martedì 31 gennaio 2023

Disney+ Original 5: Safety - Sempre al Tuo Fianco


Il football americano (lo dice il nome stesso, dopotutto) è uno degli sport simbolo degli Stati Uniti. Per usare una consueta ma vera banalità è popolare quanto il calcio in Italia e il Super Bowl rappresenta uno degli eventi televisivi annuali più seguiti al mondo.
In quanto tale, il football americano è al centro di un numero incalcolabile di pellicole e molto spesso questo sport diviene la metafora del riscatto di una persona, in una sorta di esaltazione (legittima, ci mancherebbe) dei valori americani più gettonati dal popolo, quali la famiglia e l'integrazione.
Una delle pellicole che adotta questa metafora è Safety: Sempre al Tuo Fianco (Safety), diretta da Reginald Hudlin, scritta da Nick Santora e distribuita su Disney+ a partire dall'undici dicembre 2020.
Nel 2006, Ray McElrathbey (Jay Reeves) riesce ad accedere alla Clemson University della South Carolina per entrare a far parte della squadra universitaria di football, i Tigers, grazie a una borsa di studio guadagnata grazie alle sue abilità come giocatore per le azioni di safety.
Ray si rivela anche uno studente modello e comincia a legare coi propri compagni e con una ragazza di nome Raycee Stone (Corinne Foxx), ma la sua situazione familiare non è altrettanto idilliaca. Con un padre assente e una madre tossicodipendente che deve entrare in una comunità di recupero, suo fratello Fahmarr (Thaddeus Mixson) rischia di finire in una casa famiglia.
Ray si dichiara allora disposto a occuparsi di suo fratello e farsi carico delle sue necessità. Peccato che questo, però, rischi di fargli perdere la borsa di studio, ma il giovane - con l'aiuto dei suoi compagni di squadra - farà tutto ciò che è necessario per proteggere Fahmarr.
Il film è basato su una storia vera: Ray McElrathbey è stato davvero un giocatore dei Tigers della Clemson che è riuscito a ottenere una deroga dalla NCAA per avere dei fondi aggiuntivi alla borsa di studio al fine di potersi occupare al meglio di suo fratello, essendo lui l'unico adulto della famiglia a essere presente per lui, sempre al suo fianco.
La pellicola prende la base di questa storia vera e utilizza il football americano come semplice "sfondo" che non viene analizzato più di tanto (c'è qualche allenamento e pochi minuti di una partita, ma nulla più) in sé come sport, ma diviene veicolo di quei valori sopra menzionati. Valori che permettono a Ray di realizzare anche i suoi sogni.
Attraverso i sacrifici di Ray e il suo amore sia per lo sport che per suo fratello, si esaltano dunque i valori del rispetto tra persone di diversa estrazione sociale e colore di pelle, nonché si sottolinea quello che dovrebbe essere il bene supremo di una famiglia, ovvero prendersi cura l'uno dell'altro. Insomma, qualcosa di perfetto per un film per famiglie della Disney, sempre desiderosa di promulgare suddetti valori.
Per raggiungere tale obiettivo ci si concede quelle drammatizzazioni - o sarebbe meglio dire astrazioni dalla storia vera comprensive di siparietti comici - inevitabili in un contesto mainstream simile. La pellicola dunque non è un vero e proprio biopic con tutti i crismi, e non ambisce ad esserlo, semplicemente pone la storia di Ray McElrathbey come metafora di molte altre storie di riscatto che non catturano l'attenzione mediatica ed esempio da seguire per tutti gli altri.

lunedì 30 gennaio 2023

Prime Video Original 45: The Contractor


Nella sua già versatile carriera, Chris Pine è stato un valoroso soldato (Steve Trevor in Wonder Woman), un agente segreto sul campo (Jack Ryan, sì lo so che ce lo ricordiamo in pochi) e un eroico comandante (Kirk di Star Trek). Quindi qualcuno avrà pensato a un certo punto: perché non riunire queste tre figure in una sola?
Detto fatto in The Contractor, diretto da Tarik Saleh, scritto da J.P. Davis e distribuito su Amazon Prime Video a partire dal 15 giugno 2022. Le riprese del film si sono svolte alla fine del 2019, ma è rimasto poi bloccato per oltre due anni (non deve aver aiutato molto la pandemia, in tal senso).
James Harper (Chris Pine) è un soldato decorato che però un giorno viene congedato dall'esercito in quanto ha mentito sulle sue condizioni fisiche e nascosto i dati medici. Senza un lavoro e assediato dai creditori, Harper accetta l'offerta di un'agenzia non governativa capitanata da Rusty Jennings (Kiefer Sutherland).
La prima missione lo catapulta a Berlino, ma ben presto James Harper si ritroverà coinvolto in una faccenda più grande di lui e dovrà scendere a compromessi per poter tornare a casa e riabbracciare i propri cari.
Il film è frutto di quella particolare sensibilità post-11 Settembre per cui non tutti i nemici sono quelli visibili e che pronunciano i loro proclami di terrore. A volte tale sensibilità assume toni di critica sociale e documentaristici, come nel caso di The Report, a volte è il presupposto per imbastirvi una trama più prettamente d'azione fatta di doppiogioco e tradimenti, come in questo caso, ma filtrato da una differente visione (il regista è figlio di seconda generazione di immigrati).
Il protagonista, tuttavia, appare più come un burattino degli eventi e ne viene trascinato dalla corrente, piuttosto che cercare di modificarne lo scorrere. Per oltre metà del film, perciò, viene sballottato da una parte all'altra senza un apparente perché.
Solo in un secondo momento, tramite una piccola forzatura della storia che però ci consente di intravedere l'umanità di queste persone coinvolte in missioni segrete e le conseguenze che ne derivano, decide infine di prendere il timone e dire la sua, ma in termini narrativi è ormai troppo tardi.
Non mi stupisco dunque che, aldilà del discorso pandemia, il film sia rimasto poi bloccato - coi cinema aperti e dovendo affrontare una grande competizione, tra supereroi e vecchie glorie come Maverick - per oltre un anno: in sé non offre nulla di nuovo e non crea una vera e propria tensione. Chris Pine è preferibile quando comanda davvero, come nel caso del Capitano Kirk.
E, per rendere il quadro completo, ci aggiungiamo che le interpretazioni migliori le troverete in un paio di personaggi comprimari che pronunciano poche battute.
Se volete, comunque, potrete (ri)trovare Kiefer Sutherland che presenta dichiaratamente una versione invecchiata e ancora più cinica di Jack Bauer di 24.

domenica 29 gennaio 2023

A scuola di cinema: Vittime di Guerra (1989)

18 novembre 1966: Durante la guerra in Vietnam, 5 soldati dell'esercito americano - il sergente David Edward Gervase, Steven Cabbot Thomas, Robert Storeby, Cipriano Garcia e Joseph Garcia - tutti sui vent'anni o poco più, si intrufolano all'alba nel villaggio di Cat Tuong, rapendo la giovane Phan Thi Mao e portandola via con loro.
Quello stesso giorno, la ragazza viene violentata da quattro dei cinque soldati, solo Robert Storeby si rifiuta.
Il giorno successivo, i cinque soldati rimangono coinvolti in un conflitto a fuoco contro i Vietcong e - temendo che costoro possano aver visto Phan Thi Mao imbavagliata e legata e preda della paura - Steven Thomas porta la ragazza in un'area nascosta e la pugnala per tre volte. Incredibilmente, però, Phan Thi Mao sopravvive e cerca di fuggire, ma Steven Thomas la raggiunge e la uccide con un colpo di pistola alla testa.
Robert Storeby non intende far sì che quest'atto rimanga impunito. Denuncia i suoi commilitoni ai propri superiori, ma in principio nessuno gli presta ascolto, mentre gli altri soldati che erano con lui lo minacciano di morte.
Determinato a proseguire, Storeby si rivolge alle principali autorità militari, che portano nel 1967 gli altri quattro soldati presso la corte marziale, dove vengono condannati per omicidio non premeditato, tranne David Edward Gervase, il più alto in grado, che viene accusato di omicidio premeditato e condannato all'ergastolo.
Se vi erano speranze da parte dell'esercito americano che questo episodio passasse sotto silenzio, queste vengono del tutto disattese quando, il 18 ottobre del 1969, compare sulla rivista New Yorker un lungo articolo del giornalista Daniel Lang intitolato Casualties of War, che racconta dell'omicidio di Phan Thi Mao da parte dei soldati americani, modificando - per ragioni legali e di sicurezza - il nome di Storeby in Sven Eriksson e quello di David Gervase in Tony Meserve. L'articolo viene espanso poi in un libro che viene pubblicato quello stesso anno.
Un articolo che crea molto scalpore. E che qualche tempo dopo diviene oggetto di un adattamento cinematografico.


Un primo film basato su quello che viene poi definito l'Incidente della Collina 192 è O.K. di Michael Verhoeven, uscito nel 1970 e che genera così tanto clamore al Festival del cinema di Berlino, dove viene presentato e censurato dall'organizzazione, che quell'anno la manifestazione non assegna alcun premio.
L'articolo di Daniel Lang viene opzionato dalla Warner Bros. nel 1970, con Jack Clayton scelto come regista, una sceneggiatura già completata scritta da Pete Hamill e James Woods nella parte di Eriksson.
L'uscita del film di Michael Verhoeven, tuttavia, complica le cose poiché - con una possibile distribuzione internazionale all'orizzonte - la Warner Bros. teme che la propria pellicola possa risultare una copia del film tedesco e cerca dunque di bloccarne l'uscita negli Stati Uniti. Nonostante la pre-produzione continui, il film non viene mai alla fine effettivamente realizzato.
C'è un altro regista interessato al progetto ed è Brian De Palma, ma non ha ancora la necessaria notorietà per essere scelto. Nove anni dopo, nel 1979, il regista ha modo di incontrare lo sceneggiatore e scrittore teatrale David Rabe, un veterano della guerra in Vietnam che ha conosciuto tramite amici comuni, il quale è interessato anche lui a sviluppare un adattamento cinematografico dell'articolo di Daniel Lang.
Devono tuttavia passare altri anni prima che Brian De Palma trovi una società di produzione interessata al progetto e, indirettamente, viene aiutato dal fatto che vi siano stati alcuni film di denuncia sulla guerra in Vietnam quali Platoon di Oliver Stone e Full Metal Jacket di Stanley Kubrick. A seguito del successo ottenuto con Gli Intoccabili (The Untouchables), il regista propone dunque alla Paramount Pictures questo progetto.
Grazie all'intercessione della produttrice Dawn Steel viene dato il via libera nel 1987 e si mettono sotto contratto Michael J. Fox e Sean Penn per i ruoli di Eriksson e Meserve.
Quando David Rabe completa la sceneggiatura, tuttavia, alcuni esecutivi della Paramount la ritengono troppo deprimente. Inoltre, preoccupazioni sul budget stimato che lievita oltre i 20 milioni di dollari e il fatto che non si sia convinti che Michael J. Fox possa interpretare al meglio un ruolo drammatico mettono il progetto in stand-by.
Poco dopo, colei che aveva interceduto in favore di Brian De Palma, Dawn Steel, viene licenziata dalla Paramount e apprende della cosa in ospedale, il giorno in cui dà alla luce sua figlia.
La donna, tuttavia, non demorde: diventa presidente della Columbia Pictures sempre nel 1987, rileva la sceneggiatura di David Rabe e la fa mettere in produzione nel mese di novembre. È il primo film da lei approvato alla Columbia. Dawn Steel è consapevole che la pellicola potrebbe non conseguire grandi incassi, ma questo non rappresenta per lei un problema.
Prima dell'inizio delle riprese, Brian De Palma chiede alcune revisioni della sceneggiatura a David Rabe, che non incontrano il favore dello scrittore, in particolare un finale ottimista ambientato nel presente che faccia da contraltare alle cupe vicende del passato. Questo porta lo sceneggiatore, che pur viene accreditato, a prendere le distanze dal risultato finale.
Le riprese si svolgono tra aprile e maggio del 1988, tenendosi in San Francisco e Thailandia. Prima dell'inizio della lavorazione, gli attori ricevono un adeguato addestramento militare, della durata di due settimane, sotto la guida degli esperti militari Art Smith e Michael Stokey.
Il problema più immediato e particolare che si verifica nello girare nella giungla thailandese è che questa è piena di serpenti e per aggirare l'ostacolo vengono assoldati dei cacciatori di serpenti che li allontanino dal set quando vi sono le riprese in corso. In almeno un'occasione, tuttavia, un serpente arriva fin troppo vicino a mordere Sean Penn.
In principio il ruolo del soldato Herbert Hatcher viene affidato a Stephen Baldwin, il quale gira anche alcune scene, ma Brian De Palma rimane insoddisfatto della sua interpretazione e lo allontana dal set, sostituendolo con John C. Reilly, ingaggiato in principio per fare da comparsa. Questa pellicola rappresenta il debutto cinematografico per questo attore.
Prima dell'uscita ufficiale, viene tenuto uno screening preliminare a cui partecipa anche Steven Spielberg, grande amico di Brian De Palma, che apprezza la pellicola. Sentimento non condiviso da altri partecipanti, che abbandonano la proiezione prima della sua fine, sconvolti dalla brutalità della storia. Questo porta Brian De Palma a intervenire sul montaggio finale, facendo eliminare le scene più cruente.
Vittime di Guerra (Casualties of War) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 18 agosto 1989. A fronte di un budget di ventidue milioni e cinquecentomila dollari, la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale quasi 19 milioni di dollari. Il film, dunque, non si rivela un successo, diversamente dalle altre pellicole incentrate sul Vietnam uscite negli ultimi anni.
Brian De Palma e Sean Penn, tuttavia, torneranno a collaborare alcuni anni dopo per Carlito's Way... ma questa è un'altra storia.

sabato 28 gennaio 2023

A scuola di cinema: Rocky II (1979)

Dopo l'immenso e per certi versi insperato successo di Rocky, la carriera di Sylvester Stallone è in forte ascesa, tanto che, qualche tempo dopo, ha la possibilità di dirigere il suo primo film, Taverna Paradiso (Paradise Alley), che però non viene incontro alle aspettative rischiando di minare un trionfo che appariva già conseguito.
L'attore ha tuttavia modo di rifarsi subito dopo, grazie ancora a Rocky.


Dietro richiesta della United Artists e dei produttori Irwin Winkler e Robert Chartoff, Sylvester Stallone scrive nel 1977 una nuova sceneggiatura il cui titolo originario è Rocky II: Redemption. Con il casting degli interpreti principali confermato, viene chiesto a John G. Avildsen di dirigere anche questo secondo capitolo.
Il regista, tuttavia, in quel periodo è impegnato con la pre-produzione de La Febbre del Sabato Sera (Saturday Night Fever), progetto da cui peraltro verrà poi allontanato, inoltre non rimane molto convinto della storia concepita da Sylvester Stallone.
A questo punto, è l'attore e sceneggiatore a farsi avanti, chiedendo che gli sia affidata anche la regia del film. La United Artists in principio è esitante, ma Sylvester Stallone viene spalleggiato in questa sua decisione dai produttori Winkler e Chartoff e può contare sul successo del primo film della saga da lui ideato e di cui si può considerare l'unico creatore.
In principio, è prevista anche la presenza di Chuck Wepner, colui che col suo incontro di boxe contro Muhammad Ali aveva fornito l'ispirazione per il primo film, nella parte di un allenatore di nome Chink Weber. Sfortunatamente le sue capacità recitative sono praticamente nulle e si decide infine di rinunciare alla sua partecipazione.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 2 ottobre 1978, tenendosi a Philadelphia e Los Angeles.
In un insolito caso di finzione che rispecchia la realtà, il figlio neonato di Rocky è Seargeoh Stallone, figlio secondogenito di Sylvester Stallone e Sasha Czack.
Per la scena in cui Rocky corre per le strade di Philadelphia inseguito da dei bambini, si effettuano delle sessioni di casting nelle scuole della città, radunando infine 800 giovani comparse.
Mentre sta effettuando un allenamento in palestra in vista del film, Sylvester Stallone sta sollevando dei pesi, disteso su una panca, per quasi 100 chili. All'improvviso uno di questi pesi si stacca cadendogli addosso e provocandogli la frattura del muscolo pettorale destro e della mano destra. Sfortuna vuole che tale infortunio sia anche praticamente concomitante con l'inizio delle riprese del rematch tra Apollo Creed e Rocky Balboa.
Nonostante non sia dunque nelle condizioni fisiche migliori, l'attore adempie comunque ai suoi impegni e, essendo per lui molto difficile utilizzare al meglio il pugno destro, si inventa l'escamotage narrativo di fargli utilizzare perlopiù quello sinistro.
Un altro insolito caso di finzione che si intrufola nella realtà si verifica quando si chiudono le riprese del secondo round e Apollo Creed e Rocky Balboa si spintonano a vicenda e si lanciano frasi provocatorie l'uno contro l'altro prima di essere portati via verso i loro rispettivi angoli.
Ebbene, questa scena non è affatto prevista in origine ed è in realtà un vero battibecco che avviene tra Carl Weathers e Sylvester Stallone, in quanto Weathers non ha rispettato fino in fondo la coreografia dell'incontro preparata in precedenza, con la conseguenza che una parte dei suoi colpi sono andati fin troppo a segno contro Stallone.
L'attore, tuttavia, in fase di montaggio apprezza la reazione spontanea che si è creata e decide dunque di lasciarla.
A bordo ring non è presente stavolta il personaggio di Adrian. Questo perché l'attrice Talia Shire si ritrova a gestire degli impegni concomitanti con le riprese di un altro film, Old Boyfriends - Il Compagno di Scuola (Old Boyfriends). Ci si inventa dunque un escamotage per cui deve restare a casa per motivi di salute e le scene che la riguardano vengono girate solo in un secondo momento.
Le riprese si concludono il 2 febbraio 1979. Stallone può poi fare qualcosa che gli era stato praticamente impedito durante la post-produzione di Rocky, ovvero essere in sala montaggio a supervisionare questa fase dei lavori.
L'attore lavora a stretto contatto con i montatori Stanford Allen e Danford Greene e passano svariati mesi prima che rimanga soddisfatto del risultato finale riguardante il rematch.
Rocky II viene distribuito nei cinema americani a partire dal 14 giugno 1979. A fronte di un budget di 7 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale 200 milioni di dollari.
Nel 1981, se ne va - a causa di un infarto - uno degli interpreti di questa saga, non così secondario come si potrebbe pensare in un primo momento: Butkus (Birillo), il cane di Sylvester Stallone e anche di Rocky.
Butkus è stato al fianco dell'attore sin da quando le loro strade si incrociano per la prima volta nel 1971, condividendo un appartamento sporco e invaso dagli scarafaggi. Ma Butkus rimane sempre al fianco dell'attore, soprattutto quando quest'ultimo vive i suoi momenti più difficili e nel 1975 giunge molto vicino allo stato di povertà.
Butkus è lì accanto a Sylvester Stallone durante i tre giorni in cui scrive in maniera frenetica sulla sua macchina da scrivere il trattamento originario del primo film incentrato su Rocky, esortandolo a modo suo come solo il miglior amico dell'uomo è in grado di fare.
Preda dei morsi della fame, a un certo punto Stallone è costretto a vendere il suo cane ma, non appena trova il denaro necessario, lo riacquista subito, anche se il proprietario del negozio di animali gli chiede una cifra spropositata, ma per l'attore in questa occasione ogni soldo è ben speso per ritrovare il suo migliore amico. Che gli resta poi accanto sino alla fine, comparendo anche nel ruolo di sé stesso nei primi due film di Rocky.
Con questo secondo film che rinnova il successo della saga e va quasi a replicare l'incasso della prima pellicola, l'epopea di Rocky si guadagna con facilità un nuovo capitolo. Che nelle intenzioni di Sylvester Stallone dovrebbe essere anche l'ultimo, in quanto i suoi piani originari sono di farne una trilogia, anche se poi le cose cambieranno... ma questa è un'altra storia.

venerdì 27 gennaio 2023

Netflix Original 103: Come Far Perdere la Testa al Capo


Quante volte siete rimasti in ufficio oltre l'orario lavorativo nella speranza di essere notati o per troppi incarichi che si sono trascinati lungo la giornata? Quante volte avete agognato una promozione che poi non è arrivata? E quante volte vi siete lamentati del fatto che il lavoro vi impedisce di avere una vita sociale e coltivare relazioni amorose?
Ma nel magico mondo del cinema e delle commedie romantiche tutto può accadere sul posto di lavoro che tutti adorano. Ed è quanto appunto accade in Come Far Perdere la Testa al Capo (Set It Up), diretto da Claire Scanlon, scritto da Katie Silberman e distribuito su Netflix a partire dal 15 giugno 2018.
Harper Moore (Zoey Deutsch) e Charlie Young (Glen Powell) sono gli assistenti personali di, rispettivamente, Kirsten Stevens (Lucy Liu) e Rick Otis (Taye Diggs), due imprenditori che li tiranneggiano pur apprezzando la loro professionalità, ma tenendoli in ufficio sino a sera inoltrata.
Dopo essersi conosciuti in quanto i loro uffici si trovano nello stesso grattacielo, Harper e Charlie concepiscono un incredibile piano: siccome conoscono i loro capi meglio di loro stessi, li faranno innamorare l'una dell'altro, cosicché passino molto tempo assieme e loro due invece possano avere più tempo libero.
Ma anche i piani migliori, si sa, hanno delle falle.
In una commedia romantica ci sono delle dinamiche tra i personaggi che vanno rispettate quasi fossero un rito religioso e anche per lo spettatore meno smaliziato l'epilogo è intuibile dopo pochi minuti. Ma non perché questo sia un difetto, semplicemente si vuole un finale rassicurante che faccia da contraltare a una realtà cupa, la realtà in cui tutti noi viviamo.
Questo film ne è un perfetto esempio. Ovviamente non siamo di fronte a un trattato di filosofia o critica sociale, né vedremo dissertazioni su come rendere la vita lavorativa migliore. Più semplicemente è la storia dell'incontro tra due anime gentili - e quindi non stiamo parlando dei datori di lavoro di questo film - che scoprono di avere molti punti in comune e che la vita di entrambi è giunta a uno stallo da cui paiono non essere in grado di staccarsi.
Le situazioni comiche, alcune discretamente riuscite, ci sono. La classica storia d'amore che incontra degli ostacoli lungo la via c'è. Potete immaginare il tipo di finale, che comunque non vi rivelo, ma c'è anche quello.
Insomma, non ci sono significati nascosti o particolari in questo film, ti dice solo di amarsi l'un l'altro e rispettare le persone che sono intorno a te, poiché un giorno potrebbero diventare i tuoi unici alleati. E peggio di una vita senza amore forse c'è solo una vita senza amici.

giovedì 26 gennaio 2023

Fabolous Stack of Comics: Storie di Guerra - Nightingale


Si ritorna a parlare della Seconda Guerra Mondiale tramite una nuova Storia di Guerra concepita da Garth Ennis, uno dei maestri nel delineare trame ambientate in questo drammatico periodo della storia dell'umanità che appare così lontano nel tempo, ma in realtà non lo è.
Fino ad ora ci siamo concentrati su racconti incentrati su piloti dell'aviazione o militari di truppa, ma manca ancora la marina. Provvede a questa mancanza Nightingale (War Story: Nightingale), one-shot disegnato da David Lloyd e pubblicato nel 2002.
Mentre sta percorrendo l'Oceano Atlantico insieme ad altre navi, il cacciatorpediniere inglese Nightingale subisce un attacco aereo da parte dell'esercito nazista. Un attacco che si tramuta in un massacro, tanto che alla fine la nave Nightingale e il suo equipaggio sono gli unici sopravvissuti.
Da quel momento in poi i vari componenti dell'equipaggio è come se vivessero un incubo a occhi aperti e - anche se le loro esistenze sembrano procedere come di consueto - marciano quasi senza combattere verso un destino che sembra già segnato, fino a un ultimo imprevedibile evento.
Abbiamo già sottolineato come le Storie di Guerra illustrino racconti di perdenti, di gente destinata con ogni probabilità al fallimento. Alcuni tuttavia trovano la forza di riscattarsi e vincere, come accade al protagonista di Arcangelo (Archangel), che però ha dalla sua delle motivazioni.
Così non appare per l'equipaggio del Nightingale. Con quell'attacco e la vista della morte di tanti loro compagni o commilitoni, perdono qualsiasi motivazione abbiano. Da quel momento rimangono buoni soldati, ma dentro è come se fossero morti.
Se Garth Ennis in questo caso vuole sottolineare l'orrore della guerra, non lo fa tramite immagini cruente o effettacci (peraltro un artista come David Lloyd non penso vorrebbe averci niente a che fare), bensì descrivendo personalità che sembrano essersi arrese. Più che V For Vendetta è R Come Rassegnazione.
Quindi non è un racconto d'azione, forse neanche una vera e propria storia di guerra come quelle che abbiamo già letto, piuttosto è un racconto molto intimista sull'animo umano quando raggiunge il suo punto più basso, poiché capisce che certi eventi del destino sono così immutabili e inevitabili che puoi solo dirigerti - a testa alta o bassa - verso un epilogo già prestabilito.
Ecco, a testa alta o bassa. Ci sarà chi non lotterà nemmeno e chi invece tenterà un ultimo riscatto per riacquistare l'onore di potersi definire un valoroso soldato e un amante della patria. Poiché anche se il destino è prestabilito, sono le scelte che si compiono a definirci per ciò che siamo.

mercoledì 25 gennaio 2023

Netflix Original 102: Alex Strangelove


Abbiamo ormai affittato un monolocale confinante col liceo cinematografico che compare in tutte queste produzioni che abbiamo visto, le quali si sono moltiplicate a seguito del moltiplicarsi dell'offerta, che porta anche a una leggera sovraesposizione della tematica.
La quale può avere molte sfaccettature e trattare l'argomento degli amori adolescenziali sotto una luce differente rispetto a trenta o quarant'anni fa, la società è cambiata dopotutto.
Alex Strangelove è un film scritto e diretto da Craig Johnson e distribuito su Netflix a partire dall'otto giugno 2018. Il protagonista si chiama in realtà Alex Truelove (Daniel Doheny) e ha la passione per gli animali e la natura, cosa che lo porta a conoscere una sua compagna di scuola di nome Claire (Madeline Weinstein), con cui inizia a girare insieme una webseries e di cui si innamora.
A una festa, però, Alex incontra Elliot (Antonio Marziale) e rimane affascinato da lui, fino a iniziare a provare dei sentimenti.
Nasce così un triangolo amoroso che porterà Daniel a dover fare una scelta, importante per lui e per il suo destino.
Abbiamo in questo caso al centro della vicenda il tema dell'identità sessuale, molto sentito da una certa parte di popolazione (ognuno di voi deciderà se questo è rilevante oppure no) in questi ultimi anni. Quindi il triangolo amoroso che domina le commedie romantiche adolescenziali assume qui una nuova dimensione.
Il focus è sia come il personaggio decide di accettare sé stesso nella sua vera identità, di cui lui stesso non è consapevole fino in fondo, sino a quando non incontra Madeline e Elliot e si mette in discussione, sia come far sì che questo sia accettato all'esterno, in un mondo che pare ossessionato da tale argomento (anche se non si capisce davvero il perché).
In sé il film non è nulla di così trascendentale, in quanto lo si può vedere come una classica storia d'amore (quindi non di amore omosessuale, bisessuale o eterosessuale) e perciò essere accettato come tale dal pubblico è il suo obiettivo. Yes, there is some buonismo lungo la via.
Ci sono, infatti, le stesse dinamiche che già abbiamo visto in altre commedie romantiche ambientate al liceo, non cambia assolutamente nulla e non ci sono sorprese o shock particolari.
A conferma di questo vi è il fatto che gli amici e i compagni di scuola del protagonista non lo giudicano mai per le sue scelte sessuali, anzi, cercano di dargli dei consigli e di guidarlo, non provando alcuna forma di pregiudizio nei suoi confronti.
Poiché, dopotutto, alla fine è una questione amorosa, di vero amore. E tutti noi siamo stati innamorati almeno una volta nella vita.

martedì 24 gennaio 2023

Fabolous Stack of Comics: Licantropus - Marvel Spotlight


Gli anni '70 del ventesimo secolo hanno rappresentato per la Marvel, con l'abbandono o l'allentamento di alcune maglie della censura da parte del Comics Code Authority, la possibilità di esplorare nuovi territori o ripercorrere vecchi sentieri narrativi che erano stati messi da parte.
Uno di questi è l'horror nella sua accezione classica, quella che fa capo ai mostri della Universal Pictures, la quale a sua volta si è ispirata ai grandi romanzi gotici del passato. E a figure tragiche in un certo senso, come quella del lupo mannaro, o licantropo: un uomo che - a causa di una maledizione - diventa un lupo al sorgere della luna piena.
E nella Marvel questa figura è incarnata da Jack Russell, alias Licantropus (Werewolf By Night), personaggio creato da Gerry Conway e Mike Ploog e comparso per la prima volta nel 1972 su Marvel Spotlight 2, serie antologica in cui è apparso sino al numero 4.
Al compimento del suo diciottesimo anno di età, Jack Russell subisce un'incredibile trasformazione. Per tre notti quando c'è la luna piena, diventa un lupo mannaro, pur mantenendo parte della sua intelligenza, proprio nello stesso momento in cui sua madre rimane coinvolta in un incidente mortale.
Poco prima di spirare, la donna rivela a suo figlio che la maledizione di cui è vittima si passa di generazione in generazione nella loro famiglia, discendente dall'Est Europa, e prima di lui aveva colpito il suo defunto padre. Jack si convince che dietro la morte di sua madre ci sia il patrigno, ma la donna gli fa promettere che non gli torcerà un capello.
Rimasto orfano, Jack apprende che la sua maledizione ha a che fare con un tomo misterioso noto come Darkhold. Ed è l'inizio di un incubo.
Queste prime tre storie, che fanno da preludio alla serie regolare che ne segue immediatamente, pongono le basi principali per gli avvenimenti che ruotano intorno al personaggio di Licantropus. A partire dalla sua doppia identità di ragazzo scanzonato e finto hippy che è parte di una famiglia benestante, ma che in realtà nasconde una natura bestiale. Quella natura bestiale che chiunque di noi ha, anche se a volte molto in profondità.
Quindi non ci troviamo di fronte a un eroe con superproblemi, come quelli ideati da Stan Lee nel decennio precedente. Come nel caso de Il Figlio di Satana o Morbius, il protagonista è un vero e proprio antieroe, che rifugge dalla propria condizione ma a cui non può sottrarsi.
Non ci sono più le certezze di un tempo. Vi è in corso una guerra sporca in Vietnam ormai osteggiata anche da buona parte della popolazione americana e inizia a montare quella rabbia contro l'establishment che culmina poco tempo dopo con lo Scandalo Watergate.
Jack Russell è dunque quel giovane disimpegnato che, però, d'un tratto è costretto a fare i conti con una realtà oscura che lo circonda. Una realtà popolata da freak, assassini e familiari che nascondono terribili segreti.
E uno di questi terribili segreti si annida nel Necronomicon della Marvel, il Darkhold, che compare qui per la prima volta in assoluto. Non stupisce, dunque, che Gerry Conway ne sia affezionato e lo abbia associato anche al personaggio di Carnage.

lunedì 23 gennaio 2023

Netflix Original 101: Il Quaderno di Sara


Si ritorna con questo film a una zona di conflitto, con la guerra sporca che viene esplorata anche per analizzare i pregi e i difetti dell'animo umano e le tante zone d'ombra che possono circondarci e condannarci. Sulla scia, dunque, di Per Primo Hanno Ucciso Mio Padre (First They Killed My Father) oppure Castello di Sabbia (Sand Castle).
Il Quaderno di Sara (El Cuaderno de Sara) è un film diretto da Norberto López Amado, scritto da Jorge Guerricaechevarría e distribuito su Netflix a partire dal 26 maggio 2018.
Laura Alonso (Belén Rueda), un'avvocatessa spagnola, giunge in Congo in cerca di sua sorella Sara (Marian Álvarez), scomparsa ormai da due anni, ma di recente intravista da una troupe fotografica in una zona di guerra del paese.
Spaesata in una nazione che non conosce e teatro di numerosi atti di violenza, la donna è comunque determinata a ritrovare sua sorella a tutti i costi e per questo sarà fondamentale l'aiuto che riceverà da un ex bambino soldato, Jamir (Ivan Mendes).
La condanna della guerra in sé e degli interessi economici e politici che ruotano attorno ad essa - tema che pure è presente - viene ben presto messa da parte per concentrarsi su come le persone comuni, o le persone catapultate in questo drammatico scenario, reagiscono a tale evento.
Ecco dunque una persona, Laura Alonso, che decide di affrontare una sfida che è decisamente più grande di lei e, per esigenze di storia, sopravvive a situazioni in cui chiunque altro morirebbe e maledettamente in fretta e dolorosamente.
Soprattutto le viene detto quelle venti o trenta volte che è meglio non addentrarsi in certi territori pericolosi dove si rischia la vita e lei, puntualmente, ogni singola volta si addentra in territori pericolosi dove si rischia la vita. Il tutto ovviamente per mostrare la brutalità della guerra e del conflitto, che travolge soprattutto le persone meno fortunate.
Quello che il film mi pare voglia far intendere è che anche le persone comuni possono fare la differenza in simili eventi e non devono lasciarsi guidare dai pregiudizi né distogliere lo sguardo, mentre si trovano nelle loro comodi case. Ognuno con quel poco che può, riuscirà a lasciare un segno.
Forse qualcosa di fin troppo banale nel mondo d'oggi, ma attraverso una storia che punta a un eccesso drammatico si arriva infine a una risoluzione che vuole essere un sollievo e un nuovo punto di partenza per le due protagoniste, le cui vite in maniera diversa sono state segnate dalla guerra.

domenica 22 gennaio 2023

A scuola di cinema: Gremlins (1984)

1920: Iniziano a verificarsi strani incidenti di natura meccanica sugli aerei della RAF (Royal Air Force) britannica. Strumentazione che smette all'improvviso di funzionare, l'aereo che perde quota, il motore che si spegne d'un tratto e non se ne riesce a capire la causa.
Gli sfortunati piloti coinvolti in questi incidenti sono talvolta costretti a lanciarsi col paracadute ma, prima di farlo, avvisano la loro base che il mezzo è stato attaccato da un gremlin, un folletto che gioca loro scherzi malvagi.
Tale insolita mitologia (dovuta con ogni probabilità allo stress da eccessiva altitudine e a guasti causati dall'usura dei mezzi) continua fino al termine della Seconda Guerra Mondiale e diviene popolare quando lo scrittore Roald Dahl, un ex pilota della RAF, scrive nel 1943 un romanzo dal titolo The Gremlins, che viene opzionato dalla Walt Disney per farne un film di animazione.
Questo progetto non si concretizza ma, alcuni decenni dopo, i Gremlin compaiono infine in un film... molto diverso dalla storia di Roald Dahl.


L'idea di scrivere una sceneggiatura sui Gremlin viene a Chris Columbus mentre vive in un appartamento di Manhattan nel periodo in cui frequenta la scuola di cinematografia presso la New York University, un appartamento dove sono presenti anche dei topi. Topi che di notte escono e paiono, alle orecchie dello sceneggiatore, come un intero esercito composto da piccoli soldati che marcia verso di lui nell'oscurità digrignando i denti.
Chris Columbus idea dunque un trattamento con l'unico obiettivo di farsi notare nell'ambiente cinematografico e dimostrare le proprie capacità. Solo che quella sceneggiatura giunge tra le mani di Steven Spielberg che, ritenendola una delle migliori che abbia mai visto, decide di opzionarla ed essere produttore esecutivo del film tramite la propria società Amblin Entertainment.
La Warner Bros. si incarica della distribuzione, con l'obiettivo principale che Spielberg possa poi collaborare ancora per questa società.
Steven Spielberg vede come possibile regista del film Tim Burton, il quale all'epoca sta iniziando a farsi notare nell'ambiente, ma la sua mancanza di esperienza nel dirigere un lungometraggio convince Spielberg ad abbandonare questa idea.
La regia viene allora affidata a Joe Dante, in quanto Steven Spielberg - oltre ad aver apprezzato L'Ululato (The Howling) - lo ritiene il più adatto per dirigere un film che è una sorta di mix tra horror e commedia.
Forse più horror che commedia, tanto che la sceneggiatura iniziale deve essere revisionata poiché ritenuta fin troppo dark e contenente numerose scene che creerebbero problemi con l'organismo di censura.
Nel trattamento originario di Chris Columbus, infatti, il cane del protagonista viene divorato vivo dai Gremlin e sua madre viene decapitata e la testa gettata lungo le scale verso di lui. Inoltre, vi è una scena in cui i Gremlin attaccano un McDonald's e mangiano gli avventori del locale al posto degli hamburger.
Sia Spielberg che Dante sono concordi nell'eliminare queste scene, al fine di rendere la pellicola il più family-friendly possibile. Solo su una scena sono in disaccordo, quella in cui il personaggio di Kate Beringer racconta di come abbia ritrovato suo padre vestito da Babbo Natale col collo rotto per aver cercato di entrare dal camino di casa e in stato di decomposizione, scoprendo così che Babbo Natale non esiste.
Steven Spielberg e la Warner Bros. vorrebbero che questa scena fosse tolta, ma Joe Dante insiste nel mantenerla, affermando che essa incarna perfettamente lo spirito del film. Pur avendo il controllo creativo e la decisione finale, Spielberg decide infine di accontentare la richiesta del regista.
Su un altro punto, invece, Spielberg esercita il controllo creativo. In principio è previsto che Gizmo e Stripe (Ciuffo Bianco) siano in realtà la stessa creatura, quindi Gizmo stesso diventa malvagio. Spielberg ritiene invece che debba esserci un Gremlin buono (e coccoloso) con cui ci si possa identificare, anche per ragioni di marketing (si è più disposti a comprare un pupazzo di un essere buono che cattivo). E così viene creato appositamente Stripe.
Per il ruolo di Kate Beringer, la Warner Bros. non è esattamente entusiasta del casting di Phoebe Cates, in quanto costei ha partecipato in precedenza a film quali Fuori di Testa (Fast Times at Ridgemont High) e American College (Private School), non esattamente rivolti a un pubblico di famiglie, ma Joe Dante ritiene invece sia perfetta.
Per il ruolo di Billy Peltzer, la scelta viene effettuata da Steven Spielberg e ricade su Zach Galligan quando si avvede, durante un'audizione, che vi è una grande intesa tra lui e Phoebe Cates.
Ma rimangono gli interpreti più importanti, quelli che non hanno bisogno di un contratto da firmare ma sono presenti già nel titolo, i Gremlin appunto.
Con la tecnologia CGI ancora non a portata, una prima idea di utilizzare lo stop motion viene scartata quando ci si accorge che, oltre ad allungare in maniera inaccettabile le tempistiche, comporterebbe un budget elevato. Si suggerisce allora di utilizzare delle scimmie ammaestrate, ma quando una prova con una scimmia fallisce miseramente quando questa viene presa dal panico poiché le viene infilata sulla sua testa un copricapo da gremlin ci si accorge di quanto tale opzione sia inattuabile.
Chi propone l'idea più fattibile, la quale viene infine messa in atto, è l'esperto di effetti speciali Chris Walas, che suggerisce di utilizzare dei pupazzi animati da controllare manualmente o da remoto. Solo di Gizmo vengono realizzati 30 modelli da usare per le varie riprese.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 27 aprile 1983, tenendosi in California.
Siccome la costruzione di un singolo pupazzo di un Gremlin si aggira tra i 30.000 e i 40.000 dollari, al termine della giornata lavorativa ogni giorno la sicurezza ispeziona le macchine del cast e della troupe per assicurarsi che nulla sia stato rubato.
In origine, la scena finale prevede che sia Gizmo che Billy, aprendo due diverse finestre, espongano Stripe alla luce del sole provocando così la sua distruzione e così la scena viene girata. Anche qui, però, Steven Spielberg esercita il controllo creativo e impone che solo Gizmo risulti come l'eroe della situazione. Zach Galligan viene a conoscenza di questa decisione solo a cose fatte.
Le riprese si concludono il 10 luglio 1983. Le scene riguardanti i Gremlin sono state girate senza effetti sonori, i quali vengono aggiunti in fase di post-produzione. Per Stripe, la voce è quella di Frank Welker, storico doppiatore dei Looney Tunes. Voci aggiuntive dei Gremlin sono invece realizzate da Michael Winslow.
Welker stesso suggerisce il nome dell'attore per la voce di Gizmo, Howie Mandel. Con un linguaggio dei Gremlin composto perlopiù da termini incomprensibili, è anche semplice per lui lavorare su più adattamenti internazionali.
In principio è prevista un'uscita nel 1984 durante il periodo natalizio (lo stesso in cui è ambientata la pellicola), ma la Warner Bros. nota che non ha alcuna uscita di rilievo per quando uscirà Ghostbusters e decide così di anticipare la data.
Gremlins viene distribuito nei cinema americani a partire dall'otto giugno 1984. A fronte di un budget di 11 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale 213 milioni di dollari.
La prima collaborazione tra Steven Spielberg e Chris Columbus si è dunque rivelata proficua, oltre a lanciare la carriera di quest'ultimo, e continua subito dopo con un nuovo progetto, I Goonies (The Goonies)... ma questa è un'altra storia.

sabato 21 gennaio 2023

A scuola di cinema: Unico Indizio la Luna Piena (1985)

1983: Viene pubblicato il romanzo breve Unico Indizio la Luna Piena (Cycle of the Werewolf), scritto da Stephen King.
La storia ha una struttura molto particolare, in quanto si divide in dodici capitoli, ognuno dei quali è dedicato a un mese dell'anno (da Gennaio a Dicembre), ed è accompagnato inoltre da illustrazioni realizzate da Bernie Wrightson.
L'opera deriva in realtà da un calendario, ideato dagli stessi autori, in cui alle illustrazioni di Bernie Wrightson si alternano brevi descrizioni di Stephen King, che ha poi deciso di espandere il tutto sotto forma di romanzo.
Come (quasi) sempre accade nelle opere di questo scrittore, la trama si ambienta in una città del Maine, Tarker's Mills, che è vittima di una serie di brutali omicidi che si verificano ogni mese quando c'è la luna piena.
La polizia cerca un serial killer, ma un giovane ragazzo paraplegico di nome Marty Coslaw è l'unico a conoscere la verità: che questi omicidi sono stati commessi in realtà da un lupo mannaro a cui lui è riuscito a sfuggire per miracolo ferendolo a un occhio coi dei fuochi d'artificio.
Marty intuisce l'identità umana del lupo mannaro quando nota un reverendo della città, Lester Lowe, che porta una benda su quello stesso occhio che era rimasto ferito e, con l'aiuto di un suo zio che gli procura due proiettili d'argento, riesce a uccidere il lupo mannaro.
Poco tempo dopo questa storia diviene oggetto di un adattamento cinematografico.


L'opera di Stephen King viene opzionata da Dino De Laurentiis e dalla Paramount Pictures e Stephen King stesso ne scrive la sceneggiatura. Nel suo primo trattamento, il licantropo è in grado di parlare e possiede un certo grado di intelligenza, ma si decide poi di abbandonare questa cosa.
Il regista prescelto è Don Coscarelli, il quale deve subito affrontare una problematica non indifferente. La pellicola si incentra infatti sugli omicidi di un lupo mannaro ma... il costume del licantropo - la cui realizzazione è stata affidata a Carlo Rambaldi - non è ancora stato definito.
Nasce infatti, in merito a questo aspetto, un piccolo contrasto tra Stephen King e Dino De Laurentiis. Lo scrittore vorrebbe che ci si allontanasse da quello che è l'aspetto imperante dei lupi mannari che compare nei fumetti o in alcuni film usciti qualche tempo prima, come ad esempio Un Lupo Mannaro Americano a Londra (An American Werewolf in London).
Carlo Rambaldi idea dunque un design, per il cui completamento e finalizzazione occorrono alla fine tre mesi, che agli occhi di De Laurentiis appare più come un orso nero che un lupo e dunque si rifiuta di approvare questo design, ma sia Stephen King che Carlo Rambaldi non retrocedono dalla loro posizione.
Con un progetto ancora bloccato nella fase di pre-produzione, Don Coscarelli gira alcune scene che non prevedono la presenza del licantropo, ma alla fine decide di non tollerare più questa situazione e abbandona il progetto. In cerca di un rapido sostituto, viene chiamato Daniel Attias, praticamente un regista esordiente che ha diretto solo qualche sporadico episodio di telefilm.
Dino De Laurentiis viene dunque messo di fronte a una drastica scelta: o accettare il costume del licantropo così come è stato concepito da King e Rambaldi oppure cancellare del tutto le riprese del film. Il produttore alla fine abbandona le proprie reticenze e dà il suo consenso.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 22 ottobre 1984, tenendosi nelle città di Wilmington e Burgaw, in North Carolina.
Il costume del lupo mannaro è composto da gommapiuma e poliuretano e ricoperto di pelliccia di vero orso: la sua testa meccanica è invece controllata da remoto da un team di sei persone. E a Dino De Laurentiis continua a non piacere.
Un'insoddisfazione che cresce quando il costume viene affidato a un ballerino professionista, di modo che le movenze e le acrobazie siano ben coordinate. Ma il produttore rimane insoddisfatto della sua performance e lo licenzia, con grande rabbia del ballerino per tutto il lavoro andato sprecato.
Come conseguenza, l'attore che interpreta il licantropo nella sua forma umana, Everett McGill, finisce per dover interpretare anche la creatura assassina.
Gary Busey, che interpreta il personaggio di Zio Red, decide di girare personalmente anche le scene acrobatiche. L'attore ne ricava un piccolo infortunio quando, in una scena dove viene scaraventato contro della mobilia - tramite un salto fuori campo agevolato da una catapulta ad aria compressa - va a cozzare contro uno specchio.
Pur essendo il vetro artificiale, un suo frammento si conficca nel braccio dell'attore, facendolo sanguinare.
Sul set è presente anche il figlio dell'attore, Jake, il quale stringe una forte amicizia con Corey Haim, che interpreta Marty Coslaw. Durante le pause tra una ripresa e l'altra o nei weekend, i due vanno in skateboard oppure si recano a pescare presso Rascoe Beach.
Vedendo il suo amico e suo padre recitare da dietro le quinte, Jake Busey si convince infine che può provare anche lui a perseguire una carriera attoriale.
Le riprese terminano a dicembre, poco prima delle festività natalizie, anche se si rende necessario compiere delle riprese aggiuntive nella primavera del 1985 a causa di alcuni errori che vengono notati solo in un secondo momento.
Unico Indizio la Luna Piena (Silver Bullet) viene distribuito nei cinema americani a partire dall'11 ottobre 1985. A fronte di un budget di 7 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare sul territorio americano 12 milioni di dollari. Il film non riceve l'adeguata promozione e quel poco materiale promozionale che esce non è all'altezza della situazione, elementi che causano un moderato successo.
Oltre che il primo, questo rimane anche l'unico film cinematografico diretto da Daniel Attias, che continua comunque ad avere una prolifica e apprezzata carriera di regista di telefilm anche rinomati quali I Soprano, Lost e Alias.
Quanto a Stephen King e Dino De Laurentiis, che stanno collaborando con successo da alcuni anni, la loro partnership lavorativa continua e lo scrittore ha ben presto anche la possibilità di dirigere il primo (nonché unico) film della sua vita, Brivido (Maximum Overdrive)... ma questa è un'altra storia.

venerdì 20 gennaio 2023

Prime Video Original 44: The Voyeurs


Nel 1954, Alfred Hitchcock realizza La Finestra sul Cortile (Rear Window), in cui un fotoreporter - interpretato da James Stewart - osservando uno dei vicini grazie alla sua fotocamera si convince che egli abbia ucciso la propria moglie.
Passano gli anni e i decenni, ma l'argomento dell'entrare nelle case di altre persone, di intrufolarsi nella loro vita rimane. Come testimonia The Voyeurs, scritto e diretto da Michael Mohan e distribuito su Amazon Prime Video a partire dal 10 settembre 2021
La giovane coppia formata da Pippa (Sidney Sweeney) e Thomas (Justice Smith) decide di andare a convivere in un appartamento. Come si trasferiscono nella loro nuova dimora, notano nel palazzo di fronte un altro appartamento dove vive un'altra giovane coppia composta da Julia (Natasha Liu Bordizzo) e Seb (Ben Hardy), liberi sessualmente e senza problemi a farsi vedere.
Essendo infatti le loro imposte aperte, Pippa e Thomas possono notare tutto ciò che accade nella casa dei loro vicini e ne rimangono insolitamente intrigati, fino a che questa diventa per loro una sorta di ossessione. Un'ossessione che potrebbero pagare cara.
Questo film non è, né vuole essere, una sorta di remake de La Finestra sul Cortile, al limite un aggiornamento di quella tematica trattata a suo tempo da Alfred Hitchcock - con un pizzico di Blow-Up di Michelangelo Antonioni - e trasferita nei tempi moderni. Tempi che sono molto, molto differenti rispetto a settant'anni fa.
All'epoca, il personaggio di James Stewart era una sorta di "privilegiato" in quanto, poiché costretto a casa da un infortunio e con gli strumenti in dotazione a un fotoreporter, era l'eccezione alla regola, poteva spiare in casa di altri.
Oggi, invece, entrare nelle vite altrui è molto semplice e non c'è nemmeno bisogno di una fotocamera nascosta, è praticamente tutto alla luce del sole. Basta collegarsi ai social network o cercare in rete e anche un perfetto sconosciuto può venire a sapere molte cose di noi (e noi peraltro potremmo non venire mai a saperlo).
La pellicola - sotto forma di due vite di coppia che entrano in contatto e in contrasto, con qualche twist prevedibile o meno a seconda dei punti di vista - sottolinea questo aspetto e i pericoli che ne possono derivare.
Inoltre, laddove nel film di Hitchcock James Stewart era lo spettatore passivo che non interveniva in maniera diretta e finiva per diventare l'eroe della situazione, qui entrambe le coppie sono elementi attivi della vicenda e ogni loro azione influenza lo scorrere degli eventi. E decisamente non ci sono eroi.
Oggi non ci si limita più solo a osservare, infatti. Oggi molte persone, per i più svariati motivi, entrano nelle case altrui (live su Twitch, video su Youtube) e prendono a modello persone che non incontreranno mai in vita loro. Forse per riempire un vuoto nelle loro esistenze che in realtà così non riuscirà comunque a essere colmato.

giovedì 19 gennaio 2023

Fabolous Stack of Comics: Angela - L'Assassina di Asgard


Il personaggio di Angela ha una storia editoriale alquanto particolare. Compare infatti per la prima volta sulle pagine di Spawn, della Image Comics, creata da Neil Gaiman e realizzata graficamente da Todd McFarlane.
I due autori entrano poi in contrasto in merito alle royalties sul personaggio e, dopo una lunga battaglia legale, Neil Gaiman ne ottiene la proprietà, rivendendo poi i diritti alla Marvel Comics che inizia a farla comparire nei propri albi a partire da Age of Ultron (ma per quanto ne so, ci vuole comunque il consenso di Gaiman per l'utilizzo e continua a essere pagato per questo... certo non credo sia questa una sua grande preoccupazione dopo Sandman).
Nel Marvel Universe viene ben presto stabilito che Angela è in realtà la figlia perduta di Odino, dunque sorella di Thor e Loki. La prima storia a lei intestata è la miniserie in sei numeri L'Assassina di Asgard (Asgard's Assassin), pubblicata nel 2014, scritta da Kieron Gillen e Marguerite Bennett e disegnata da Phil Jimenez e Stephanie Hans.
Dopo essersi in apparenza riappacificata con Odino, Angela - accompagnata dalla fedele Sera - visita Asgard(ia), pochi giorni dopo che sua madre Freyja ha dato alla luce una bambina, sua sorella.
Con grande sorpresa di tutti, Angela rapisce la neonata e la porta via. Braccata e inseguita da Thor, Sif e i Tre Guerrieri, Angela può contare solo su pochi alleati, tra i quali Sera, la quale però nasconde un segreto, e i Guardiani della Galassia. Ma quale sia il suo obiettivo finale è noto solo a lei.
Non è la prima volta che un personaggio nato in seno a una differente casa editrice cambia casacca editoriale (il caso più celebre ritengo sia quello di Captain Marvel/Shazam) e la sfida in questo caso come nei casi precedenti è dare una nuova identità al personaggio.
Nel mondo di Spawn, Angela era al servizio degli angeli del Paradiso (literally) e, col suo trapasso e successiva rinascita, questo particolare è stato mantenuto - con l'aggiunta non secondaria che il decimo regno (Heven) è in realtà parte di Yggdrasill, l'albero del mondo.
Col nuovo background già consolidato di asgardiana, Angela rimane inevitabilmente legata al suo mondo di origine e al codice d'onore che le impone di ripagare sempre i propri debiti e far sì che le persone in debito con lei facciano altrettanto. Ma l'affacciarsi a una nuova realtà comporta per lei il doversi adattare per la prima volta a questo nuovo universo, a nuovi rapporti interpersonali.
Quindi, attraverso la metafora dello scontro con i suoi fratelli e gli asgardiani, Angela vive anche un conflitto interiore che la porta ad accettare il proprio posto nel Marvel Universe, infine lontana dal Paradiso di Spawn grazie all'accettazione del proprio retaggio.
Una nuova identità che raggiunge anche tramite il suo rapporto con Sera, di cui capiremo l'importanza attraverso vari flashback che si susseguiranno nel corso della storia e daranno corpo a questo personaggio prima impalpabile. Ma anche un punto di partenza per altre avventure spaziali e infernali.

mercoledì 18 gennaio 2023

Disney+ Original 4: Una Notte al Museo - La Vendetta di Kahmunrah


La saga di Una Notte al Museo inizia nel 2006, col primo film diretto da Shawn Levy che vede protagonisti, tra gli altri, Ben Stiller, Owen Wilson e Robin Williams. A esso fanno seguito altre due pellicole, rispettivamente del 2009 e del 2014, sempre dirette da Shawn Levy. La storia principale parrebbe conclusa col terzo film, ma si sa che i franchise remunerativi sono difficili da abbandonare.
Con l'acquisizione degli asset della 20th Century Fox, la Disney ottiene la proprietà anche di questa saga, che tuttavia decide di continuare con un lungometraggio di animazione, intitolato Una Notte al Museo - La Vendetta di Kahmunrah (Night at the Museum: Kahmunrah Rises Again), diretto da Matt Danner, scritto da Ray DeLaurentis e William Schifrin e distribuito su Disney+ a partire dal 9 dicembre 2022.
Larry Daley, il guardiano del museo di storia naturale di New York, sta per trasferirsi a Tokyo, ma tutti i suoi possibili sostituti vengono allontanati dalle statue che prendono vita di notte, in quanto loro non graditi.
Le statue chiedono che il sostituto di Larry sia suo figlio Nick, ormai adolescente, che già conosce il museo. Costui, impacciato e timido, non riesce a sfondare in campo musicale e accetta il posto, ma già la prima notte dovrà vedersela col ritorno di Kahmunrah, l'avversario del secondo film, sempre deciso a richiamare un esercito dall'aldilà.
Nick dovrà fermare questa rinnovata minaccia con i consueti alleati di suo padre e il nuovo ingresso Giovanna D'Arco.
Lasciando da parte futili questioni di continuità (per un paio di ragioni, questo film sembra ambientarsi prima del terzo film), quello che vediamo in questo caso è il cosiddetto e classico passaggio del testimone, simboleggiato dalla torcia elettrica utilizzata da Larry Daley, che viene passata al figlio Nick.
Non è raro che in alcune saghe cinematografiche l'eredità del padre passi al figlio, spesso con risultati che muoiono sul nascere (Die Hard, forse Bad Boys). In questa occasione si punta sulla tematica consolidata della maturazione del personaggio: Nick Daley conosce già l'ambiente del museo, ma non si è mai ritrovato nella posizione di suo padre, con tutte le responsabilità del caso.
L'esperienza della prima notte al museo e lo scontro con Kahmunrah saranno dunque per lui anche un modo per maturare come persona e sconfiggere le sue insicurezze. Con amici fidati al suo fianco. Tranne Ahkmenrah, ci sono tutti gli altri personaggi più amati della saga (da Teddy Roosevelt ad Attila e pure la scimmia Dexter) e l'aggiunta del personaggio di Giovanna D'Arco per cercare di rivolgersi anche a un pubblico femminile.
Appare evidente che questo intende essere un nuovo punto di partenza, sia per un pubblico che già conosce la saga cinematografica che per uno nuovo, e dunque una possibile nuova epopea da sviluppare in futuro.

martedì 17 gennaio 2023

Fabolous Stack of Comics: Justice League - Un Altro Chiodo


Sei anni dopo la pubblicazione della miniserie Il Chiodo, Alan Davis ha modo di ritornare a questo mondo alternativo da lui stesso ideato in una nuova miniserie di tre numeri, Un Altro Chiodo (Another Nail), pubblicata nel 2004.
La storia è ambientata dopo circa un anno dagli eventi de Il Chiodo. Superman, dopo aver sconfitto il malvagio Jimmy Olsen, ha accettato di entrare a far parte della Justice League, migliorando così l'immagine pubblica del gruppo e dei metaumani.
Ma c'è un elemento rimasto in sospeso dalla storia precedente: una battaglia tra Darkseid, i Nuovi Dei e il Corpo delle Lanterne Verdi, la quale è avvenuta fuori campo. Una battaglia in cui l'oscuro essere temeva la venuta de L'Unico, portatore della fine di tutto.
Un anno dopo, mentre strani eventi cominciano a verificarsi lungo tutto il mondo richiedendo l'intervento della Justice League al gran completo, tale minaccia si palesa e rischia di portare distruzione non solo nel mondo della Justice League, ma nell'intero Multiverso.
Se la prima miniserie, ma anche questa in ultima analisi, omaggiava la Silver Age della DC Comics, quegli albi colorati e i loro protagonisti che Alan Davis leggeva quando era un ragazzo, questa seconda storia porta i dovuti rispetti alla Bronze Age e le terre alternative che avevano imperversato sino al 1985, prima della pubblicazione di Crisi sulle Terre Infinite... poi hanno imperversato ancora, ma erano altre terre.
Ecco dunque le divine creazioni di Jack Kirby, ovvero il Quarto Mondo, i Nuovi Dei e Apokolips, che diventano il fulcro della trama. Ecco la proliferazione degli universi alternativi, come i supercriminali di Terra-3, appunto nella versione precedente alla Crisi di omologhi villain degli eroi della Justice League. Ecco la Crisi di questo peculiare Elseworld.
E non possono certo mancare gli eroi DC al gran completo. Anche in questo caso Alan Davis ha cercato di inserire il maggior numero di personaggi possibile (e, miracolosamente, nessuno appare fuori posto, nemmeno quelli che magari compaiono sullo sfondo di una vignetta) per dimostrare la grandezza di questi personaggi e cercare di ricatturare per una nuova generazione di lettori quel sense of wonder che lo aveva conquistato da ragazzino.
Non è dunque solo un omaggio a Superman o alla Justice League. È un omaggio a un intero universo narrativo e, in senso più lato, a quel potere dell'immaginazione di decine di persone che in decenni hanno ideato e plasmato centinaia di storie, alimentando la fantasia di migliaia di lettori, alcuni dei quali poi hanno seguito le loro orme con successo... come nel caso di Alan Davis.

lunedì 16 gennaio 2023

Netflix Original 100: Ibiza


E siamo giunti al centesimo post di questa rubrica dal lungo percorso che promette di essere ancora molto lungo. E poteva capitare un film drammatico? No. Oppure un film d'azione? No. Allora diciamo una commedia romantica? Quasi. Implacabile come le tasse, spietata come le scadenze, è in realtà una commedia surreale/slapstick simile ad alcune di quelle interpretate da Will Ferrell... oh, guarda, ne è il produttore.
Ibiza è un film diretto da Alex Richanbach, scritto da Lauryn Kahn e distribuito su Netflix a partire dal 25 maggio 2018.
Harper (Gillian Jacobs) lavora per un'agenzia pubblicitaria ed è tiranneggiata dalla sua boss, che la spedisce in Spagna per un viaggio di lavoro volto a chiudere un contratto con un importante cliente. A lei si uniscono le sue migliori amiche Nikki (Vanessa Bayer) e Leah (Phoebe Robinson).
Lì Harper conosce il DJ Leo West (Richard Madden) e perde la testa per lui, tanto che Nikki e Leah la convincono a seguirlo nella sua prossima tappa spagnola ad Ibiza, seppur questo potrebbe costarle il licenziamento.
Curioso che il centesimo film di questa rubrica sia con ogni probabilità quello dove ci sono meno cose da dire... anche perché non è che il prodotto in questione aiuti molto.
Ora, è stato scritto da una donna e non metterò in dubbio che si è basata in parte su delle uscite con le amiche da lei stessa vissute, ma tutto quello che le tre protagoniste fanno durante l'intero film è (in ordine sparso): sparare una sequela infinita di parolacce, impasticcarsi, sniffare droga, ubriacarsi, affermare di voler sc... fare sesso. E ogni battuta o è a sfondo sessuale o verte sulle necessità fisiologiche.
Insomma, mi è sembrato di vedere Natale a Ibiza, solo che la storia è ambientata in estate (e c'è pure la versione femminile di Massimo Boldi, garantito).
A questo ci aggiungiamo che l'Ibiza che vediamo in questo film è in realtà la Croazia e il quadro è completo. Le autorità del luogo hanno spesso pensato di querelare Netflix per l'immagine deleteria che dà del posto. E considerato che ogni abitante del luogo o turista è un drogato, un ubriacone o un maniaco sessuale - la concezione che a volte il cinema americano ha dei paesi turistici - non mi sento di dar loro tutti i torti.
È vero - nonché giusto e inevitabile - che questo tipo di commedie non abbiano il senso della misura, ma vi sono casi in cui si deve porre un limite, altrimenti se si raggiunge subito l'estremo il rischio che si corre è che tutte le situazioni che vengono presentate poi non facciano ridere.
Persino la surrealità non deve diventare troppo surreale.

domenica 15 gennaio 2023

A scuola di cinema: Revolution (1985)

25 Novembre 1783: Termina ufficialmente la Guerra D'Indipendenza Americana, iniziata nel 1775 dai futuri Stati Uniti per liberarsi dal giogo dell'occupazione inglese. Pur essendovi già stati segnali di ribellione in precedenza, il conflitto tra le due nazioni scoppia ufficialmente il 19 aprile 1775 con la Battaglia di Lexington, che segna la prima sconfitta dell'esercito inglese.
Con il ritiro delle ultime truppe britanniche da New York, si può pensare a mettere infine in atto quei proclami affermati nella Dichiarazione di Indipendenza firmata il 4 luglio 1776, che hanno un loro primo culmine con l'elezione nel 1789 del primo Presidente degli Stati Uniti, George Washington.
Un evento di tale portata non può non avere riflessi - svariato tempo dopo, chiaramente - anche nel cinema, ma diversamente dall'esito del conflitto la risoluzione non si rivela così trionfale.


L'idea di fare un film incentrato sulla Rivoluzione Americana viene in mente al produttore Irwin Winkler, il quale ritiene sia un argomento che non sia stato abbastanza esplorato. Winkler pensa di unire tale evento a una storia da lui sentita incentrata su un contadino vietnamita che, per proteggere il proprio figlio che si era unito all'esercito, aveva deciso di combattere anche lui nella guerra.
Il produttore fa dunque scrivere una sceneggiatura basata su questi presupposti a Robert Dillon e la presenta alla Warner Bros., che tuttavia non si dimostra interessata. Irwin Winkler cerca allora un'altra società di produzione e si imbatte in Sanford Lieberson della Goldcrest Films, una società inglese, che trova il progetto meritevole.
Si crea dunque un curioso paradosso per cui un film incentrato sulla Rivoluzione Americana contro gli inglesi viene prodotto principalmente con capitali inglesi. Il progetto è comunque ritenuto di alto profilo, tanto che la regia viene affidata a Hugh Hudson, il regista di Momenti di Gloria (Chariots of Fire), film prodotto appunto dalla Goldcrest.
Per la parte del protagonista, Tom Dobb, si pensa a Michael Douglas o Robert Duvall ma, quando si prospetta la possibilità di poter ingaggiare Al Pacino, la produzione non se la lascia sfuggire.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 18 marzo 1985, tenendosi principalmente nella contea inglese di Norfolk, che poco ricorda le distese americane del diciottesimo secolo.
Hugh Hudson vuole un deciso realismo quindi, per descrivere la durezza di quei tempi, fa sì che alcune scene siano ambientate in delle paludi fangose, nei quali Al Pacino si immerge per uscirne subito con accessi di tosse.
Sono i primi segni di una polmonite che inizia a tormentare l'attore e che lo perseguita nei mesi di marzo e aprile, con effetti visibili anche in alcune riprese.
Le richieste del regista, il quale vuole che si lavori anche in pessime condizioni meteorologiche - eventualità non così rara in quella zona d'Inghilterra - vengono a un certo punto ritenute inaccettabili dalle comparse, che abbandonano il set in segno di protesta, e devono dunque essere trovati in tempi brevi dei rimpiazzi tra gli abitanti della zona.
Inoltre un'altra interprete del film, Nastassja Kinksi, stressata dai ritmi lavorativi, approfitta di un viaggio a Parigi per incontrare il suo compagno per darsi alla macchia per alcuni giorni.
Anche il luogo dove si gira non aiuta a migliorare la condizione, poiché non vi sono ristoranti oppure hotel pregevoli dove potersi riposare alla fine della giornata. Così un paio di risse dovute a delle ubriacature sono inevitabili.
Tra i finanziatori della pellicola vi è anche un consorzio di dentisti norvegesi e nasce quindi l'esigenza di girare alcune scene anche in questa nazione.
Tra gli interpreti - nel ruolo della Liberty Woman - vi è Annie Lennox, la cantante degli Eurythmics, che ovviamente interpreta una canzone ma... viene doppiata! Superfluo aggiungere che questo è più che sufficiente per convincerla a continuare a perseguire la sua carriera musicale.
Le riprese si concludono il 18 luglio 1985.
A lavori ultimati, si prospetta la necessità di una rapida uscita cinematografica, in quanto la Goldcrest Films ha già investito ingenti capitali, superiori ai 53 milioni di dollari, in questa e altre due pellicole, Mission e Absolute Beginners.
Quindi, poiché la Goldcrest ha un accordo di distribuzione negli Stati Uniti con la Warner Bros., viene dato mandato di far uscire il film entro e non oltre il giorno di Natale.
Le proteste sia di Hugh Hudson che di Irwin Winkler e Al Pacino, in quanto non è possibile effettuare un lavoro di post-produzione adeguato in un così breve periodo, cadono subito nel vuoto.
Il regista vorrebbe aggiungere una narrazione fuoricampo che meglio inquadri il contesto storico e che questa sia effettuata da Al Pacino stesso, ma semplicemente non ve ne è il tempo. Così come non vi è il tempo di apportare quei piccoli accorgimenti di cura e montaggio necessari per consegnare un buon prodotto e si deve lavorare in fretta e furia, con inevitabili conseguenze finali.
Revolution viene distribuito nei cinema americani a partire dal 25 dicembre 1985. A fronte di un budget di 28 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare sul territorio statunitense poco meno di 360.000 dollari.
Gli effetti di questo colossale flop non tardano a farsi sentire. Hugh Hudson, da regista di alto profilo, da quel momento in poi non viene più considerato per progetti importanti. La Goldcrest Films, pur non arrivando vicina alla bancarotta, deve per alcuni anni affrontare le conseguenze di un tracollo finanziario senza precedenti.
Ma le conseguenze più rilevanti sono per Al Pacino. L'attore, che fino a quel momento ha inanellato una serie di successi e riconoscimenti che sono durati più di dieci anni (gli manca solo l'Oscar, che vincerà infine nel 1993 con Scent of a Woman), affronta il primo, vero flop della sua carriera. Quello che nelle sue intenzioni voleva essere una dichiarazione d'amore a quelle persone comuni che avevano dato vita agli Stati Uniti si rivela essere infine solo un totale fallimento.
Per la profonda delusione che ne consegue, Al Pacino decide perciò di ritirarsi dalle scene cinematografiche per alcuni anni e limitarsi a calcare solo i palcoscenici teatrali.
L'attore tornerà a interpretare un nuovo film solo quattro anni dopo con Seduzione Pericolosa (Sea of Love)... ma questa è un'altra storia.

sabato 14 gennaio 2023

A scuola di cinema: Rocky (1976)

24 Marzo 1975: Viene tenuto presso il Richfield Coliseum, in Ohio, l'incontro, valido per il titolo mondiale dei pesi massimi di boxe, tra il campione Muhammad Ali e lo sfidante Chuck Wepner.
I pronostici sono tutti a favore del campione, sia per la sua maggiore prestanza fisica che per il suo palmares, che fa impallidire quello di Chuck Wepner. Costui, però, sorprende tutti: pur incassando numerosi pugni, in particolar modo al volto, rimane saldamente in piedi e ogni tanto ha la possibilità di sferrare qualche pugno a sua volta (e un paio di colpi scorretti, anche).
Al nono round, incredibilmente, Wepner riesce a mettere al tappeto Muhammad Ali, ma costui si rialza subito e nei round successivi tempesta ancor più di pugni il suo avversario, il volto una maschera di sangue quasi, il quale però testardamente continua a rimanere in piedi.
Fino a quando, a meno di trenta secondi dal termine della quindicesima e ultima ripresa, Muhammad Ali riesce infine a mettere al tappeto Chuck Wepner e l'arbitro pone fine all'incontro per KO tecnico.
Tra coloro che osservano il match, rimanendo affascinato dalla tenacia e dalla resistenza di Chuck Wepner, vi è un attore sconosciuto di nome Sylvester Stallone, che da questo evento trae ispirazione per uno dei film più celebri di sempre.


A seguito del match, Sylvester Stallone scrive una sceneggiatura di 90 pagine in poco più di tre giorni. In questo primo trattamento, Rocky Balboa decide di abbandonare l'incontro con Apollo Creed, in quanto non più desideroso di entrare a far parte del mondo del pugilato a livello professionistico, e apre un negozio di animali con Adrian (Adriana). Inoltre, Mickey è un razzista, Apollo è di origini giamaicane e Adrian proviene da una famiglia ebrea.
Il primo a notare la sceneggiatura è Henry Winkler, con cui l'attore ha collaborato nel film La Banda dei Fiori di Pesco (The Lords of Flatbush), che la porta presso la ABC offrendosi anche come produttore.
La rete televisiva è interessata e vuole produrne un film per la televisione, ma pone la condizione che la sceneggiatura sia totalmente rivista e riscritta da un altro sceneggiatore.
Quando Stallone viene a sapere la notizia, implora Winkler di non andare avanti con questo accordo. Lui lo accontenta e, potendo contare sulla sua fama presso la ABC grazie al personaggio di Arthur Fonzarelli di Happy Days, riacquista la sceneggiatura e la restituisce a Stallone.
L'attore effettua numerose revisioni al suo trattamento originario e, poco tempo dopo, si presenta all'audizione per un film presso i produttori Irwin Winkler e Robert Chartoff. L'audizione non va a buon fine, ma Stallone informa i due produttori che è anche uno sceneggiatore e, dietro loro richiesta, porta loro la sceneggiatura di Rocky.
Winkler e Chartoff vi intravedono del potenziale e cercano di piazzare la sceneggiatura presso uno studio di produzione. La United Artists si dichiara pronto a opzionarla offrendo un budget di 2 milioni di dollari, chiedendo che nella parte del protagonista vi sia un attore rinomato quale Robert Redford, Burt Reynolds o Ryan O'Neal, mentre a Sylvester Stallone vengono proposti 350.000 dollari per l'acquisto della sceneggiatura.
Tutto suggerirebbe all'attore di accettare l'offerta, poiché all'epoca vive in uno stato di quasi povertà: ha 106 dollari in banca, sua moglie Sasha Czack è incinta e Stallone fa solo qualche saltuario lavoro come buttafuori e pulitore delle gabbie dei leoni allo zoo. Per pagare alcuni debiti e mangiare è stato inoltre costretto a vendere il suo cane Butkus (Birillo) per una somma pari a 40 dollari.
Eppure crede molto nella storia da lui concepita e vede solo sé stesso nel ruolo del protagonista, quindi col consenso della sua compagna risponde che - a meno che non gli venga garantita la parte principale - non concederà i diritti.
Alla fine la sua richiesta viene accolta, ma questo porta anche alla riduzione del budget a un milione di dollari: Winkler e Chartoff si fanno garanti di questa somma e, qualora venisse sforata, se ne assumeranno la responsabilità.
A Sylvester Stallone viene comunque richiesto che accetti di lavorare al minimo sindacale, condizione a cui acconsente. Con l'ingaggio guadagnato, l'attore può ricomprarsi Butkus.
Come regista viene scelto John Avildsen. Costui non ha mai visto in vita sua un incontro di boxe, sport che giudica abbastanza ridicolo, ma rimane catturato dalla sceneggiatura di Stallone e dalla scena in cui Rocky parla con le tartarughe, e così accetta anche una paga ridotta.
Per la parte di Adrian Pennino, viene contattata in prima battuta Carrie Snodgress, ma l'accordo economico non si conclude. Si pensa allora a Susan Sarandon, la quale è tuttavia ritenuta troppo affascinante per questo ruolo.
Vi è un'altra attrice interessata alla parte, Talia Shire, in quanto intende sottrarsi alla pesante ombra di suo fratello, il regista Francis Ford Coppola. Per questo, non ha alcun problema ad accettare una paga minima, pur essendo comparsa nei primi due capitoli de Il Padrino (The Godfather).
Per il ruolo di Apollo Creed, la prima scelta ricade su Ken Norton, un vero boxer che aveva anche affrontato più volte Muhammad Ali. Ken Norton è tuttavia una persona imponente e pesa oltre cento chili, quindi rischia di far sfigurare troppo Stallone, e inoltre non ha alcuna esperienza recitativa.
Alla ricerca di un sostituto, si effettua un'audizione a Carl Weathers, un ex giocatore di football con qualche sporadica apparizione in film minori. Mentre fa lo sparring partner per Stallone, costui si lamenta per un colpo troppo forte subito e invita il suo collega a stare più calmo. Weathers ribatte - non sapendo chi ha di fronte - che, se gli fosse permesso di incontrare un vero attore e non una comparsa, le cose andrebbero meglio.
Sylvester Stallone rimane colpito dal tono sfrontato e di audacia di Carl Weathers, così simile al personaggio di Apollo Creed, e così gli assegna la parte.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 9 gennaio 1976, tenendosi a Philadelphia e Los Angeles.
Le problematiche derivanti dal budget ridotto e risicato non tardano ad arrivare. La scena sulla pista di pattinaggio prevede nella sceneggiatura l'uso di 300 comparse, con tanto di 600 pattini, ma per via della mancanza di soldi alla fine non vi è nessuna comparsa e solo due pattini. Stallone è così costretto a riscrivere la scena per far sì che sulla pista di pattinaggio ci siano solo lui e Adrian.
Un altro necessario cambio di sceneggiatura si verifica quando Rocky si presenta presso il ring la notte prima dell'incontro e nota che il poster che lo ritrae lo presenta col colore dei pantaloncini sbagliato. Questo è un vero errore della produzione che, sempre per questione di soldi, non può essere corretto.
Ancora per risparmiare sui costi, alcuni familiari e amici di Sylvester Stallone compaiono nel cast: suo padre ad esempio è colui che suona la campanella del ring, mentre suo fratello Frank interpreta un cantante di strada.
Per la scena in cui Rocky colpisce le carni nel deposito, Stallone sferra pugni così forti da appiattire in maniera permanente le nocche delle sue mani.
Per alcune delle scene dove Rocky corre lungo le strade di Philadelphia, non viene richiesta la necessaria autorizzazione alle autorità, così la produzione è costretta a girarle in fretta e furia, tra passanti inconsapevoli, prima che arrivi la polizia. Poco prima della fine dei lavori, i sindacati cacciano la produzione da Philadelphia, ma per fortuna è rimasta solo la scena dell'incontro di boxe che si tiene in un'arena.
Per l'incontro di boxe tra Rocky e Apollo, per simulare il fatto che vi sia uno stadio pieno - in realtà vi sono al massimo cinquanta comparse - si tengono inquadrature ristrette della folla, le comparse occupano più posti per più riprese, si usa materiale d'archivio preso da altri incontri e si attenua l'illuminazione.
C'è un solo giorno a disposizione per girare il tutto, poiché nell'arena il giorno successivo si deve tenere un concorso di bellezza che non può essere rinviato.
Per dare maggiore realismo all'incontro, John Avildsen chiede a Stallone di coreografare l'intero confronto, descrivendo ogni singola mossa dei due contendenti. L'attore butta giù così 32 pagine, dove specifica in maniera minuziosa ogni singolo colpo del match.
Il realismo è conseguito, anche perché Sylvester Stallone - al termine delle riprese riguardanti l'incontro - si incrina un paio di costole, mentre Carl Weathers si procura una frattura al naso. 
Le riprese si concludono il 5 marzo 1976.
Rocky viene distribuito nei cinema americani a partire dal 21 novembre 1976. A fronte di un budget di 960.000 dollari, la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale 225 milioni di dollari. Il film vince inoltre l'Oscar come Miglior Film e per la Migliore Regia.
Un successo insperato e inatteso da un progetto nato quasi per caso e girato in tempi brevissimi e con pochi soldi. Un successo che si intende bissare tramite un sequel... ma questa è un'altra storia.