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mercoledì 24 aprile 2024

Netflix Original 174: Enola Holmes


Il mito letterario di Sherlock Holmes continua a essere ben presente ancora al giorno d'oggi, oltre 130 anni dopo la pubblicazione della prima storia e dopo novant'anni dalla scomparsa dell'ideatore del personaggio, Arthur Conan Doyle.
Dopo la morte dello scrittore, sono fioccati gli apocrifi, il loro numero è ormai incalcolabile, è più numeroso delle stelle del firmamento. Li ha scritti persino uno dei suoi discendenti! E si sa, anche se il personaggio nelle sue origini era un totale misantropo, dopo un po' sono spuntati come funghi, grazie ad altri scrittori, mogli, eredi... e sorelle.
Già, perché secondo il famoso canone Sherlock Holmes ha un solo fratello, Mycroft. Ma... qualche tempo fa le cose sono cambiate.
Dal 2006, per la precisione, quando è uscito il primo romanzo della saga in sei parti The Enola Holmes Mysteries, scritta da Nancy Spinger, in quella che si definirebbe letteratura young adult. Tale romanzo viene adattato con Enola Holmes, diretto da Harry Bradbeer, scritto da Jack Thorne e distribuito su Netflix a partire dal 23 settembre 2020.
Enola Holmes (Millie Bobby Brown) è la sorella minore di Sherlock Holmes (Henry Cavill). Dopo la morte del padre e dopo che i suoi due fratelli si sono trasferiti a Londra, Enola Holmes è rimasta accanto alla madre Eudoria (Helena Bonham Carter), la quale è stata la sua tutrice e le ha insegnato anche alcune tecniche di combattimento.
Al compimento dei sedici anni, Enola scopre che la madre è scomparsa nel nulla, lasciando dietro di sé pochi, enigmatici messaggi. Mentre cerca di sfuggire ai due fratelli, soprattutto al rigido e severo Mycroft (Sam Claflin), la ragazza cerca di venire a capo del mistero, ma all'improvviso si ritroverà coinvolta in un enigmatico caso di sparizione di un giovane marchese, Lord Tewkesbury (Louis Partridge).
Come molte saghe letterarie che continuano secoli dopo essere state ideate, quella di Sherlock Holmes si è ormai distaccata dalle intenzioni originarie del suo creatore, che viveva in un periodo differente e aveva idee, per quanto progressiste, radicate in quel periodo. E dopotutto, chi è affezionato solo a quel canone letterario può sempre godere delle sue sessanta storie.
Ma Sherlock Holmes e il mondo che ruota attorno a lui oggi sono utilizzati anche con altri obiettivi, pur mantenendo il più delle volte l'ambientazione di base - l'Inghilterra tardovittoriana - e lo schema delle trame originario.
Tanto che il pubblico di riferimento dei libri da cui questo film prende spunto non era certo nelle priorità di Arthur Conan Doyle, ovvero gli adolescenti e in particolar modo le giovani lettrici.
Giovani lettrici che all'epoca di Conan Doyle, se sapevano leggere (non così scontato per le classi meno abbienti nel diciannovesimo secolo), erano più interessati ai feuilleton o alle opere romantiche. L'interesse del pubblico, non solo di quello femminile, si è espanso però da quei tempi lontani.
Ecco dunque che al centro di questo film troviamo una ragazza che deve imparare a conoscere il mondo, che fino a quel momento le è stato precluso, e trovare un proprio giusto posto in questo mondo. Cercando al contempo anche una propria indipendenza, se questo è possibile, che prescinda dagli uomini e dalle autorità.
Enola Holmes, attraverso l'indagine sul marchese scomparso, compie dunque anche un viaggio interiore, un viaggio alla ricerca di sé stessa, mentre scopre al contempo sia le cose belle che le cose brutte che questo mondo ha da offrirle e come lei possa fare la propria parte, senza necessariamente piegarsi alla volontà predominante.
Ovviamente non ci si dimentica che questo è un prodotto per le masse e dunque si contorna il tutto con un sano mystery, scene di combattimento, esplosioni, amori adolescenziali e qualche piccolo dramma. Solo in certi punti, almeno è una mia impressione, non si era ben chiari su quale direzione dovesse prendere la trama, pur essendo chiaro quale fosse l'epilogo.
Ma l'epilogo non è rappresentato da questo unico film: la saga originaria è in sei parti e dunque Enola Holmes può dunque ancora offrire altre sorprese. E svelare altri misteri.

mercoledì 21 settembre 2022

Libri a caso: Sherlock Holmes - Lo Spettro dello Squartatore


Jack lo Squartatore è uno dei più celebri serial killer della storia, quando il termine serial killer non era ancora stato inventato: ha agito nella seconda metà del 1888 nel quartiere londinese di Whitechapel, ma la sua vera identità non è mai stata accertata e chi sia rimarrà con ogni probabilità per sempre un mistero.
Sherlock Holmes ha agito nello stesso periodo temporale in cui Jack lo Squartatore ha colpito ma, siccome Arthur Conan Doyle non si è mai volutamente occupato di casi reali (tralasciando che una storia dove Holmes risolve questo mistero a quell'epoca sarebbe stata ritenuta molto indelicata, per usare un eufemismo), nel suo canone non troverete nemmeno un accenno a questi celebri delitti.
Moderni scrittori (e anche il cinema), invece, hanno abbandonato questi scrupoli, anche in conseguenza delle numerose teorie che hanno provato a identificare chi fosse Jack lo Squartatore. Seppur non esattamente incentrata su questi delitti, David Stuart Davies ne esamina alcune possibili conseguenze nel romanzo Lo Spettro dello Squartatore (The Ripper Legacy), pubblicato nel 2016.
Ci troviamo nel marzo 1895. Con uno Sherlock Holmes ritornato a Londra dopo i tre anni di assenza, la vita sembra procedere come prima, così lui e Watson decidono di indagare sul rapimento di un bambino, William Temple, dopo essere stati contattati dai suoi genitori, i quali devono ancora ricevere una richiesta di riscatto.
Tramite esili indizi, Holmes e Watson riescono a risalire ai mandanti del rapimento, che fanno capo a un'organizzazione criminale molto potente, la quale uccide senza pensarci due volte chi li intralcia o non è più utile ai loro piani. E che a quanto pare ha scoperto un segreto di Jack lo Squartatore che intende sfruttare per richiedere una forte somma di denaro direttamente al governo inglese. Un modus operandi che ricorda molto da vicino i metodi di qualcuno che non dovrebbe esserci più.
Questa storia risulta essere un buon "apocrifo che, partendo dagli elementi consolidati del canone holmesiano (ci sono praticamente tutti, da Mycroft a Lestrade), vi innesta anche altre soluzioni narrative che Conan Doyle era solito usare cum grano salis.
In particolare vi sono molte scene di azione, dove sia Holmes che Watson hanno modo di dimostrare - oltre alle loro capacità intellettive - le loro capacità fisiche e di agilità. Niente male per dei quasi cinquantenni, ma si sa, indagare tiene in perfetta forma.
Ci troviamo quindi di fronte, più che a una detective story (a volte gli indizi vengono scoperti quasi per caso, forse Conan Doyle non avrebbe molto gradito), a una sorta di thriller che, come tutti i thriller che si rispettino, è incentrato su un segreto inconfessabile.
Senza andare troppo nel dettaglio, il libro appoggia la teoria che Jack lo Squartatore fosse in qualche modo legato alla famiglia reale inglese e ciò che viene suggerito è un'ipotesi che da tempo viene suggerita nei numerosi tentativi di risoluzione di questo irrisolvibile mistero.
Ma è destino che certi misteri reali rimangano infine insoluti e trovino nel tempo solo una conclusione nelle opere di fantasia.

lunedì 4 luglio 2022

Libri a caso: Sherlock Holmes - L'Uomo Venuto dall'Inferno


Quando Sherlock Holmes e John Watson si recano a indagare nella campagna inglese per risolvere un caso di brutale omicidio ai danni di un nobile, rischia sempre di uscirne fuori qualcosa di profondamente oscuro.
Stavolta, però, invece che mastini infernali i due personaggi creati da Arthur Conan Doyle dovranno affrontare una razza infernale molto più subdola e insidiosa, la razza umana. Il tutto nell'apocrifo L'Uomo Venuto dall'Inferno (Sherlock Holmes and the Man from Hell), un romanzo scritto da Barrie Roberts e pubblicato nel 1997.
L'epoca è l'estate del 1886. Holmes e Watson hanno appena appreso della morte a seguito di un violento pestaggio del nobile e filantropo Lord Backwater che suo figlio Patrick chiede loro di indagare sul caso.
Recatisi nella West Country inglese, i due si ritrovano subito di fronte a un mistero che appare intricato e pericoloso, collegato ad alcuni segreti del passato collegati a una setta segreta e a paesi lontani.
Soprattutto, Sherlock Holmes deve scoprire col suo intuito e il suo metodo deduttivo al più presto l'identità dell'uomo venuto dall'inferno, prima che vi siano altre vittime.
L'apocrifo in questione sembra richiamare - non solo per l'epoca temporale in cui è ambientata - le prime storie che vedono protagonista Sherlock Holmes.
Vi è un mistero che si scopre essere collegato a eventi accaduti in un'altra, lontana nazione (come visto in Uno Studio in Rosso o, per certi versi, anche in L'Avventura della Banda Maculata), e correlato a fatti storici realmente accaduti (l'uso di isole australiane come colonie penali da parte dell'Inghilterra, quando l'Australia era parte del suo impero).
La trama è molto debitrice anche sia de Il Conte di Montecristo di Alexandre Dumas che di Papillon di Henri Charrière.
Uno dei tratti più simili alle storie scritte da Arthur Conan Doyle in questo romanzo è che le parti narrate da Watson vengono intervallate da intermezzi narrativi trasposti sotto forma scritta o verbale che meglio aiutano a delineare il contesto che ha portato poi al fatto criminoso, tecnica utilizzata dallo scrittore inglese nel succitato Uno Studio in Rosso, ma anche in La Valle della Paura.
L'apocrifo si concentra più sul portare avanti la trama (per loro natura difficilmente sono opere che superano le 160 pagine) che nel delineare i personaggi comprimari, molti bloccati nel ruolo che viene affidato loro (il nobile che diventa ricco da un giorno all'altro, la damigella in pericolo, il fido servitore), senza approfondire più di tanto o per nulla il loro background.
Si viene alla fine ad apprendere di più di chi non è presente rispetto a chi quella trama e quel mistero aiuta in concreto a giungere alla sua conclusione e risoluzione. Ovviamente è una cosa voluta: Holmes e Watson non hanno bisogno di presentazioni, mentre gli altri personaggi rappresentano pedine da muovere su una scacchiera i cui pezzi vengono rivelati mano a mano e non tutti insieme in una volta sola, ma si ha come la sensazione di qualcosa di non totalmente completo.
Chissà se il prossimo viaggio nella campagna inglese da parte di Sherlock Holmes e John Watson sarà meno turbolento.

lunedì 15 marzo 2021

Libri a caso: Sherlock Holmes - La Pietra del Destino


Tornano gli apocrifi incentrati su Sherlock Holmes e pubblicati su Il Giallo Mondadori: Sherlock, con uno squarcio che si proietta nei primi anni del ventesimo secolo. Il nuovo romanzo sotto i riflettori è La Pietra del Destino (The Stone of Destiny: A Sherlock Holmes Adventure), pubblicato nel 2017 e scritto da Richard T. Ryan.
Gli eventi di questo romanzo hanno luogo tra gennaio e febbraio del 1901 e partono da un evento storico reale: la morte della Regina Vittoria e l'ascesa al trono solo l'anno successivo di Re Edoardo VII. Il romanzo immagina che, dopo la scomparsa della Regina, la Pietra di Scone (la Pietra del Destino del titolo), sulla quale vengono incoronati tutti i sovrani d'Inghilterra, venga trafugata dalla Fratellanza Repubblicana Irlandese per chiedere al nuovo sovrano l'indipendenza dell'Irlanda.
Sherlock Holmes viene incaricato da suo fratello Mycroft di indagare sul caso e recuperare la Pietra. Insieme a lui non può mancare il fido John Watson, per un viaggio in Irlanda che si rivelerà più insidioso del previsto.
Può sfuggire a una prima lettura, ma il "Canone" di Arthur Conan Doyle è profondamente radicato nell'era Vittoriana, considerato che si svolge prevalentemente in un arco temporale compreso tra il 1881 e il 1903 (pur essendovi qualche racconto ambientato dopo quest'epoca) e - per motivi ovviamente di rispetto e riserbo - Conan Doyle non ha mai approfondito troppo il rapporto tra Sherlock Holmes e la monarchia inglese della sua epoca, per conto della quale comunque il detective ha indagato alcune volte, come confessato da Watson stesso.
Insomma, questo romanzo è una sorta di omaggio a quel personaggio dietro le quinte, la Regina Vittoria, la cui ombra spesso ha aleggiato sulle atmosfere o sulle storie del detective inglese. La trama si divide sia tra il punto di vista di Watson che da quello dei repubblicani irlandesi (tra cui vi è anche un giovanissimo Michael Collins), procedendo su binari consolidati senza troppe sorprese e concludendosi - era una vita che volevo dirlo - "a tarallucci e vino".
Dunque, in ultima analisi, nulla di memorabile, ma chi è appassionato di Sherlock Holmes ed è disposto a chiudere mezzo occhio potrebbe anche apprezzarlo. Inoltre offre anche una panoramica di quella che era la procedura di incoronazione dei reali inglesi: la Pietra del Destino infatti è esistita davvero ed esiste tuttora e oggi si trova in Scozia (perché allora la trafugano gli irlandesi? Be', c'è il romanzo apposta per questo).
E dall'Era Vittoriana è tutto. Al prossimo apocrifo.

venerdì 1 maggio 2020

Libri a caso: Sherlock Holmes - La Soluzione Sette Per Cento


Il Problema Finale (The Final Problem) rappresenta un caposaldo dei racconti di Sherlock Holmes scritti da Arthur Conan Doyle. In questa storia, Conan Doyle, non tanto per odio verso il suo personaggio quanto per il fatto che la scrittura delle sue storie gli portava via molto tempo, impedendogli di dedicarsi ad altri progetti a lui più cari, decide infatti di sbarazzarsi del celebre detective.
Crea perciò dal nulla un nemico impossibile da battere, il Professor James Moriarty, facendo sì che sia lui che Holmes periscano in un drammatico scontro in Svizzera. La fan base di Holmes, all'epoca pari a quella di Star Wars oggi con ogni probabilità, qualche anno dopo convince poi Conan Doyle a tornare sui propri passi, dando vita al Great Hiatus, il Grande Iato, ovvero il periodo della scomparsa del detective.
Il tutto ci porta a quello che è uno dei più celebri apocrifi dedicati a Sherlock Holmes, forse l'unico che abbia anche goduto di una trasposizione cinematografica: La Soluzione Sette per Cento (The Seven-Per-Cent Solution), scritto da Nicholas Meyer e pubblicato nel 1974 e che io ho recuperato nella versione pubblicata su Il Giallo Mondadori: Sherlock.
Chi vede il Canone di Doyle come la Bibbia di certo non amerà questo romanzo, quindi il mio consiglio è che si veda il tutto con una mentalità non ristretta da questo punto di vista.
Un romanzo che si riallaccia a un'altra caratteristica che oggi si tende in maniera conveniente a dimenticare del celebre detective, la sua dipendenza dalla cocaina. Può apparire folle ai nostri occhi moderni, ma nel diciannovesimo secolo l'uso di sostanze stupefacenti era una cosa ordinaria, come bere il thè, anche tra le classi meno privilegiate. Alcuni oppiacei venivano addirittura usati per fini medici. Conan Doyle è uno scrittore che non indulgeva più di tanto in alcuni aspetti di trama, così in una storia - tramite Watson - si limita semplicemente a dire che Holmes a un certo punto non ha più fatto uso di cocaina.
Meyer combina questi due particolari della vita di Holmes unendoli in una sola, coerente trama che si dipana tra Londra e Vienna, dove Holmes e Watson faranno la conoscenza di uno dei deus ex machina di questa storia, Sigmund Freud. Sì, proprio quel Freud. Il tutto infarcito con complotti internazionali, minacce belliche da sventare e treni in corsa verso l'ignoto.
Risulta ai miei occhi molto affascinante la descrizione della Vienna dell'epoca d'oro - il romanzo si svolge nel 1891 - sia dei quartieri più abbienti che di quelli più disagiati e in generale le interazioni umane, positive e negative, che intercorrono tra i personaggi. Viene data una splendida descrizione dell'amicizia tra Holmes e Watson, la quale diviene metafora dei legami più forti che abbiamo con certe persone e che per il nostro benessere si spingono fin dove è possibile... e anche oltre.
Qualche peccatuccio, o forse convenzione narrativa largamente accettata decenni fa, appare dunque trascurabile. Ad esempio, Holmes si disintossica in due giorni e mezzo - non sono un esperto, ma dubito che un cocainomane da svariati anni possa liberarsi in così poco tempo della sua dipendenza - e Watson arriva a Freud in maniera un po' forzata.
In certi punti infine Sigmund Freud sembra Ethan Hunt di Mission: Impossible. Diciamo che dopo questo romanzo vedrete il padre della psicanalisi sotto una luce diversa, se già non vi è bastato il serial di Netflix.
E il "Grande Iato"? Forse la spiegazione alternativa dietro a questo periodo fornita da Meyer rimane quella più realistica, ma meno "romantica" comparata a quella di Doyle. Ognuno si farà la propria idea, alla fine. Tanto, si sa, il Canone rimane sempre un obiettivo inarrivabile.

martedì 14 aprile 2020

Libri a caso: Sherlock Holmes - La Misteriosa Scomparsa del Signor Crane


Il mare magnum degli apocrifi dedicati a Sherlock Holmes è, alla data odierna, divenuto così magnum da poter essere definito gigantum... no, con ogni probabilità il termine mare gigantum non esiste.
In vita, Arthur Conan Doyle - creatore del celebre detective - scrisse sessanta storie dedicate a Sherlock Holmes e al dottor Watson (qualcuna in più, in realtà, ma se vi spiegassimo ora per filo e per segno vi verrebbe il mal di testa, quindi vi chiediamo per il momento di fidarvi sulla parola). Queste sessanta storie rappresentano il Canone con la C maiuscola.
Molti vi consiglieranno di fermarvi qui con le letture e, da un certo punto di vista, fanno bene. Se però voleste espandere i vostri orizzonti, ci sono molti apocrifi di Sherlock Holmes in giro per il mondo. Apocrifi vuol dire, a costo di risultare banale, che sono storie non scritte o abbozzate da Conan Doyle e, no, nemmeno se sono storie scritte da suo figlio contano.
Esiste persino una collana da edicola qui in Italia che li pubblica su base mensile! Anche ben curata, per quello che ho potuto vedere. Ed è dal ventinovesimo numero di questa collana - Il Giallo Mondadori: Sherlock - che ho tratto il romanzo sottoposto a questa disamina... se così la vogliaiamo definire: Sherlock Holmes - La Misteriosa Scomparsa del Signor Crane (Sherlock Holmes and the Baron of Brede Place), pubblicato nel 2015 e scritto da Daniel D. Victor.
L'autore compie due operazioni interessanti: in primo luogo riprende uno dei racconti del Canone, sempre con la C maiuscola, intitolato L'avventura di Charles Augustus Milverton, ampliandolo e offrendo un più ampio di vista, tanto che la storia si dipana in un arco di tempo molto lungo, partendo dal 1898 e concludendosi nel 1900.
Sorvoliamo su dibattiti quali se sia davvero necessario andare a toccare i testi sacri e, casomai non vi ricordaste di Milverton... avete presente il Charles Augustus Magnussen del serial Sherlock? Ecco, lui.
La seconda particolarità è che i co-protagonisti di questo romanzo sono figure letterarie realmente esistite a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo. Accanto a nomi noti come Joseph Conrad o H.G. Wells troviamo dunque personalità meno famose come il Crane del titolo, ovvero Stephen Crane, un originale scrittore statunitense precursore delle battaglie per l'uguaglianza sociale, e Harold Frederic, anch'egli uno scrittore statunitense trasferitosi su suolo inglese.
La realtà storica che coinvolge in particolar modo questi due ultimi autori citati, tanto incredibile da ritenere in un primo momento che sia frutto di fantasia, si fonde con la realtà narrativa e la mitologia che circondano Sherlock Holmes e il suo mondo. Del resto, Sherlock Holmes è ormai per tutti un'icona letteraria, conosciuta in ogni angolo del globo. Perché dunque non dovrebbe confrontarsi con altre, reali, icone letterarie vissute nella sua stessa epoca?
Quindi in effetti non c'è un vero e proprio mistero da risolvere, poiché esso è già stato risolto nel racconto originario di Conan Doyle. L'interesse viene dunque indirizzato sull'interazione di Holmes e Watson con questo mondo di cui - volenti o nolenti - fanno parte e che permea la società inglese dell'epoca. Inoltre lascia la curiosità di approfondire le biografie di alcuni scrittori e metterle a confronto con quanto descritto in questo romanzo.
Intendiamoci, non ci troviamo di fronte a un gioiello letterario, mi rimane sempre il dubbio che le opere derivative non possano esserlo per natura. Rimane comunque una lettura piacevole, in ultima analisi. Qualcosa per cui vale la pena spendere parte del proprio tempo. E ringraziare Sir Arthur Conan Doyle per questa sua mirabile invenzione.