelle cerimonie di premiazione o in televisione, le troppe differenze di vedute avute sul set portano i due attori ad avere un atteggiamento freddo l'uno nei confronti dell'altro, tanto che quando si incontrano ci si limita al massimo a un saluto reciproco.
Negli anni, Verdone dichiara in qualche occasione che l'unico attore con cui nella sua lunga carriera ha avuto dei problemi sul set è stato proprio Montesano, il quale ribatte a sua volta che è una cosa che un bravo regista si deve aspettare ed è suo preciso compito trovare una mediazione.
Questa situazione va avanti per oltre vent'anni, dopo i quali inizia un progressivo riavvicinamento tra i due, che li porta infine a ristabilire un rapporto, se non di amicizia, quantomeno di reciproca stima e a tornare a frequentarsi con le rispettive famiglie.
Visto il grande successo della pellicola, il desiderio di produrne un seguito da parte della Cecchi Gori è immediato, ma al tempo stesso di difficile attuazione, considerato ciò che è accaduto. Però si sa, la creatività italiana ha molte frecce al proprio arco.
Viene dunque trovato un escamotage e così un paio d'anni dopo viene realizzato una sorta di sequel apocrifo, ancora con Enrico Montesano come protagonista e col "redivivo" Massimo Boldi, e con Nino Manfredi in sostituzione di Carlo Verdone... ma questa è un'altra storia.

venerdì 15 gennaio 2021

Libri a caso: Il Mistero del Treno Azzurro, ovvero di Agatha Christie e del suo affetto per l'aristocrazia


Lady Agatha Christie, ma che ti hanno fatto di male i treni? E ogni volta avviene un delitto, e che cos'è!
Il Mistero del Treno Azzurro (The Mystery of the Blue Train) è un romanzo con protagonista il celeberrimo Hercule Poirot, pubblicato nel 1928, il secondo dove non è presente quella piattola del Colonnello Hastings... ma state tranquilli, ogni tanto ce lo ritroveremo ancora tra i piedi.
Siamo ancora nella fase iniziale delle avventure del detective belga, eppure ormai la strada verso la gloria - successiva a L'Assassinio di Roger Ackroyd - è già stata tracciata.
Sul Treno Azzurro, che percorre molte città francesi, viene ritrovato il cadavere dell'ereditiera Ruth Kettering, figlia del miliardario Rufus Van Aldin. Sono inoltre scomparsi dallo scompartimento in cui alloggiava dei preziosi rubini in suo possesso. I vari sospettati, tra cui il marito e l'amante della donna, sembrano avere però tutti un solido alibi.
Ma naturellement sarà Hercule Poirot, grazie alle sue celluline grigie, che riuscirà infine a venire a capo del mistero.
Il romanzo ha una lunga introduzione, volta a presentare i vari personaggi e il loro background, tanto che Poirot non compare che nel decimo capitolo e comunque nel corso della storia rimane quasi sempre sullo sfondo. Solo che quando irrompe sulla scena la sua presenza è come se sovrastasse quella di chiunque altro, visto che pur essendo ancora uno dei primi romanzi che lo vede protagonista inizia già ad acquisire una potenza narrativa e iconica rilevante.
Agatha Christie, reduce dal divorzio e dalla sua amnesia di qualche anno prima, non esita a mostrare tutto il suo astio verso un certo tipo di aristocrazia, persa nelle sue insignificanti preoccupazioni sulla reputazione e capace di giocare con la vita delle persone come se nulla fosse.
Quindi tutta la gente appartenente alla nobiltà presente in questo romanzo: 1) fa una brutta fine ; 2) oppure i sopravvissuti sono descritti come poveri di spirito.
Non a caso, l'altra eroina di questo romanzo oltre a Poirot è una ragazza di umili origini, Katherine Grey, la quale si ritrova catapultata in questo mondo e - appunto perché è una brava ragazza e non può fare una brutta fine - da questo stesso mondo infine si allontana per tornare al suo paese, St. Mary Mead. Sì, è proprio lo stesso villaggio dove vive una simpatica signora che avrebbe narrativamente fatto il suo esordio di lì a un paio d'anni.
Agatha Christie ha già quasi del tutto plasmato il detective preferito dai lettori, quel personaggio che invece lei a un certo punto comincerà a odiare. Ma dovrà passare molto tempo ancora prima che possa far calare il sipario sulle sue indagini.

mercoledì 13 gennaio 2021

A scuola di cinema: Mission: Impossible (1996)

17 settembre 1966: Va in onda, sulla rete televisiva CBS, il primo episodio della serie Mission: Impossible. Ideata da Bruce Geller, è incentrata su un gruppo di agenti governativi segreti, appartenenti alla Impossible Mission Force (IMF), i quali si occupano di sventare le più svariate minacce internazionali, ai danni degli Stati Uniti o persino del mondo intero.
La serie si rivela un enorme successo, andando in onda sino al 1973, per un totale di sette stagioni e 171 episodi.
Un primo adattamento cinematografico è previsto per il 1986, ma uno sciopero degli sceneggiatori porta invece a un revival, sempre sulla CBS ma senza Bruce Geller, scomparso nel 1978, il quale va in onda per due stagioni tra il 1988 e il 1990. Dopodiché a quel punto manca solo l'approdo sul grande schermo per completare il cerchio. Cosa che non tarda ad arrivare.


Già prima della conclusione della seconda serie televisiva, la Paramount - titolare dei diritti di sfruttamento - cerca di far mettere in produzione un lungometraggio, ma senza successo.
Finché non interviene Tom Cruise. L'attore è infatti un grande fan della serie televisiva e, nel 1993, fonda la sua società di produzione, la Cruise/Wagner Productions, in coppia con la sua ex agente Paula Wagner. Cruise vede in questo titolo un buon viatico per far partire al meglio la sua carriera di produttore, nonché un potenziale ottimo strumento per somme extra derivanti dal merchandising e vendita di supporti fisici.
In un primo momento, la Paramount pianifica un budget tra i 40 e i 50 milioni di dollari. ma Cruise ritiene non sia sufficiente e convince gli esecutivi a portare la cifra a 80 milioni di dollari. Per venire incontro alla produzione, l'attore sceglie inoltre di non ricevere un pagamento anticipato del suo ingaggio, sui 20 milioni di dollari, in cambio di una percentuale sugli introiti derivanti dagli incassi cinematografici e vendita DVD.
A quell'epoca è già pronto un primo trattamento, ad opera di Willard Huyck e Gloria Katz, che è una sorta di una continuazione diretta della prima serie televisiva e prevede il ritorno di molti suoi protagonisti, i quali però vengono subito uccisi in missione per essere sostituiti da un nuovo team.
Martin Landau, uno degli attori contattati in merito, rifiuta seccamente di partecipare a quest'operazione, poiché la ritiene non rispettosa della serie, e così fanno gli altri interpreti. Gli sceneggiatori Steven Zaillian e David Koepp intervengono allora sulla prima sceneggiatura, operando una consistente revisione, ma mantenendo sostanzialmente intatta la trama di base già concepita (col team di Ethan Hunt al posto di quello della serie televisiva).
In un primo momento, Cruise vorrebbe Sydney Pollack alla regia ma, quando l'accordo non si conclude, contatta Brian De Palma. Il regista accetta poiché, dopo Carlito's Way, sta cercando un nuovo progetto di alto profilo. È De Palma stesso che suggerisce a Cruise di ambientare la prima parte della storia a Praga, città poco presente nei film americani.
Non del tutto soddisfatto della sceneggiatura, Cruise contatta Robert Towne per un'ultima revisione, con l'impegno da parte sua di essere presente sul set in caso di battute o scene aggiuntive da scrivere sul momento.
A Peter Graves, il Jim Phelps comparso sia nella prima che nella seconda serie televisiva, viene proposto di riprendere questo ruolo, ma rifiuta quando scopre che nel film è descritto come un traditore della patria e muore nello scontro finale. Il ruolo allora viene affidato a Jon Voight, poiché si ritiene che il pubblico non possa ritenerlo come la mente criminale (lo stesso plot twist che si sarebbe verificato con Graves).
Quasi allo stesso modo, a Ving Rhames viene assegnata la parte di Luther Stickell poiché in pochi pensano che una persona con la sua muscolatura possa essere un hacker.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 13 marzo 1995, svolgendosi a Praga, Londra, Glasgow e in Illinois. Sul set viene convocato come consulente Reza Badiyi, colui che aveva diretto il maggior numero di episodi della prima serie televisiva. Durante il suo primo giorno di presenza, De Palma gli si avvicina dicendogli quanto abbia adorato la serie, ma che questo film non avrà nulla a che vedere con essa, e quindi la sua presenza rischia di causare solo problemi e distrazioni. Badiyi ringrazia il suo collega e se ne va, per non tornare mai più.
Tom Cruise decide di effettuare il maggior numero di scene possibili senza l'uso di una controfigura. Tuttavia, la scena dove è prevista la controfigura sin dal principio, forse perché ritenuta più pericolosa di altre, è quella dove Ethan Hunt fugge da un ristorante di Praga dopo che ha fatto esplodere un acquario. De Palma, però, non rimane soddisfatto delle riprese con la controfigura e così Cruise gira di persona questa scena.
L'esplosione, creata utilizzando circa 16 tonnellate d'acqua, viene eseguita in studio, mentre la fuga di Cruise viene girata in una piazza di Praga. Una manovra ben calcolata, poiché quella immensa quantità d'acqua rischiava di farlo affogare.
Per la scena in cui Tom Cruise deve introdursi nel quartier generale della CIA, calandosi dall'alto con un cavo (un omaggio a Topkapi di Jules Dassin), l'attore ha il problema che continua a penzolare e battere la testa contro il pavimento, fino a che non ha l'idea di mettere delle monete nelle sue scarpe per ristabilire l'equilibrio.
Per la scena del confronto finale, Cruise intende utilizzare un treno della TGV, il treno ad alta velocità francese, ma in un primo momento l'autorizzazione viene negata. Cruise allora invita a pranzo i proprietari della linea di treni ad alta velocità e il giorno successivo il permesso viene accordato, purché non vengano effettuate le manovre acrobatiche, per ovvi motivi di sicurezza.
Quindi le scene sul tetto del treno vengono ricreate in studio e, per simulare le forti correnti d'aria, viene acquistata una macchina del vento per le simulazioni di paracadutismo, in grado di generare una corrente d'aria capace di arrivare anche a 250 chilometri all'ora, se necessario. Cruise effettua questa scena senza assistenza, col risultato che la forte corrente d'aria distorce i tratti facciali dell'attore, il quale per qualche giorno ha la visione offuscata da macchie azzurrognole.
Le riprese si concludono il 30 settembre 1995.
Mission: Impossible viene distribuito nei cinema americani a partire dal 22 maggio 1996. A fronte di un budget di poco inferiore agli 80 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale oltre 457 milioni di dollari.
Un successo planetario e il miglior inizio che ci potesse essere per la carriera da produttore di Tom Cruise. Viene dunque pochi anni dopo messo in cantiere un sequel, sempre con Cruise, ma senza Brian De Palma alla regia... ma questa è un'altra storia.

domenica 10 gennaio 2021

Fabolous Stack of Comics: Nameless


Avete presente quando iniziate a leggere un fumetto di uno di quegli autori ritenuti "ermetici", che so, tipo Grant Morrison? La trama vi appassiona e andate avanti con entusiasmo, poi all'improvviso iniziano ad essere inseriti temi esistenziali, esoterici, onirici, fino a quando giunti alla fine esclamate:"Ma cosa diavolo ho appena letto?". Ecco, il fumetto in questione ne è un buon esempio.
Nameless è una miniserie in sei numeri pubblicata nel 2015. Se ai testi, come anticipato, c'è Grant Morrison, i disegni sono affidati a Chris Burnham, che compie la consueta - ma sempre apprezzabile - opera magistrale.
Il tutto inizia come una sorta di thriller fantascientifico, quando un uomo senza nome (il Nameless del titolo) viene convocato sulla Luna da un'organizzazione spaziale privata per collaborare alla distruzione dell'asteroide Xibalba, in rotta di collisione verso la Terra.
Quando però il Senzanome e un altro gruppo di astronauti si avvicinano all'asteroide, divengono preda di una distorsione della realtà senza precedenti, che mina la loro stessa salute mentale e può rappresentare il primo passo verso l'annichilimento dell'umanità.
Quando ho concluso la lettura di questa storia, mi sono appunto domandato cosa diavolo avessi letto e se non fossi rinco... ehm, se ne avessi capito tutte le sfaccettature. Il consiglio è di leggerla tutta d'un fiato, perché staccare tra un capitolo e l'altro può aumentare ancor di più il senso di straniamento.
Grant Morrison si diverte a confondere il lettore, gettando i protagonisti di questa storia in un caos che rappresenta la follia di questo mondo. Tramite più livelli di lettura, Morrison descrive una realtà anomala che non è mai fissa, essa muta con la stessa frenesia e follia con cui cambia la società moderna.
Una società, un'umanità, che sembrano destinati all'Apocalisse. E quindi non possono mancare riferimenti, più o meno espliciti (più più), sia a una parte poco nota dei dettami del Cristianesimo, sia soprattutto alle tradizioni del popolo Maya. Sì, proprio quelli della fine nel mondo nel 2012: googlate ad esempio il nome dell'asteroide di questa miniserie per un tuffo in un mondo a molti ignoto.
Quindi bisogna tenere accanto al fumetto, durante la lettura, un manuale di religione e di esoterismo? Diciamo che non è una di quelle letture immediate, che si capisce al volo: cerca e richiede l'approfondimento. Quindi se siete quel tipo di lettore che:"Dai, ho un'oretta libera, mi leggo questa storia" lasciate perdere. E non vuol dire che siate un lettore inferiore rispetto a un altro, tutti hanno il diritto di scegliere cosa leggere e come approcciarsi alla lettura.
L'importante è leggere, ma io mi permetto comunque di aggiungere che ancora più importante è capire cosa si legge e approfondire quando necessario. E nonostante le opinioni non richieste di alcune persone dalla mentalità ristretta, il fumetto rappresenta e ha sempre rappresentato un mezzo di apprendimento.

venerdì 8 gennaio 2021

Fabolous Stack of Comics: Sacro/Profano - Paradiso


In principio è stato l'Inferno. Dopodiché è giunto il passaggio interlocutorio, il Purgatorio. E ora tocca al capitolo finale. La prima trilogia di Sacro/Profano, la serie ideata da Mirka Andolfo, giunge infatti nel 2015 al terzo e definitivo atto, il Paradiso per i due protagonisti, Angelina e Damiano. Ma sarà davvero così?
Il precedente albo si era concluso con una grande e inaspettata sorpresa: Angelina era rimasta incinta! Per lo shock di Damiano. In questo terzo volume, i due novelli sposi si preparano alla nascita della loro progenie, qualcosa per cui non sono forse davvero pronti e per cui rischiano inoltre di perdere le loro amicizie, tra le solite (poche?) gioie e gli altrettanto soliti (molti?) dolori e tra situazioni paradossali e ironiche a non finire.
La fine del viaggio, tuttavia, è solo il preludio a qualcosa di più grande. E come sempre non può mancare un ultimo colpo di scena.
Quest'ultimo atto porta a compimento il percorso narrativo verso cui i due personaggi erano destinati sin dal principio: ritrovatisi quasi per caso, uniti per sempre verso un comune destino.
Ho avuto la percezione che le vignette ideate da Mirka Andolfo, assistita alle chine in questo caso da Gabriele Bagnoli, siano in numero leggermente inferiore rispetto ai primi due capitoli, cosa che ha dato più spazio agli sceneggiatori ospiti e ai disegni degli artisti ospiti che hanno omaggiato la saga. Nulla di problematico, comunque, perché la storia nel suo complesso resta godibile.
Forse, essendo il capitolo conclusivo, quindi immaginando già quale sarebbe stato l'epilogo, questa terza parte risulta la meno appassionante della saga (il che non vuol dire, tuttavia, la meno riuscita), ma ha il pregio di portare a compimento l'evoluzione narrativa e caratteriale dei due protagonisti.
Damiano, da diavolo che non voleva assumersi alcuna responsabilità, è divenuto adesso un uomo completo e maturo, grazie all'amore di Angelina, che davvero capisce le sue esigenze e lo rispetta. Angelina ha abbandonato invece una parte della sua ingenuità giovanile per maturare a sua volta e trovare infine qualcuno che davvero capisce le sue esigenze e la rispetta.
Quindi è tutto finito? E invece no! Perché Sacro/Profano ha già visto la pubblicazione di nuove avventure e di una nuova trilogia, che portano avanti l'insolita situazione familiare dei nostri due amati protagonisti. Perciò, chissà, magari un giorno torneremo a parlare di loro.

mercoledì 6 gennaio 2021

A scuola di cinema: Vacanze In America (1984)

1967: Mentre stanno per concludere gli studi liceali, i fratelli Carlo Vanzina ed Enrico Vanzina partecipano a un tour negli Stati Uniti organizzato da una comitiva di sacerdoti.
Il viaggio da costa a costa in alcune città americane, a bordo di un autobus e circondati dai loro amici, si rivela per loro un'esperienza indimenticabile. Soprattutto se si considera il fatto che gli Stati Uniti per molti già allora rappresentano la mecca del cinema, a maggior ragione per i figli di un grande regista quale Steno, alias Stefano Vanzina.
I due fratelli fanno tesoro di quei giorni e, molti anni dopo, basandosi sui ricordi di questo viaggio, ideano una sceneggiatura con alcuni elementi autobiografici basati su di esso, da sviluppare se necessario anche con attori poco noti. Una sceneggiatura che infine approda sul grande schermo.


La sceneggiatura, dedicata "ai nostri compagni di scuola da cui la vita ci ha separati", si intitola America. Dopo il successo sia di Sapore di Mare che di Vacanze di Natale, tuttavia, questa viene subito opzionata da Mario Cecchi Gori e Vittorio Cecchi Gori, i quali decidono di rinominarla Vacanze in America.
Non solo, i due produttori - tramite la C.G. Silver Film - provvedono a mettere sotto contratto sia Jerry Calà che Christian De Sica, che altri interpreti di Vacanze di Natale quali Claudio Amendola, Antonella Interlenghi e Paolo Baroni. L'intento dietro questa operazione è chiaro, sia dal titolo che dal cast principale: il voler dare al pubblico l'impressione che questo sia un nuovo capitolo del filone delle vacanze, con attori già noti e apprezzati.
Le similitudini con Vacanze di Natale non si sarebbero dovute fermare qui, poiché sotto contratto viene messo anche un altro degli interpreti principali di quel film, Marco Urbinati, il quale in principio ha un ruolo rilevante in questa nuova pellicola.
Purtroppo, durante una festa a Las Vegas insieme al resto del cast, l'attore ha un forte malore, tanto da essere costretto ad abbandonare il progetto e a ritornare in Italia in maniera prematura. Alcune sue riprese già effettuate rimangono comunque nel montaggio finale. Poco dopo, Marco Urbinati abbandonerà del tutto anche il mondo del cinema per motivi di salute, troncando così sul nascere una promettente carriera.
Questo sfortunato evento ha un ulteriore effetto collaterale. Un altro attore del cast con un ruolo minore, Fabio Ferrari, figlio di Paolo Ferrari e qui al suo esordio cinematografico, si vede assegnata una parte più rilevante, quella di Furio Pittigliani alias Pappola.
Un altro figlio d'arte è presente in questa pellicola: Gianmarco Tognazzi, figlio di Ugo Tognazzi, qui al primo film interpretato senza avere al fianco suo padre.
Nel cast infine vi è Edwige Fenech, la regina della commedia sexy degli anni '70, che - per il fatto che il suo personaggio ha origini francesi - può recitare per la prima volta con la sua vera voce.
Le riprese si svolgono in un arco di circa due mesi, in principio a Roma e poi per un mese e mezzo negli Stati Uniti, presso le città di New York, Los Angeles e Las Vegas e la Death Valley. Ad accompagnare la troupe e supervisionare il progetto vi è Vittorio Cecchi Gori.
Una volta che la troupe è giunta a Los Angeles, Jerry Calà e Christian De Sica ne approfittano, insieme a Paolo Villaggio (ospite con ogni probabilità della produzione), per recarsi per una notte al Caesar's Palace e frequentare il casinò del luogo. In quell'unica notte, gli attori si divertono moltissimo, ma al contempo si fanno prendere un po' troppo dall'atmosfera del posto e perdono così tutti i loro soldi. Per fortuna qualcuno va in loro aiuto e il salato conto dell'albergo e del ristorante viene pagato da Carlo Vanzina di tasca propria.
Sempre a Las Vegas, Christian De Sica si imbatte in un boss della malavita, il quale si dichiara un grande fan di suo padre, Vittorio De Sica, e si offre persino di ospitarlo nella sua lussuosa dimora. Per sfuggire a quest'insidiosa compagnia, De Sica si inventa una scusa sul momento, dicendogli che deve partire il giorno successivo all'alba per le riprese e deve dunque declinare. Quest'esperienza in un primo istante spaventa molto l'attore.
Quando la troupe arriva nella Death Valley, vengono effettuate le riprese della partita di calcio tra i romani e i torinesi. Una volta conclusa la giornata di lavoro, pur essendoci ancora un sole cocente, si decide di giocare un'altra partita di calcio per distendersi e rilassarsi, la più classica di sempre: scapoli contro ammogliati. Una scena decisamente insolita per un luogo che aveva visto le imprese di John Wayne e di altri grandi attori del cinema western.
Vacanze In America viene distribuito nei cinema italiani a partire dal 20 dicembre 1984. La pellicola arriva infine a incassare un miliardo e settecento milioni di lire. Un risultato soddisfacente, ma non del tutto eccezionale, se si pensa anche solo all'incasso che aveva ottenuto l'anno precedente Vacanze di Natale. La motivazione principale, con ogni probabilità, è da ricercare nell'uscita in contemporanea di un altro film italiano molto atteso, Non Ci Resta Che Piangere a opera del duo Roberto Benigni e Massimo Troisi, che si rivela l'incasso migliore per quell'annata.
Christian De Sica si conferma attore di punta dei titoli "vacanzieri", anche se bisognerà attendere ancora qualche anno perché torni a interpretare questo genere di film con continuità, mentre Jerry Calà, invece, non vi parteciperà più.
Edwige Fenech, pur avendo ora la possibilità di iniziare una nuova carriera cinematografica più "casta", decide di ritirarsi dalle scene e limitare le sue successive apparizioni sia cinematografiche che televisive, per concentrarsi negli anni successivi sul teatro e sulla conduzione di programmi televisivi per poi, successivamente, divenire un'affermata produttrice.
Questa pellicola, inoltre, si rivela un grande e perfetto trampolino di lancio per Fabio Ferrari, come pure per altri due attori del cast, Giacomo Rosselli e Fabio Camilli, i quali vengono contattati qualche tempo dopo da Carlo Vanzina ed Enrico Vanzina, che stanno sviluppando un nuovo telefilm intitolato I Ragazzi Della Terza C... ma questa è un'altra storia.

lunedì 4 gennaio 2021

Fabolous Stack of Comics: Il Nuovissimo Occhio di Falco


Occhio di Falco è stato il primo arciere della Marvel, avendo esordito su Tales of Suspense 57 del 1964. Sono quindi quasi sessant'anni che Clint Barton compie le sue gesta eroiche.
Ma non è l'unico arciere provetto nell'Universo Marvel. Quando Clint Barton venne ritenuto morto (una delle tante volte) dopo Vendicatori Divisi (Avengers Disassembled), esordì grazie ad Allan Heinberg e Jim Cheung sulla prima serie di Young Avengers un nuovo Occhio di Falco, Kate Bishop.
I due hanno cominciato a interagire in maniera significativa durante la serie Hawkeye, scritta da Matt Fraction e disegnata in buona parte da David Aja. Un rapporto che ha subito un'ulteriore evoluzione in Il Nuovissimo Occhio di Falco (All-New Hawkeye), due miniserie rispettivamente di cinque e sei numeri pubblicate tra il 2015 e il 2016, sceneggiate da Jeff Lemire e disegnate da Ramon Perez.
Gli Occhi di Falco ricevono dallo SHIELD l'incarico di smantellare una nuova operazione criminale dell'HYDRA denominata Progetto Communion. Quando si scopre, però, che il Progetto tiene prigionieri tre bambini Inumani con facoltà telepatiche, Kate decide di proteggerli e non affidarli allo SHIELD. Clint, tuttavia, giunge a non condividere la scelta della sua alleata. Una differenza di vedute che li metterà in contrasto, rischiando di sancire la fine della loro alleanza per sempre.
Le due miniserie si svolgono lungo tre piani temporali: il passato, che fa luce sul background di Clint Barton (la cui storia viene nuovamente, leggermente modificata) e Kate Bishop aiutandoci a capire le loro motivazioni attuali, il presente con la storia incentrata sul Progetto Communion e anche il futuro (probabile) con le conseguenze della frattura tra i due eroi.
Per ognuna di queste tre linee temporali, Ramon Perez adotta uno stile diverso e per quanto riguarda le scene del presente cerca di adattarsi, al meglio che può, al tratto di David Aja. Alquanto particolari, tanto da apparire schizzati in certi punti, i disegni della saga del futuro.
Lemire fa in modo, invece, che ognuna di queste tre linee temporali siano l'un l'altra interconnesse, pur trattando tematiche diverse. Se il passato di Clint Barton, in ultima analisi, non racconta nulla che non si sia già visto, quello di Kate Bishop è davvero ben tratteggiato.
Il presente e il futuro alla fine non collidono, sublimandosi in un finale alla "abbracciamoci tutti e vogliamoci tanto bene, perché abbiamo vinto tutti", che risulta un po' spiazzante rispetto a una saga che ha avuto per buona parte dei toni cupi (laddove invece Fraction li alternava con sprazzi di apprezzato umorismo).
Le due miniserie nel complesso contribuiscono ad affinare ancora di più la figura di Kate Bishop, la quale diventa la vera protagonista della storia, visto che la serie precedente aveva praticamente catalizzato tutta la sua attenzione su Clint Barton. Cercando in questo modo di allontanarla dal suo mentore, per farle percorrere un sentiero narrativo autonomo. Sentiero che tuttavia non potrà prescindere da quell'alias, che continua a portare con orgoglio. A buon diritto.

sabato 2 gennaio 2021

Libri a caso: Il Pianeta della Follia


A volte, i libri di fantascienza cercano di offrirci uno squarcio sul futuro prossimo venturo, cercando di descrivere una società e le sue contraddizioni così come si prospettano - almeno agli occhi dello scrittore di turno - nei prossimi decenni.
Un autore che ha cercato di ritrarre questo tipo di società è stato John Brunner e uno dei romanzi in cui ha sviluppato questa tematica è Il Pianeta della Follia (The Stone that Never Came Down), pubblicato nel 1972.
In un mondo coinvolto da una crisi globale senza precedenti e sull'orlo della Terza Guerra Mondiale, l'ex insegnante Malcolm Fry si ritrova da un giorno all'altro in possesso di capacità mnemoniche e di apprendimento senza precedenti. E la stessa cosa è successa ad altre persone, a cui è stato iniettato il suo plasma.
Fry scopre che ciò è dovuto a una pillola che lui ha ingerito durante una notte di depressione. La Pillola VC è stata ideata dallo scienziato Maurice Post, il quale è stato ucciso poco dopo che Fry ha ingerito la pillola stessa. Insieme a un altro manipolo di persone, Malcolm Fry deve decidere se voler cambiare il mondo o restare impotente a guardare il disastro.
In questo romanzo abbiamo: omofobia, razzismo, organizzazioni religiose che impongono il loro credo anche con la violenza, sovranisti che intendono combattere l'Europa unita, rifiuto della scienza nel suo totale. No, non è un romanzo scritto l'anno scorso, bensì quasi cinquant'anni fa.
Certo, lo sguardo di John Brunner al futuro è quello comunque di un uomo del suo tempo, che ha esasperato certe tendenze che lui vedeva presenti nella sua epoca. Per altre cose, come lo scenario politico che descrive, specchio della Guerra Fredda a quell'epoca in corso (si cita ancora l'URSS e il Mercato Comune Europeo), o lo sviluppo della tecnologia, che pochi scrittori di fantascienza hanno davvero intuito, l'opera è figlia dell'anno in cui venne pubblicata.
Eppure è sorprendente vedere come certe problematiche - che Brunner, ripeto, ha esasperato in questo romanzo - oggi ci appaiano fortemente attuali. E forse apparirà banale la soluzione proposta dall'autore, ma è altrettanto efficace. Vi è una deriva verso l'ignoranza dei popoli, alimentata dalle istituzioni di potere per non perdere il loro controllo sulle masse: l'unico modo per combatterla è propagare la conoscenza, l'apprendimento. Solo così sarà raggiunta l'eguaglianza dei popoli e la fine delle discriminazioni.
La pillola VC, dunque, è una sorta di vaccino contro l'ignoranza: ce ne sarebbe davvero bisogno.