domenica 28 aprile 2024

A scuola di cinema: Mystic Pizza (1988)

1973: Viene inaugurata, nella città di Mystic, in Connecticut (che può contare su una popolazione di poco superiore ai 4.000 abitanti), una nuova attività: Mystic Pizza. Come intuibile, è una pizzeria a conduzione familiare, inaugurata da Steven Zelepos, e che nel tempo, grazie anche all'aiuto e al supporto dei parenti, si conquista un posto di primo piano in città.
Questo anche per merito di un presunto e misterioso ingrediente segreto che caratterizza l'impasto delle pizze.
Ma le cose qualche tempo dopo cambiano in maniera drastica, quando il cinema scopre questo ristorante.


Alcuni anni dopo, la sceneggiatrice Amy Holden Jones sta passando le proprie vacanze estive appunto nella città di Mystic e dunque una visita presso Mystic Pizza si rivela doverosa.
La sceneggiatrice rimane conquistata dall'atmosfera del posto e pensa che Mystic Pizza possa essere un ottimo titolo per un film, che decide di incentrare sulle vite di quattro ragazze (tre cameriere della pizzeria e una benestante) che ruotano attorno al locale.
La sceneggiatura viene acquisita dal produttore Samuel Goldwyn della Samuel Goldwyn Company e in principio è la stessa Amy Holden Jones che deve dirigere la pellicola, avendo già qualche esperienza alle spalle al riguardo.
Samuel Goldwyn, tuttavia, ritiene che la protagonista di ricca famiglia sia un personaggio ininfluente e la fa sostituire da un personaggio maschile, Charlie, uno degli interessi amorosi delle altre tre protagoniste, anche lui benestante. Inoltre, fa revisionare la sceneggiatura da altri scrittori quali Alfred Uhry, Perry Howze e Randy Howze.
Un'altra modifica che viene fatta è quella riguardante il personaggio di Jojo. Nelle intenzioni originarie, costei avrebbe dovuto sposare il suo ragazzo, William, poiché lui avrebbe scoperto che era incinta.
Dietro richiesta specifica dell'attrice che interpreta il personaggio, Lily Taylor, tuttavia, questa sottotrama viene riscritta, poiché l'attrice ritiene che una tale scelta dovuta solo alla gravidanza renda il personaggio più debole da un punto di vista narrativo.
Amy Holden Jones non è molto felice di tutti questi cambiamenti e cerca di riottenere i diritti sulla propria sceneggiatura. Samuel Goldwyn, tuttavia, la cita in giudizio dimostrando che sussistevano accordi verbali tra loro due che affidavano a lui la titolarità della sceneggiatura che aveva regolarmente acquisito.
La contesa viene poi risolta tramite patteggiamento, ma come risultato Amy Holden Jones viene allontanata dalla regia e sostituita da Donald Petrie, un ex attore e regista televisivo, qui al suo debutto cinematografico.
Una giovane attrice di nome Julia Roberts, con pochi film in quel momento alle proprie spalle, si presenta all'audizione per ottenere la parte di Jojo. Il provino è soddisfacente, ma le viene detto che fisicamente non è adatta per la parte. La buona impressione suscitata le fa ottenere, tuttavia, una seconda audizione per un ruolo differente, quello di Daisy Araújo.
Alla successiva audizione, Julia Roberts si presenta con i capelli tinti di nero. Mentre si trova in fila, nota le altre partecipanti al casting che stanno studiando le frasi che dovranno pronunciare per il provino. Julia Roberts decide invece di ascoltare le canzoni del suo walkman e cantarle a voce alta. Cosa che cattura l'attenzione del direttore del casting. La parte è dunque sua.
Per una parte minore, quella di Steamer Windsor, si presentano solo due aspiranti attori. I loro nomi sono Ben Affleck e Matt Damon, che nella vita reale sono anche grandi amici. Il primo ha già avuto qualche esperienza come attore bambino al cinema e in televisione, il secondo invece non può vantare alcuna pellicola nel suo curriculum.
Alla fine, tuttavia, è Matt Damon ad aggiudicarsi la parte per una semplice questione anagrafica. Costui, infatti, ha diciassette anni, mentre Affleck ne ha quindici, e questo gli permette di poter girare delle scene in notturna, purché sia presente un genitore sul set. Cosa che invece a Ben Affleck è ancora preclusa, secondo le leggi dell'epoca. Per Matt Damon questo è il debutto cinematografico.
Le riprese iniziano in via ufficiale il dodici ottobre 1987, tenendosi in Connecticut e Rhode Island. Ovviamente, essendoci nel titolo il nome di un'attività commerciale, la produzione deve pagare i diritti ai titolari del ristorante per poterlo utilizzare. Tuttavia, questo viene concesso solo con una relativamente piccola somma di denaro.
Con ogni probabilità perché i proprietari di Mystic Pizza, vedendo che questa è una piccola produzione con nessun attore di rilievo, non potevano chiedere una cifra ingente.
Per motivi logistici, comunque, non è possibile effettuare le riprese all'interno del locale, poiché essendo appunto un'attività commerciale - anche di buon successo - non può chiudere i battenti al pubblico per svariate settimane. Quindi del vero Mystic Pizza si possono vedere solo alcune riprese effettuate all'esterno, mentre quelle che si svolgono all'interno sono girate in una diversa località.
Le riprese si concludono nel dicembre 1987.
Mystic Pizza viene distribuito nei cinema americani a partire dal 18 ottobre 1988. A fronte di un budget di 6 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare 14 milioni di dollari.
Visto il buon successo del film, si pensa di realizzarne un sequel intitolato Return to Mystic Pizza, ambientato cinque anni dopo, che avrebbe visto il continuo delle storie delle tre protagoniste principali.
Sebbene venga previsto un inizio delle riprese nel 1989 e una prima sceneggiatura venga approntata, il progetto infine non si concretizza.
Ma questo non è un problema per Mystic Pizza che, grazie a questa pellicola, vede aumentare in maniera esponenziale la propria clientela, giunta lì per curiosità spinta dalla visione del film. Si arriva a un certo punto che la fila di clienti in attesa esce dal locale e continua lungo il marciapiede.
Per far fronte a una domanda sempre più crescente, i titolari aprono un nuovo ristorante nella località di Stonington, il Mystic Pizza 2. E pochi anni dopo viene inaugurata una nuova attività di vendita di pizze surgelate.
E ancora oggi, a distanza di tanti anni, giungono comunque altre nuove persone spinte lì dalla visione della pellicola.
Il film, il primo dove interpreta la parte da protagonista, si rivela inoltre fondamentale per la carriera di Julia Roberts, la quale bissa questo successo con la pellicola successiva, Fiori D'Acciaio (Steel Magnolias)... ma questa è un'altra storia.

giovedì 25 aprile 2024

Italians do it better? 43: Smetto Quando Voglio - Masterclass (2017)


Dopo Smetto Quando Voglio, gli scienziati divenuti criminali per necessità, ma di buon cuore nell'animo, ritornano nel secondo capitolo Smetto Quando Voglio: Masterclass, diretto da Sydney Sibilia, scritto da Sydney Sibilia, Luigi Di Capua e Francesca Manieri e distribuito nei cinema nel febbraio 2017.
Nel primo capitolo, abbiamo visto Pietro Zinni, un professore universitario precario, mettere su una insolita banda insieme ad altri colleghi scienziati e laureati costretti a fare lavori umilianti e creare una droga sintetica non inserita nell'elenco delle sostanze proibite dal governo e, dunque, legalmente commerciabile.
Questo aveva attirato l'attenzione di un boss criminale romano detto il Murena e, per evitare la galera ai suoi amici, Pietro Zinni si allea con la polizia per incriminarlo, anche se questo comporta per lui finire in prigione.
Da questo punto prende le mosse il sequel. Quando commercializzava con gran profitto le smart drugs, Alberto Petrelli (Stefano Fresi) aveva notato un grande cromatografo venir trasportato lungo le strade romane, ma non aveva potuto indagare oltre.
Mentre si trova in carcere, Pietro Zinni (Edoardo Leo) riceve una proposta da parte dell'ispettrice Paola Coletti (Greta Scarano): rimettere insieme la banda al fine di scovare altri spacciatori di smart drugs, il tutto agendo sotto copertura e senza l'appoggio formale degli organi di polizia. Se Zinni e la sua squadra riusciranno a neutralizzare un certo numero di bande criminali, la loro pena sarà del tutto annullata.
Per riuscire in questo intento, tuttavia, occorrono nuovi elementi. E non solo, il mistero del cromatografo nasconde in realtà un terribile segreto che rischia di mettere a ferro e fuoco Roma.
Potrebbe apparirvi strano, a un primo approccio, veder trasferita una trama prettamente americana (antieroi, inseguimenti, travestimenti, un villain determinato a seminare il caos) in un contesto molto, decisamente molto italiano.
Come spesso accade è una questione di mentalità. Aver visto simili trame create quasi sempre da americani e inserite nella società americana, mentre per quanto riguarda la società italiana ci siamo fossilizzati sul genere commedia, ci ha convinti che il cinema italiano simili storie non le possa creare.
E invece, come sempre, è solo una questione di volontà. Tra omaggi a Rambo, Ocean's ElevenFast and Furious e Indiana Jones (più magari altri che mi sono sfuggiti), questo secondo capitolo si rivela ancora più rocambolesco e pieno di sorprese del precedente e presenta una scena di inseguimento in treno che non sfigurerebbe affatto in un blockbuster americano.
Al tempo stesso, però, proprio perché calata in un contesto italiano, non abbiamo gli antieroi a cui ci ha abituato il cinema statunitense, bensì gente sfortunata, rigettata dalla società, ma che ha ancora a cuore valori come l'amicizia e la famiglia. E qualche battuta caciarona lungo la via dimostra ancor di più che sì, siamo proprio in Italia.
Ma questo non è un male, anzi, è giusto dare una certa impronta al film senza limitarsi a omaggiare in maniera rispettosa il cinema americano. Grazie a questo i protagonisti - non è semplice gestire più di dieci personaggi - e la storia acquistano una precisa fisionomia e donano coerenza e continuità, rendendo queste due pellicole una sorta di unicum.
Un unicum che però deve ancora trovare una risoluzione finale.

mercoledì 24 aprile 2024

Netflix Original 174: Enola Holmes


Il mito letterario di Sherlock Holmes continua a essere ben presente ancora al giorno d'oggi, oltre 130 anni dopo la pubblicazione della prima storia e dopo novant'anni dalla scomparsa dell'ideatore del personaggio, Arthur Conan Doyle.
Dopo la morte dello scrittore, sono fioccati gli apocrifi, il loro numero è ormai incalcolabile, è più numeroso delle stelle del firmamento. Li ha scritti persino uno dei suoi discendenti! E si sa, anche se il personaggio nelle sue origini era un totale misantropo, dopo un po' sono spuntati come funghi, grazie ad altri scrittori, mogli, eredi... e sorelle.
Già, perché secondo il famoso canone Sherlock Holmes ha un solo fratello, Mycroft. Ma... qualche tempo fa le cose sono cambiate.
Dal 2006, per la precisione, quando è uscito il primo romanzo della saga in sei parti The Enola Holmes Mysteries, scritta da Nancy Spinger, in quella che si definirebbe letteratura young adult. Tale romanzo viene adattato con Enola Holmes, diretto da Harry Bradbeer, scritto da Jack Thorne e distribuito su Netflix a partire dal 23 settembre 2020.
Enola Holmes (Millie Bobby Brown) è la sorella minore di Sherlock Holmes (Henry Cavill). Dopo la morte del padre e dopo che i suoi due fratelli si sono trasferiti a Londra, Enola Holmes è rimasta accanto alla madre Eudoria (Helena Bonham Carter), la quale è stata la sua tutrice e le ha insegnato anche alcune tecniche di combattimento.
Al compimento dei sedici anni, Enola scopre che la madre è scomparsa nel nulla, lasciando dietro di sé pochi, enigmatici messaggi. Mentre cerca di sfuggire ai due fratelli, soprattutto al rigido e severo Mycroft (Sam Claflin), la ragazza cerca di venire a capo del mistero, ma all'improvviso si ritroverà coinvolta in un enigmatico caso di sparizione di un giovane marchese, Lord Tewkesbury (Louis Partridge).
Come molte saghe letterarie che continuano secoli dopo essere state ideate, quella di Sherlock Holmes si è ormai distaccata dalle intenzioni originarie del suo creatore, che viveva in un periodo differente e aveva idee, per quanto progressiste, radicate in quel periodo. E dopotutto, chi è affezionato solo a quel canone letterario può sempre godere delle sue sessanta storie.
Ma Sherlock Holmes e il mondo che ruota attorno a lui oggi sono utilizzati anche con altri obiettivi, pur mantenendo il più delle volte l'ambientazione di base - l'Inghilterra tardovittoriana - e lo schema delle trame originario.
Tanto che il pubblico di riferimento dei libri da cui questo film prende spunto non era certo nelle priorità di Arthur Conan Doyle, ovvero gli adolescenti e in particolar modo le giovani lettrici.
Giovani lettrici che all'epoca di Conan Doyle, se sapevano leggere (non così scontato per le classi meno abbienti nel diciannovesimo secolo), erano più interessati ai feuilleton o alle opere romantiche. L'interesse del pubblico, non solo di quello femminile, si è espanso però da quei tempi lontani.
Ecco dunque che al centro di questo film troviamo una ragazza che deve imparare a conoscere il mondo, che fino a quel momento le è stato precluso, e trovare un proprio giusto posto in questo mondo. Cercando al contempo anche una propria indipendenza, se questo è possibile, che prescinda dagli uomini e dalle autorità.
Enola Holmes, attraverso l'indagine sul marchese scomparso, compie dunque anche un viaggio interiore, un viaggio alla ricerca di sé stessa, mentre scopre al contempo sia le cose belle che le cose brutte che questo mondo ha da offrirle e come lei possa fare la propria parte, senza necessariamente piegarsi alla volontà predominante.
Ovviamente non ci si dimentica che questo è un prodotto per le masse e dunque si contorna il tutto con un sano mystery, scene di combattimento, esplosioni, amori adolescenziali e qualche piccolo dramma. Solo in certi punti, almeno è una mia impressione, non si era ben chiari su quale direzione dovesse prendere la trama, pur essendo chiaro quale fosse l'epilogo.
Ma l'epilogo non è rappresentato da questo unico film: la saga originaria è in sei parti e dunque Enola Holmes può dunque ancora offrire altre sorprese. E svelare altri misteri.

martedì 23 aprile 2024

Fabolous Stack of Comics - Camelot 3000


Le storie legate ai miti arturiani hanno attraversato letteralmente i secoli, giungendo a decine di generazioni.
Sin dal Medioevo, infatti, le storie incentrate su Re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda, col loro carico di eroismo e tragedia, hanno appassionato migliaia di persone. Storie che, attraversando i secoli, sono inevitabilmente anche poi state plasmate per le masse, per il grande pubblico e per tempi molto diversi e distanti rispetto al Medioevo.
Ma forse nessuno si sarebbe aspettato di veder catapultato il mito arturiano in uno scenario futuristico. Eppure questo è ciò che avviene in Camelot 3000, maxiserie di dodici numeri pubblicata dalla DC Comics tra il 1982 e il 1985, scritta da Mike W. Barr e disegnata da Brian Bolland.
Nell'anno 3000, il pianeta Terra viene invaso da una malvagia razza extraterrestre. Mentre molte città cadono sotto il giogo degli attacchi alieni, un giovane inglese di nome Tom Prentice cerca di fuggire insieme ai suoi genitori.
Purtroppo un assalto alieno uccide i genitori e per salvarsi, Tom Prentice si rifugia in una caverna. Qui vi trova la tomba di Re Artù che, una volta aperta, rivela la figura dell'ex sovrano bretone, pronto a tornare sulla scena nel momento di maggior bisogno della Terra, come profetizzato nei tempi antichi.
Ma per sconfiggere il nemico proveniente da lontano, Re Artù avrà bisogno di ritrovare i suoi fedeli alleati, ovvero Merlino e i Cavalieri della Tavola Rotonda. E dietro l'invasione aliena c'è in realtà una sua vecchia e letale conoscenza.
C'è un approccio che viene fatto rispetto alla fantascienza che spesso è stato usato in maniera abile e intelligente. Ovvero, ambientando gli eventi della storia in uno scenario distante e futuro, sfruttare suddetto scenario per parlare in realtà del proprio presente.
Ed è ciò che viene fatto in quest'opera da parte di Mike W. Barr che, sfruttando personaggi radicati in un'epoca passata e distante, trasferisce tali personalità eroiche, ma conservatrici, in un futuro sull'orlo dell'apocalisse, dove il presente del tempo dello sceneggiatore fa capolino.
Tre periodi temporali che dunque convergono per narrare, sotto la metafora dei cavalieri coraggiosi e senza paura che combattono un nemico proveniente da un pianeta lontano, le tematiche sociali dell'epoca, inserendo argomenti come l'identità sessuale (con tanto di un personaggio transgender), il razzismo e le disparità tra classi ricche e popolazione povera.
Lo sceneggiatore, tuttavia, non si limita a stilare un semplice trattato sociale e, di concerto con un disegnatore la cui abilità è fuori scala, concepisce una trama certo intuibile e semplicistica in certi punti, ma piena di azione, combattimenti e colpi di scena.
Camelot 3000 è uno dei tanti esempi che dimostrano che si possono utilizzare personaggi ormai divenuti universali e, proprio grazie a questa loro natura, calarli in ogni possibile contesto narrativo, anche il più improbabile, e senza snaturarli far giungere al lettore dei messaggi altrettanto universali.
Magari alcuni di questi messaggi, alcuni decenni dopo, saranno ormai datati, ma questo non significa che la storia in sé ne risulti compromessa.

sabato 20 aprile 2024

A scuola di cinema: Assassinio allo Specchio (1980)

1962: Viene pubblicato il romanzo Assassinio allo Specchio (The Mirror Crack'd from Side to Side), scritto da Agatha Christie.
Ambientato a St. Mary Mead, vede protagonista Jane Marple che - in convalescenza a casa per via di una caduta - viene a sapere dell'arrivo nel villaggio di Marina Gregg e Jason Rudd, attrice e produttore cinematografici.
Durante un party di inaugurazione della loro nuova casa, una donna di nome Heather Badcock muore all'improvviso, per via di un drink che risulta avvelenato. Un drink che in origine era destinato a Marina Gregg.
Mentre Scotland Yard indaga e Miss Marple riceve informazioni al riguardo dall'ispettore Dermot Craddock, essendo ancora confinata a casa, altre due persone dell'entourage di Marina Gregg vengono assassinate e si inizia a temere che qualcuno l'abbia presa di mira.
Miss Marple capirà infine che la risoluzione del mistero risiede in un tragico evento del passato.
La EMI Films, che negli anni precedenti ha prodotto due adattamenti tratti da opere di Agatha Christie, nello specifico Assassinio sull'Orient Express (Murder on the Orient Express) e Assassinio sul Nilo (Death on the Nile), ha opzionato altre opere della scrittrice inglese, tra cui anche quelle che vedono protagonista l'altro celebre personaggio da lei ideato, ovvero Jane Marple.
Alla quale ora spettano gli onori della ribalta.


Già in passato, negli anni '60 del ventesimo secolo, erano stati prodotti alcuni film con protagonista Jane Marple. Ben quattro pellicole, dove a interpretare la celebre detective vi era Margaret Rutherford.
Una scelta, a dire il vero, non molto gradita ad Agatha Christie, e non per critica alle capacità attoriali della donna, bensì perché costei - secondo il suo punto di vista - con la sua personalità brillante era troppo distante dalla sua idea di Jane Marple, un personaggio tranquillo e riflessivo.
Un fatto che, inclusi altri fattori, aveva portato la scrittrice a negare per qualche tempo i diritti di sfruttamento cinematografici delle sue opere, fino a quando aveva dato il suo benestare per Assassinio sull'Orient Express.
L'intenzione originaria è quella di produrre una trilogia incentrata su Jane Marple e nel 1979 viene trovata l'interprete adatta, ovvero Angela Lansbury, la quale era presente con una parte rilevante anche in Assassinio sul Nilo. La produzione crede così tanto in lei che le lascia concludere, prima di coinvolgerla nel progetto, una tournee di Broadway dell'opera musicale Sweeney Todd.
In mancanza di un benestare da parte di Agatha Christie, scomparsa quattro anni prima, l'attrice viene ritenuta la scelta perfetta in quanto simile a quella che è la descrizione fisica del personaggio, seppur non sia all'epoca così anziana quanto Jane Marple.
Una prima sceneggiatura viene scritta da Jonathan Hales, il quale si concentra maggiormente sulla parte investigativa, venendo infine revisionata da Barry Sandler, che si dedica principalmente invece a delineare i protagonisti. La regia viene affidata a Guy Hamilton.
In contrasto con l'opera originale, i cui eventi si verificano negli anni '60 del ventesimo secolo, si decide di ambientare la storia nel 1953, l'anno dell'incoronazione della regina Elisabetta II. Così al direttore di casting Dyson Lovell viene in mente di utilizzare, per i personaggi di nazionalità americana, vecchie glorie del cinema di quell'epoca.
Vengono messi così subito sotto contratto Tony Curtis e poi Rock Hudson, nel ruolo di Jason Rudd, e Natalie Wood, nel ruolo di Marina Gregg. Ma quest'ultima in un secondo momento, forse per dispute contrattuali, decide di ritirarsi dal progetto.
Rock Hudson propone allora di contattare la sua cara amica Elizabeth Taylor, ponendo il tutto come condizione per la sua partecipazione. La produzione in principio è esitante. L'attrice infatti è scomparsa dai radar delle produzioni cinematografiche da circa due anni, sta prendendo antidepressivi a seguito del fallimento del secondo matrimonio con Richard Burton e una tumultuosa relazione con il senatore John Warner, ma soprattutto si teme che possa chiedere un ingaggio troppo alto.
Rock Hudson rassicura tutti: agirà da garante e farà sì che l'attrice accetti un compenso parificato al suo. Quando Elizabeth Taylor viene contattata, una molla che la spinge ad accettare è il fatto che sul set ritroverà amici di lunga data e stare insieme a loro la aiuterà a dimenticare le passate traversie per un po'.
Infine, per il ruolo di Lola Brewster, la rivale di Marina Gregg, viene ingaggiata Kim Novak, anche lei con alle spalle negli ultimi anni solo apparizioni sporadiche e perlopiù in ruoli secondari.
Il 27 agosto 1979, mentre si trova in vacanza presso il villaggio di Mullaghmore, situato nella contea di Sligo in Irlanda, il produttore John Brabourne rimane coinvolto in un attentato dell'IRA (Irish Republican Army) mentre si trova su una barca insieme alla propria famiglia. Le conseguenze dell'attentato, avvenuto tramite una bomba piazzata dall'IRA sull'imbarcazione privata Shadow V e controllata a distanza, sono devastanti.
Oltre al conte Louis Mountbatten, principale obiettivo del gruppo terrorista, l'attentato reclama infatti altre vittime, tra cui la madre di John Brabourne e Nicholas, uno dei suoi figli. John Brabourne, insieme alla moglie e un altro dei suoi figli, rimane invece gravemente ferito e deve affrontare un periodo di riabilitazione di alcuni mesi. Dopodiché torna a lavorare alla produzione del film.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 12 maggio 1980, tenendosi nella contea inglese di Kent, per concludersi il 18 luglio.
Assassinio allo Specchio (The Mirror Crack'd) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 19 dicembre 1980. A fronte di un budget di cinque milioni e mezzo di dollari, la pellicola arriva infine a incassare 11 milioni di dollari.
Il risultato non è ritenuto all'altezza delle aspettative, tanto che il progetto di un secondo film con Miss Marple già programmato, Appointment with Murder, viene subito messo da parte, bloccando così sul nascere i piani per una trilogia.
Angela Lansbury, tuttavia, non rimane troppo lontana dal genere giallo, poiché dal 1984 inizia a interpretare un'altra investigatrice, Jessica Fletcher, nel celebre serial La Signora in Giallo (Murder, She Wrote).
Ma se Jane Marple per il momento non prosegue la sua carriera cinematografica, sulla cresta dell'onda vi è ancora Hercule Poirot, pronto ad apparire in un nuovo film... ma questa è un'altra storia.

mercoledì 17 aprile 2024

Fabolous Stack of Comics: Wolverine - Il Tuo Peggior Nemico


Nello scenario di Krakoa emerso a seguito di House of X/Powers of X, lui non poteva di certo mancare. Stiamo parlando di Wolverine, personaggio mutante tra i più popolari, se non il più popolare, nonché il più riconoscibile dei personaggi Marvel dal pubblico generalista.
Mentre Hugh Jackman si appresta a sfoderare gli artigli un'altra volta, Wolverine - già attivo come componente di X-Force - ha tempo di vivere anche delle avventure in solitaria in una nuova serie regolare iniziata nel 2020. La prima saga di cinque numeri, intitolata Il Tuo Peggior Nemico (Your Own Worst Enemy) è scritta da Benjamin Percy e disegnata da Adam Kubert e Viktor Bogdanovic.
Durante una missione di X-Force, Wolverine entra in contatto con un misterioso polline in grado di creare allucinazioni molto reali e che una setta vuole utilizzare per acquisire poteri mutanti. Dietro questo insolito traffico di stupefacenti vi è un nuovo nemico i cui scopi sono in apparenza insondabili.
Per venire a capo del mistero, in assenza dei suoi compagni di squadra caduti in coma per via del polline, Wolverine deve allearsi con l'agente della CIA Jeff Bannister, che da tempo chiede a Krakoa una cura per la figlia malata.
Successivamente, Wolverine dovrà fare i conti con l'arrivo a Krakoa di un suo vecchio nemico, Omega Red. A tutti i mutanti è concessa ospitalità, anche a lui dunque, nonostante Logan non si fidi affatto. E fa bene, poiché Omega Red si è alleato con la nazione dei vampiri di Dracula per un misterioso obiettivo che vede proprio Wolverine come pedina principale.
In uno scenario davvero corale che più corale non si può come quello di Krakoa, risulta difficile incentrare una serie su un singolo personaggio. Difficile, ma non impossibile, visto che ci siamo già imbattuti nella testata di Cable.
Wolverine crede molto nel sogno di Xavier, ma al tempo stesso è un guerriero che ama agire in solitario portando avanti un suo personale concetto di giustizia, il quale adesso è in contrasto coi dettami del Consiglio dell'isola.
Ci troviamo dunque di fronte a un antieroe che sembra infine veder realizzato il sogno di integrazione per cui si è speso in prima persona negli anni precedenti, ma al tempo stesso desidera ancora battersi contro quelle minacce che mettono in pericolo quel sogno.
Con le trame principali indirizzate altrove, ci si concentra su alcuni aspetti del mondo mutante, in particolar modo quelli riguardanti Wolverine, creando in queste prime storie sia un nuovo avversario che riportando sulla scena uno dei suoi nemici storici.
Quindi trame incentrate molto sull'azione, poco sull'introspezione - diciamo quel tanto che basta in un'occasione del genere - e le consuete artigliate che ristabiliscono l'ordine. Per il momento è più che sufficiente.

martedì 16 aprile 2024

Prime Video Original 89: Road House


Nel 1989, esce Il Duro del Road House, epitome di una certa tipologia di film d'azione predominanti in quel decennio, e che tuttavia si distingueva per la profonda umanità del protagonista, interpretato da Patrick Swayze.
Per uno di quegli strani scherzi del destino, questo film negli anni ha conseguito una sorta di status di culto - forse anche per via della prematura scomparsa dell'attore - venendo apprezzato da più generazioni e continuando a essere lodato.
E sapete come funziona il cinema, a volte. Se un prodotto funziona, perché non rifarlo? Ecco dunque Road House, diretto da Doug Liman, scritto da Anthony Bagarozzi, Charles Mondry e David Lee Henry e distribuito su Amazon Prime Video a partire dal 21 marzo 2024.
Elwood Dalton (Jake Gyllenhaal) è un ex lottatore della UFC caduto in disgrazia, che si guadagna da vivere combattendo nei circuiti clandestini. Un giorno viene contattato da Frankie (Jessica Williams), un'imprenditrice della Florida che vuole assumerlo come buttafuori del suo road house, il quale è frequentato in parte da gente poco raccomandabile.
Dopo qualche esitazione Dalton accetta, ma ben presto si ritrova di fronte a qualcosa di non previsto. Il Road House, infatti, è nel mirino per qualche misterioso motivo di Ben Brandt (Billy Magnussen), uno spietato criminale che naviga nel lusso. Ma il nemico più insidioso per Edwood Dalton potrebbe rivelarsi il suo insidioso passato.
Un remake di solito si pone l'obiettivo di riprendere il film originario e attualizzarlo, considerato che nel mentre qualche anno o decennio sono passati. E sì, di certo il 2024 è molto differente rispetto al 1989, anche solo per la concezione di eroe cinematografico, da cui pure il personaggio interpretato da Patrick Swayze cercava in parte di distaccarsi.
Lo scheletro della trama originaria viene ovviamente ripreso (l'eroe contro il criminale e il suo sanguinario scagnozzo, la storia d'amore con una dottoressa, gli interessi economici che circondano il Road House), ma partendo da queste basi si cerca anche di costruire qualcosa di diverso.
A partire dalle ambientazioni. La pellicola originaria era ambientata principalmente di notte, nel Missouri popolato da "bifolchi", a sottolineare una certa oscurità della trama di fondo. Il remake invece si svolge nell'assolata Florida e la maggior parte delle scene, quasi tutti i combattimenti in particolar modo, avvengono di giorno, come a voler sottolineare un tono più leggero rispetto al passato.
Anche i protagonisti secondari, a partire dai villains, sono abbastanza fuori di testa, forse perché replicare Ben Gazzara in chiave seria oggi non funzionerebbe.
Il protagonista, invece? A mio avviso Jake Gyllenhaal non ha attualizzato il Dalton di Patrick Swayze, bensì ha cercato di fornire un'interpretazione aggiornata, e un po' più light, del suo stesso personaggio di Southpaw: L'Ultima Sfida. Diviso tra il tormento per alcuni eventi del passato e il desiderio di trovare una nuova strada, ma con un lato oscuro pronto a emergere e a seminare il caos.
Una personalità così preminente da offuscare tutte le altre, mentre nel film originario vi era un po' di spazio anche per gli altri protagonisti, nonostante la personalità imponente di Patrick Swayze.
Quindi chi volesse guardare questo remake nella speranza di ritrovarci le atmosfere de Il Duro del Road House resterà deluso. Questo è un film per il pubblico "moderno" (qualsiasi cosa voglia dire) e che il passato lo tratta solo in termini di rispetto. Ma questo è appunto passato.

lunedì 15 aprile 2024

Disney+ Original 24: Chang a Canestro


Lo sport - e i film sugli sport - si rivela spesso un argomento perfetto per narrare storie di integrazione e accettazione. Dopotutto, se uno è bravo da un punto di vista atletico, quale importanza possono avere il suo credo religioso o la sua provenienza?
Storie di integrazione di campioni sportivi si sono viste anche in Italia, neanche a dire nel calcio che è lo sport più popolare da sempre, ma anche nell'atletica o nella pallavolo. Negli Stati Uniti, invece, che rappresentano un crogiolo di culture, vi sono varie altre discipline che catturano l'attenzione del pubblico, come il football... o il basket.
E il basket e la sua capacità di far realizzare certi sogni sono oggetto del film Chang a Canestro (Chang Can Dunk), scritto e diretto da Jingyi Shao e distribuito su Disney+ a partire dal 10 marzo 2023.
Chang (Bloom Li) è un sedicenne, immigrato di seconda generazione, fan di Kobe Bryant e appassionato di musica. Durante le lezioni di ginnastica viene continuamente prevaricato dal coetaneo Matt (Chase Liefeld), più forte e abile atleticamente.
Le cose si complicano in maniera ulteriore con l'arrivo nella scuola di Kristy (Zoe Renee), una ragazza da cui Chang rimane subito affascinato. Per dimostrare di valere qualcosa agli occhi della gente, Chang scommette con Matt che in poche settimane sarà in grado di effettuare una schiacciata a canestro.
Ora però il ragazzo, che è alto neanche un metro e settanta, deve trovare un modo per vincere questa scommessa, da cui dipende anche il suo futuro.
Ormai anche in Italia è ben presente una fascia di popolazione nota come immigrati di seconda generazione (anche di terza, a dire il vero). Ovvero ragazzi figli di immigrati ma nati su territorio italiano. Che dunque parlano italiano in maniera fluente, studiano in scuole italiane e, una volta entrati nel mondo del lavoro, pagano le tasse in Italia.
Un fenomeno ben presente anche negli Stati Uniti, che in questi ultimi anni hanno visto arrivare flussi di immigrazione differenti dal passato e che coincidono coi nostri, ovvero di persone provenienti dai paesi orientali, i quali hanno una cultura differente e si devono ambientare in una società con le proprie regole e consuetudini.
Regole e consuetudini che non si applicano talvolta ai loro figli, poiché nascono circondati da esse. Nonostante questo, alcuni devono lottare - in una società spesso ottusa e conservatrice - per farsi accettare.
E la storia di Chang alla fine è proprio questo: il più classico dei racconti di integrazione, di un ragazzo che è escluso da una certa parte della scuola da lui frequentata e al tempo stesso accettato per quello che è da un'altra parte, composta perlopiù di reietti come lui.
La sfida che lui lancia diventa dunque una (evidente) metafora di come per fare parte di quella parte che non lo accetta occorra rispettare certi standard - e per una volta la provenienza o il colore della pelle contano davvero poco - e adeguarsi, come diceva il Principe.
Ma sarà davvero questo il modo migliore per integrarsi? O forse Chang ha già a disposizione tutti gli strumenti per conseguire la propria felicità? La risposta arriverà coi dolori della crescita e il confronto coi suoi coetanei e con la madre, nata in Giappone.
Poiché l'accettazione degli altri passa anche dall'accettazione di sé stessi.

domenica 14 aprile 2024

A scuola di cinema: Mosca a New York (1984)

1905: Da un treno in movimento salta una persona, seppur questo possa costargli la vita. Costui, originario di Kiev, è un soldato dell'esercito russo, il quale è insofferente rispetto all'autoritario regime zarista. Con molte difficoltà, il soldato si imbarca su una nave, diretta verso gli Stati Uniti. Su questa stessa nave incontra la futura moglie.
Giunta negli Stati Uniti, la coppia riesce a costruirsi una nuova vita e i due coniugi hanno dei figli, i quali a loro volta si creano una famiglia e hanno dei figli. Uno di questi è il futuro regista Paul Mazursky, che dalla storia di suo nonno e della sua famiglia molti anni dopo trae spunto per una pellicola.


Dopo aver lavorato con profitto, insieme allo sceneggiatore Leon Capetanos, per il film Tempesta (Tempest), Paul Mazursky decide di rinnovare la collaborazione con lui prendendo come riferimento - partendo dalle esperienze del nonno - le storie di immigrazione del popolo russo.
Il completamento della sceneggiatura si rivela lungo e laborioso e va avanti per quasi un anno, poiché i due autori decidono di portare avanti un importante lavoro di indagine e ricerca sul campo, intervistando molti immigrati russi che vivono a New York e Los Angeles.
Dopo il completamento della prima bozza, Paul Mazursky e Leon Capetanos visitano per tre settimane circa le città russe di Kiev, Mosca e San Pietroburgo, dove intervistano alcuni residenti del luogo, scoprendo che costoro, anche se potessero andarsene dal paese e questo migliorerebbe la loro vita, si lascerebbero comunque alle spalle qualcosa di importante per la loro esistenza, inoltre sarebbero costretti ad abbandonare la loro famiglia.
La sceneggiatura viene infine opzionata dalla Columbia Pictures, mentre nel frattempo Paul Mazursky cerca un attore adatto che possa interpretare il personaggio principale, Vladimir Ivanov. La sua scelta ricade infine su Robin Williams, per la sua capacità di essere sempre in bilico tra ironia e dramma e di passare dall'una all'altro con abilità e semplicità.
Nei mesi che rimangono prima dell'inizio delle riprese, per prepararsi al meglio alla parte, l'attore studia le consuetudini dell'allora Unione Sovietica, comincia a prendere lezioni di russo da un attore madrelingua e al contempo anche delle lezioni di musica per imparare a suonare il sassofono, caratteristica del suo personaggio.
La dedizione di Robin Williams nel padroneggiare come suonare questo strumento musicale si rivela aldilà delle aspettative, tanto che il suo insegnante afferma infine che in pochi mesi ha raggiunto un livello di abilità che di solito chiunque altro raggiunge in due anni.
Anche la padronanza della lingua russa, con lezioni giornaliere di cinque ore, arriva a un buon livello, tanto che alla fine l'attore è in grado, oltre che a non far sentire troppo il proprio accento americano, di intrattenere una conversazione con gli attori russi presenti sul set.
Le riprese iniziano in via ufficiale l'undici luglio 1983.
Come noto all'epoca era praticamente impossibile ottenere un autorizzazione dalle autorità russe per girare in loco, ancor più se si trattava di una produzione americana.
Dopo aver ispezionato alcune città, tra cui Stoccolma, Vienna ed Helsinki, Paul Mazursky decide che la migliore location per le riprese ambientate in Russia sia Monaco di Baviera, dove peraltro vivono molti russi e dove è presente uno studio cinematografico - Bavaria Studios- nel quale si possono ricreare le strade di Mosca durante il periodo invernale senza dover chiedere lunghe e burocratiche autorizzazioni per scene in esterno.
Dopo circa un mese di riprese, la troupe si trasferisce a New York, per continuare e concludere la lavorazione.
Nell'intento di dare maggiore autenticità alla pellicola, il regista Paul Mazursky decide di utilizzare, come comparse o per dei ruoli secondari, attori di nazionalità russa, che vengono trovati tramite apposite agenzie di casting o inserendo degli annunci su quotidiani in lingua russa presenti nelle città di Monaco e New York.
Tra questi attori vi è Saveliy Kramarov, che in una sorta di esempio di realtà che imita l'arte aveva defezionato dall'Unione Sovietica, rinunciando a una brillante carriera cinematografica in madrepatria in cambio di una nuova vita e libertà religiosa.
Anche negli Stati Uniti, tuttavia, Saveliy Kramarov ha la possibilità di continuare a recitare e questo film rappresenta la sua prima produzione americana (ironicamente, interpreta la parte di un agente del KBG, i servizi segreti dell'allora Unione Sovietica), e altre ne seguiranno negli anni successivi.
Mosca a New York (Moscow on the Hudson) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 6 aprile 1984. A fronte di un budget di 13 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare 25 milioni di dollari.
C'è qualcuno che non è molto felice di questo e non per motivazioni prettamente cinematografiche. Si tratta dell'artista Saul Steinberg. Costui, notando il poster che accompagna l'uscita del film, dove è presente una vista dall'alto della città di New York, cita in giudizio la produzione, affermando che tale poster ha copiato una sua illustrazione pubblicata sulla copertina della rivista New Yorker nel marzo 1976, View of the World from 9th Avenue.
Nel 1987 un tribunale di New York si pronuncia infine in favore del querelante, poiché anche a un primo sguardo di un non esperto si possono notare delle similarità, e per questo a Saul Steinberg viene concesso un risarcimento.
Alcuni anni dopo, Paul Mazursky concepisce l'idea per un sequel, intitolato Moscow on the Rocks, di cui arriva a scrivere anche la sceneggiatura. In questo seguito il protagonista è ancora Vladimir Ivanov, ora divenuto un importante ma al tempo stesso spietato uomo d'affari, che utilizza perlopiù manodopera a basso costo composta da immigrati.
La situazione cambia quando Vladimir ritorna in Russia, in uno scenario politico diverso da quello che aveva lasciato, per festeggiare il matrimonio di sua sorella e al tempo stesso innamorarsi di una dottoressa del posto.
Per anni il regista cerca di farsi dare il via libera per questo progetto ma, unito al fatto che nel frattempo Robin Williams è divenuto una star di primo piano ed è molto più richiesto rispetto al passato, esso non va mai in porto. Ogni residua possibilità svanisce infine con la scomparsa sia di Paul Mazursky che di Robin Williams, avvenute ironicamente nello stesso anno, il 2014.
E questa è la fine della storia.

sabato 13 aprile 2024

A scuola di cinema: American Gigolò (1980)

1976: Mentre sta tenendo lezioni di sceneggiatura presso l'aula di cinema della UCLA (University of California, Los Angeles), lo scrittore Paul Schrader tenta di dare alcuni input agli studenti in merito alle professioni dei protagonisti dei film.
Nel corso di queste lezioni, Paul Schrader rimane intrigato dall'idea di una figura maschile che si guadagni da vivere come Gigolò, definendolo un "American Gigolo". Così intrigato da scriverne infine una sceneggiatura, nello stesso anno in cui esce nelle sale cinematografiche un altro film da lui ideato e del tutto diverso, Taxi Driver. Questo rappresenta il primo passo verso la produzione di una celebre pellicola.


Poco meno di due anni dopo, la sceneggiatura di Paul Schrader viene opzionata dalla Paramount Pictures. Nel gennaio del 1978 viene trovato e messo sotto contratto l'attore protagonista, John Travolta, per il ruolo principale di Julian Kay, dietro un compenso di due milioni di dollari. All'epoca John Travolta è sulla cresta dell'onda grazie al successo de La Febbre del Sabato Sera (Saturday Night Fever), prodotto sempre dalla Paramount.
La partecipazione di John Travolta al progetto non si limita solo alla firma del contratto. L'attore, infatti, si reca a Milano, dove lo stilista Giorgio Armani prepara per lui circa 30 vestiti modellati sulla sua figura, da utilizzare durante le riprese. Sfruttando uno di questi vestiti, John Travolta compare in un annuncio pubblicitario sulla rivista Variety per annunciare la sua futura partecipazione al film.
Le cose, però, precipitano in maniera rapida. In quello stesso anno, Helen Cecilia Burke, la madre dell'attore, muore e il padre Salvatore si ammala in maniera grave. John Travolta rimane accanto alla sua famiglia e così l'inizio delle riprese, previsto per il 1978, viene spostato all'inizio dell'anno successivo.
Qualche tempo dopo, però, John Travolta chiede di poter avere la parola decisiva sul montaggio finale, ma Paul Schrader non è molto accondiscendente al riguardo. A chiudere la questione, alla fine dell'anno esce il film Attimo per Attimo (Moment by Moment), il quale si basa su un presupposto della sceneggiatura di Paul Schrader, ovvero la relazione tra un uomo giovane e una donna matura. Un film che si rivela un tremendo flop.
Temendo che un simile destino possa capitargli ancora, John Travolta si ritira dunque dal progetto, ma decide di tenere per sé l'intero set di vestiti preparato da Giorgio Armani, anche perché concepito esclusivamente su di lui.
Dovendo trovare un sostituto in tempi rapidi, la Paramount offre la parte e un compenso di un milione di dollari a Christopher Reeve, ma l'attore ritiene che non ci sia il tempo necessario per prepararsi in maniera adeguata e decide dunque di rinunciare.
A quel punto la produzione si rivolge a quella che era la prima scelta di Paul Schrader, ovvero Richard Gere. Costui all'epoca ha già qualche film all'attivo, ma non è ancora una star di successo come John Travolta o Christopher Reeve.
Questo permette alla Paramount di offrirgli un ingaggio di soli 350.000 dollari, più una percentuale degli incassi della pellicola. Intrigato dal personaggio e dalla sceneggiatura, Richard Gere accetta comunque la parte, nonostante abbia solo due settimane di tempo per prepararsi.
Il lungo processo di casting del protagonista ha effetti anche sull'assegnazione del ruolo della protagonista femminile, Michelle Stratton. In principio, infatti, la parte viene proposta a Jessica Lange, che ritiene tuttavia la trama troppo cupa. Viene messa dunque sotto contratto Julie Christie ma, a seguito dei ritardi nella produzione, viene tenuta un'audizione a Glenn Close.
Al suo arrivo l'attrice trova otto persone sedute attorno a un tavolo e John Travolta sdraiato su un letto. Glenn Close non ricorda le battute che deve pronunciare, così come Travolta del resto, ma questo a quanto pare non è l'obiettivo principale dell'audizione, che vuole vedere se possa scattare una chimica lavorativa tra i due protagonisti e se l'attrice sia in grado di essere seducente. L'esperienza si rivela per Glenn Close, infine, decisamente umiliante.
Si opta infine, dopo l'abbandono di John Travolta, per un'altra scelta di Paul Schrader, ovvero Lauren Hutton.
Per rientrare dalle spese già sostenute e in virtù del fatto che al film non partecipano più attori di rilievo, la Paramount prende la decisione di quasi dimezzare il budget originario.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 13 febbraio 1979, tenendosi a Los Angeles, Malibu e Beverly Hills, per concludersi a metà aprile del 1979.
American Gigolò (American Gigolo) viene distribuito nei cinema americani a partire dal primo febbraio 1980. A fronte di un budget di poco inferiore a 5 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale oltre 52 milioni di dollari.
Al successo del film contribuisce anche la colonna sonora, composta da Giorgio Moroder, e in particolar modo la canzone Call Me, concepita dallo stesso Moroder in collaborazione con la cantante Debbie Harry, del gruppo Blondie. Questa canzone diviene in breve tempo una hit internazionale.
La pellicola diventa anche una sorta di product placement involontario per la casa di moda guidata da Giorgio Armani, il quale ha fornito un nuovo set di vestiti per Richard Gere, ma che è uno stilista a quel tempo poco noto negli Stati Uniti, contribuendo così alla diffusione del suo marchio anche in questa nazione.
Oltre quarant'anni dopo l'uscita del film, nel 2022, American Gigolò ritorna sotto forma di una serie televisiva prodotta da Jerry Bruckheimer, il produttore del film stesso, la quale viene trasmessa sulla rete Showtime, con Jon Bernthal e Gretchen Mol nei ruoli che furono di Richard Gere e Lauren Hutton.
La serie si pone come un vero e proprio sequel della pellicola, ambientato circa 15 anni dopo, che vede Julian Kay tentare di riprendere i rapporti con Michelle Stratton cercando al contempo di trovare il proprio posto in una Los Angeles molto diversa da quella a cui era abituato e dove il sesso è divenuto una vera e propria industria.
La serie incontra molte difficoltà, incluso il licenziamento dello showrunner David Hollander, e viene cancellata dopo una sola stagione composta da otto episodi.
La carriera di Richard Gere, invece, a seguito di questa pellicola, decolla permettendogli di divenire una star di primo piano. Un successo che viene confermato dal film successivo, Ufficiale e Gentiluomo (An Officer and a Gentleman)... ma questa è un'altra storia.

venerdì 12 aprile 2024

Fabolous Stack of Comics: Fear Agent - Me Contro Me


Stiamo per giungere alla stretta finale della serie Fear Agent. Dopo i travagli che il martoriato protagonista, Heath Huston, ha dovuto affrontare, è tempo che si prenda la sua rivincita sugli eserciti alieni dei Dresseniani e dei Tetaldiani, che hanno devastato la Terra e distrutto la sua esistenza.
Nella saga precedente, Colpo Basso, Heath Huston stava passando al solito dei grossi guai. Mentre Mara trovava la sua fine in un atto di vendetta non portato a termine, l'ultimo dei Fear Agent finiva prigioniero in un arena di gladiatori, salvo poi precipitare in un portale dimensionale, verso morte certa... apparente.
Così non è, infatti, e Heath Huston ricompare nella penultima saga Me Contro Me (I Against I), scritta da Rick Remender e disegnata da Tony Moore.
Fuoriuscito dal portale dimensionale ancora miracolosamente vivo, Heath Huston si ritrova catapultato su un altro pianeta, dove è presente una città che sembra fuoriuscita da un film western classico e dove predominano gli antichi valori religiosi e uno stile di  vita puritano. Qui ritrova la moglie Charlotte, sopravvissuta anche lei a un attacco dei Tetaldiani.
La città, tuttavia, di pacifico e tranquillo non ha proprio nulla. Vi è una spietata forza di polizia che la sorveglia e la tormenta: e a capo di essa vi è una vecchia conoscenza di Heath Huston. Qualcuno che lui conosce come le sue tasche.
Nella vita di un alcolista incallito giunge prima o poi il momento in cui si tocca il fondo. E a quel punto ci sono due strade: continuare a rimanere sul fondo e lasciarsi andare, oppure trovare il modo di reagire e risalire. Si dice spesso che solo quando tocchi il fondo comprendi la gravità dei tuoi errori e puoi provare a rimediare.
Questo è sicuramente vero per Heath Huston. Dopo le prime due saghe in cui appariva come una sorta di tragica vittima delle circostanze e le saghe più recenti che ci hanno mostrato invece i suoi lati più oscuri, questo personaggio aveva toccato il fondo.
Per via di quello che ha passato, ma anche per via del fatto che ha scoperto di avere ancora qualcosa per cui vivere (la ritrovata moglie, una figlia), a partire da questo penultimo ciclo - meglio tardi che mai, dopotutto - il protagonista comincia la sua decisa risalita dal baratro.
Ammette dunque gli errori del proprio passato, guardandosi metaforicamente allo specchio, e inizia a combattere per garantire un futuro ai propri cari e all'umanità tutta, abbandonando al contempo i suoi vizi deleteri.
E quale modo migliore di dimostrarlo se non affrontando una sua versione spietata e corrotta? L'Heath Huston malvagio che compare in questo ciclo è come avrebbe potuto diventare il protagonista se avesse proseguito nella sua parabola distruttiva. Il fatto che si confronti letteralmente col suo peggior incubo, ovvero sé stesso, lo mette di fronte alle proprie fragilità e gli fornisce allo stesso tempo quella spinta morale che lo instrada verso un nuovo percorso.
Mr. Hyde che si trova dunque di nuovo di fronte al Dr. Jekyll, solo che stavolta c'è in gioco il destino di un intero pianeta. Anzi, svariati pianeti. Ma la semplice forza di volontà sarà sufficiente? Solo l'ultimo ciclo potrà darci la risposta.

mercoledì 10 aprile 2024

Italians do it better? 42: Bentornato Presidente (2019)


In Benvenuto, Presidente! abbiamo conosciuto l'onesto e simpatico Giuseppe "Peppino" Garibaldi. Un uomo che, per uno strano scherzo del destino, è divenuto Presidente della Repubblica e che nel suo piccolo ha cambiato le cose e ha trovato l'amore.
Ma si sa che l'Italia ha l'abitudine di ricadere negli stessi errori di un tempo e dunque occorre che il nostro eroe faccia il suo trionfale (?) ritorno. Il tutto avviene in Bentornato Presidente, diretto da Giancarlo Fontana e Giuseppe Stasi, scritto da Fabio Bonifacci e Nicola Giuliano e distribuito nei cinema nel marzo 2019.
Sono alcuni passati alcuni anni da quando Peppino Garibaldi (Claudio Bisio) è stato eletto Presidente della Repubblica. Ormai costui vive nel suo piccolo paese di nascita insieme alla moglie Janis Clementi (Sarah Felberbaum) e alla figlia ed è del tutto disinteressato dalle faccende politiche italiane.
Tuttavia, quando Janis viene richiamata a Roma per risolvere una misteriosa e impellente crisi, Peppino Garibaldi per amore decide di seguirla. Tuttavia è molto difficile avere contatti con lei all'interno delle stanze del potere. L'unico modo è trovare dei contatti nei nuovi partiti politici emersi durante la sua assenza e divenire... Presidente del Consiglio!
Giustamente, dopo la Presidenza della Repubblica, Peppino Garibaldi non poteva che ambire all'altra importante carica presidenziale italiana. Con un approccio abbastanza all'americana, tra complotti internazionali e personaggi che vanno oltre il paradosso (ovvero le parodie dei politici Matteo Salvini e Luigi Di Maio), vi è anche una procedura tipica delle produzioni americane, ovvero il recasting, con Sarah Felberbaum che subentra a Kasia Smutniak e qualche altro attore di contorno che trova un nuovo volto.
La cosa non risulta di sicuro confusionaria, ormai siamo abituati a simili procedure, ma altrettanto certamente è ben evidente.
Anche la trama pare molto debitrice di certe produzioni americane, con Claudio Bisio nell'insolita parte dell'eroe riluttante che - per ritrovare il suo amor perduto - deve affrontare una sfida che pare aldilà delle sue capacità (che già di per sé sono scarse).
Il tutto, concepito dagli autori del primo film, probabilmente per cercare di dare un tono diverso a questo sequel e non renderlo un semplice copia e incolla del film precedente, pur partendo dalla stessa situazione paradossale di base.
Al tempo stesso, però, il pubblico che vuole cose nuove vuole anche trovare i personaggi di un tempo e quindi via libera alle situazioni comiche, anche se non satiriche, coi politici dei nuovi partiti che sono "peggio di quelli precedenti", realizzando così la profezia di Peppino Garibaldi alla fine del primo film, e Claudio Bisio che può scatenare la sua verve comica. Alla fine è lui che prevale su tutti.
E c'è anche un messaggio di fondo, come nel primo film, un messaggio che vuole essere rassicurante ma al contempo anche esortativo. Però si sa che gli italiani sono fatti in un certo modo e quindi, come in una pellicola americana, avremo una scena post-credit che risulterà alla fine abbastanza sorprendente e destabilizzante.
Quando ci si ispira agli americani inserendo il tutto in un contesto italiano in maniera abile, ne può anche uscire fuori un discreto prodotto. Discreto e... paradossale, anche, come questo insolito ciclo composto da due film.

lunedì 8 aprile 2024

Italians do it better? 41: C'è Ancora Domani (2023)


L'Italia che esce dalla Seconda Guerra Mondiale è una nazione sconfitta, messa in ginocchio dalle folli scelte di un dittatore che si è alleato con un altro dittatore che ha compiuto scelte ancora più folli. E milioni di vittime sono lì a testimoniarlo.
L'Italia, dunque, dell'anno successivo al 1945, l'ultimo anno del conflitto, è una nazione che cerca con fatica di rimettersi in piedi, subissata da una forte crisi economica, una povertà diffusa e un'occupazione militare temporanea. Una nazione in cui, tuttavia, sta anche emergendo la figura femminile.
Così come si può vedere in C'è Ancora Domani, diretto da Paola Cortellesi, scritto da Paola Cortellesi, Furio Andreotti e Giulio Calenda e distribuito nei cinema nell'ottobre 2023.
Maggio 1946: Mentre sta per arrivare il giorno della votazione per decidere tra la Monarchia e la Repubblica, in un quartiere degradato di Roma vive Delia Santucci (Paola Cortellesi). Costei viene costantemente dileggiata e schiaffeggiata dal marito Ivano (Valerio Mastandrea), il quale a volte perde il controllo arrivando a pestarla in maniera significativa, di fronte all'impotenza e al silenzio dei figli, tra cui vi è la figlia Marcella (Romana Maggiora Vergano).
Delia dà il proprio contributo alla famiglia, facendo vari lavori sottopagati - alcuni dei quali solo perché è una donna - ma stringendo anche un'insolita amicizia con un soldato americano, pur non capendosi i due.
La vita della famiglia Santucci sta per svoltare quando Marcella annuncia il fidanzamento col rampollo di una famiglia benestante, nonostante questa sia osteggiata nel quartiere in quanto probabilmente è stata collaborazionista dell'esercito tedesco. Al contempo, Delia riceve una misteriosa lettera che nasconde a tutti e che potrebbe cambiare la sua vita.
Ci troviamo di fronte a una sorta di fotografia - per certi versi romanzata con inserti musicali moderni che ben si adattano al contesto (secondo me per attenuare i toni che altrimenti si sarebbero rivelati troppo cupi), per altri versi esasperata ma partendo da uno scenario storico ben presente dell'epoca - di un importante periodo della società italiana. E che dunque, come le fotografie di quel periodo, si presenta in un affascinante bianco e nero.
Tale periodo viene incarnato da vari personaggi, ma in particolar modo dai personaggi interpretati da Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea (entrambi bravissimi, a mio avviso, e avevano già dimostrato un'alchimia perfetta in un contesto drammatico con Figli) e dalla figlia Marcella.
Costoro sì rappresentano il passato di uno spaccato della società italiana, dominata dalla figura del "padre di famiglia" e da una preminente violenza domestica a cui qualcuno più anziano avrà assistito in passato, anche dopo la nascita della Repubblica. Ma ne rappresentano anche il futuro, il futuro di un'Italia che sta per cambiare tramite un significativo evento.
Suddetto evento sarà la molla che permetterà all'apparentemente timida e remissiva Delia di trovare il proprio riscatto sociale e personale, affrancandosi dal marito, e potendo dare così alla figlia un futuro che prima con ogni probabilità le sarebbe stato negato.
A contorno di questo troviamo una Roma che sembra uscita dai film di Roberto Rossellini, preda della povertà ma dove è anche presente la volontà della popolazione di andare avanti, pur ricommettendo a volte gli errori del passato. Errori che, lo sappiamo bene, poi si sono ripresentati. Ma questo non ha impedito che la società italiana andasse avanti e - pur a suo modo - progredisse.
E se lo ha fatto, è stato anche alle tante Delie senza nome che hanno contribuito a tutto questo.