lunedì 29 giugno 2020

A scuola di cinema: Yuppies - I Giovani di Successo (1986)

Negli anni '80 del ventesimo secolo, con una nazione uscita stremata e a fatica dai cosiddetti anni di piombo, irrompe sulla scena italiana la cosiddetta Milano da bere. Il capoluogo lombardo diviene infatti l'epicentro di un nuovo boom economico, con alcuni pro ma anche numerosi contro che a prima vista sfuggono ai più in quegli anni e che verranno svelati in tutta la loro drammaticità soltanto nel decennio successivo per via di alcune cause giudiziarie.
In questo nuovo scenario sociale, emergono nuove figure, una delle quali importata dagli Stati Uniti: lo yuppie, abbreviazione di Young Urban Professional, ovvero il giovane professionista ambizioso e di buona famiglia, che cerca soddisfazione in una carriera professionale, idolatra Giovanni Agnelli, veste alla moda e frequenta i luoghi o ristoranti più di lusso.
Una strana figura, invero, che diviene ben presto oggetto di una altrettanto strana commedia che è riuscita a entrare nella storia.


Nel 1985, il regista Carlo Vanzina, leggendo alcuni quotidiani dell'epoca, intuisce l'emergere del fenomeno degli Yuppies nella società italiana e ne discute con suo fratello Enrico Vanzina. I due decidono allora di scrivere attorno a questa categoria sociale una sceneggiatura a quattro mani, che parte in origine come una sorta di Il Grande Freddo alla Lawrence Kasdan - con gli amici che si ritrovano e un pizzico di malinconia - per poi virare subito verso la commedia pura mischiata a qualche elemento satirico.
I due scrittori hanno però bisogno di sapere se quello che hanno messo su carta, pur inserito in un contesto da commedia, possa risultare verosimile e chiedono dunque a Jerry Calà, dopo avergli fornito alcuni nominativi e indirizzi, di effettuare una sorta di indagine preliminare. L'attore si reca nei posti indicati e per alcuni giorni frequenta gli ambienti del jet set di Milano e le persone che lo animano, giungendo alla conclusione che quanto scritto dai fratelli Vanzina non risulta affatto surreale, anzi, si può proprio dire che la realtà supera la fantasia.
Aurelio De Laurentiis, tramite la sua società Filmauro, è disposto a produrre il film, ma ritiene che il semplice titolo Yuppies possa risultare incomprensibile al pubblico italiano e fa dunque aggiungere il sottotitolo I Giovani di Successo, che tuttavia sia nel manifesto del film che nei titoli di testa non risalta più di tanto, lasciando dunque più spazio al titolo principale concepito dai fratelli Vanzina.
Jerry Calà è stato subito opzionato tra i protagonisti, essendo un volto riconoscibile e tra i protagonisti di alcuni film dai buoni incassi negli anni precedenti. A lui seguono a ruota Massimo Boldi ed Ezio Greggio. L'esperienza cinematografica di quest'ultimo è praticamente inesistente (ha interpretato un solo, misconosciuto film alcuni anni prima), ma all'epoca è un volto molto noto al pubblico televisivo e di certo si punta su questa sua popolarità. Anche Massimo Boldi è un navigato intrattenitore televisivo, inoltre ha partecipato - seppur solo in ruoli da comprimario - in due recenti pellicole di successo quali Il Ragazzo di Campagna e I Due Carabinieri.
Per il quarto e ultimo protagonista, Carlo ed Enrico Vanzina suggeriscono il nome di un attore con cui hanno già collaborato in passato, Christian De Sica, ma Aurelio De Laurentiis non sembra molto convinto di questa scelta, nonostante Christian De Sica abbia già a quell'epoca un curriculum di tutto rispetto nel campo della commedia. Interviene allora in ulteriore soccorso del suo collega Massimo Boldi, che già conosce il figlio di Vittorio De Sica da svariati anni, facendo infine abbandonare a De Laurentiis le sue perplessità.
Pur avendo Boldi e De Sica già condiviso un film nel 1985, I Pompieri, dove però non si incrociavano mai, Yuppies è la prima pellicola dove i due attori interagiscono in maniera continua: è questa la prima collaborazione di una futura, celebrata coppia comica del cinema italiano. Una collaborazione che si rinnoverà più volte nel corso degli anni successivi.
Per la protagonista femminile, viene selezionata Federica Moro. Anche in questo caso gioca una riconoscibilità data, più che dalla vittoria di un'edizione di Miss Italia un paio di anni prima, dal fatto che abbia collaborato con Adriano Celentano in un paio di film e il cantante/attore abbia speso buone parole su di lei.
Sul grande schermo il suo partner è Jerry Calà, ma il rapporto lavorativo non inizia nel migliore dei modi in quanto, durante una delle prime prove in sala trucco, l'attore - curioso di vedere dal vivo la bellezza di Federica Moro - chieda a gran voce quando arrivi. Gli risponde di essere già presente, a pochi metri da lui, la stessa Federica Moro, che Calà non era riuscito a riconoscere struccata.
L'abile caratterista Guido Nicheli, altro attore feticcio dei Vanzina, ricopre invece il ruolo a lui congeniale dell'imprenditore milanese dispotico e prevaricatore. A completare il cast vi sono infine Corinne Clery, Ugo Bologna e Valeria D'Obici.
Le riprese vengono effettuate nell'autunno del 1985. La maggior parte delle scene - sia in interni che in esterni - viene realizzata a Milano, rendendo il film una sorta di fotografia delle ambientazioni di quel momento storico e sociale, mentre alcune scene secondarie e l'epilogo - la litigata su chi debba pagare il conto salato del ristorante - vengono girati a Cortina D'Ampezzo. Il regista Carlo Vanzina lascia anche molto spazio a eventuali improvvisazioni degli attori, tanto che alcuni di loro non mancano di riciclare dei tormentoni a loro cari.
Vi è con ogni probabilità - in un'epoca quale quella di allora senza leggi chiare e ben definite - qualche sorta di product placement ante-litteram, visto che durante la pellicola sono citati o mostrati in maniera esplicita o implicita alcuni marchi di scarpe, automobili e capi di vestiario.
Yuppies: I Giovani di Successo viene distribuito nei cinema italiani a partire dal 20 marzo 1986. Realizzato con un budget modesto, la pellicola arriva infine a guadagnare sul territorio italiano quasi otto miliardi di lire. Un incasso straordinario per quell'epoca e che permette di programmare e iniziare a far produrre subito un seguito, che arriva nelle sale cinematografiche quello stesso anno, il 1986. Ma questa... è un'altra storia.

martedì 23 giugno 2020

A scuola di cinema: Confessioni di una Mente Pericolosa (2002)

1984: Uno dei più importanti autori e presentatori della televisione americana, Chuck Barris, pubblica un'insolita autobiografia intitolata Confessions of a Dangerous Mind.
Chuck Barris ha creato, negli anni '60 e '70 del ventesimo secolo, alcuni format televisivi di successo, di cui uno - The Dating Game - esportato con successo in più paesi all'estero (in Italia diviene noto come Il Gioco Delle Coppie e viene trasmesso per quasi dieci anni sulle reti Mediaset).
La sua autobiografia, tuttavia, rivela anche altro. Chuck Barris dichiara infatti che nei due decenni precedenti ha lavorato come sicario al soldo della Central Intelligence Agency (CIA), uccidendo in tale ruolo molte persone.
La cosa appare poco, anzi per nulla plausibile sin dal principio, tanto che, in una delle prime interviste rilasciate durante il tour promozionale del libro, Barris afferma che in realtà non è andata proprio così. È vero che aveva fatto richiesta di diventare un agente operativo della CIA, ma una volta divenuto autore televisivo vi aveva rinunciato.
Confessions of a Dangerous Mind rappresenta dunque una sua fantasia su cosa sarebbe accaduto se le cose fossero andate in maniera diversa, e trae origine da un periodo nero della vita dell'autore in cui si è ritrovato all'improvviso senza più un ingaggio ed è caduto in depressione, portandolo a concepire questa bizzarra fantasia.
Negli anni successivi, tuttavia, Chuck Barris ritratta questa sua prima dichiarazione, lasciando sempre un velo di ambiguità su questa vicenda. Una vicenda perfetta per il grande schermo.


Qualche anno dopo l'uscita del libro, Chuck Barris, tramite il suo agente, ne vende i diritti di sfruttamento alla Columbia Pictures, grazie all'intercessione di Dawn Steel. Viene individuato un regista in Jim McBride, ma non si riesce a trovare l'interprete principale, poiché Barris è visto da molti esponenti dello star system come una persona volgare e arrogante. Questo, unito all'allontanamento dalla Columbia di Dawn Steel nel 1989, fa naufragare il progetto.
Nel 1997, i diritti vengono acquisiti dal produttore Andrew Lazar, che stringe un accordo con la Warner Bros. La sceneggiatura viene affidata a Charlie Kaufman, mentre la regia a Curtis Hanson. Per interpretare Chuck Barris, viene selezionato Sean Penn.
Kaufman consegna una prima bozza verso la fine del 1997. Ma, quando Hanson decide di ritirarsi dal progetto, inizia un valzer di svariati, possibili sostituti che portano all'allontanamento anche di Sean Penn. David Fincher e Mike Myers vengono infine scelti come nuovo regista e nuovo interprete principale, ma quando verso la metà del 2000 la Warner Bros. mette la produzione della pellicola in stand-by i due decidono di dedicarsi ad altri progetti.
Interviene a quel punto la Miramax Films, che si offre di distribuire e co-produrre la pellicola, e vengono scelti un nuovo regista, Bryan Singer, e un nuovo protagonista, Ben Stiller. Sorgono a quel punto problemi relativi a chi debba occuparsi della distribuzione nazionale e internazionale e al budget, che si aggira sui 35 milioni di dollari, ma si vorrebbe arrivasse a trenta.
Con la rinuncia di Singer e Stiller dovuta a questi troppi ritardi, si fa avanti allora un nuovo soggetto, un attore che era stato selezionato tempo prima per un ruolo secondario e crede molto in questo progetto: George Clooney.
Clooney assicura la Miramax che il budget del film non sforerà i 30 milioni di dollari e sarà coinvolta nella produzione anche la sua società Section Eight Productions. Chiede solo che gli sia affidata la regia della pellicola. Essendo il suo primo incarico in tal senso - dunque permettendo un risparmio dei costi al riguardo - la richiesta viene accettata.
Clooney elimina di sua iniziativa dalla sceneggiatura di Charlie Kaufman alcune scene da lui ritenute troppo surreali o fuori contesto. Lo sceneggiatore non ne rimane troppo soddisfatto e, pur non serbando rancore alcuno verso Clooney, non si trova d'accordo col risultato finale del film.
Clooney propone come interprete principale Sam Rockwell, con il quale ha già collaborato nel film Welcome to Collinwood, ma la Miramax ritiene non sia un nome di richiamo. Clooney allora contatta Drew Barrymore e Julia Roberts, con quest'ultima è in buoni rapporti di amicizia dai tempi di Ocean's Eleven, le quali accettano di partecipare alla pellicola in ruoli da co-protagonista.
Per limitare i costi di ingaggio, le due attrici accettano un salario, inferiore al consueto, di 250.000 dollari. Sempre a tale scopo, Clooney lavora a titolo gratuito come attore e lo stesso fanno Brad Pitt e Matt Damon, che compaiono in dei cameo per fare un favore al loro amico.
Con questa rosa di star, Rockwell viene finalmente inserito nella produzione. Per prepararsi alla parte, l'attore dapprima osserva alcuni filmati degli show televisivi condotti da Chuck Barris e contatta poi la sua reale controparte, studiandone per un paio di mesi le movenze e registrando alcune sue frasi per poterle risentire, arrivando infine a imitare il suo modo di parlare e persino di camminare.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 14 gennaio 2002, svolgendosi principalmente a Montreal, in Arizona e in California. Durano 65 giorni e si concludono nel mese di aprile del 2002. Durante la produzione, lo stesso Chuck Barris è presente sul set per dare consigli e suggerimenti.
Confessioni di una Mente Pericolosa (Confessions of a Dangerous Mind) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 31 dicembre 2002. A fronte di un budget di 30 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale poco più di 33 milioni di dollari. Che, ovviamente, non è il risultato sperato. Non un debutto eccezionale dunque come regista per George Clooney, che tuttavia negli anni successivi dirigerà altre pellicole.
Il film, però, un effetto lo sortisce. Siccome grazie ad esso la storia di Chuck Barris ritorna comunque alla ribalta, la CIA emana poco dopo l'uscita della pellicola un comunicato ufficiale con il quale dichiara che Chuck Barris non ha mai lavorato per la Central Intelligence Agency, a nessun titolo.
A onor del vero, era una verità nota da quasi vent'anni, ma il cinema ha questo potere di riesumare vecchi scheletri e dare loro una definitiva sistemazione. E ce ne sarebbero di storie al riguardo da raccontare.

domenica 21 giugno 2020

Fabolous Stack of Comics: Shazam - La Forza della Speranza



Il primo Captain Marvel della storia solca i cieli e le pagine dei fumetti sin dal 1939. Il giovane Billy Batson, pronunciando la celebre parola magica SHAZAM (ovvero il nome del mago che gli ha conferito i poteri), diventa il celebre supereroe capace di competere con Superman. Anche nelle vendite all'inizio della sua storia, tanto che la DC Comics per eliminare il problema alla radice alla fine decise di acquisire la proprietà del personaggio (questa è la versione breve, quella più lunga è da mal di testa e magari la conserviamo per una prossima volta).
Da quando è la DC Comics stessa che detiene i diritti sul personaggio, quindi, la casa editrice non ha mancato di dedicargli numerose serie e storie speciali. Una delle quali è Shazam: La Forza della Speranza (Shazam: The Power of Hope), one-shot pubblicato nel novembre 2000 e opera della premiata ditta formata da Paul Dini e Alex Ross.
In questa storia, Captain Marvel interrompe per alcuni giorni la sua incessante lotta al crimine per andare a giocare con alcuni bambini di un ospedale e intrattenerli, dopo che costoro gli hanno mandato alcune lettere e disegni. Non sarà un'esperienza priva di momenti difficili, ma permetterà a Billy Batson infine di far ritrovare la forza della speranza in un ragazzo molto speciale, lui stesso.
Questa storia punta su un aspetto del personaggio di Captain Marvel ovviamente già esplorato in passato, si può dire che sia il perno attorno a cui ruotano buona parte delle vicende che lo vedono protagonista: il fatto che l'identità segreta di Captain Marvel sia quella dell'adolescente Billy Batson. Con un'esistenza combattuta tra il desiderio di essere un ragazzo come tutti gli altri, senza troppi pensieri, e la missione che il mago Shazam gli ha assegnato.
Dini e Ross, così come già accaduto con Superman: Pace in Terra, riportano il personaggio semidivino alla sua condizione umana, portandolo a confrontarsi con quelle persone che difficilmente ha occasione di incrociare quando deve affrontare il Dottor Sivana o Mister Mind. E rispecchiandosi in loro, ritrova anche la propria identità e, come direbbe un certo celebre film, una nuova speranza.
Un'operazione narrativa simile corre il rischio di scivolare nella facile retorica, ma Dini e Ross trattano il tutto con la giusta sensibilità e senza eccedere, tranne forse nell'inevitabile e scontata scena in cui Captain Marvel mette in riga un padre manesco.
Shazam: The Power of Hope è un buon esempio di come uno spunto di trama già utilizzato più volte possa essere rivisto in un'ottica diversa, dando a un personaggio nuove sfaccettature da poter utilizzare. E far proseguire le sue avventure per ancora tanto tempo.

lunedì 15 giugno 2020

A scuola di cinema: Grandi Magazzini (1986)

Nella seconda metà degli anni '80 del ventesimo secolo, la cosiddetta commedia all'italiana ha ormai esaurito la sua spinta propulsiva e creativa, dopo più di vent'anni di onorata carriera. Vuoi per l'invecchiamento o la scomparsa di alcuni attori e registi che ne hanno segnato le sorti, vuoi per l'imporsi di un nuovo scenario sociale ed economico - che offre in apparenza più opportunità a tutti - i vecchi interpreti lasciano spazio a una nuova generazione di registi e attori comici, i quali esasperano con le loro interpretazioni alcuni caratteri e situazioni dell'epoca.
Forse per caso, forse per destino, giunge infine un film a riunire queste due generazioni.


Nel 1985 i due produttori Mario Cecchi Gori e Vittorio Cecchi Gori ideano - come era loro abitudine a quell'epoca - un canovaccio attorno a cui costruire un film: una serie di scene ambientate in un centro commerciale, interpretate da vari attori.
I registi selezionati per questo progetto sono Franco Castellano e Giuseppe Moccia, alias Castellano e Pipolo. I due hanno già diretto un film corale nel 1982, Grand Hotel Excelsior, inoltre sono abili sceneggiatori e si dividono i compiti sul set, con ovvi benefici di tempi e costi. Da quel primo film corale, Castellano e Pipolo richiamano Enrico Montesano, a cui affidano il ruolo di Evaristo Mazzetti.
Un altro attore subito scritturato è Nino Manfredi, ma è qualcun altro a decidere per lui la sua parte. Il ruolo dell'attore in declino Marco Salviati viene infatti in principio proposto ad Alberto Sordi, che rifiuta e suggerisce a sua volta il nome di Manfredi poiché, non si sa se detto con ironia o cattiveria, è perfetto nel ruolo di una ex star del cinema in disgrazia.
Un attore che Castellano e Pipolo tengono molto ad avere è Renato Pozzetto, con cui hanno collaborato con successo negli anni passati in tre pellicole. Per lui viene infine ideato il personaggio di Fausto Valsecchi. Non ci si preoccupa affatto di spiegare come un milanese sia finito da più di dieci anni a Roma a lavorare come fattorino, quel che conta è avere Pozzetto tra le proprie fila.
Lino Banfi offre un suggerimento per il suo personaggio, dopo aver assistito a un piccolo spettacolo musicale tenuto da alcuni mendicanti vicino a un centro commerciale milanese. Nasce così Nicola Abatecola, nato a Cerignola.
Per il ruolo del Direttore dei Grandi Magazzini, Franco Castellano ha in mente una scelta particolare: un attore che si è concentrato principalmente negli anni passati in ruoli drammatici, sia sul grande schermo che in televisione, ma ha manifestato l'intento di dedicarsi anche alle commedie, Michele Placido. Insieme a lui, nel ruolo della segretaria, vi è la sua compagna dell'epoca, Simonetta Stefanelli.
Altri personaggi vengono invece modificati rispetto a come sono concepiti in origine. Antonio Borazzi, interpretato da Christian De Sica, nella prima stesura è un ragioniere pignolo che vuole sfruttare sino all'ultima lira del suo buono acquisto da 500.000 lire. De Sica interviene e modifica il personaggio, facendolo provenire dalla borgata romana, ma mantenendo il suo intento di sfruttare il buono fino all'ultima lira.
In origine il film è pensato come la classica commedia dalla durata di circa 100 minuti, ma durante la produzione Vittorio Cecchi Gori si incaponisce nel cercare altri attori per dare una parte anche a loro (Ornella Muti e Paolo Villaggio vengono scritturati praticamente a riprese iniziate e questo spiega il loro ingresso ritardato), costringendo Castellano e Pipolo a modifiche e aggiunte alla sceneggiatura in corso d'opera.
Per il comico genovese, e il suo fido compare Gigi Reder, Castellano e Pipolo pensano in prima battuta a due taccheggiatori che tentano un furto nei Grandi Magazzini. Villaggio tuttavia è rimasto affascinato da un personaggio comparso più volte in televisione, David Zed, il quale imita alla perfezione le movenze di un robot. Villaggio propone dunque che lui e Reder siano due truffatori e lui finga di essere un robot. Sarà lo stesso David Zed a fungere da consulente a Villaggio per la sua parte e insegnargli come muoversi al meglio.
Nell'insolita parte di sé stesso infine vi è Luciano Bonanni, un pilastro della commedia all'italiana attivo da più di trent'anni. Questa pellicola rappresenta il suo canto del cigno cinematografico.
Le riprese in esterni vengono effettuati presso l'Hotel Ibis di Agrate Brianza, mentre per gli interni dei Grandi Magazzini si utilizzano due centri commerciali di Viterbo e Paderno Dugnano.
La scena conclusiva con Lino Banfi è un dichiarato omaggio a Cantando Sotto la Pioggia. L'omaggio doveva in origine essere ancora più esplicito, con tanto di colonna sonora ripresa dal film con Gene Kelly. I diritti di utilizzo tuttavia non vengono concessi, ma la scena rimane comunque, seppur con musica composta ad hoc. Per un caso fortuito, la sera stessa in cui vengono effettuate le riprese piove davvero.
Per la sigla finale, composta da Detto Mariano, ognuno degli attori canta la propria parte dietro uno sfondo grigio-celeste. Le varie versioni vengono poi raccolte e montate ad arte da Antonio Siciliano.
Il continuo protrarsi delle tempistiche e le numerose scene aggiunte portano infine a quasi tre ore di girato, qualcosa per l'epoca di improponibile. Castellano e Pipolo intervengono in fase di montaggio e, eliminando alcuni sketch secondari e tagliando qualche scena (ognuna delle storie principali viene accorciata, senza fare sconti), si arriva a un risultato finale di 110 minuti.
Grandi Magazzini viene programmato nelle sale cinematografiche italiane a partire dal 31 ottobre 1986, arrivando infine a incassare circa 315 milioni di lire, a dire il vero non un risultato eccezionale se si pensa al cast che è stato coinvolto e tutto il lavoro che c'è stato dietro.
Tuttavia, negli anni successivi questa pellicola si guadagna lo status di culto, dal momento che inizia a essere programmata sulle reti televisive private. Per l'occasione, Castellano e Pipolo riciclano molte delle scene tagliate in fase di montaggio, dando vita a una versione estesa della durata di quasi due ore e trenta minuti.
La cosiddetta commedia all'italiana non è di certo più la stessa che imperava fino al decennio precedente, ma ha saputo trovare nuovi stimoli e nuove sfide, senza dimenticare il passato. Ma questa... è un'altra storia.

martedì 9 giugno 2020

Fabolous Stack of Comics: Chi Ha Ucciso Spirit?


Nel giugno 1940 esordì sulle pagine di alcuni quotidiani statunitensi The Spirit, il detective mascherato Danny Colt ritornato dalla tomba per muovere guerra alla criminalità organizzata di Central City e affrontare insoliti, bizzarri nemici.
Questo personaggio, ideato da Will Eisner, si è rivelato molto popolare e, pur tra alterne fortune e occasionali scomparse, le sue avventure continuano a essere pubblicate di tanto in tanto ancora oggi ed è divenuto protagonista anche di un film sceneggiato e diretto da Frank Miller.
E se quest'anno ricorrono gli ottant'anni di vita editoriale di The Spirit, cinque anni fa, nel 2015, per il settantacinquesimo anniversario la casa editrice Dynamite pubblicò una maxiserie in dodici numeri intitolata Will Eisner's The Spirit. Lo sceneggiatore d'eccezione di questa storia è Matt Wagner, il creatore di Grendel, mentre ai disegni troviamo Dan Schkade.
Una celebrazione che rischia essere di breve durata, poiché all'inizio della storia Spirit è scomparso nel nulla da circa due anni e dato per morto. Il suo compare Aloysius "Ebony" White, tuttavia, non crede affatto che il suo amico sia davvero divenuto uno spirito, in senso letterale stavolta, e inizia a indagare nel sottobosco criminale.
Sarà però proprio lo stesso Spirit, praticamente risorto dalle acque, a risolvere il mistero, che vede dietro la sua scomparsa un temibile, nuovo criminale di nome Mikado Vaas.
Matt Wagner compie un'operazione narrativa molto astuta relegando, nei primi capitoli di questa maxiserie, Spirit in secondo piano a causa della sua presunta morte, consentendoci così di farci meglio conoscere e apprezzare l'ambientazione in cui si svolgono le sue storie e i comprimari che ruotano attorno a lui, inclusi i bizzarri criminali che si ritrova ad affrontare.
Questo perché, quando infine Spirit ricompare sulla scena in pianta stabile, la sua potenza iconica - insospettabile per chi è a digiuno di questo personaggio - è così grande da relegare chiunque altro in secondo piano. Un po' come quando Superman o Batman o Tex Willer irrompono sulla scena dopo una manciata di pagine: sei sicuro che scalzeranno gli altri personaggi dal podio.
La maxiserie porta a compimento il compito che si era prefissa, grazie a una consolidata maestria e tecnica narrativa: celebrare The Spirit e il suo mondo e, al contempo, celebrare anche Will Eisner e la sua inventiva. Questo non significa ovviamente che la trama sia lasciata in secondo piano o non considerata, anzi, viene portata avanti da Wagner con consumata abilità e lascia anche spazio per un eventuale seguito. Seguito di cui, però, alla data odierna non vi è traccia.
The Spirit però non è morto e come potrebbe essere altrimenti? Nuove avventure su di lui continuano a essere pubblicate ed è probabile che presto o tardi riapparirà di nuovo sulle scene, trionfante come sempre.

lunedì 8 giugno 2020

A scuola di cinema: The Bourne Identity (2002)

1980: Viene pubblicato il romanzo Un Nome Senza Volto (The Bourne Identity) dello scrittore Robert Ludlum.
Vede protagonista un uomo che viene ripescato da alcuni pescatori mentre va alla deriva nel Mar Mediterraneo. L'uomo non ricorda il proprio nome, o gli eventi che lo hanno portato a cadere in acqua, a causa di un trauma alla testa.
L'uomo poco dopo scopre un microfilm che gli è stato impiantato in un fianco, dove trova il numero di una cassetta di sicurezza di una banca di Zurigo. Qui scopre di essere Jason Charles Bourne e di lavorare per la Treadstone Seventy-One Corporation.
Bourne capisce di non essere una persona come le altre quando alcuni killer cercano di ucciderlo. Per salvarsi, prende in ostaggio Marie St. Jacques, un'economista canadese che col tempo inizierà a fidarsi di lui.
I due si trasferiscono a Parigi, dove vengono presi di mira sia da sicari al servizio del governo americano, sia da altri sicari che lavorano per il terrorista Carlos, soprannominato lo Sciacallo. Quest'ultima scoperta porta Bourne a dare la caccia a Carlos, fino a New York, usando abilità che gli erano fino a quel momento ignote. Capisce allora di essere un sicario anche lui: il suo nome in codice è Caino.
Il confronto tra i due è sanguinario e termina quando Carlos, rischiando la cattura da parte di agenti governativi statunitensi, fugge. Bourne inizia infine una relazione con Marie St. Jacques e comincia a ricordare il suo passato e il suo vero nome.
Questo libro rappresenta la prima parte di una trilogia che prosegue nel 1986 con Doppio Inganno (The Bourne Supremacy) e si conclude nel 1990 con Il Ritorno dello Sciacallo (The Bourne Ultimatum). Una trilogia che poco più di dieci anni dopo avrebbe trovato la propria via sul grande schermo.


Un primo Jason Bourne compare nel 1988, grazie a una miniserie televisiva trasmessa dalla ABC: si tratta di Richard Chamberlain. La miniserie si intitola come il primo libro, The Bourne Identity (approdata anche in Italia col titolo Identità Bruciata), e risulta abbastanza fedele ad esso.
Un fan della trilogia è Doug Liman. Costui ha letto The Bourne Identity al liceo e, divenuto nel 1996 un acclamato regista indipendente grazie al film Swingers, progetta di farne un adattamento. Scopre però che i diritti di sfruttamento risultano in possesso della Warner Bros. e deve attendere ancora un paio d'anni, durante i quali consegue il brevetto come pilota di aerei.
Una volta che i diritti sul personaggio di Jason Bourne sono tornati sul mercato, Liman vola col suo aereo presso la residenza di Robert Ludlum in Montana per acquisirli. Lo scrittore rimane così colpito dalla passione del regista per le sue opere che non solleva alcuna obiezione.
Una prima sceneggiatura, abbastanza fedele all'opera originale, viene realizzata da William Blake Herron e revisionata da David Self, ma non incontra i favori di Liman, il quale contatta allora Tony Gilroy, di cui ha apprezzato la sceneggiatura de L'Avvocato del Diavolo (The Devil's Advocate).
Gilroy esamina il trattamento di Herron e non ne rimane impressionato, ma il motivo non dipende interamente da lui. Da quando Robert Ludlum ha scritto il romanzo, lo scenario politico e sociale è cambiato in maniera drastica e da un punto di vista narrativo non può più funzionare, ancor di più se si tratta di trasporre quest'opera sul grande schermo. La soluzione di ripiego adottata da Herron - concentrarsi molto sull'azione a scapito dell'introspezione - è stata quella peggiore.
Gilroy suggerisce a Liman di attenersi al concetto base del romanzo di Ludlum (l'uomo senza memoria con un passato da agente CIA) e costruire attorno a esso una storia nuova. Il regista accetta il suggerimento e così Gilroy scrive una nuova sceneggiatura, cercando comunque di salvare quanto più possibile del trattamento di Herron, che infatti alla fine viene accreditato come co-sceneggiatore. Alla stesura collabora anche Liman dando qualche consiglio, poiché suo padre è stato un procuratore distrettuale che si è occupato anche di casi a sfondo politico al servizio del governo degli Stati Uniti.
Per capire quanto sia diverso il risultato finale rispetto al libro, della trama inerente Carlos lo Sciacallo non vi è praticamente traccia.
Per il ruolo del protagonista, in primo luogo si pensa a svariati attori quali Sylvester Stallone, Russell Crowe, Brad Pitt e Matthew McConaughey, ma nulla si concretizza.
Liman concepisce allora una particolare soluzione alternativa: Matt Damon. A quel tempo l'attore ha poca esperienza in fatto di film d'azione, ma Liman ha un incontro con lui durante il quale capisce che Damon è interessato alla sua visione del film e risulta dunque essere la scelta migliore. Per prepararsi al meglio alla parte, Matt Damon prende lezioni di arti marziali ed effettua numerose sessioni di addestramento nell'uso delle armi. Questo lo porta anche a poter girare alcune scene pericolose senza far uso della controfigura.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 31 ottobre 2000. Durano svariati mesi e si dipanano in varie nazioni quali Grecia, Italia, Repubblica Ceca e Francia, a Parigi per la precisione. I problemi non tardano ad arrivare. Liman, venendo dalle produzioni indipendenti, è una persona molto meticolosa e arriva anche a richiedere che molte scene, già completate, vengano rigirate fino a quattro volte. Questo porta a un aumento dei costi di produzione che si aggira sugli otto milioni di dollari e, di lì a poco, le frizioni tra lui e la casa di produzione, la Universal, scoppiano.
La Universal prova a far contenere i costi, proponendo ad esempio Montreal al posto di Parigi perché lì parlano tutti francese e dunque può andar bene comunque (e beccandosi un secco no da parte del regista), e di far modificare i ritmi narrativi della pellicola che giudicano troppo lenti rispetto a quello che dovrebbe essere un film d'azione.
Ma col passare dei mesi l'insoddisfazione cresce e si cerca dunque di liberarsi di Liman, provando ad affidare la regia a Tony Gilroy o al produttore Frank Marshall. Anche Liman stesso comunque non si rivela troppo collaborativo, non cercando mai qualche sorta di compromesso con la Universal. Alla fine sia il regista che la produzione smettono di parlarsi e Matt Damon diventa il loro intermediario.
Questo genera una curiosa conseguenza. In origine l'uscita del film è prevista per inizio settembre 2001, ma a causa di questi ritardi viene rinviata di circa nove mesi. Con i drammatici eventi che hanno luogo l'11 Settembre a New York, con ogni probabilità un film del genere sarebbe stato subito ritirato dalle sale. Pur essendo la ferita degli attacchi terroristici ancora fresca nei mesi successivi, la Universal opta per la distribuzione della pellicola, non foss'altro per tutto il lavoro tumultuoso che c'è stato dietro.
The Bourne Identity viene distribuito nei cinema americani a partire dal 14 giugno 2002. A fronte di un budget finale di 60 milioni di dollari, il film arriva infine a incassare a livello internazionale oltre 214 milioni di dollari. Niente male per una pellicola che, a causa della sua tormentata storia produttiva, molti avevano dato per spacciata prima ancora della sua uscita. E invece il suo successo porta subito alla progettazione di un sequel... ma questa è un'altra storia.