mercoledì 18 ottobre 2023

Netflix Original 163: Lionheart


Tra le varie nazioni che mancavano all'appello, da un punto di vista cinematografico, vi era anche la Nigeria. Ma in questo mondo sempre più globalizzato - lasciando ora da parte ogni critica od obiezione al riguardo, che tanto qui avrebbe poco senso approfondire la tematica - diventa sempre più a portata di mano il poter accedere a prodotti provenienti da altri paesi oltre ai consolidati Stati Uniti, Inghilterra, Francia e così via.
E dalla Nigeria infatti proviene Lionheart (e non stiamo parlando di Jean-Claude Van Damme), diretto da Genevieve Nnaji, scritto da Genevieve Nnaji, Ishaya Bako, Emil Garuba, C.J. Obasi e Chinny Onwugbenu e distribuito su Netflix a partire dal 4 gennaio 2019.
Adaeze Obiagu (Genevieve Nnaji), gestisce insieme al padre l'azienda familiare di trasporti Lionheart, una delle più rinomate del sudest della Nigeria e presa di mira da imprenditori senza scrupoli.
Quando però il padre ha un malore improvviso che lo costringe a riposare, la donna scopre un consistente ammanco di liquidità con le banche per coprire alcuni debiti di gestione dell'azienda. Con solo un mese a disposizione per sistemare le cose, Adaeze deve collaborare con lo zio Godswill (Nkem Owoh), nominato direttore dell'azienda ad interim al suo posto.
Si potrebbe pensare che questo sia uno di quei film che pone al centro della scena una donna indipendente e sicura di sé che deve emergere in un mondo dominato dagli uomini e preda dell'ipocrisia. Ebbene, sarebbe sciocco negare che questo tema non sia presente... eppure non è quello principale.
Tutte le persone che ruotano intorno all'elegante e affascinante protagonista, infatti, stimano le sue capacità manageriali e la sua abilità nel trattare con le persone. Quelli che vengono invece davvero sottolineati sono certi valori che, a quanto pare, nel paese di produzione di questa pellicola sono tenuti in gran considerazione.
A partire dalla fede e dalla credenza in Dio. Già il nome dello zio dovrebbe darvi un indizio al riguardo ma, se questo non bastasse, più di un paio di volte nel corso del film si sottolinea come sia importante credere nella volontà di Dio, capace di risolvere tutti i problemi.
In tal senso, dunque, lo zio diviene una sorta di voce della ragione all'interno della famiglia e una sorta di tramite tra il mondo terreno e quello "divino".
Altro valore che viene fortemente sottolineato è il rispetto verso la propria famiglia, di come sia importante restare sempre uniti di fronte alle avversità.
Ci sono almeno due scene - che non sono affatto collegate alla storia principale e durano alcuni minuti - in cui si parla solo di questi due argomenti, perché lo spettatore giunga a comprendere le motivazioni dei vari personaggi.
Chiaro che, a seconda del grado di fede di ognuno, o di assenza di fede, il singolo spettatore recepirà questi messaggi in maniera diversa. Chi non crede si ritroverà di fronte comunque a un dramma familiare di natura molto ordinaria e con personaggi, calati in un contesto urbano, che compiono scelte che siano umane il più possibile per non perdere la propria, di umanità.

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