sabato 23 settembre 2023

Italians do it better? 15: Metti la Nonna in Freezer (2018)


Non è affatto semplice ideare una dark comedy. Non lo è poiché va a toccare temi molto, molto delicati come la morte o la cronaca nera cercando di strappare una risata e si sa che certe tematiche sono in grado di scatenare ire incontrollate, anche se non si capisce bene il perché.
E proprio la cronaca nera ci ha talvolta raccontato delle storie che vedono familiari poco amorevoli tenere nascosta la morte dei loro congiunti unicamente per continuare a incassare la loro pensione, mettendo il loro corpo in un congelatore.
A questo fatto reale si ispira Metti la Nonna in Freezer, diretto da Giancarlo Fontana e Giuseppe Stasi, scritto da Fabio Bonifacci e Nicola Giuliano e distribuito nei cinema nel marzo 2018.
Claudia Maria Lusi (Miriam Leone) è una restauratrice di opere d'arte fortemente indebitata con le banche in quanto gli enti statali non le pagano da due anni i lavori da lei portati a termine. Quando sua nonna Birgit (Barbara Bouchet) muore, per disperazione e per salvare la sua azienda decide di nasconderne il cadavere in freezer per incassare la pensione che le permette di andare avanti.
Le cose sembrano per lei cambiare quando conosce Simone Recchia (Fabio De Luigi), di cui si innamora. Peccato che costui sia anche un integerrimo e incorruttibile maresciallo della Guardia di Finanza che potrebbe scoprire la verità.
Quando si vuole imprimere una direzione diversa a una pellicola, in un paese di solito confinato in determinati schemi che si ripetono, ne possono uscire cose interessanti. A mio avviso questo è uno di quei casi.
È come se ci ritrovassimo di fronte a una di quelle commedie nere e surreali dei Fratelli Coen, come Fargo, solo ambientata in territorio italiano. Unendo sia una problematica comune a molti - che quando devono lavorare per lo Stato hanno molte difficoltà nel farsi pagare causa lunghe procedure burocratiche - che un fatto di cronaca davvero accaduto, quella che ci ritroviamo di fronte è una pellicola con improvvisi cambi di prospettiva e anche un montaggio abbastanza frenetico, alla Edgar Wright o Guy Ritchie.
I toni fin troppo dark in alcune occasioni vengono mitigati dalla presenza di Fabio De Luigi che, con la sua mimica, le sue battute e la sua imbranataggine sul grande schermo, contribuisce a rasserenare un po' l'atmosfera. Quindi un casting ben pensato, che fa sì che vi sia un buon contraltare anche per l'attrice protagonista.
Chiaramente non cercate pretese di realismo in questa pellicola, non intende averne. Porta il tutto a un livello superiore surrealista dove i vari personaggi sono come burattini nelle mani degli eventi e devono dunque adattarsi. Perché il destino sa essere spietato anche in una dark comedy, ma a volte è proprio una risata ciò che ci salva.

venerdì 22 settembre 2023

Netflix Original 157: Voglio una Vita a Forma di Me


I concorsi di bellezza, noti e organizzati anche in Italia (basti solo pensare al concorso di Miss Italia, un tempo celebre a livello nazionale), sono ben più diffusi negli Stati Uniti, dove suddetti concorsi vengono organizzati in tutti gli stati o quasi, per tutte le fasce d'età e sesso.
Anche per le teenager, che - come il ballo di fine percorso scolastico - li affrontano, nella concezione di quel paese, come una sorta di rito di passaggio verso l'età adulta.
Tuttavia, con ogni probabilità non si è mai visto un concorso di bellezza come quello presente in Voglio una Vita a Forma di Me (Dumplin'), diretto da Anne Fletcher, scritto da Kristin Hahn e distribuito su Netflix a partire dal 7 dicembre 2018. Il film è basato sull'omonimo romanzo scritto da Julie Murphy.
Willowdean Dickson (Danielle Macdonald) è una ragazza appassionata di Dolly Parton, ma insicura di sé a causa del suo aspetto fisico e la sua obesità. Questo la pone in contrasto con la madre Rosie (Jennifer Aniston), organizzatrice di un locale concorso di bellezza molto seguito e spesso per questo assente.
Quando l'amata zia di Willowdean, che le aveva fatto conoscere la musica di Dolly Parton, muore, la ragazza inizia a provare un forte sentimento di rabbia repressa e, in una sorta di sfida a sua madre e alle convenzioni della società, decide di iscriversi al concorso di bellezza organizzato proprio da Rosie Dickson.
Siamo all'interno di una tematica molto sentita nel paese di produzione di questo film, ovvero l'accettazione di sé stessi e del proprio corpo, incluse quelle che molte persone giudicano - a torto - imperfezioni.
Un tema che diventa molto sensibile nel caso dell'obesità, in una nazione che vanta un altissimo tasso in tal senso. Tanto che non mancano i casi di bullismo, talvolta molto più violenti rispetto a quelli che si svolgono in Italia.
Di certo la pellicola non si rivolge solo a una specifica categoria di persone e si presuppone l'obiettivo di essere mainstream, cercando dunque di toccare certi tasti per mischiare in egual modo sia il dramma che la commedia.
Ovviamente, come intuibile, la protagonista giunge infine ad accettare sé stessa grazie all'esperienza da lei vissuta, perché ha capito che ci sono persone, come la sua migliore amica o il ragazzo innamorato di lei, che la apprezzano per ciò che è davvero e non per ciò che appare agli occhi degli altri.
Altrettanto ovviamente, in un mondo con un'umanità spietata nel suo complesso, non è così semplice accettare la propria identità senza temere il giudizio altrui, ma almeno nei film questo obiettivo può essere raggiunto e forse ispirare altre persone. Sarebbe un primo passo, quantomeno.

giovedì 21 settembre 2023

Netflix Original 156: Mowgli - Il Figlio della Giungla


Il Libro della Giungla (The Jungle Book), scritto da Rudyard Kipling e pubblicato nel 1894, è divenuto un caposaldo della narrativa universale, ricordato ancora oggi.
Il fatto che nel libro siano presenti degli animali parlanti e senzienti e che il protagonista principale sia un ragazzino ha fatto sì che tale opera, nella cultura popolare, venga associata alla narrativa per bambini, anche se in realtà non è proprio così.
Il libro di Kipling è dunque divenuto oggetto di numerosi adattamenti, live-action e animati, in cui spicca il lungometraggio del 1967 prodotto da Walt Disney, uno degli ultimi a cui lavorò.
Tra questi adattamenti vi è anche Mowgli - Il Figlio della Giungla (Mowgli: Legend of the Jungle), diretto da Andy Serkis, scritto da Callie Kloves e distribuito su Netflix a partire dal 7 dicembre 2018.
La storia è quella nota di Mowgli (Rohan Chand), un neonato che rimane orfano dopo che la tigre Shere Khan uccide i suoi genitori. Salvato dalla pantera Bagheera, il bambino viene allevato dai lupi e dall'orso Baloo come se fosse un componente del branco.
Alcuni anno dopo Mowgli, ormai cresciuto, deve decidere se ritornare nel mondo degli uomini a cui non è mai appartenuto, mentre Shere Khan si prepara a sferrare un ultimo attacco.
Le opere classiche, a volte ritenute in maniera errata più adatte a un pubblico di bambini, nascondono dei temi maturi e non banali, anzi, nel caso del libro di Rudyard Kipling non le nascondono affatto.
Nel rappresentare degli animali senzienti e parlanti, lo scrittore mette infatti in scena i vari caratteri umani: prevaricatori e arroganti come Shere Khan, ma anche buoni e generosi come Baloo o Bagheera.
Il film riprende questa lezione dello scrittore inglese. Decisamente non vi sono scene soft, anzi, non si lesina sul sangue e alcune sono abbastanza crude. Quella che compare sullo schermo è in primo luogo una rappresentazione della malvagità e della meschinità dell'essere umano, filtrata attraverso i comportamenti e i dialoghi degli animali.
Ma c'è anche spazio per la bontà, l'altruismo e lo spirito di sacrificio, rappresentato dai lupi, da Bagheera e dallo stesso Mowgli.
Come il ragazzo, ci si ritrova sospesi tra due mondi: quello della giungla, dove vigono leggi precise, e quello degli uomini, dove dominano sia il caos che l'ordine. Eppure questi due mondi hanno molti punti in contatto e quando si incontrano entrano in contrasto. E uno di essi è destinato a prevalere, prima o poi.
In originale le voci dei vari animali sono fornite da attori di eccezione. Oltre allo stesso Andy Serkis, vi sono infatti anche Christian Bale, Cate Blanchett e Benedict Cumberbatch. A voi scoprire in quali ruoli.

mercoledì 20 settembre 2023

Prime Video Original 69: Die Hart


In quella che può essere vista come una particolare sottobranca del cosiddetto metacinema, o forse anche in uno slancio di eccessivo narcisismo e protagonismo, capita a volte che gli attori sullo schermo interpretino... sé stessi. E non per semplici cameo, ma vere e proprie versioni alternative di loro stessi.
Il caso più esemplare è con ogni probabilità Essere John Malkovich, ma vi è anche ad esempio Il Talento di Mr. C con Nicolas Cage.
Non raggiunge tali vette, ma si inserisce nella contesa anche Kevin Hart con Die Hart, diretto da Eric Appel, scritto da Tripper Clancy e Derek Kolstad e distribuito su Amazon Prime Video a partire dal 24 febbraio 2023. La pellicola è in realtà nata come serie televisiva per un'altra piattaforma e presenta dunque qui un nuovo montaggio.
Kevin Hart vorrebbe interpretare un ruolo da protagonista in un film d'azione ed è ormai stanco di essere considerato una semplice spalla comica. All'ennesima intervista televisiva in cui questa cosa viene rimarcata, perde la pazienza e prende tutti a male parole.
Per risollevare la situazione, il suo agente lo mette in contatto col celebre regista Claude Van De Velde (Jean Reno), il quale vuole proprio offrirgli una parte in una pellicola action, a patto che prima però frequenti un apposito corso tenuto da un veterano che ha allenato molti altri attori, Ron Wilcox (John Travolta).
Kevin Hart inizia dunque il suo addestramento, che potrebbe però rivelarsi più insidioso del previsto.
Si potrebbe pensare che questo film sia una sorta di satira sul cinema americano moderno, pronto a classificare i vari attori in base a quello che si presume vuole il pubblico senza tenere conto anche delle loro esigenze artistiche. E sì, questo aspetto c'è ma è davvero molto lieve, poco accennato (non penso che Kevin Hart possa permettersi di sputare nel piatto in cui mangia).
Più che altro la satira è rivolta verso il mondo dell'entertainment, sempre appiattito nelle interviste sugli attori, con canovacci molto banali che non approfondiscono alcunché.
Alla fine, infatti, questa è appunto una action comedy dove l'attore per una volta non è al fianco di Dwayne Johnson, ma questo non gli impedisce di sbizzarrirsi con le sue consuete movenze e tormentoni. Insomma non è un ruolo diverso da quelli che di solito interpreta, che il grande pubblico gli richiede.
Chi invece volesse vedere Kevin Hart in un ruolo diverso dal solito può cercare Sempre Amici.
Parte del divertimento qui è anche vedere quali siano le guest-star e riconoscere le varie citazioni, a partire dal titolo stesso che non penso abbia bisogno di spiegazioni, tutte abbastanza alla portata anche per chi non mastica troppo cinema.

martedì 19 settembre 2023

Netflix Original 155: Natale a 5 Stelle


Alla fine è accaduto. Anche Netflix ha prodotto il suo primo cinepanettone.
Questa peculiare tipologia di film nasce con Vacanze di Natale di Carlo Vanzina (è una semplificazione, me ne rendo conto), ma esplode pienamente solo nel decennio successivo, con una serie di pellicole - e cloni derivati - che nel bene e nel male divengono campioni di incassi.
Quando questo fenomeno pare ormai tramontato del tutto, ecco giungere Natale a 5 Stelle, diretto da Marco Risi, scritto da Carlo Vanzina ed Enrico Vanzina e distribuito su Netflix a partire dal 7 dicembre 2018. Il film è dedicato alla memoria di Carlo Vanzina, scomparso pochi mesi prima e che probabilmente era il regista originario.
Il Presidente del Consiglio Franco Rispoli (Massimo Ghini) si reca in visita diplomatica a Budapest nell'imminenza delle festività natalizie. Oltre agli impegni governativi, vi sono anche piaceri personali, in quanto intende sfruttare il tempo libero per stare insieme all'amante, Giulia Rossi (Martina Stella), deputata dell'opposizione.
Un imprevisto, però, rischia di mandare tutto a monte e di screditare l'immagine pubblica del politico. L'unico che potrebbe risolvere la situazione è il fido portaborse del ministro, Walter Bianchini (Ricky Memphis).
Non ci sono Massimo Boldi o Christian De Sica, gli attori simbolo di questa tipologia di pellicole, ma gli elementi di "successo" ci sono tutti. L'amante fedifrago, che alla fine viene punito, la donna in abiti succinti per la gioia di un certo tipo di pubblico e l'italiano medio, almeno secondo la concezione della produzione, lecchino e meschino.
Il film è una lievissima satira, al punto che forse non è nemmeno satira, sullo scenario politico di qualche anno fa, con tanto di puntuali riferimenti che lo rendono già datato.
Il personaggio di Massimo Ghini è infatti un omologo di Giuseppe Conte, mentre Martina Stella rappresenta la deputata Maria Elena Boschi. Entrambi, comunque, presentano un look molto diverso dalle loro controparti per evitare beghe legali.
Si va direttamente alla pancia dello spettatore con frasi facili e ad effetto quali quelle che tutti i politici sono dei ladri e dei bugiardi, che fanno solo i loro interessi. La loro rappresentazione come pagliacci e imbranati, incapaci di dare un senso alle loro vite vuote, contribuisce a rasserenare il pubblico, che vedendo persone per cui prova risentimento e disprezzo venire castigate nella finzione crede che una cosa simile possa verificarsi prima o poi anche nella realtà.
Nel mezzo il consueto mix di battute a sfondo sessuale, immancabili (no, potrebbero mancare, in realtà, ma la formula di successo le comprende) e qualche amabile (?) situazione di corna.
E anche questo film di Natale ce lo semo levato...

lunedì 18 settembre 2023

Fabolous Stack of Comics: Il Commissario Spada - L'Uomo Senza Ricordi


Anni '70 del ventesimo secolo. Milano. Una città che deve ancora cambiare in maniera profonda con un'espansione edilizia senza precedenti nella storia italiana, ma di cui in questo decennio già si vedono alcuni primi passi. Una società che cambia insieme agli uomini e donne che la abitano, anche nella finzione narrativa dei fumetti.
Se nelle storie dei decenni precedenti gli eroi erano integerrimi e vivevano le loro avventure in mondi inesistenti, come Tex Willer nel West uscito dal cinema americano o Zagor nella foresta di Darkwood, quelli di questo decennio iniziano a interrogarsi sul loro agire e il contesto in cui vivono le loro storie sono le città reali (tematica anticipata da Stan Lee e la Marvel, ma su sfondo supereroistico).
E un "eroe" di questi tempi è il Commissario Eugenio Spada, personaggio creato da Gianluigi Gonano e Gianni De Luca. Dopo la prima storia, Il Ladro d'Uranio, Il Commissario Spada ricompare in L'Uomo Senza Ricordi, pubblicato nel 1970 nei numeri dal 20 al 25 de Il Giornalino.
Eugenio Spada stavolta è alle prese con l'insolito caso di un uomo che non ricorda il proprio nome o da dove proviene, ma viene ritrovato con un'arma e degli abiti sanguinanti. Poco dopo viene scoperto un cadavere, di un esponente della criminalità organizzata, e tutto suggerirebbe che il responsabile dell'omicidio sia proprio la persona smemorata.
Ma la realtà è ben più complessa e ben presto la verità sull'uomo senza ricordi verrà a galla.
Stavolta ci ritroviamo di fronte col classico tema dell'identità e dei ricordi che delineano una persona e il suo agire. Così che, quando la persona perde una parte di questi ricordi, è anche come se perdesse una parte di sé stessa.
E il tema viene trattato con la classica e vecchia concezione narrativa dell'amnesia, vista in decine di altre opere, ma ricordiamoci che questa storia è di oltre cinquant'anni fa. Ovvero con una perdita di memoria causata da un trauma - e questo ci sta - e un recupero che avviene tramite una botta in testa. E questo ci sta un po' meno, in realtà è più complicato di così, ma narrativamente funziona.
Viene introdotto anche il tema dell'ipnosi. Non inedito, ovviamente, nelle opere a fumetti, ma stavolta non c'è Mefisto a prendere il controllo mentale dei pards di Tex per scopi di vendetta. Forse per la prima volta l'ipnosi viene descritta con scopi curativi (cosa che effettivamente si faceva un tempo con chi soffriva di gravi amnesie, non so se sia una pratica ancora usata) per recuperare i ricordi.
Diversamente dalla prima storia, stavolta il Commissario Spada non rimane proprio sullo sfondo, ma sembra più spettatore degli eventi che si dipanano davanti ai suoi occhi, cercando di capire quale sia la strada giusta da percorrere.
Tex avrebbe subito intuito cosa si annidava nell'uomo senza ricordi, ma Tex è l'eroe perfetto. Il Commissario Spada invece è un uomo come tanti altri, animato da una grande forza di volontà e dallo stesso senso di giustizia e ricerca della verità che guida il Ranger del Texas. Ma la verità, rispetto al vecchio West, adesso ha molte più facce e cominciano ad apparire le zone di grigio.