martedì 31 maggio 2022

Netflix Original 51: #Realityhigh


Come accennato già per You Get Me, i teen drama di oggi non possono prescindere dall'elemento social network che - nel bene e nel male - rappresentano e hanno rappresentato un tratto comune nella vita di tutti gli adolescenti (sì, anche dei boomer, in questi ultimi anni).
Se in quel film i social network erano solo un elemento di contorno alla storia principale, diventano invece la trama portante di #Realityhigh, film scritto da Brandon Broussard, Hudson Obayuwana e Jana Savage, diretto da Fernando Lebrija e distribuito su Netflix a partire dall'otto settembre 2017.
Dani Barnes (Nesta Cooper), un'attivista per gli animali, è innamorata di Cameron Drake (Keith Powers), solo che costui è fidanzato con la diva dei social Alexa Medina (Alicia Sanz), la quale ha anche ingiustificati sentimenti di rancore nei confronti di Dani per alcuni eventi passati.
Quando però Alexa inizia a frequentare un famoso youtuber, Dani Barnes ha finalmente la sua occasione... ma ben presto la tentazione di divenire una influencer rischia di travolgere anche lei e di mettere a rischio sia la sua relazione amorosa che le sue amicizie.
Ci troviamo di nuovo di fronte a un pilot televisivo tramutato in lungometraggio, che sfrutta una delle ambientazioni più sfruttate di sempre, ovvero il liceo (high school) americano. Anche i vari attori, perciò, danno un tipo di interpretazione molto sull'ordinario e in un paio di casi generando, suppongo in modo involontario, degli stereotipi.
Qui ogni personaggio ha due identità: quella con cui si comporta a scuola e in società e quella con cui si mostra sui social e molto spesso esse combaciano, essendo entrambe artefatte.
La stessa protagonista subisce una sorta di trasformazione. In principio non è presente sui social, a causa di alcuni spiacevoli avvenimenti del passato, ma quando per necessità decide di riutilizzarli diventa una ragazza con una diversa personalità, scrutando in un facile abisso di celebrità dove in realtà sembra destinata a perdersi per sempre. Ma si sa, in questo tipo di storie alla fine trionfa sempre l'amore e la vera amicizia.
Il messaggio di fondo del film è dunque semplice e immediato: per quanto non siano demonizzati, i social offrono un'immagine di sé che non corrisponde del tutto alla realtà e che, tra selfie, Mi piace, emoticon e tag porta via tempo a cose più importanti.
Molto meglio, dunque, la vita vera, insieme ai nostri amici più cari e cercare lì la felicità piuttosto che in un mondo effimero come quello dei social network, dove vieni dimenticato con molta facilità, ma al tempo stesso vieni messo all'indice con ancora più facilità.
Almeno fino alla nascita del prossimo social network.

lunedì 30 maggio 2022

Libri a caso: Poirot a Styles Court

Nel 1916, una giovane crocerossina si ritrova a lavorare nel dispensario della Red Cross Hospital a Torquay, circondata da armadietti contenenti medicinali e veleni. Sempre in quell'ospedale, la crocerossina fa la conoscenza di alcuni profughi provenienti dal Belgio, fuggiti in Inghilterra a causa dell'invasione del loro paese da parte della Germania nel 1914.
In questa curiosa eppur drammatica atmosfera, la donna decide di scrivere un romanzo giallo, come suggeritole da sua sorella, un romanzo la cui risoluzione risieda nei veleni, da lei ben conosciuti oltre che per il suo lavoro per i numerosi testi che ha letto in merito.
Il nome di quella donna è Agatha Christie.


Agatha Christie scrive in quel dispensario, durante i momenti di pausa o di noia, il suo primo romanzo in assoluto, nonché la prima storia che vede protagonista il detective belga Hercule Poirot, un profugo di guerra, così come quelle persone che la scrittrice aveva incontrato in ospedale. Si intitola Poirot a Styles Court (The Mysterious Affair at Styles), che viene pubblicato dopo molte traversie nel 1920.
L'opera si svolge durante la Prima Guerra Mondiale e inizia con Arthur Hastings che, a seguito di una ferita, viene rimpatriato, passando la convalescenza presso la residenza a Styles del suo amico John Cavendish. Qui l'atmosfera non è delle più serene poiché l'anziana madre di John Cavendish, Emily, ha appena sposato un uomo di vent'anni più giovane di lei, Alfred Inglethorp, e i vari componenti della famiglia sono in contrasto con lei poiché l'eredità passerà a un uomo che si intende approfittare della situazione.
Quando, poche settimane dopo, Emily Inglethorp improvvisamente muore per avvelenamento, Hastings chiede l'aiuto di un detective in pensione ospitato proprio dalla donna, Hercule Poirot, che riuscirà infine a venire a capo del mistero.
Essendo il suo primo romanzo, Agatha Christie si è affidata a un modello ispiratore nel delineare la trama. E ai suoi tempi l'unico, vero modello ispiratore era Arthur Conan Doyle e il suo Sherlock Holmes.
Ecco dunque che anche Hastings risulta un reduce di guerra come John Watson e forgia un'alleanza con Poirot, una personalità eccentrica come Holmes, per risolvere un caso nella campagna inglese, piena di segreti e misteri, nonché teatro di tante avventure della celebre coppia ideata da Conan Doyle.
Vi è anche una sorta di Lestrade, l'Ispettore James Japp. Una lieve differenza rispetto a Conan Doyle, invece, è che Hastings conosceva già in precedenza Poirot... anche se di questo particolare non vengono forniti ulteriori dettagli.
Aldilà di questo, però, Hercule Poirot è già in questa sua prima apparizione una figura narrativa destinata al successo: maniaco dell'ordine a livelli paradossali, capace di comportamenti strani da un momento all'altro, totalmente devoto al caso come se fosse una componente essenziale della propria esistenza. E in effetti così è, poiché Poirot non è presente in scene che siano al di fuori del contesto del lavoro di investigazione, lui vive in simbiosi con esso.
Per il detective belga l'omicidio rappresenta il caos assoluto che lui, in quanto amante dell'ordine, deve disfare, riportando la giustizia.
Questa è una signora opera prima della signora del giallo. Un'opera che non avrebbe mai visto la luce se una serie di circostanze non si fosse verificata (il lavoro in ospedale, l'incontro coi profughi di guerra), ma è anche questo il bello della narrativa. Che a volte il destino interviene e cambia per sempre la storia, non solo del romanzo giallo, ma della narrativa in genere.

domenica 29 maggio 2022

A scuola di cinema: Hudson Hawk - Il Mago del Furto (1991)

1980: Il compositore e musicista Robert Kraft si sta esibendo con la sua band in un locale del Greenwich Village di New York quando, durante un pezzo, all'improvviso dal pubblico qualcuno comincia a suonare un'armonica, andando perfettamente a tempo con la musica suonata dalla band.
Invece che farlo cacciare via, Robert Kraft rimane affascinato e invita quell'uomo sul palco, per suonare insieme a lui. Costui è un barista che sta cercando di emergere come attore e il suo nome è Bruce Willis.
Robert Kraft e Bruce Willis diventano grandi amici e capita spesso che l'aspirante attore continui a suonare in altri locali insieme alla band del musicista, di cui apprende l'intero repertorio.
Un giorno, mentre sta camminando vicino al fiume Hudson, Robert Kraft viene sorpreso da una forte corrente ventosa che quasi gli impedisce di camminare. Avendo letto di un altro forte vento che tormenta il Lago Michigan a Chicago, soprannominato Hawk, Kraft definisce quella corrente ventosa l'Hudson Hawk.
Ispirato da quanto accaduto, il musicista idea un motivo che affascina molto Bruce Willis, il quale contribuisce alle parole incentrandole su un ladro imprendibile. A Willis, inoltre, piace molto il nome Hudson Hawk, lo trova perfetto per un personaggio cinematografico.
Robert Kraft e Bruce Willis in quel momento fanno un patto tra loro: se in futuro uno di loro due avrà la possibilità di produrre un film, questo sarà su Hudson Hawk. Alcuni anni dopo, quella promessa viene mantenuta.


Col passare degli anni, Bruce Willis diviene dapprima una celebrità televisiva, grazie al telefilm Moonlightning, e poi un divo del cinema a seguito dell'uscita di Trappola di Cristallo (Die Hard), ma non dimentica quella promessa fatta al suo amico Robert Kraft.
Arrivato a girare le riprese di 58 Minuti per Morire (Die Hard 2), Bruce Willis sa che ha ora sufficiente potere e riconoscibilità per far produrre un film basato su una sua idea. Contatta dunque il produttore Joel Silver, il quale si è occupato dei primi due film della saga di Die Hard, sottoponendogli il soggetto su Hudson Hawk concepito da lui e Robert Kraft, più che altro un'idea di base da cui concepire una trama.
Come regista viene selezionato Michael Lehmann, di cui Silver e Willis hanno apprezzato Schegge di Follia (Heathers). Joel Silver contatta anche lo sceneggiatore di questo film, Daniel Waters. Costui revisiona ed espande l'idea di base di Bruce Willis e Robert Kraft, spesso dovendo sottostare alle richieste dell'attore, il quale si ostina a inserire più elementi comici possibili od omaggi a film che lui ha apprezzato, rappresentando la pellicola nella sua concezione un mix tra i film incentrati su ladri internazionali come Caccia Al Ladro (To Catch A Thief) e le commedie surreali del passato.
Per il ruolo di Tommy Five-Tone, viene scelto Danny Aiello, con cui Bruce Willis vuole collaborare da alcuni anni.
Per il ruolo di Anna Baragli, viene scelta in prima battuta Isabella Rossellini. Alcuni ritardi nella partenza della lavorazione, la costringono ad abbandonare il progetto. In sua sostituzione, viene chiamata Maruschka Detmers, la quale partecipa anche ai primi giorni di riprese, prima di dover rinunciare a causa di dolori alla schiena.
La parte viene infine affidata ad Andie McDowell, la quale - pur essendo il suo personaggio di nazionalità italiana - nel film parla con un marcato accento della Carolina del Sud, la sua regione di provenienza, in quanto non ha avuto tempo di allenarsi per modificare la propria voce.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 9 luglio 1990, tenendosi a New York, Los Angeles, Budapest, Londra e Roma.
Sul set sono costanti le riscritture della sceneggiatura, sempre per il desiderio da parte di Bruce Willis di aggiungere ogni idea che appaia ai suoi occhi interessante per omaggiare film del passato. Questo fa sì che l'attore venga accreditato, per la prima e unica volta nella sua carriera, come sceneggiatore.
La cosa mette ben presto in contrasto il regista Michael Lehmann con Bruce Willis, ma quest'ultimo fa ben presto valere il suo potere di star dell'epoca, facendo prevalere così ogni sua decisione.
Un esempio è il fatto che l'antagonista di Hudson Hawk - Darwin Mayflower, interpretato da Richard E. Grant - sia in principio l'unico, ma Lehmann suggerisce che sia invece una donna di nome Miranda e propone Audrey Hepburn a interpretarla.
Quando costei non si rivela in grado di partecipare al progetto e viene scelta al suo posto Sandra Bernhard, Bruce Willis richiede a quel punto che gli antagonisti siano due, marito e moglie, costringendo così la produzione e Daniel Waters a dei salti mortali per aggiustare la sceneggiatura in tal senso.
Quando Waters abbandona il set per le troppe divergenze creative e per andare a lavorare con Tim Burton su Batman - Il Ritorno (Batman Returns), ulteriori revisioni vengono apportate da Steven De Souza.
Per una scena ambientata presso il Brooklyn Bridge, viene chiuso il ponte al traffico per ben cinque notti, cosa che alla fine causa l'ira di molti newyorchesi, tanto che Bruce Willis in un'intervista li ringrazia per la pazienza dimostrata.
Alla fine, le tempistiche previste vengono ampiamente sforate e il budget superato, tanto che molte scene già previste vengono eliminate e alcune riprese vengono effettuate in un appartamento di Roma di proprietà di Andie McDowell, invece che nei pressi del Cremlino come previsto in origine.
Le riprese si concludono il 3 dicembre 1990.
Hudson Hawk - Il Mago del Furto (Hudson Hawk) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 24 maggio 1991. A fronte di un budget di 65 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale 97 milioni di dollari.
Si tratta di un risultato ben al di sotto delle aspettative, per cui Joel Silver e Bruce Willis addossano l'intera responsabilità al regista Michael Lehmann, il quale non lavorerà più poi per sua scelta in un'altra grande produzione.
Tuttavia, il rapporto di reciproco rispetto tra i due non è più quello di un tempo e si compromette in maniera irrimediabile al termine delle riprese de L'Ultimo Boy Scout (The Last Boy Scout)... ma questa è un'altra storia.

sabato 28 maggio 2022

A scuola di cinema: RoboCop 2 (1990)

Dopo il successo della prima pellicola dedicata a RoboCop, si intende capitalizzare subito su questo nuovo, promettente franchise mettendo in produzione un sequel che possa uscire il prima possibile.
Succede a volte che, quando si vuole conseguire tale obiettivo, si incontrino alcuni ostacoli lungo la via. Questo nuovo capitolo della saga del poliziotto del futuro non rappresenta un'eccezione.


La Orion Pictures chiede un nuovo trattamento, da produrre in tempi brevi, a Edward Neumeier e Michael Miner, gli sceneggiatori del primo film. Il risultato è RoboCop 2: The Corporate Wars.
La storia inizia durante una Vigilia di Natale quando RoboCop, nel tentativo di impedire una rapina in banca, viene distrutto con un cannone dell'esercito da un delinquente di mezza tacca di nome Weasel.
Venticinque anni dopo, i resti di RoboCop vengono ritrovati da Ed Billings e Mike Montana, due scagnozzi al servizio di Ted Flicker, un imprenditore che controlla la nazione americana come se fosse una corporation tramite un presidente fantoccio, un ex comico.
Ripristinato dai due scagnozzi in cerca di gloria personale e collegato a Neurobrain, il nuovo computer centrale della città, RoboCop si ritrova coinvolto nelle lotte di potere di questo mondo futuro.
La Orion giudica il trattamento di Neumeier e Miner troppo cupo e chiede che vengano apportati dei cambiamenti, ma nel marzo 1988 ha inizio uno sciopero degli sceneggiatori destinato a protrarsi per alcuni mesi. Non volendo attendere il termine di questo sciopero, la Orion Pictures allontana i due sceneggiatori dal progetto.
Essendo la casa di produzione determinata a far uscire il sequel durante l'estate del 1990, Edward Neumeier suggerisce come alternativa i nomi di due sceneggiatori di fumetti, non legati dunque ai sindacati degli sceneggiatori televisivi o cinematografici: Alan Moore e Frank Miller. Alan Moore rifiuta senza pensarci due volte, in quanto non interessato a sviluppare una sceneggiatura cinematografica. Frank Miller invece decide di accettare l'incarico.
Lo sceneggiatore concepisce una storia in cui RoboCop viene messo contro un uomo di nome Kong, il quale si crede la reincarnazione di Gesù e vede RoboCop come un'offesa a Dio, cosa che lo porta all'attenzione della OCP che, per liberarsi di RoboCop e sostituirlo con degli agenti più affidabili, trasforma Kong in uno spietato robot, RoboCop 2.
Inoltre, Frank Miller sviluppa in maniera ulteriore il personaggio di Anne Lewis, per cui RoboCop comincia a provare dei sentimenti.
Inesperto di quelli che sono i meccanismi cinematografici, Frank Miller consegna un trattamento che viene ritenuto troppo lungo e impossibile da girare per la sua complessità. Viene allora contattato Walon Green, il quale apporta una consistente riscrittura.
Paul Verhoeven non può occuparsi della regia del sequel, in quanto è impegnato con la lavorazione di Atto di Forza (Total Recall), inoltre il fatto che la Orion prema sull'acceleratore per far uscire il film quanto prima lo convince che non avrà modo di sviluppare delle idee innovative.
Il progetto viene allora affidato in prima battuta a Tim Hunter, il quale per alcune settimane collabora al fianco di Frank Miller. Costui, tuttavia, a poche settimane dall'inizio dei lavori decide di rinunciarvi a causa di inconciliabili differenze creative e poiché la Orion continua a premere per una tempistica di rilascio del film troppo immediata e che non permette spazio di manovra.
La regia viene infine affidata a Irvin Kershner (questo sarà l'ultimo film da lui diretto della sua carriera). Essendovi ancora uno script incompleto, costui vi apporta delle ulteriori modifiche prima di iniziare la lavorazione. Il trattamento rimane comunque incompleto, tanto che accade talvolta che sul set gli attori ricevano il copione definitivo della scena che li riguarda pochi minuti prima che si inizi a girare.
In principio, Peter Weller non appare interessato a riprendere il ruolo di RoboCop, poiché le sceneggiature iniziali non lo convincono del tutto. Cambia idea grazie alle successive riscritture da parte di Walon Green, ma chiede più volte - inascoltato - che l'epilogo del film venga approfondito inserendo un elemento aggiuntivo di moralità e non si riduca a un semplice scontro tra lui e il cattivo di turno. Ma per la Orion Pictures la battaglia finale è più che sufficiente.
Nancy Allen riprende il ruolo di Anne Lewis. In preparazione alla parte, studia arti marziali e per due mesi frequenta l'accademia di polizia di Los Angeles per apprendere le loro procedure.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 2 ottobre 1989, tenendosi a Houston e Los Angeles.
L'armatura di RoboCop stavolta è composta unicamente in fibra di vetro, cosa che permette a Peter Weller più agilità nei movimenti e maggior spazio di manovra, rispetto alla traumatica prima esperienza. Inoltre, consente ai suoi stuntmen di realizzare in maggiore sicurezza le scene acrobatiche e più pericolose.
Frank Miller è presente costantemente sul set e ottiene anche un cameo, nel ruolo di un chimico che porta il suo stesso nome.
Irvin Kershner continua a modificare la sceneggiatura praticamente su base quotidiana, cosa che non risulta molto gradita a Nancy Allen. L'attrice si ritrova in difficoltà a lavorare al fianco del regista, arrivando a ritenere che la detesti e dunque anche lei inizia a provare gli stessi sentimenti, rendendo il tutto a suo dire la peggiore esperienza della sua vita.
Nella scena in cui il personaggio di Angie (interpretata da Galyn Görg) viene uccisa da RoboCop 2 che le spezza il collo, l'attrice - potendo contare sulla sua esperienza come ballerina e le sue abilità di contorsionista - si offre di realizzare questa manovra da sola (i tempi della CGI sono ancora lontani). La scena risulta così convincente che la troupe in un primo momento pensa che l'attrice sia rimasta gravemente ferita nel realizzare questo.
Le riprese si concludono l'11 gennaio 1990.
RoboCop 2 viene distribuito nei cinema americani a partire dal 22 giugno 1990. A fronte di un budget di 25 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare sul territorio americano 45 milioni di dollari.
Pur non avendo questo sequel soddisfatto del tutto le aspettative, la Orion Pictures decide di mettere subito in produzione un ulteriore capitolo della saga di RoboCop, anche se stavolta Peter Weller non è della partita... ma questa è un'altra storia.

venerdì 27 maggio 2022

Fabolous Stack of Comics: La Gatta


Si sa, i fumetti e così altre forme di intrattenimento cercano di intercettare i cambiamenti della società e riprodurli nel loro specifico contesto, con adattamenti che magari a distanza di tempo - e con una società sempre in evoluzione - rischiano di strappare qualche sorriso.
Ma bisogna poi riuscire ad andare oltre e cercare di contestualizzare quell'opera nel momento in cui è stata pubblicata, poi chiunque con la sua sensibilità la potrà definire una storia venuta bene o male.
Dopo il 1968, il movimento femminista emerge con prepotenza sulla scena (non che prima non esistesse, sia chiaro, ma le principali conquiste sociali avvengono dopo quest'anno), con contestazioni e lotte politiche che soprattutto nel triennio 1971/1973 creano molte tensioni sociali. In Italia, un effetto collaterale è la nuova regolamentazione del diritto di famiglia del 1975.
La Marvel cerca di intercettare queste rivoluzioni della società americana presentando ai lettori una nuova supereroina, seppur destinata a glorie future come Tigra: Greer Grant Nelson, la Gatta.
Il personaggio esordisce nel 1972 nella serie regolare, durata tuttavia solo quattro numeri, The Cat, scritta da Linda Fite e disegnata da Marie Severin, Paty Greer e Jim Starlin.
Greer Grant è una giovane studentessa di Chicago che vorrebbe laurearsi, ma quando sposa il poliziotto Bill Nelson rinuncia ai suoi sogni per diventare una casalinga. Bill Nelson viene tuttavia ucciso durante una rapina e Greer torna dunque a studiare come assistente della dottoressa Joanne Tumolo, la quale sta lavorando a un esperimento volto a potenziare le capacità femminili per conto di un ricco committente, Malcolm Donalbain.
Non convinta, tuttavia, dei nobili scopi di Donalbain, Joanne Tumolo fa sì che le capacità di cui viene dotata la sua cavia vengano date in segreto anche a Greer. Quando la dottoressa scopre infine che le sue ricerche stanno per essere utilizzate per intenti criminali, tenta di avvertire le autorità, ma gli sgherri al servizio di Donalbain la feriscono in maniera grave.
Greer indossa così uno dei costumi gialli preparati da Donalbain, determinata a vendicarsi di lui. Sarà solo il primo atto delle imprese di una nuova eroina.
Greer Grant Nelson è una perfetta esponente, in forma fumettistica, dell'epoca di allora. Una ragazza che ha delle aspirazioni, le quali però vengono annullate dalla società (rappresentata da suo marito e dal mondo del lavoro) che la vuole solo come moglie e casalinga, sempre a casa ad aspettare il marito. E quando cerca un impiego, le viene detto che è meglio si preoccupi di fare figli, piuttosto.
Con la scomparsa di Bill Nelson, però, Greer trova dapprima un riscatto sociale completando gli studi e ottenendo un lavoro come assistente di Joanne Tumolo, dopodiché trova un riscatto personale diventando la Gatta e confrontandosi con un mondo - quello dei supercriminali - dominato dagli uomini (Il Gufo, Kraken, Man-Bull) in cui lei riesce comunque a prevalere.
Ovviamente non ci troviamo di fronte a un trattato sociologico, ma semplicemente a delle storie che cercano di ribaltare la prospettiva fino a quel momento imperante, seppur non assoluta, che vuole la donna dei fumetti nel ruolo della damigella in pericolo. Greer Grant, invece, è indipendente e vive la sua vita cercando di contare solo sulle proprie forze, sia per guadagnarsi da vivere che per sconfiggere i suoi nemici nella sua identità supereroistica.
Alla fine, dunque, Greer Grant e la Gatta sono la stessa persona. Entrambe sono riuscite a emergere dalle ombre di una società retrograda che ora sta cambiando, ma la vera identità di questa eroina deve ancora uscire allo scoperto.

giovedì 26 maggio 2022

Netflix Original 50: Little Evil


Nella trilogia de Il Presagio (The Omen), un bambino di nome Damien diviene la reincarnazione dell'Anticristo. Solo il padre, interpretato da Gregory Peck, ne intuisce la natura maligna e tenta di ucciderlo, ma viene ammazzato a sua volta. Damien, dunque, cresce e si appresta a candidarsi come Presidente degli Stati Uniti, ma un pugnale mistico e l'apparizione finale di Gesù Cristo (really) causano la sua definitiva sconfitta.
Tra sequel noti e poco noti e remake presto dimenticati, la saga ha rappresentato un momento importante della cinematografia horror, seppur poi soverchiata dagli slasher movie e dagli assassini mascherati, e se ne trova anche un divertito omaggio in Little Evil, film scritto e diretto da Eli Craig e distribuito su Netflix a partire dal primo settembre 2017.
Dopo aver sposato Samantha (Evangeline Lilly), Gary Bloom (Adam Scott) cerca di fare la conoscenza di suo figlio, il piccolo e silenzioso Lucas (Owen Atlas). Alcuni strani eventi e le testimonianze di alcune persone lo portano tuttavia a convincersi che Lucas sia in realtà una reincarnazione dell'Anticristo.
Dibattuto tra preti che predicano l'apocalisse, assistenti sociali che tramano per sottrarlo alla sua nuova famiglia e colleghi di lavoro eccentrici, Gary Bloom dovrà trovare un equilibrio insieme a suo figlio... prima che l'inferno si scateni sulla Terra.
Seppur il film punti su tematiche horror consolidate e non manchi di fare degli omaggi ad altre pellicole quali Shining, Poltergeist e l'immancabile L'Esorcista, in realtà questa è una commedia dai toni vagamente sovrannaturali più incentrata sui rapporti familiari moderni, ovvero quelli dove il genitore non è il padre naturale del bambino e ne affronta l'inevitabile diffidenza.
Il film stesso appare come un elogio, sotto forma di commedia ovviamente, nei confronti di questi padri o madri "sostituti" che affrontano le avversità di entrare in un ambiente a loro sconosciuto, con la società che spesso va loro contro o li umilia appena può, e ne escono vincenti tramite l'amore verso i propri cari. 
Lucas, più che un nuovo Damien, è una sorta di versione moderna e un po' più dark di Dennis la Minaccia o meglio ancora di Piccola Peste: un bambino che ha difficoltà ad approcciarsi col mondo esterno e a interagire coi propri genitori. Ma come in una favola moderna, una dei Fratelli Grimm magari, l'amore del vero padre Gary (e non quello reale, ovvero Satana) fa emergere la sua vera natura. Di bambino che vuole solo giocare.
A Lucas è andata decisamente meglio che a Damien e almeno stavolta non c'è stato bisogno dell'intervento del Nazareno.

mercoledì 25 maggio 2022

Fabolous Stack of Comics: Batman - L'Impostore


In un universo narrativo, quale quello DC Comics, pieno di superuomini, donne meravigliose, velocisti e poliziotti intergalattici, Batman spicca per la sua umanità.
Batman è il miglior detective del mondo, la sua arma più potente è la mente, ma non ha superpoteri su cui poter fare affidamento e - pur essendo una persona allenata a sopportare sforzi fisici estremi - deve affrontare le debolezze che ogni uomo ha, incluse le ferite.
Grazie a questa sua peculiare caratteristica, non deve stupire dunque che il Cavaliere Oscuro sia talvolta utilizzato per storie dall'impianto più realistico, dove gli altri supereroi non sono presenti. Come ad esempio la miniserie di tre numeri pubblicata nel 2021 L'Impostore (The Imposter), scritta da Mattson Tomlin e disegnata da Andrea Sorrentino.
Siamo in una Gotham City molto diversa da quella fumettistica, sembra quasi uscita fuori dal più recente film dedicato a Batman - film a cui Tomlin ha contribuito come sceneggiatore. Una Gotham in cui il Cavaliere Oscuro agisce da circa tre anni, ma si è già inimicato le forze di polizia e buona parte degli imprenditori del luogo, che vedono la presenza del vigilante come un danno ai loro affari.
In questo contesto, la figura di Batman diventa oggetto di una spietata caccia all'uomo quando viene mostrato un filmato in cui uccide alcuni criminali. Tuttavia, quello non è il vero Batman, ma qualcuno che sta fingendo di essere lui per infangare la sua immagine, spinto da un'ignota motivazione.
Il vero Batman, dunque, deve scoprire chi sia quest'impostore e al tempo stesso conquistare la fiducia della dr.ssa Leslie Thompkins, che conosce la sua vera identità ed è indecisa se denunciarlo o meno alle autorità.
Questa storia ha toni molto duri e drammatici, lasciando poco spazio alla speranza. Un personaggio come Batman, un vigilante che decide di perseguire la propria idea di giustizia, non può che essere inviso alla società moderna, dominata da una ricerca del profitto a tutti i costi e in cui sentiamo spesso notizie riguardanti alcuni esponenti degli organismi di polizia che paiono guidati da un perverso senso dell'autorità.
Mattson Tomlin caratterizza dunque sia Batman che Bruce Wayne come personaggi destinati al fallimento, che pare non possano trionfare sulle avversità che il destino ha lanciato loro contro sin da quando Thomas e Martha Wayne sono stati uccisi e Bruce Wayne si è alienato dal mondo intero. Senza più Gordon o Alfred al suo fianco e con un Robin che non ha ragione di esistere in questo mondo, Batman è davvero una persona sola.
Una solitudine dalla quale sembra non voler uscire lui, per primo. Che rifiuta l'aiuto della dottoressa Thompkins, la quale ha compreso la spirale di distruzione in cui si è cacciato. Che rinuncia infine a un amore possibilmente salvifico per continuare a perseguire la sua giustizia. Dove ogni colpo che prende fa molto male, dove la fuoriuscita di sangue dal corpo indebolisce e non sprona a continuare a combattere.
Batman è perciò una personalità oscura, il cui nemico è tuttavia ancora più spietato, un riflesso distorto di ciò che potrebbe diventare. Alla fine il Cavaliere Oscuro rimane se possibile ancora più solo nella sua battaglia, con molti più nemici di quanti non ne avesse all'inizio e futuri avversari all'orizzonte che rischiano di alimentare in maniera ulteriore un caos già presente.
Uno scenario in cui Batman potrebbe davvero diventare Vendetta.

martedì 24 maggio 2022

Netflix Original 49: Death Note - Il Quaderno della Morte


Dal 2003 al 2006 viene pubblicato su Weekly Shonen Jump il manga Death Note, ideato da Tsugumi Ōba e Takeshi Obata. La storia è incentrata sullo studente giapponese Light Yagami, che inizia a uccidere un gran numero di criminali lungo il mondo utilizzando il Death Note del dio della morte Ryuk, cosa che lo mette in contrasto col miglior detective esistente, Elle.
Un titolo che ottiene un enorme successo lungo tutto il mondo, nonché un adattamento sotto forma di anime e una trasposizione per il mercato americano, nel lungometraggio Death Note - Il Quaderno della Morte (Death Note), diretto da Adam Wingard, scritto da Charles Parlapanides, Vlas Parlapanides e Jeremy Slater e distribuito su Netflix a partire dal 25 agosto 2017.
Essendo un prodotto rivolto principalmente a un pubblico americano, l'ambientazione in questo caso viene trasferita negli Stati Uniti, a Seattle per la precisione, con i nomi modificati laddove necessario. Lo studente, orfano di madre, Light Turner (Nat Wolff) trova il Death Note e incappa in Ryuk (Willem Dafoe), che gli spiega cosa è in grado di fare.
Light scopre che Ryuk dice il vero quando si vendica dell'assassino impunito di sua madre e poco dopo si allea con un'altra studentessa, Mia Sutton (Margaret Qualley), con lo scopo di eliminare i criminali più pericolosi dalla faccia della terra e rendere il mondo un posto migliore.
Mentre quel mondo che viene liberato dal male acclama un presunto nuovo messia, Kira, il detective migliore del mondo, L (Lakeith Stanfield), inizia a stringere il cerchio attorno a Light Turner e alla sua ondata di omicidi.
Il film è una vera e propria americanizzazione non tanto del manga in sé (troppo più lungo e complesso per essere compresso in una pellicola), quanto dello spunto iniziale del fumetto - un giovane che ritrova il Death Note e lo usa per presunti scopi messianici - che viene inserito all'interno di ambientazioni tipiche dei film statunitensi (il liceo, la casa di famiglia, la stazione di polizia).
In tal senso, il Death Note americano appare più come una sorta di horror adolescenziale, seppur realizzato con qualche mezzo in più, con un lieve ma molto lieve sottotesto di critica sociale (del tipo che viene accennato una volta sola e poi si rischia di dimenticarsene) e qualche tematica consolidata quale un delicato rapporto paterno, il conflitto con l'autorità, l'amore tradito.
Quindi i protagonisti sono solo un riflesso delle loro controparti giapponesi, o sarebbe meglio dire fumettistiche, che risultano invece molto più complesse e sfaccettate. Mentre nel film procede tutto in maniera molto più spedita (Light rivela il segreto del Death Note a Mia Sutton senza un vero perché, L scopre l'identità di Kira senza che vengano forniti tutti i passaggi della sua indagine) per esigenze di trama e durata. E alla fine viene anche lasciato spazio per un eventuale sequel.
Rimane anche l'ambiguità di fondo del personaggio di Kira, che in apparenza si pone scopi giusti, ma per eliminare il male utilizza strumenti che lo fanno infine diventare il Male Assoluto. Il più grande serial killer della storia dell'umanità.

lunedì 23 maggio 2022

Prime Video Original 16: Dangerous


Tale padre, tale figlio, dice un famoso proverbio popolare. Questo può valere anche nel cinema, quando accade che la tradizione attoriale si perpetui attraverso due o più generazioni. Come nel caso, per fare un celebre esempio, di Kirk Douglas e Michael Douglas.
Un'altra legacy di discreto successo è quella che si è verificata con Clint Eastwood e suo figlio Scott Eastwood, i quali hanno anche collaborato insieme in qualche pellicola, il primo come regista, il secondo come attore.
Il solo Scott Eastwood è invece protagonista del film Dangerous, scritto da Chris Borrelli, diretto da David Hackl e distribuito su Amazon Prime Video a partire dal 21 febbraio 2022.
Dylan Forrester (Scott Eastwood) è un criminale agli arresti domiciliari soggetto a imprevedibili scatti d'ira che sta curando con dei farmaci e delle sedute psichiatriche online col Dr. Alderwood (Mel Gibson), che sembra stiano dando discreti risultati.
Quando però gli giunge notizia della morte di suo fratello, Dylan Forrester abbandona la detenzione domiciliare per partecipare ai suoi funerali, che si tengono presso una piccola isola con pochi abitanti, tra cui la famiglia di Dylan, la quale non lo vede di buon occhio a causa del suo tormentato passato.
All'improvviso una banda di criminali capitanati da un certo Cole (Kevin Durand) approda sull'isola, alla ricerca di un misterioso bottino che appare in qualche modo collegato al fratello di Dylan Forrester, il quale per proteggere la sua famiglia rischia di cedere a quei demoni che tanto ha lottato per allontanare da sé.
Il film sembra uno di quegli action-movie - opportunamente ammodernato - che andavano di moda circa quarant'anni fa. Quelli dove Clint Eastwood non mancava a volte di apparire e che vedevano un (anti)eroe tutto d'un pezzo, osteggiato dai suoi superiori, nel caso fosse un agente di polizia, o dalla sua famiglia.
Si nota in maniera evidente come il tutto sia stato realizzato con pochi mezzi dal limitato cast presente e dal ristretto numero di ambientazioni utilizzate, ma questo non è necessariamente un difetto.
Siccome la trama punta in maniera quasi esclusiva sull'elemento delle scene di azione, un eccessivo approfondimento sul protagonista non c'è: lui è la persona eternamente in bilico tra bene e male, che si ritrova catapultato in una situazione più grande di lui che lo riscatta agli occhi della famiglia e della società stessa.
Gli altri personaggi invece sembrano essere sostanzialmente di contorno, sia quelli positivi che negativi, volti con le loro poche azioni e battute a instradare il protagonista verso il suo nuovo sentiero. Fa eccezione solamente il personaggio interpretato da Mel Gibson, uno psicologo fortemente fatalista e autoironico che compare per un massimo di quattro scene, riuscendo comunque - grazie alla professionalità dell'attore - a ritagliarsi uno spazio di tutto rispetto.
Il finale lascia spazio a un possibile sequel, che sembra abbia concrete possibilità di essere realizzato. Sarà dunque curioso e strano al tempo stesso vedere Scott Eastwood ricreare in certe occasioni le stesse espressioni facciali del padre Clint e scambiarlo per lui.

domenica 22 maggio 2022

A scuola di cinema: La Corsa Più Pazza D'America (1981)

1971: Si tiene la prima edizione della Cannonball Baker Sea-To-Shining-Sea Memorial Trophy Dash o, come sarà meglio nota al grande pubblico, Cannonball Run, una gara automobilistica non autorizzata che si svolge dalla Costa Est a quella Ovest degli Stati Uniti, organizzata dagli editor della rivista Car and Driver Brock Yates e Steven Smith.
Ogni partecipante può usare qualsiasi tipo di veicolo, anche il più bizzarro, e percorrere le strade che preferisce, salvo partire e arrivare dal luogo indicato dall'organizzazione.
Dopo questa prima edizione, la Cannonball Run viene tenuta successivamente in altre tre occasioni, sino al 1975, prima di prendersi una pausa di qualche anno. Ritorna infine con un'ultima edizione nel 1979, la quale fornisce anche la base per un film.


Nel corso dell'edizione del 1979, tenutasi nel mese di marzo, tra i partecipanti vi è lo stesso Brock Yates, il quale è accompagnato da sua moglie, Pamela Reynolds, dal regista cinematografico Hal Needham e da un dottore, Lyell Royer. Costoro concorrono nella competizione utilizzando un furgoncino con motore truccato e aspetto modificato per apparire come un'ambulanza.
Sfortunatamente, il mezzo non arriva a tagliare la linea del traguardo in quanto la trasmissione del furgone cede a circa 80 chilometri dalla fine, nei pressi di Palm Springs.
Da quest'esperienza, Brock Yates concepisce una sceneggiatura in cui inserisce anche esperienze realmente accadute e personaggi da lui realmente conosciuti durante le varie edizioni. Tale sceneggiatura in principio vuole essere un film d'azione con protagonista Steve McQueen.
Hal Needham, però, sottopone il progetto e la parte del protagonista, JJ McClure, a Burt Reynolds, con cui ha già collaborato in passato. L'attore in principio non appare interessato, ma il regista gli promette un ingaggio di 5 milioni di dollari (il più alto di sempre, per quell'epoca) e una tempistica di lavorazione di massimo un mese. Di fronte a quest'opportunità, e volendo aiutare un amico, Burt Reynolds accetta la parte, ma continua a non apprezzare molto il progetto.
Con l'ingresso in scena di Burt Reynolds, la pellicola abbandona la sua natura originaria di film d'azione e la sceneggiatura viene modificata in maniera drastica perché diventi una commedia.
Il film viene prodotto dalla Golden Harvest e uno dei soci della compagnia, Raymond Chow, richiede che Jackie Chan - di cui la Golden Harvest produce i film girati a Hong Kong - venga inserito nel cast per farlo conoscere anche al pubblico occidentale. Per l'attore è una delle prime esperienze in una produzione americana, ma rimane alquanto sorpreso nello scoprire di dover interpretare un giapponese, essendo lui di nazionalità cinese.
Del cast fa parte anche Roger Moore, il quale nel film interpreta un personaggio che è convinto di essere proprio l'attore inglese. Pur essendoci alcuni evidenti riferimenti a James Bond, il nome di quest'ultimo non viene pronunciato per evitare beghe legali con la EON Productions e anche perché Roger Moore si sarebbe rifiutato di interpretare una parodia di questo personaggio.
Nonostante ciò, la EON Productions non gradisce molto la cosa e - non potendo citare in giudizio la produzione - decide di far inserire nei contratti per i vari attori che ricoprono il ruolo di James Bond una specifica clausola per cui, negli anni in cui interpretano il personaggio, non è consentito loro di partecipare ad altri film che prevedano di indossare uno smoking o guidare una Aston Martin.
Le riprese iniziano in via ufficiale nel maggio 1980, tenendosi in Arizona, California, Georgia, Nevada e Missouri. L'ambulanza che viene utilizzata nel film da Burt Reynolds e Dom DeLuise è la stessa impiegata da Brock Yates e Hal Needham per la competizione del 1979. Lo stesso Brock Yates ha un cameo come organizzatore della competizione.
Le sequenze coi vari attori vengono girate in maniera separata, mentre per quelle collettive occorrono solo pochi giorni di lavorazione. 
Un grave incidente si verifica il 25 giugno 1980. Una manovra acrobatica in automobile rischia di saltare poiché la stuntwoman che deve occuparsene ha un'improvvisa emergenza familiare e si vede costretta ad allontanarsi dal set.
Essendo la produzione a rischio di sforare le tempistiche previste e non potendo aspettare il ritorno della donna, il coordinatore degli stuntmen Bobby Bass chiama sul set la sua fidanzata Heidi Von Beltz, sciatrice provetta con, tuttavia, scarsa esperienza come stuntwoman.
Secondo Bobby Bass, comunque, quello che lei deve fare è molto semplice, in quanto deve limitarsi ad azionare una macchina del fumo mentre si trova sul sedile del passeggero di un'automobile (per dare l'impressione che stia prendendo fuoco), la quale viene guidata dall'esperto driver Jimmy Nickerson, il quale ha il compito di farla sfrecciare in mezzo ad altri automezzi.
Nickerson ha fatto già notare che l'automobile dà alcuni problemi, come un volante difficile da manovrare e freni non efficaci, ma al momento di girare non sono state apportate del tutto le necessarie riparazioni.
Il mezzo su cui si trova Heidi Von Beltz, quindi, va a scontrarsi con un furgone che proviene dalla parte opposta. Poiché le cinture di sicurezza sono state rimosse dall'auto, la donna viene scagliata contro il parabrezza. Sopravvive al terribile impatto, ma il suo collo rimane spezzato e lei resta tetraplegica a causa di questo.
Le riprese si concludono dopo 36 giorni di lavorazione.
La Corsa Più Pazza D'America (The Cannonball Run) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 19 giugno 1981. A fronte di un budget di 18 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale 160 milioni di dollari.
Heidi Von Beltz fa causa alla produzione per quanto accaduto e nel 1988 le viene garantito un risarcimento del danno pari a 3 milioni e 200 mila dollari, che viene impiegato interamente per pagare le spese legali e le continue cure mediche di cui la donna ha bisogno per il resto della sua vita.
Il drammatico evento convince inoltre molte case di produzione cinematografiche a rendere obbligatorie le cinture di sicurezza durante le manovre acrobatiche in automobile e di imporre ai registi il divieto di apportare qualsiasi cambiamento agli stunt pianificati. Heidi Von Beltz muore il 28 ottobre 2015.
Il successo del film fa sì che pochi anni dopo ne esca un sequel... ma questa è un'altra storia.

sabato 21 maggio 2022

A scuola di cinema: Darkman (1990)

1987: Dopo aver diretto il seguito de La Casa (The Evil Dead), Sam Raimi progetta di dirigere un film incentrato su un supereroe, essendo un grande appassionato dei fumetti di questo genere. Tenta allora di assicurarsi i diritti prima di Batman, poi quelli di The Shadow, ma in entrambi i casi non riesce a concludere nulla, in quanto entrambi i personaggi sono opzionati per altri progetti.
Ed è allora che il regista decide di creare un proprio supereroe, il quale tragga ispirazione anche da questi due personaggi, per forgiare qualcosa di totalmente nuovo. Nasce così Darkman.


L'idea iniziale di Sam Raimi è incentrata su un uomo in grado di modificare il proprio volto per brevi periodi di tempo. Scrive dunque un primo, breve trattamento intitolato The Darkman, per cui trae ispirazione dai film horror della Universal Pictures usciti tra gli anni '30 e '40 del ventesimo secolo e da altre opere quali Il Fantasma dell'Opera ed Elephant Man che lo portano a concepire infine un personaggio rimasto sfigurato nel volto.
Il trattamento di Sam Raimi viene opzionato proprio dalla Universal, che dà il via libera al progetto e chiede una sceneggiatura completa. Rami scrive le prime bozze con l'aiuto di Chuck Pfarrer, Robert Tapert e di suo fratello Ivan Raimi il quale - vista la sua esperienza come dottore - si rivela fondamentale nel descrivere l'autenticità delle scene a sfondo medico e scientifico.
Dopodiché la sceneggiatura viene passata a Daniel Goldin e Joshua Goldin, i quali revisionano i dialoghi precedenti, aggiungendone di nuovi, e inseriscono più scene d'azione. Anche Joel Coen ed Ethan Coen, amici di Sam Raimi, si occupano, pur non accreditati, di un'ulteriore revisione. Alla fine vengono prodotto non meno di dodici bozze di sceneggiatura.
Per il ruolo di Peyton Westlake/Darkman, Sam Raimi propone il suo attore feticcio Bruce Campbell, ma la Universal non lo ritiene la scelta più adatta. Vengono considerati dunque altri attori quali Gary Oldman o Bill Paxton, il quale riferisce del processo di casting a un suo amico, Liam Neeson. Costui decide di parteciparvi e si aggiudica infine la parte. Per la rabbia e la delusione, Paxton per alcuni mesi non rivolge più la parola a Neeson.
In preparazione alla parte, l'attore entra in contatto con la Phoenix Society for Burn Survivors, un'organizzazione che aiuta le persone rimaste sfigurate in volto a rientrare nella società.
Per il ruolo della protagonista femminile, Julie Hastings, la Universal in prima battuta vorrebbe Julia Roberts, ma costei decide di impegnarsi con le riprese di Pretty Woman. Non aiuta, inoltre, che l'attrice abbia avuto una relazione - bruscamente interrottasi - con Liam Neeson e durante un'audizione le difficoltà di interazione tra i due appaiano evidenti.
Dopo aver considerato altre attrici quali Demi Moore e Bridget Fonda, la parte viene infine assegnata, dietro richiesta specifica di Raimi, a Frances McDormand, moglie di Joel Coen e vicina di casa del regista.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 19 aprile 1989, tenendosi a Los Angeles.
Liam Neeson ogni giorno si sveglia alle tre di notte e deve sottoporsi continuamente a sessioni di trucco e make-up che in principio durano anche cinque ore (salvo infine arrivare a tre), per poi impegnarsi sul set per le tredici ore successive, lasciando le ore rimanenti per il sonno. L'attore non si fa problemi ad accettare questa sfida, l'unica difficoltà che gli si presenta è quella di riuscire a parlare in maniera appropriata con dei denti posticci.
Dal canto suo, Sam Raimi ha qualche problema a contenere il temperamento di Frances McDormand, la quale non ci sta a interpretare il classico ruolo della "damigella in pericolo da salvare", e ha con lei svariate discussioni in merito ad alcune divergenze creative. La loro amicizia, tuttavia, non viene intaccata da questo.
Bruce Campbell riesce comunque in un certo senso a comparire nel ruolo di Darkman, grazie alla scena finale, con una delle tante identità adottate dal personaggio.
Le riprese si concludono nell'agosto 1989.
Il processo di editing si rivela alquanto intricato poiché il primo montatore selezionato, David Stiven, a un certo punto è vittima di un esaurimento nervoso e abbandona l'incarico.
La Universal contatta allora un secondo montatore, Bud Smith, mentre Sam Raimi e il produttore Robert Tapert vengono mandati in vacanza in Florida per circa tre settimane. Al loro ritorno i due scoprono, con loro grande sorpresa, che la durata del film è stata portata dalle iniziali due ore a 85 minuti. In particolare, sono state eliminate tutte quelle inquadrature ritenute strane, tipiche dei film di Raimi.
Quando viene a sapere cosa è accaduto, il compositore Danny Elfman minaccia di restituire il proprio compenso e di far togliere il suo nome dai credits.
A complicare le cose, inoltre, la pellicola non ottiene buoni riscontri negli screening preliminari. Pur avendo ormai portato avanti un'originale campagna di marketing, la Universal si convince infine di avere un flop tra le proprio mani e decide di distribuirlo nelle sale così com'è.
Sam Raimi e Robert Tapert, tuttavia, non ci stanno. Durante il weekend che precede la distribuzione, accompagnati da un altro montatore, Bob Murawski, si introducono negli uffici della Universal e all'insaputa di tutti aggiungono al montaggio finale circa altri 10 minuti, soprattutto quelle scene ritenute strane. Quando gli esecutivi della Universal scoprono cosa è accaduto, sono furiosi, ma ormai è troppo tardi. La manovra azzardata, però, alla fine paga.
Darkman viene distribuito nei cinema americani a partire dal 24 agosto 1990. A fronte di un budget di 14 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale 49 milioni di dollari.
Essendosi il film rivelato un discreto successo, viene dapprima prodotto nel 1992 un pilot - mai andato in onda - per una possibile serie televisiva basata sul personaggio. Dopodiché vengono distribuiti nel 1995 e nel 1996 due sequel, pensati per il mercato direct-to-video, i quali non vedono coinvolti Sam Raimi o Liam Neeson, sostituito da Arnold Vosloo: Darkman II - Il Ritorno di Durant (Darkman II: The Return of Durant) e Darkman III - Darkman Morirai (Darkman III: Die Darkman Die).
Sam Raimi invece avrebbe infine coronato il suo sogno di dirigere un celebre supereroe qualche anno dopo grazie a Spider-Man... ma questa è un'altra storia.

venerdì 20 maggio 2022

Fabolous Stack of Comics: Super-Villain Team-Up - Contro Attuma


A seguito dell'uscita dei due Giant-Size, nel 1975 inizia a essere pubblicata la serie regolare a cadenza bimestrale Super-Villain Team-Up, che porta avanti la trama dell'improbabile e difficile alleanza tra Namor il Sub-Mariner e il Dr. Destino, i quali diverranno i protagonisti assoluti di questa testata, nonostante il titolo faccia presagire che ci potrebbero essere anche alleanze tra altri supercriminali.
Una prima saga che si dipana nei primi quattro numeri viene scritta da Tony Isabella, Jim Shooter e Bill Mantlo e disegnata da George Tuska, Sal Buscema, George Evans e Herb Trimpe. La pletora di sceneggiatori e artisti fa capire che la serie in principio fatica a trovare un team creativo stabile.
A seguito dell'ennesima diatriba tra loro, Namor e Victor Von Doom decidono di sciogliere un'alleanza praticamente mai nata. Namor torna dunque su Idrobase, la sua attuale dimora, ma la trova conquistata da tre suoi nemici: lo Squalo Tigre, il Dr. Dorcas e Attuma.
Il Dr. Destino decide di approfittare della situazione per dimostrare a Namor l'utilità della loro alleanza, decisamente preferibile a quelle che considera baruffe prive di significato. I tre supercriminali, tuttavia, si riveleranno una minaccia più insidiosa del previsto anche per Von Doom.
Questa prima minisaga segue la traccia principale dei due Giant-Size. Namor e il Dr. Destino hanno tutto l'interesse di allearsi, entrambi ne trarrebbero beneficio, ma le loro diverse personalità li pongono prima o poi l'uno contro l'altro... fino a quando una differente minaccia riesce a riunirli nuovamente.
La trama procede dunque su due livelli. Da una parte c'è l'aspetto più prettamente supereroistico, con gli "eroi" impegnati a sconfiggere i criminali intenzionati a conquistare il mondo (andava di moda nel secolo scorso, sapete)... qui con la particolarità che almeno uno di questi cosiddetti eroi condivide lo stesso obiettivo dei suoi avversari.
Dall'altro lato, invece, c'è lo sviluppo di due personaggi rimasti privi di una serie regolare e anche di una parte della loro identità a causa di eventi pregressi. Namor è orfano dei cittadini di Atlantide, caduti in catalessi, una situazione molto simile a quando, qualche tempo prima, uscì da una ultradecennale amnesia e sembrò ritrovarsi orfano in un mondo a lui ignoto. E colui che cercò di sfruttare questa cosa per i propri fini fu proprio il Dr. Destino.
Il quale invece, dopo tante sconfitte subite dai Fantastici Quattro e altri eroi, pur di non ammettere di essere a loro inferiore attribuisce il tutto al suo orgoglio e cerca di rimediare a suo modo, potendo anche contare sull'affetto del popolo di Latveria (particolare introdotto da Stan Lee e Jack Kirby, ma che qui diventa cardine delle trame).
Ma è appunto talmente orgoglioso da perpetuare quegli stessi errori commessi in passato e l'alleanza con Namor naufraga prima ancora di iniziare... per l'ennesima volta. Forse è il caso di passare alle maniere forti.

giovedì 19 maggio 2022

Netflix Original 48: Ricomincio Da Nudo


Ok, forse questa faccenda dei film che si ispirano a Ricomincio Da Capo (Groundhog Day) ci sta sfuggendo di mano.
Abbiamo visto la variante fantascientifica con Oblivion e ARQ, quella horror con Auguri per la tua Morte (Happy Death Day), quella action con Boss Level... ma la variante nudista, ecco quella proprio ci mancava!
Tutto questo accade in Ricomincio Da Nudo (Naked)... sì, pure il titolo italiano è una sorta di omaggio, film diretto da Michael Tiddes, scritto da Rick Alvarez, Marlon Wayans e Cory Koller e distribuito su Netflix a partire dall'undici agosto 2017.
Rob Anderson (Marlon Wayans), un supplente che cerca il più possibile di evitare le responsabilità, sta per sposarsi con l'amore della sua vita, Megan Swope (Regina Hall), nonostante questa unione sia osteggiata dal padre di lei, Reginald Swope (Dennis Haysbert).
Il giorno del matrimonio, tuttavia, accade qualcosa di strano. Rob Anderson si risveglia nudo nell'ascensore di un hotel, lontano dalla chiesa dove sta per celebrarsi la cerimonia, e per qualche motivo è rimasto bloccato in un loop temporale della durata di un'ora, dopo il quale ritorna nudo nell'ascensore.
Oltre a dover capire come si sia cacciato in quest'insolita situazione, Rob Anderson deve trovare un modo per arrivare alla chiesa - possibilmente vestito - e far celebrare il matrimonio... prima che il loop ricominci ancora.
Con ogni probabilità ricorderete che il film che vede protagonista Bill Murray non si preoccupa di dare una spiegazione al perché il protagonista rimanga bloccato in un loop temporale, poiché la trama è invece incentrata su come questo loop influisca su di lui, costringendolo a fare i conti con i propri difetti e le proprie idiosincrasie, rendendolo infine una persona migliore.
Nel caso di Rob Anderson, invece, all'arroganza e alla spocchia si sostituiscono l'indolenza e il non volersi fare carico delle proprie responsabilità. E il loop in cui rimane bloccato - e di cui non viene data spiegazione sul perché ci sia - influisce su di lui, costringendolo a fare i conti con i propri difetti e rendendolo infine una persona migliore.
Sì, direi proprio che siamo ai limiti della scopiazzatura in questo caso, con l'aggiunta del protagonista nudo (anche se a metà film questo aspetto scompare) e una sottotrama vagamente mystery... molto vagamente, a dire il vero.
Inoltre, vi si trova buona parte di una certa comicità afroamericana di stampo semi-demenziale (il protagonista è quello dei vari Scary Movie e Ghost Movie, dopotutto), la quale però impallidisce in maniera inevitabile di fronte all'umorismo cinico di Bill Murray e Harold Ramis.
Insomma, se siete proprio fan di questo tipo di film incentrati su un loop temporale e volete completare la vostra collezione, allora c'è anche questa pellicola da tenere in considerazione. Altrimenti, vi rimane sempre Bill Murray: non è poco.

mercoledì 18 maggio 2022

Fabolous Stack of Comics: Wolfskin - Il Centesimo Sogno


Ritorna il Wolfskin, il guerriero barbaro/vichingo ideato da Warren Ellis e già protagonista di una miniserie. La seconda, e probabilmente ultima, storia che lo vede protagonista è la miniserie in sei numeri Il Centesimo Sogno (Hundredth Dream), di nuovo sceneggiata da Warren Ellis, pubblicata dalla Avatar Press tra il 2010 e il 2011 e disegnata da Gianluca Pagliarani.
Ildsen, un uomo con poteri magici in grado di padroneggiare il fuoco, riceve una lettera dal suo villaggio natale di Vé, la quale lo informa che la città è assediata da una creatura nera da incubo che ha già causato numerosi danni e distruzioni.
Capendo di non poter fronteggiare da solo questa minaccia, Ildsen raduna attorno a sé altri guerrieri o maghi, tra cui vi è anche il Wolfskin. Il nemico che devono affrontare, tuttavia, non è affatto di natura mistica e rappresenta un punto di non ritorno tra il vecchio mondo e un nuovo scenario tecnologico, in cui il Wolfskin rischia di non essere più presente.
In questo secondo capitolo della saga del Wolfskin, viene ampliato lo scenario che faceva da sfondo alla prima miniserie, di cui erano stati dati solo pochi particolari.
Ci troviamo proprio di fronte a un'epoca spartiacque, un'epoca in cui gli antichi guerrieri e maghi e ciò che rappresentano stanno per scomparire, soverchiati da qualcosa che non riescono a comprendere. Ovvero una nuova era tecnologica, dove nuove minacce ma anche nuove meraviglie prendono forma: elementi che nel breve o lungo periodo sostituiranno in maniera completa il vecchio mondo.
Il Wolfskin è una sorta di Conan che agisce verso la fine della sua personale Era Hyboriana (più il Conan delle storie apocrife che non quelle scritte da Robert Howard), senza più un Thoth-Amon da poter affrontare o un regno da poter conquistare. Non per questo, però, intende gettare la spugna tanto facilmente e la sua esistenza - se davvero avrà fine - si concluderà nel modo in cui ha sempre vissuto, combattendo.
Rimane alla fine qualche punto in sospeso, però, non so quanto voluto o meno, lasciando la sensazione di aver letto un'opera priva di alcuni capitoli. Non apprenderemo mai il passato del Wolfskin, o da dove viene davvero, né il background del mondo in cui egli agisce. Egli è una reliquia del passato, di una fantasia eroica che lascia spazio a una realtà moderna dove sembra non esserci più spazio per l'avventura e la mitologia.

martedì 17 maggio 2022

Libri a caso: Il Rumore della Pioggia


Firenze è una città rinomata per i suoi tesori artistici, sia sculture che quadri, con la Galleria degli Uffizi che rappresenta uno dei musei più importanti non solo d'Italia, ma del mondo, e per le sue chiese rinascimentali.
Firenze, tuttavia, ha come molte città anche un lato oscuro. Un lato oscuro che, in termini di cronaca, è venuto alla ribalta principalmente per i delitti del cosiddetto Mostro di Firenze, che hanno anche per qualche tempo proiettato l'ombra delle sette segrete su questi eventi criminali.
Questi due lati di Firenze, quello più pubblico e quello più segreto, emergono nel primo romanzo che vede protagonista il personaggio di Carlo Alberto Marchi, ideato dallo scrittore e giornalista Gigi Paoli: Il Rumore della Pioggia, pubblicato nel 2016 dalla casa editrice Giunti.
Le vicende di quest'opera si svolgono durante una settimana di novembre sferzata da una pioggia battente. Una pioggia che però non nasconde l'omicidio di un antiquario, Vittorio Stefani, commesso da mano ignota.
Mentre la città si prepara a ricevere un ambasciatore israeliano rischiando di precipitare nel caos, sull'assassinio indagano la Procura di Firenze, i Carabinieri e la redazione de Il Nuovo Giornale, di cui fa parte Carlo Alberto Marchi, separato e con una figlia pre-adolescente di cui occuparsi, Donata.
Ciò che rende questo delitto insolito è la presenza di numerosi elementi di indagine che fanno capo anche alla Chiesa Cattolica, la quale potrebbe aver avuto un ruolo nell'esecuzione di questo delitto.
Lo stile narrativo che viene adottato in questo romanzo è particolare, in quanto alterna una narrazione in prima persona, effettuata da Carlo Alberto Marchi, a una narrazione in terza persona dello scrittore onnisciente incentrata sul fatto delittuoso e poi sull'indagine che porta alla sua risoluzione.
Tale stratagemma viene adottato per dare al lettore tutti gli elementi a lui necessari per la comprensione della trama, che si svolge su due piani: da un lato l'indagine sull'omicidio dell'antiquario, dall'altro la descrizione della vita privata e professionale di Marchi. Il quale però arriva ad apprendere solo in un secondo momento alcuni fatti fondamentali relativi all'omicidio su cui sta scrivendo gli articoli per il giornale per cui lavora.
Tale espediente si rivela efficace, in quanto porta a dedicare la propria attenzione a entrambe le trame, senza che nessuna di esse prevalga sull'altra. Quindi ci troviamo di fronte più a una sorta di romanzo corale, dove altri co-protagonisti contribuiscono all'avanzamento della trama.
Per quanto riguarda invece Carlo Alberto Marchi, viene ben descritta quella che è la sua situazione familiare attuale - mentre poco o nulla per il momento sappiamo del suo passato - che lo porta a dover badare da solo alla crescita di sua figlia, la quale comincia a mostrare i primi segni di indipendenza dal genitore, nonché quella lavorativa.
Anche la trama dell'indagine viene ben descritta, mettendo nel giusto risalto dei ruoli e dei lavori che di solito rischiano di passare in secondo piano, quali quelli dei magistrati e dei carabinieri. Personalità che lo scrittore di quest'opera ben conosce, grazie al suo lavoro come cronista, potendo dunque rappresentare il tutto in maniera molto realistica e mediato quanto basta da esigenze narrative.
Su tutto questo domina Firenze, con le sue vie strette, i suoi palazzi che sembrano attaccati l'uno all'altro e i suoi tanti segreti, quei segreti che l'umanità cerca spesso e invano di nascondere. Fino a quando la realtà travolge tutto con la sua drammaticità.

lunedì 16 maggio 2022

Netflix Original 47: Message from the King


La scomparsa di Chadwick Boseman nel 2020 ha avuto davvero un forte impatto, sia tra i suoi colleghi attori che in buona parte del pubblico, che aveva potuto ammirare negli anni precedenti sia le sue prove più mainstream, di cui le più celebri rimangono quelle incentrate su Re T'Challa, il Black Panther del Marvel Cinematic Universe, sia quelle più d'élite, se così le possiamo definire, dove a volte ritagliava per sé anche il ruolo di produttore. Insomma, un attore davvero versatile che poteva dare ancora molto.
Un re diverso da quello che era solito interpretare compare in Message from the King, scritto da Stephen Cornwell e Oliver Butcher, diretto da Fabrice Du Welz e distribuito su Netflix a partire dal 4 agosto 2017.
Jacob King (Chadwick Boseman), cittadino sudafricano, giunge a Los Angeles in cerca di sua sorella Bianca, la quale gli ha comunicato di essere in grossi guai. L'uomo arriva però troppo tardi in quanto, una volta atterrato, scopre che sua sorella è stata uccisa dopo essere stata torturata.
In cerca dell'assassino, le indagini portano Jacob King in un mondo popolato da criminali di infimo stampo e politici corrotti. Un mondo in cui Bianca era precipitata suo malgrado per pagare i debiti del marito e in cui anche suo figlio è rimasto coinvolto, venendo rapito.
Jacob King è dunque determinato a vendicare l'omicidio di sua sorella e salvare suo nipote, nonché di portare ai responsabili il messaggio del re.
Anche se questa pellicola è comparsa un anno dopo Captain America: Civil War, in cui il personaggio di Black Panther fa il suo esordio, è stata in realtà girata prima, dunque è curioso e interessante vedere come Boseman si approcci per la prima volta a un personaggio proveniente dall'Africa (e su cui ha, seppur solo in minima parte, basato la sua interpretazione di T'Challa).
Soprattutto perché non ci sono eroi in questo film, nemmeno il protagonista lo è, anche se lo capiamo a pieno solo verso la fine. L'umanità che compare in questa pellicola rappresenta il lato oscuro di Los Angeles, quel lato oscuro che giunge a permeare ogni strato della società, dai bassifondi fino a giungere ai quartieri alti, fino alle stanze stesse del potere.
Un'oscurità che il protagonista può fronteggiare solo fino a un certo punto, ma la sua lotta pare destinata al fallimento.
Ci troviamo dunque di fronte a un western urbano, popolato dai moderni cowboy e criminali e dove le sparatorie si svolgono in un O.K. Corral percorso dai raggi obliqui della follia. Una follia che nemmeno un re è in grado di comprendere pienamente.

domenica 15 maggio 2022

A scuola di cinema: Assassinio sull'Orient Express (1974)

1934: Viene pubblicato il romanzo Assassinio sull'Orient Express (Murder on the Orient Express), scritto da Agatha Christie.
Basato in parte anche su eventi realmente accaduti - nello specifico il rapimento del figlio di Charles Lindbergh - l'opera vede il rinomato investigatore Hercule Poirot indagare su un macabro omicidio avvenuto sul celebre treno che percorreva la tratta da Parigi a Istanbul, dismesso poi nel 1977. Anche Agatha Christie viaggiò su questo famoso mezzo di trasporto, nel 1931.
Tale omicidio viene presto collegato a un drammatico fatto di cronaca che coinvolge alcuni dei passeggeri e che potrebbe aver trovato la sua risoluzione proprio sull'Orient Express, in quello che si rivelerà uno dei casi più intricati che Poirot abbia mai affrontato.
Dopo molti anni, tale romanzo viene anche adattato per il grande schermo, in quello che è il primo film a colori che vede protagonista il celebre detective belga.


Negli anni '60 del ventesimo secolo, Agatha Christie concede i diritti di sfruttamento cinematografico di alcuni suoi romanzi per dei lungometraggi in bianco e nero incentrati su Miss Marple, interpretata da Margaret Rutherford.
Ben presto la scrittrice si pente di questo quando vede che le sue storie sono state adattate come delle sorte di commedie e, dopo l'uscita nel 1965 di Poirot e il Caso Amanda (The Alphabet Murders), dove compare il primo Hercule Poirot cinematografico Tony Randall, decide che finché sarà in vita non concederà più alcun'altra opzione su una sua opera.
Le storie della scrittrice, tuttavia, risultano sempre tra le più vendute a livello mondiale e il cinema non intende rinunciarvi così facilmente.
La società EMI Films ha un asso nella manica in più: uno dei suoi produttori, John Brabourne, è il suocero di Lord Louis Mountbatten, imparentato coi reali di Inghilterra e in buoni rapporti di amicizia con Agatha Christie. Il presidente della EMI, Nat Coleman, gli chiede dunque un aiuto e alla fine Lord Mountbatten riesce a convincere la scrittrice - dietro la promessa di un adattamento più fedele - a concedere i diritti per il suo romanzo ambientato sull'Orient Express.
Come regista viene scelto Sidney Lumet, anche se la sua agente cerca di convincerlo a non accettare, ritenendo il progetto uno stupido film ambientato su un treno, ma a Lumet piace l'atmosfera inglese, in contrasto con un altro incarico a Los Angeles che gli è stato prospettato.
Sidney Lumet vuole un cast composto da sole star e per raggiungere questo obiettivo decide di ottenere per prima l'approvazione dell'attore più noto all'epoca, ovvero Sean Connery, sulla cresta dell'onda grazie ai film della saga di 007 e con cui il regista ha peraltro già collaborato in precedenza. Costui accetta e, in poche settimane, i rimanenti componenti del cast vengono selezionati.
L'attrice più difficile da convincere si rivela essere Ingrid Bergman. In principio Lumet le propone il ruolo della Principessa Dragomiroff, già offerto a Marlene Dietrich che aveva rifiutato, in quanto si era ritirata dalle scene e non intendeva cambiare idea al riguardo. Lei, tuttavia, desidera un'altra parte, quella di Greta Ohlsson. Lumet cerca di dissuaderla, affermando che quello è un ruolo minore, ma Ingrid Bergman è inflessibile e quindi alla fine il regista decide di accettare.
Pur essendo Ingrid Bergman nata in Svezia, ha qualche difficoltà a interpretare un personaggio di nazionalità svedese, in quanto gli anni di permanenza in paesi anglosassoni le hanno fatto perdere l'accento natio. Viene dunque assunto un vocal coach per aiutarla a pronunciare le sue battute con la giusta intonazione.
Nonostante i componenti del cast siano tutti attori rinomati, ognuno di loro accetta un ingaggio di 100.000 dollari. A Sean Connery viene inoltre garantita una percentuale sugli incassi.
Il ruolo di Hercule Poirot viene proposto in prima battuta ad Alec Guinness e Paul Scofield, ma nessuno di loro è disponibile. Viene scelto allora Albert Finney. Costui, tuttavia, all'epoca ha 37 anni, mentre il personaggio di Hercule Poirot ne ha non meno di 55, anzi con ogni probabilità più di 60. Per ovviare a questo, si provvede a un apposito make-up per cui occorrono comunque alcune ore.
In quello stesso momento Albert Finney sta anche recitando in un'opera teatrale e c'è bisogno dunque di un modo per garantire le necessarie ore di sonno. Viene dunque affittata un'ambulanza che preleva giornalmente l'attore dalla propria abitazione mentre è ancora in pigiama e sul mezzo vengono compiuti i lavori preliminari di trucco, fino all'arrivo presso gli studi cinematografici, dove il make-up viene completato (spesso con Finney che sonnecchia nel mentre). Considerata che la sua è la parte più rilevante, all'attore viene garantito l'ingaggio più alto.
Così come Albert Finney, anche altri attori sono impegnati a teatro e così possono recitare solo durante il giorno per poi recarsi la sera a interpretare l'opera teatrale oppure durante i weekend.
Le riprese si tengono in Inghilterra presso gli Elstree Studios e in location in Francia e Turchia.
Lumet decide di girare la scena dell'interrogatorio di Greta Ohlsoon (più di quattro minuti) con una sola ripresa senza tagli, che l'attrice porta a termine in maniera mirabile
La scena finale, con la rivelazione, occupa ben otto pagine di sceneggiatura (per un totale di quasi 30 minuti). Per Albert Finney si rivela particolarmente sfiancante portarla a compimento, considerato che alcune riprese devono essere effettuate anche più volte e da diverse angolazioni. Anche per gli altri componenti del cast, inoltre, non è così semplice continuare a restare immobili e col corretto portamento per così tanto tempo.
Assassinio sull'Orient Express (Murder on the Orient Express) viene distribuito nei cinema inglesi a partire dal 22 novembre 1974. A fronte di un budget di 1 milione e cinquecentomila sterline, la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale circa 28 milioni di dollari. Ingrid Bergman vince inoltre l'Oscar come Miglior Attrice Non Protagonista.
Agatha Christie riesce a partecipare alla premiere del film, in quella che si rivela come la sua ultima apparizione pubblica. Rimane particolarmente soddisfatta, giudicando questo adattamento il migliore mai tratto dai suoi romanzi. Ha un solo rammarico: i baffi di Poirot non sono i migliori e più curati al mondo, come invece quelli portati dal personaggio di sua creazione.
Anche dopo la scomparsa della scrittrice, nel 1976, nuovi adattamenti vengono prodotti, tra cui una nuova avventura di Hercule Poirot con un altro attore... ma questa è un'altra storia.

sabato 14 maggio 2022

A scuola di cinema: Fuoco Assassino (1991)

1987: Mentre sta frequentando la University of California, Los Angeles (UCLA), Gregory Widen - sceneggiatore di Highlander - lavora per ben tre anni come vigile del fuoco, assistendo allo scoppio di numerosi incendi che contribuisce anche lui a domare. Non è però sempre tutto idilliaco ed eroico, infatti Widen un giorno assiste impotente alla morte di un amico pompiere, colpito in maniera fatale da una fiammata di ritorno.
Tale esperienza gli rimane in maniera inevitabile impressa nella mente e costituisce anche la base per la sceneggiatura di un celebre film.


Il trattamento originario viene presentato a Dino De Laurentiis, che dimostra il suo interesse nonostante una, a suo dire, pessima presentazione da parte di Gregory Widen. Prima che lo sceneggiatore, però, possa portare a termine le modifiche richieste, la società di De Laurentiis dichiara bancarotta.
Dopo essere rimasta per qualche tempo nel limbo, la sceneggiatura di Gregory Widen arriva per vie traverse al produttore David Friendly della Imagine Films Entertainment, che l'acquisisce concludendo poi un accordo di distribuzione con la Universal Pictures. Il presidente e fondatore della Imagine Entertainment, Ron Howard, decide di seguire la regia del progetto.
Il ruolo di Stephen McCaffrey viene proposto a svariati attori e uno di questi, Tom Cruise, pur rifiutandolo lo menziona a un suo collega, Kurt Russell - che Tom Cruise ha cercato di far includere nelle riprese di Giorni di Tuono (Days of Thunder). Kurt Russell si inserisce dunque nelle audizioni e si aggiudica la parte.
Per il ruolo di Brian McCaffrey, uno degli attori considerati è Alec Baldwin, il quale però declina suggerendo il nome di suo fratello, William Baldwin, che si aggiudica infine la parte. Per poter partecipare a questo progetto di più alto profilo, l'attore rinuncia a un'altra parte nel film Thelma & Louise, ovvero il personaggio di J.D. Un ruolo che viene assegnato infine a uno degli attori che aveva partecipato al casting per Brian McCaffrey, Brad Pitt.
Per prepararsi alle loro parti, Kurt Russell e William Baldwin vengono inviati presso un centro di addestramento per pompieri, al fine di apprendere i rudimenti del lavoro di vigile del fuoco. Risiedono inoltre per circa un mese presso una caserma dei pompieri di Chicago, passando lì anche le notti.
Robert De Niro viene selezionato per interpretare una persona realmente esistente conosciuta da Gregory Widen, Donald Rimgale, che ha lavorato per oltre trent'anni per il corpo dei pompieri di Chicago, anche come ispettore delle cause degli incendi dolosi. Don Rimgale ha anche una piccola parte nella pellicola.
In preparazione alla parte, l'attore incontra Rimgale e anche altri ispettori dei vigili del fuoco, apprendendo inoltre la loro postura e il modo in cui si muovono per poter riprodurre il tutto durante le riprese.
Per la piccola parte del bambino che viene salvato dalle fiamme dal personaggio interpretato da Kurt Russell, all'audizione partecipano circa 200 giovani attori.
In un'epoca dove la tecnologia CGI non si è ancora pienamente sviluppata, l'unico modo per riprendere incendi in maniera realistica ed efficace è utilizzando del fuoco vero, con tutte le conseguenze del caso.
Per prepararsi a ogni eventualità, tre mesi prima circa dell'inizio dei lavori il team che si occupa degli effetti speciali costruisce un apposito laboratorio dove vengono ricreate delle esplosioni causate del fuoco e si esamina ciò che accade in caso di incendi.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 23 luglio 1990, tenendosi a Chicago.
Nonostante i possibili rischi, Kurt Russell, William Baldwin e Scott Glenn, che interpreta il personaggio di John Adcox, effettuano il maggior numero di riprese possibili, comprese quelle più pericolose, tanto da essere inseriti alla fine in maniera ufficiale nel team degli stuntmen. Molte delle comparse del film, inoltre, sono veri pompieri di Chicago e anche Gregory Widen ottiene una piccola parte in questo ruolo.
Scott Glenn viene a un certo punto davvero assalito dalle fiamme, ma i suoi vestiti ignifughi e il gel di cui è ricoperto il suo corpo lo proteggono da gravi conseguenze e, una volta terminate le riprese della scena, le fiamme vengono prontamente estinte da un team di vigili del fuoco sempre presente sul set.
Un cameraman viene inoltre rivestito con una tuta ignifuga e fatto passare attraverso le fiamme utilizzando una telecamera a mano, per esigenze di riprese e drammaticità.
Pur con questi concreti pericoli sempre dietro l'angolo, a parte qualche bruciatura e livido poco significativi e un danno strutturale a un edificio peraltro già destinato alla demolizione, nessun attore o componente della troupe rimane ferito sul set.
Le riprese si concludono l'otto dicembre 1990.
Fuoco Assassino (Backdraft) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 24 maggio 1991. A fronte di un budget di 40 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale 152 milioni di dollari. Ron Howard decide di donare una parte dei profitti a lui spettanti alla sua locale caserma dei pompieri.
Un'inaspettata conseguenza derivante dall'uscita del film è che nel 1992 la Universal e la Imagine Entertainment vengono citate in giudizio da due pompieri di Buffalo, John Zoll e Terrence Burns, i quali affermano che la sceneggiatura di Fuoco Assassino presenta numerose similarità con un trattamento che il loro agente aveva regolarmente presentato alla Imagine tempo prima.
La causa va avanti per ben nove anni, ma le parti raggiungono infine un accordo extragiudiziale prima che essa venga giudicata in un tribunale.
Un sequel del film, Fuoco Assassino 2 (Backdraft 2) viene realizzato ben ventotto anni dopo, nel 2019, ancora sceneggiato da Gregory Widen e diretto stavolta da Gonzalo López-Gallego.
Il protagonista di questo sequel è Sean McCaffrey, il figlio di Stephen McCaffrey (interpretato da Joe Anderson), che deve sventare degli incendi dolosi appiccati a scopo diversivo da dei terroristi. Del cast originario ritornano solo William Baldwin e Donald Sutherland. Il film non ottiene una distribuzione cinematografica e finisce così nel circuito direct-to-video.
Il corpo dei vigili del fuoco tornerà in maniera drammatica sotto i riflettori a seguito dell'attentato alle Torri Gemelle dell'undici settembre 2001, il quale diverrà oggetto di alcune pellicole... ma questa è un'altra storia.