venerdì 30 giugno 2023

Fabolous Stack of Comics: Storie di Guerra - Castelli in Aria


Le Storie di Guerra realizzate da Garth Ennis ci hanno presentato dei perdenti che o sono rimasti tali, e il conflitto ha solo acuito la loro condizione, oppure sono riusciti a trovare un qualche tipo di riscatto durante il conflitto.
Ma queste storie ci hanno presentato anche altro: l'unione tra due o più popoli - di diverso pensiero e strati sociali, a volte anche dai lati opposti della barricata - per combattere un nemico comune. Come visto ad esempio nella storia Lo Squadrone dei Vampiri.
E come viene riconfermato nella miniserie di tre numeri, pubblicata nel 2014, Castelli in Aria (Castles in the Sky), disegnata da Matt Martin e Keith Burns.
Nel 1943 l'americano Leonard Wetmore viene inviato in Inghilterra per dare una mano all'esercito inglese contro l'avanzata dell'esercito nazista. Il suo compito è quello di pilotare lo squadrone dei B-17 insieme ad altri giovani soldati inglesi, ma per quanto ampiamente previsti nessuno di loro può immaginare gli orrori che la guerra riserverà loro.
Un momento di sollievo arriva quando Leonard Wetmore conosce Paula Pritchard, una vedova di guerra. Il figlio, tuttavia, non vede di buon occhio una possibile relazione tra loro, mentre l'uomo è dibattuto se tornare in patria o restare in questo paese dove però sembra vi siano poche possibilità per lui.
Come si può notare, la storia attraversa due piani narrativi. Quello più prettamente bellico e d'azione (per quanto questo termine possa apparire fuori posto in un contesto che fa capo a reali eventi storici) e quello più intimista e romantico, perché, laddove non lo si fosse notato (ma in questo caso vorrebbe dire che non si è letto nemmeno Preacher) Garth Ennis è perfettamente in grado di scrivere questo tipo di storie.
Garth Ennis opera un netto distacco tra questi due piani, mostrandoci nel primo uomini fragili, consapevoli che potrebbero morire in ogni momento a bordo di aerei che non sono del tutto affidabili, eppure al tempo stesso capaci di mostrare un coraggio e un'abnegazione che forse solo gli uomini comuni hanno.
Nel secondo lo scrittore ritorna sul concetto di unione tra i popoli che deve sovrastare ogni differenza per sconfiggere un pericolo più grande. Tramite la storia d'amore tra Leonard Wetmore e Patricia Pritchard, oggetto di pregiudizi e sguardi di disapprovazione in principio, si dimostra che un'unione simile è assolutamente possibile. E se si abbandonano ogni paura ed incertezza è facile da realizzare.
Perché contro l'oscurità crescente talvolta l'amore è capace di risplendere.

giovedì 29 giugno 2023

Prime Video Original 63: Goodnight Mommy


Nel 2014 esce Goodnight Mommy (Ich seh, Ich seh), un film di produzione austriaca scritto e diretto da Veronika Franz e Severin Fiala e incentrato su due gemelli che iniziano a coltivare dei dubbi su loro madre, reduce da un intervento di chirurgia plastica al volto.
In quella che è la patria dei remake di film provenienti da altre nazioni, gli Stati Uniti, forse mancava ancora un prodotto austriaco da adattare (sicuramente no, ma fateci sognare) ed ecco dunque Goodnight Mommy, diretto da Matt Sobel, scritto da Kyle Warren e distribuito su Amazon Prime Video a partire dal 16 settembre 2022.
Elias e Lukas (Cameron Crovetti e Nicholas Crovetti) tornano a vivere presso l'abitazione della loro madre attrice (Naomi Watts), dopo che costei ha divorziato dal marito. Al loro arrivo vedono il volto della donna avvolto da delle bende a causa dei postumi di un intervento di chirurgia estetica.
Ma ci sono altre cose che preoccupano i due ragazzi: l'insolito comportamento della madre, a loro dire violenta e distante, nonché il fatto che impedisca loro di recarsi all'esterno e praticamente li segreghi in casa. I due giungono infine alla conclusione che quella donna non è loro madre e vogliono scoprire a tutti i costi cosa le sia accaduto.
Il thriller di natura psicologica si sposa qui con alcune ambientazioni gotiche (le atmosfere da casa isolata e lontana dalla civiltà che risultano quasi sempre efficaci) e qualche venatura horror che verso il finale prende il sopravvento su tutto il resto.
In principio il film appare essere incentrato sul concetto di identità e il senso di genitorialità che col passare del tempo rischia di tramutarsi in mancanza di empatia. Con tanto di Naomi Watts che sembra incarnare una versione dark di sé stessa.
A un certo punto, però, appare chiaro come in realtà il tema sia quello del lato oscuro presente in ognuno di noi e che talvolta si manifesta già quando siamo dei bambini. Cosa che porta a commettere delle atrocità senza averne la piena consapevolezza, visto che in pochi maturano un pieno senso di responsabilità in tenera età. E come, in un mondo senza filtri, questo possa essere contenuto. Se possibile.
Per fare questo si utilizza uno stratagemma narrativo che direi sia ormai consolidato da più di vent'anni - ma che per ovvie ragioni non vi posso qui indicare - e che, all'occhio anche dello spettatore meno attento, può apparire intuibile abbastanza presto. In questo caso si verifica una strana sensazione, per cui sappiamo che la trama prima o poi andrà a parare su quel preciso punto e che esso rappresenta il punto di svolta dell'intera vicenda.
O del vero incubo.

mercoledì 28 giugno 2023

Fabolous Stack of Comics: Suicide Squad - Caccia a Joker!


La Task Force X, ben più nota come Suicide Squad, è il gruppo della DC Comics composto da carne da cannone, ovvero elementi sacrificabili, che il governo americano impiega per missioni ultrasegrete di cui disconosce l'esistenza. Una sorta di Mission: Impossible con i supercriminali.
Anche se gli elementi di questa squadra sono di solito intercambiabili, due di essi ne hanno spesso fatto parte: il primo è Capitan Boomerang. Un'altra storica componente, seppur in tempi più recenti, è invece Harley Quinn.
Ma un nuovo elemento fa il suo ingresso nella miniserie di tre numeri, pubblicata tra il 2021 e il 2022, Caccia a Joker! (Get Joker!), scritta da Brian Azzarello e disegnata da Alex Maleev.
Jason Todd/Red Hood viene costretto a entrare nella Suicide Squad da Amanda Waller. Come nuovo team leader, ha il compito di coordinare una squadra, composta da Harley Quinn e supercriminali di secondo piano, che ha la missione di uccidere il Joker, colui che tempo prima pestò a sangue fino alla morte Jason Todd stesso.
Una missione dai molti rischi, ma in apparenza con un obiettivo ben preciso. E invece non è così, poiché ben presto la Suicide Squad capisce che vi sono interessi più alti in gioco in questa caccia a Joker, che da loro avversario potrebbe tramutarsi in un insolito e scomodo alleato.
Brian Azzarello utilizza un tema classico sia delle storie di spionaggio che di quelle supereroistiche, ovvero la missione che ben presto si rivela qualcos'altro, per aggiungere poi alcuni elementi di cospirazione e attualità a lui cari.
Dietro la missione della Suicide Squad vi sono forti interessi politici e Amanda Waller appare più come uno di quei burattini al servizio di qualche lobby che le indica dove concentrare le proprie attenzioni, mentre altrove sono liberi di agire indisturbati.
In questo caso Joker è il nemico semplicemente perché fa affari coi russi e va eliminato non in quanto assassino cha ha rovinato la vita a decine di persone (tra cui Jason Todd e Harley Quinn, scelti non a caso), ma perché destabilizza il potere economico statunitense.
E le persone mandate ad affrontarlo sono elementi della società di cui quella stessa società pensa di poter fare a meno. Alcuni dei quali, pur di guardare la realtà in faccia, si abbandonano a improbabili teorie del complotto che prendono di mira i soliti soggetti (Bill Gates, gli scienziati). Anche se non dovessero farcela, altre decine di elementi sacrificabili sono pronti ad essere impiegati. Una vera e propria metafora di quanto accaduto negli scorsi quattro anni.
Caccia a Joker! ha il curioso merito di non presentare nemmeno un personaggio che abbia un qualche manto di positività. Eppure vedere questi amabili perdenti a un certo punto ribellarsi all'establishment e cercare di fare la cosa giusta contribuisce a dar loro giustizia. Almeno sulle pagine di un fumetto.

martedì 27 giugno 2023

Netflix Original 138: Apostolo


Oltre alle case isolate, un altro luogo in cui si sconsiglia vivamente di recarsi sono le piccole isole con pochi abitanti, poiché lì ci si trova sempre qualche strano culto.
È dai tempi di The Wicker Man che questo accade ed è una "tradizione" che si perpetua da anni, ma a quanto pare il consiglio continua a non essere ascoltato. E così ecco una nuova "isola misteriosa" in Apostolo (Apostle), scritto e diretto da Gareth Evans e distribuito su Netflix a partire dal 12 ottobre 2012.
L'anno è il 1905. Thomas Richardson (Dan Stevens), un ex missionario, si reca sotto falso nome presso un'isola dove si trova sua sorella, la quale è stata rapita da una misteriosa setta che ha chiesto un ingente riscatto al padre.
Thomas Richardson si finge dunque un nuovo accolito, incontrando così il leader della setta, Malcolm Howe (Michael Sheen) ed entrando in contatto con un mondo a lui ignoto, fatto di sacrifici, rituali e uccisioni di cui potrebbe presto divenire vittima.
Ho come l'impressione che il regista e sceneggiatore abbia voluto qui ritrarre, a modo suo, quello che è il rapporto dell'essere umano con la religione, o per meglio dire gli eccessi che da esso derivano.
Da un lato infatti abbiamo il protagonista, che prima era un fervente credente, tanto da voler andare a diffondere la parola di Dio in altri paesi. Ma dopo un tragico evento, l'uomo ha perso ogni traccia di fede ed è divenuto più cinico nei confronti dell'umanità e della realtà che lo circonda.
Dall'altro alto invece troviamo l'esasperazione di un credo. Una setta e il suo leader così convinti di agire in nome di un bene superiore e comune da privare altri della vita o della libertà. Il tutto anche con qualche scena grafica abbastanza forte.
Quello che è lo scontro fisico diventa dunque anche un conflitto ideologico tra due estremismi che sono destinati entrambi a fallire, poiché - avete presente quel discorso del colpo al cerchio e un altro alla botte? - la via migliore è quella che cerca di trovare un equilibrio. Quindi né un film contro la religione, né un film a favore della religione.
I due uomini ai lati opposti della barricata inevitabilmente alla fine rimarranno soli nella loro presunta cerca di giustizia, proprio perché tale cerca era viziata fin dal principio. Ma forse, in questa solitudine, avranno modo di ritrovare sé stessi e ripartire da capo. Senza estremismi o fede cieca in esseri divini pronti a pugnalarti alle spalle.

lunedì 26 giugno 2023

Disney+ Original 13: No Exit


Esistono film che presentano trame immediate e dirette e non ci girano tanto attorno, andando subito dritti all'obiettivo. Con personalità tagliate con l'accetta, pochi scenari e un mistero che gira attorno a tutto ciò. A volte funzionano e a volte no.
Un film con una trama decisamente immediata e diretta è No Exit, diretto da Damien Power, scritto da Andrew Barrer e Gabriel Ferrari (basandosi su un omonimo romanzo scritto da Taylor Adams) e distribuito su Disney+ a partire dal 25 febbraio 2022.
Darby Thorne (Havana Rose Liu) fugge dalla clinica di riabilitazione in cui è confinata per andare a trovare sua madre, la quale sta per subire un delicato intervento chirurgico. Durante il tragitto, però, la donna si imbatte in una violenta tempesta di neve che la costringe a sostare presso un rifugio temporaneo dove si trovano altri quattro autisti rimasti bloccati a causa delle pessime condizioni meteorologiche.
Mentre tenta di contattare la sua famiglia per sapere come sta la madre, Darby nota in un furgone una ragazza imbavagliata e terrorizzata. Impossibilitata a chiamare la polizia o ad allontanarsi dalla scena, Darby deve scoprire chi delle quattro persone presenti con lei è il rapitore e trovare un modo per liberare la ragazza.
Siamo nell'ambito di due generi che si incontrano e si "scontrano" lungo la via. Da un lato abbiamo il classico mistero, l'enigma in cui la protagonista si imbatte e di cui deve trovare la soluzione (il whodunnit, per dirla all'inglese).
Successivamente il tutto lascia spazio a un'atmosfera più adatta al genere thriller, pur con qualche venatura horror: il luogo isolato, l'eroina che appare come una persona fragile e insicura (ma che dall'esperienza ne rinasce più forte), il villain che non si ferma di fronte a nulla pur di riuscire nel proprio piano. I serial killer dell'horror classico che continuavano a uccidere per futili ragioni di vendetta anche dopo decenni ora sono stati sostituiti da persone senza un vero e proprio scopo, che altri manipolano per i loro fini ma che in ultimo sono responsabili delle proprie azioni malvagie.
Abbiamo detto di personalità tagliate con l'accetta e in questo caso non vi sono eccezioni: i vari personaggi vengono subito inquadrati sostanzialmente entro pochi minuti, oserei dire addirittura secondi, dalla loro prima apparizione (il cast principale è di cinque attori) e in maniera tale che non ci interroghiamo più di tanto sulle loro motivazioni.
Il focus diventa dunque più la trama incentrata sulla crisi che nasce a seguito della scoperta della ragazza rapita, con anche uso di qualche scena esasperata di violenza in vista della catarsi finale. Tanto che, volendo, il film lascia un paio di punti in sospeso che volutamente decide di non affrontare, non ritenendoli probabilmente importanti nell'equilibrio della storia.
Anche questo, si può dire, è agire in maniera immediata e diretta.

sabato 24 giugno 2023

A scuola di cinema: Corto Circuito (1986)

1985: Brent Maddock, un aspirante sceneggiatore, sta frequentando la scuola di cinema della University of Southern California (USC) di Los Angeles insieme al suo amico Steven Seth Wilson.
I due hanno sviluppato una sceneggiatura incentrata su un robot senziente e, nel tentativo di migliorarne la struttura per cercare se possibile di farla opzionare da qualche studio cinematografico, Brent Maddock comincia a frequentare un corso di sceneggiatura tenuto da Sally Merlin-Jones.
L'idea del robot senziente nasce a seguito di un corto realizzato dai due autori in cui un robot (muovendosi in stop motion) spiega come opera una biblioteca pubblica.
Durante una lettura pubblica delle opere dei vari partecipanti al corso, un altro studente di nome Arne Olson rimane favorevolmente impressionato dalle idee di Brent Maddock. Per quelle strane coincidenze del destino, costui ha un amico di nome Gary Foster, il quale consegna la sceneggiatura a suo padre, David Foster, produttore cinematografico.
Questo rappresenta il primo passo per lo sviluppo di una celebre pellicola.


Anche David Foster rimane impressionato in maniera favorevole dalla sceneggiatura di Brent Maddock e S.S. Wilson e la opziona insieme al suo collega Lawrence Turman. La sceneggiatura viene inviata a John Badham che, come la legge, si dichiara immediatamente disponibile a essere il regista del film.
In principio i due sceneggiatori non hanno le idee ben chiare su come far sì che il robot divenga vivo e pensano per qualche tempo di far sì che esso venga animato da degli alieni, prima di ricorrere al classico espediente del fulmine.
Il progetto viene conteso da alcune case cinematografiche, ma alla fine David Foster decide di affidarsi alla Producers Sales Organization che, pur essendo una piccola compagnia, gli garantisce quell'importanza e priorità che altre non sono in grado di fornire.
In principio il personaggio di Ben Jabituya è un americano e viene scelto Fisher Stevens per interpretarlo. John Badham, tuttavia, decide di prendere in prestito un'idea, ritenendola divertente, da Beverly Hills Cop, in cui vi è un personaggio francese (Serge) che deride gli americani e le loro usanze. Ben diventa dunque un indiano e, dopo aver pensato di farlo interpretare da Bronson Pinchot - ovvero colui che aveva interpretato Serge - Fisher Stevens viene confermato.
Per questa parte l'attore passa qualche tempo in India e cerca di sviluppare un credibile accento. Ovviamente, essendo un'epoca diversa, né l'attore americano, che ha disperatamente bisogno di lavorare, né la produzione vedono la cosa come involontariamente parodistica. Tuttavia l'attore risulta abbastanza credibile da far sì che in India sia scambiato per qualche tempo con un altro attore di Bollywood.
Ma il personaggio più difficile da "trovare" è ovviamente il protagonista, Numero 5/Johnny 5. Per lo sviluppo e la costruzione del robot e delle sue repliche da utilizzare durante le riprese occorrono cinque mesi di lavorazione e un gruppo operativo composto da circa quaranta persone.
Questa fase viene portata avanti, sotto la costante supervisione di John Badham, in principio dal designer Syd Mead che, scavalcando qualche iniziale obiezione, riesce infine a convincere la produzione del fatto che il robot abbia bisogno di occhi per esprimere delle emozioni.
Per il suo design, Syd Mead si ispira a vere ricerche nel campo della robotica effettuate a quel tempo, in particolar modo per alcune applicazioni in campo militare, e a un robot in grado di suonare un organo da lui visto in una fiera di Tokyo.
Successivamente, la fase operativa, ovvero la creazione dei robot veri e propri, diciassette in tutto, viene portata avanti da un team guidato dall'esperto di effetti speciali Eric Allard.
Durante questa fase la voce originale del robot è quella del burattinaio Tim Blaney. L'idea iniziale è quella di affidare poi la parte vocale a un altro attore, quale Robin Williams, in post-produzione, ma quando John Badham ascolta le performance vocali di Tim Blaney e nota come il team si sia ormai abituato ad associare la sua voce a quella del robot, decide che Blaney debba rimanere come voce ufficiale, nonché sia presente sul set per aiutare gli attori in merito alle interazioni col robot.
Alla fine, circa 3 milioni di dollari del budget stanziato, che non è significativo, vengono impiegati solo per la costruzione dei vari Numero 5.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 6 settembre 1985, tenendosi in Oregon.
Sul set i robot vengono controllati da remoto sia da Tim Blaney che da altri burattinai, utilizzando cavi quando richiesto per le scene più complesse, le quali richiedono a volte l'intervento di anche diciotto persone contemporaneamente.
Anche se è previsto in origine l'utilizzo di stop motion, John Badham preferisce che i vari movimenti del robot siano realizzati tramite effetti pratici, per cercare di trasmettere un maggior senso di realismo (cosa che peraltro permette anche di non andare a incidere sui costi).
Così, ad esempio, il rapido movimento delle pagine dei libri che Numero 5 legge viene ottenuto utilizzando fuori scena un tubo di aria compressa, mentre il lancio ripetuto di una moneta viene conseguito tramite un abile uso di cavi.
Consapevole che il regista è John Badham, la produzione chiede se sia possibile creare una scena in cui Numero 5 balla vedendo alla televisione La Febbre del Sabato Sera (Saturday Night Fever). Il regista coglie subito la palla al balzo senza consultare prima gli esperti di effetti speciali.
Dapprima insegna la scena e la prova con Ally Sheedy utilizzando proprio una di quelle presenti in La Febbre del Sabato Sera, dopodiché, pur tra mille difficoltà, la scena viene portata a compimento.
Pur non volendo esserci alcun sottotesto romantico tra il personaggio di Stephanie Speck - interpretata da Ally Sheedy - e Numero 5, si decide infine di dare più preminenza alla relazione amorosa tra la protagonista e Newton Crosby (interpretato da Steve Guttenberg) quando le scene in cui Stephanie abbraccia il robot vengono accolte con forte disapprovazione durante gli screening preliminari.
Corto Circuito (Short Circuit) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 9 maggio 1986. A fronte di un budget di 15 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare poco più di 40 milioni di dollari. Un considerevole successo, e questo nonostante la società di produzione sia fallita circa due settimane prima dell'uscita ufficiale.
Questo, tuttavia, non impedisce che vengano subito messi in atto dei piani per un sequel... ma questa è un'altra storia.

venerdì 23 giugno 2023

Fabolous Stack of Comics: Howard The Duck - Ma Che Quackio?!


Parliamo di un personaggio davvero insolito, Howard The Duck/Howard il Papero/Orestolo il Papero. E attenzione, insolito in un mondo dove convivono semidei, stregoni, creature magiche e chi più ne ha più ne metta.
Se vi impegnate riuscite anche a immaginare il decennio in cui è stato ideato... esatto, gli anni '70 del ventesimo secolo, grazie al genio di Steve Gerber. Dopo qualche prima comparsata, il personaggio ottiene addirittura una propria serie regolare, dai toni fortemente satirici: il suo punto più alto di celebrità (sì, tralasciando il film prodotto da George Lucas, ovviamente).
Tra alterne fortune, Howard The Duck ha continuato a imperversare nelle testate Marvel nei decenni successivi, potendo anche contare su qualche titolo a lui intestato. Uno di questi è la miniserie di cinque numeri, pubblicata nel 2015, Ma Che Quackio?! (What The Duck?), scritta da Chip Zdarsky e disegnata da Joe Quinones.
Howard ha aperto un'agenzia di investigazioni private accanto allo studio legale di She-Hulk, ma nessuno è disposto a concedergli molto credito, inclusa la comunità dei supereroi.
Howard accoglie a braccia aperte, dunque, un cliente di nome Mr. Richards, il quale gli offre l'incarico di ritrovare un ciondolo perduto e rubato dalla Gatta Nera. Al contempo, fa amicizia con una tatuatrice di nome Tara.
Quello che appare in principio come un semplice caso di furto si rivelerà in realtà un vero e proprio tour nell'Universo Marvel, tra minacce cosmiche, potenti entità magiche e... Zia May?
Forse non lo avremmo mai immaginato, ma anche per Howard The Duck è possibile creare un nuovo scenario prendendo a riferimento le sue caratteristiche base. E siccome è ormai da troppo tempo presente nel Marvel Universe, la caratteristica di "papero in terra straniera" non può più funzionare.
Ecco allora che Chip Zdarsky riprende il personaggio di Howard, da tempo assente dalle scene, creando attorno a lui un nuovo, piccolo grande mondo in cui possa interagire col resto degli eroi Marvel e di creare danni come solo lui sa fare.
L'occasione è anche colta dall'autore per fare un po' di ironia su alcune tematiche "seriose" del Marvel Universe quali il senso di responsabilità di Spider-Man, i doveri continui del Dr. Strange come Stregone Supremo e le superbattaglie per il destino della Terra.
Il tutto inserito in una trama che attraversa i quattro angoli del Marvel Universe stesso, dalla Terra alla galassia, dimostrando come un personaggio fuori dai canoni come Howard The Duck ben si adatti a ognuno di esso. Ogni elemento insolito, infatti, è in grado di portare qualcosa di nuovo in un mondo già noto.

giovedì 22 giugno 2023

Prime Video Original 62: Un Regalo da Tiffany


In Colazione da Tiffany, la bella ed eccentrica Holly Golightly interpretata da Audrey Hepburn amava consumare una rapida colazione mentre osservava le vetrine della celebre gioielleria di New York. Decenni dopo, questo vero e proprio simbolo della Grande Mela e non solo rimane un punto di riferimento, anche per nuove pellicole sempre con sfondo romantico.
Come ad esempio Un Regalo da Tiffany (Something from Tiffany's), diretto da Daryl Wein, scritto da Tamara Chestna - basandosi su un omonimo romanzo di Melissa Hill - e distribuito su Amazon Prime Video a partire dal 9 dicembre 2022.
Ci troviamo nel periodo natalizio. Ethan Greene (Kendrick Sampson), un promettente scrittore, compra da Tiffany's un anello con l'intenzione di fare la proposta di matrimonio alla fidanzata. Uscendo dal negozio si imbatte in un investimento non letale e, soccorrendo l'uomo colpito, erroneamente prende il suo pacchetto.
Per vie traverse, Ethan Greene arriva a conoscere Rachel Meyer (Zoey Deutch), fidanzata del ragazzo investito, e stringe subito amicizia con lei. Quando l'uomo scopre l'equivoco che si è creato, cerca subito di recuperare il proprio anello. Ma le vie dell'amore sono misteriose e al tempo stesso scintillanti come i gioielli.
Da un lato abbiamo una storia d'amore che nasce per caso e quasi dal nulla tra due persone unite dal destino che scoprono di avere molte cose in comune e sono uniti anche dalle sofferenze del passato. Dall'altro abbiamo l'atmosfera natalizia che li circonda. Ci sono davvero dubbi su come questa storia si concluderà?
Ebbene sì, cari amici vicini e lontani, questo è un nuovo prodotto rassicurante per tutti (e che ben si adatta, occorre dirlo, come film natalizio dai buoni sentimenti per i fan del genere). Quindi non aspettatevi grosse sorprese, siamo ben lontani dalle atmosfere del film sopra citato che aveva un sottotesto drammatico che qui nemmeno viene sfiorato. Non ve ne era proprio l'intenzione.
Tutti i personaggi, dai principali ai secondari, sono rappresentazioni di personalità ben definite e quindi intercambiabili con decine di altri personaggi. C'è una lista apposita per questo: l'uomo che ha perso la moglie, la figlia adolescente e scaltra, il fidanzato opportunista e approfittatore, la ragazza indipendente che vuole anche il grande amore, la coppia LBGTQ che già che ci siamo inseriamo nel progredire della trama ma non ha alcuna rilevanza.
Però, come già affermato in passato, è giusto che simili film continuino a essere sviluppati e prodotti perché il pubblico continua a volerli per potersi astrarre dalla realtà almeno per un paio d'ore. Non vuole particolari approfondimenti psicologici o racconti complicati: certe volte desidera semplicemente una storia immediata e diretta.
E a ben vedere non c'è nulla di male.

mercoledì 21 giugno 2023

Prime Video Original 61: The Rental


Che uno pensa... d'accordo, trenta o quaranta anni fa soggiornare in una casa isolata dalla civiltà si poteva capire, è un po' originale come scelta di vita, ma non tutti siamo uguali e non c'era tutta la tecnologia che è disponibile ora. E così ecco che arriva il serial killer della situazione.
Ma al giorno d'oggi è possibile che ci sia ancora qualcuno che casca in questo tranello? Ebbene sì, vi cascano ad esempio i protagonisti di The Rental, diretto da Dave Franco, scritto da Dave Franco, Joe Swanberg e Mike Demski e distribuito su Amazon Prime Video a partire dal 10 marzo 2021.
Due coppie di amici (Dan Stevens, Alison Brie, Sheila Vand, Jeremy Allen White) affittano una casa per un weekend. Nonostante i proclami razzisti dell'affittuario, i quattro si preparano a due giorni di sano divertimento, tra sesso, droga e rock 'n roll (forse quest'ultimo no).
Ma a loro insaputa qualcuno li sta osservando, con misteriose motivazioni.
Non so se adorate questo tipo di sviluppo, ma vi dico che, in 90 minuti di pellicola, ecco per 50 minuti (e voglio essere buono) non succede nulla. Ma proprio nulla. Vediamo i tizi che vanno in vacanza, fumano erba, pomiciano, passeggiano nei viali alberati, fanno idromassaggio (non necessariamente in quest'ordine). Ancora un po' e si rivela un documentario di Discovery Channel.
O più in generale possiamo definirlo come un thriller, solo negli ultimi 30 minuti, sia ben chiaro, con qualche pennellata di horror. E già che ci siamo, buttiamo nel mezzo la tematica del razzismo.
Il film ha un'atmosfera molto da horror vintage... nel senso che i protagonisti sono degli idioti e commettono tutti gli errori possibili, come alcuni di coloro che tentavano di sfuggire ai serial killer classici. Oltre a questo, richiami molto sui generis a Venerdì 13 e Halloween sono presenti.
Alcuni nel mondo odierno si sono incaponiti sul fatto che, siccome c'è molto male nel mondo di cui non si riesce a trovare una spiegazione, allora la stessa cosa può accadere in un film e non occorre spiegare tutto.
Da un lato questo è vero - anche se il male reale che non trova spiegazione è sempre stato presente nella storia - ma dall'altro c'è un piccolo abisso tra spiegare poco e spiegare nulla. Colui o colei che è dietro la parte thriller di questa storia non ha motivazioni che possano anche solo trasparire e non è certo un folle o una folle poiché agisce con cura e meticolosità.
Lo so, avevamo già visto una cosa simile in The Open House (veramente, gente, non andate in case isolate). E quindi mi ripeterò. Posso capire che l'intento a monte sia stato:"Caro spettatore, ti aspetti che l'assassino sia una persona nota con delle motivazioni ben precise, vero? E invece no, vogliamo farti capire che l'orrore può colpirti in ogni momento!". Ma dove c'è fumo ci deve essere anche l'arrosto e deve essere anche ben cucinato.
Una storia senza storia è come una persona senz'anima: priva di empatia, che non riesce a trasferire ad altri alcuna emozione. La sensazione di vuoto che ti lascia è differente da quei film che non hanno un vero e proprio finale. Qui infatti il finale c'è, la storia ha una sua conclusione, ma non si capisce bene perché si sia arrivati a quella conclusione: c'è ne potevano essere mille altre e non sarebbe cambiato nulla.
Però di una cosa potete stare tranquilli: alla fine il cane si salva.

martedì 20 giugno 2023

Netflix Original 137: 22 Luglio


Il 22 luglio 2011 avviene un drammatico attentato terroristico in Norvegia.
Anders Behring Breivik, un giovane senza alcun precedente di rilievo, piazza infatti un furgone con dell'esplosivo vicino agli uffici del Primo Ministro norvegese, causando numerose vittime.
Successivamente, si reca presso l'isola di Utøya dove si sta tenendo un raduno della Workers' Youth League, affiliata al Partito Laburista, e causa decine tra vittime e feriti con una sparatoria, prima di consegnarsi alle autorità.
Il processo che ne segue - in cui dichiara di avere agito per colpire i responsabili della multiculturalità norvegese non più accettabile - stabilisce che è totalmente capace di intendere e volere e viene dunque condannato fino a quando sarà ritenuto un pericolo per la società (fondamentalmente, un carcere a vita secondo la legge norvegese).
Tale drammatico evento e le sue conseguenze divengono argomento del film 22 Luglio (22 July), scritto e diretto da Paul Greengrass e distribuito su Netflix a partire dal 10 ottobre 2018.
Il regista non è nuovo a un'operazione del genere poiché, oltre a film più "commerciali" quali quelli inerenti la saga di Jason Bourne, si dedica spesso a girare pellicole basate su drammatici eventi storici quali Bloody Sunday, United 93 o Captain Phillips con un approccio semi-documentaristico.
Non per una sorta di perverso gusto del macabro, bensì per sottolineare come - anche nei momenti più difficili e tragici - ci sia una parte di umanità che non perde la speranza e trova il coraggio di reagire all'orrore.
22 Luglio non fa eccezione. Partendo dal doppio attentato, la storia si incentra su quello che accade dopo di esso attraverso quattro personaggi principali: l'attentatore stesso (Anders Danielsen Lie), ritratto nella sua lucida mente criminale che rappresenta di per sé una condanna, l'avvocato dell'attentatore Geir Lippestad (Jon Øigarden), che persegue quell'ideale di giustizia utopico capace anche di rovinare delle vite.
E infine una delle vittime dell'attentatore, Viljar Hanssen (Jonas Strand Gravli), che si salva per miracolo ma ne ricava lesioni che lo perseguiteranno per una vita intera, e il primo ministro norvegese Jens Stoltenberg (Ola Furuseth), il quale deve capire come sia stato possibile che un simile evento si sia verificato.
Ogni sguardo nelle vite di queste quattro persone contribuisce a formare un mosaico più ampio e che può essere parte di una tematica più generale in merito a come una parte dell'umanità trovi sempre il coraggio di reagire anche di fronte alle situazioni più disperate.
Pur essendo il cast composto interamente da attori norvegesi, come è giusto che sia, la produzione è americana e questo lo si nota in particolar modo nell'approccio alla storia e ai personaggi (il criminale senza possibilità di ammenda, la vittima che trova il coraggio di reagire alla propria situazione e riabbracciare la vita, la speranza che trionfa alla fine e scaccia l'oscurità).
Ma forse è proprio questo ciò che vogliamo a livello inconscio... e conscio.

lunedì 19 giugno 2023

Disney+ Original 12: Peter Pan & Wendy


Nel 1911 esce il romanzo Peter e Wendy, scritto da James Matthew Barrie, adattamento di una sua opera teatrale andata in scena qualche anno prima. Come molti prodotti dell'epoca e del secolo precedente, è una fiaba che presenta anche toni cupi.
Nel 1953 Walt Disney e il suo team realizzano da quest'opera un celebre film di animazione, Peter Pan, edulcorandolo - come già fatto per altri prodotti, quale ad esempio il nostrano Pinocchio - dalle tematiche più drammatiche ritenute non adatte al pubblico di riferimento, quello delle famiglie.
Passano i decenni e ci si allontana in termini temporali sia dalla fonte originaria che da quella animata. E così anche la fiaba di Barrie diviene oggetto di un... revival, chiamiamolo così, con Peter Pan & Wendy, diretto da David Lowery, scritto da David Lowery e Toby Halbrooks e distribuito su Disney+ a partire dal 28 aprile 2023. In realtà, il film si pone più come un adattamento moderno della pellicola di animazione del 1953 che un rifacimento della storia di Barrie.
Wendy Darling (Ever Anderson) è la maggiore di una famiglia composta da tre figli a cui la madre racconta spesso la fiaba di Peter Pan, il bambino che non vuole crescere e vive sull'Isola Che Non C'è.
Ma Peter Pan (Alexander Molony) esiste davvero, così come l'Isola Che Non C'è, dove col l'aiuto di Trilli (Yara Shahidi) vengono portati Wendy e i suoi fratelli.
Qui i tre conosceranno i Bimbi Sperduti, ma anche il più letale nemico di Peter Pan, il Capitan Uncino (Jude Law), che con l'eroe condivide un insolito legame.
Già il titolo in sé - che in realtà non è altro che quello originario del libro - fa capire che in questo caso non è solo Peter Pan il protagonista principale della storia, ma anche Wendy. La fonte principale, il film di animazione,  è dunque lì come riferimento, ma ce se ne distacca in più punti.
Wendy è come una sorta di equilibrio tra i due antagonisti, che al tempo stesso rappresentano diversi aspetti dell'animo umano. Peter Pan è la parte più giocosa dell'uomo, quella che non vuole crescere appunto: non si cura troppo delle conseguenze delle proprie azioni, vede il tutto come un divertimento e un'avventura senza interrogarsi mai.
Uncino - in un'incarnazione differente rispetto al passato, più aderente a una certa visione che vuole i cattivi non necessariamente cattivi e basta - è invece l'incarnazione dell'uomo maturo che ha visto i suoi sogni infranti, che giudica tutti come suoi nemici o inferiori a lui, non riuscendo o volendo capire che le colpe possono essere additate solo alla propria persona.
In questo scenario, dunque, Wendy diviene la voce della ragione, una sorta di coscienza esteriore dei due personaggi, che cerca di far maturare l'io bambino Peter Pan e di far uscire dall'incubo l'es oscuro James Hook.
Ovviamente non dobbiamo dimenticare - il regista di certo non lo ha fatto - che questo è un prodotto Disney per famiglie e dunque a contorno di questo vi è un contesto fantastico e pieno di avventure, che sembra uscito da una fiaba. Una fiaba che ha preso forma reale.
Come a volte accade a certi nostri sogni. Se lo avete a disposizione, comunque, riprendete o guardate per la prima volta il film del 1953, una piccola gemma dell'ultima produzione curata personalmente da Walt Disney.

venerdì 16 giugno 2023

Netflix Original 136: Private Life


I concetti di famiglia e di genitorialità sono molto cambiati in questi ultimi decenni, che hanno visto importanti modifiche concretizzarsi su vari campi (legislativo, sociale, medico e altro).
Anche se i concetti "classici" sono ancora ben presenti, come è giusto che sia, nonostante alcune persone siano convinte del contrario, altre forme di famiglia e genitorialità si sono affiancate nel frattempo. Ma certe problematiche comuni rimangono invariate.
Come si può vedere in Private Life, scritto e diretto da Tamara Jenkins e distribuito su Netflix a partire dal 5 ottobre 2018.
Rachel Biegler (Kathryn Hahn) e Richard Grimes (Paul Giamatti) sono una coppia di ultraquarantenni che non hanno mai avuto un figlio per scelta e desiderio di carriera. Quando decidono infine di volerne uno, scoprono di avere entrambi problemi di fertilità. Poiché né un'inseminazione artificiale, né una fecondazione in vitro hanno successo, l'ultima speranza risiede in un trapianto di ovuli.
Non volendo affidarsi a una persona sconosciuta, i due coniugi chiedono alla figlia di due loro cari amici, Sadie Barrett (Kayli Carter), se voglia aiutarli e lei accetta. Ma le loro traversie sono appena iniziate.
Il film si basa in parte su esperienze personali vissute dalla regista e sceneggiatrice e la cosa si nota, poiché è in grado di far trasparire bene quelle che possono essere le false speranze e le illusioni di chi vuole legittimamente diventare un genitore, anche quando il destino sembra non volerne sapere.
Lo sguardo della regista è più incentrato in maniera inevitabile sulla prospettiva femminile di questa problematica, ma non mancano importanti riflessioni da parte della figura maschile, che funge da sorta di ancora a quella dura realtà che non si vuole ammettere.
Nel voler perseguire questo loro desiderio di essere genitori, i protagonisti mettono a nudo le loro personalità di fronte agli altri e mostrano tutte quelle che sono le loro fragilità caratteriali. Fragilità che appartengono a molti di noi e che vanno a incidere su delle vite che, differentemente, sarebbero tranquille e agiate. Ma anche quando ci si trova in una buona situazione economica, non significa in maniera automatica avere tutto dalla vita.
Il film ha un forte impatto drammatico e non si risparmia di mostrare scene dal forte impatto (non dal punto di vista visivo, piuttosto da quello verbale essendo un film che basa tutto sui dialoghi). Tuttavia non è un impatto del tutto negativo, tanto che alla fine l'esperienza cambierà in meglio i tre protagonisti e farà capire loro quali sono le loro priorità e la strada migliore da percorrere.
Non solo come genitori, ma anche come esseri umani, poiché quell'umanità che si erano lasciati alle spalle per perseguire altri obiettivi di carriera e successo diventa infine il bene più prezioso, quando capisci di poter restare solo.

giovedì 15 giugno 2023

Fabolous Stack of Comics: Spider-Man - La Storia della Mia Vita


Una delle convenzioni più storiche e consolidate del fumetto seriale, sia italiano che americano, è che il tempo praticamente non scorre mai. Mascherato da evidenti esigenze commerciali (un personaggio che invecchia mese dopo mese dopo alcuni anni non è più credibile), si chiede ai lettori un patto di non interrogarsi troppo su come mai i personaggi vivano decine, anzi, centinaia di avventure e non invecchino più di tanto.
Tex rimane sempre un ranger poco sopra i quarant'anni che agisce nel vecchio West americano e un supereroe rimane sempre fresco e scattante anche dopo decenni di storie. Ad esempio un supereroe come Spider-Man, creato nel 1962 da Stan Lee e Steve Ditko.
Ma se così non fosse e il tempo scorresse come accade a tutti noi? Risponde a questa domanda la miniserie in sei numeri, pubblicata nel 2019, Spider-Man: La Storia della Mia Vita (Spider-Man: Life Story), scritta da Chip Zdarsky e disegnata da Mark Bagley.
Nel 1962, lo studente Peter Parker viene morso da un ragno radioattivo e diventa il supereroe Spider-Man dopo l'uccisione di suo zio Ben. Per anni e decenni il supereroe diviene uno dei più importanti di sempre, affrontando letali nemici come Goblin o il Dr. Octopus e potendo contare sull'amore di due donne quali Gwen Stacy e Mary Jane Watson.
Ma più l'eroe invecchia, più capisce che è tempo che passi la sua eredità a qualcun altro: ma chi sarà la persona più adatta?
Ovviamente, per togliere subito eventuali dubbi, l'operazione narrativa in sé non è originale in assoluto: seppur su base sporadica, già in passato si sono viste storie dove i supereroi invecchiavano e il concetto stesso del New Universe si basava sul fatto che il tempo nelle pubblicazioni scorresse come nel mondo reale.
Detto questo, l'autore riprende questo stratagemma e lo adatta a un personaggio non così banale come Spider-Man, che fa del concetto di responsabilità e delle sue conseguenze il suo cavallo di battaglia. Soprattutto, ha dovuto adattare il mantra che da un grande potere derivano grandi responsabilità a un personaggio che attraversa un periodo temporale di circa sessant'anni.
Se lo Spider-Man del Marvel Universe è ancora giovane e dunque vede la perdita dello zio Ben ancora come qualcosa di recente, unita ad altre perdite che ha dovuto subire e che hanno rinvigorito quel mantra, questo Spider-Man alternativo che invecchia potrebbe perdere le motivazioni nel tempo, ma viene data un'ottima spiegazione di come mai la sua battaglia sia portata avanti sino alla fine.
È proprio il concetto di conflitto quello che attraversa i decenni della storia: dalle guerre reali che colpiscono il mondo intero, per giungere ai conflitti interiori che dilaniano il protagonista, diviso tra la sua complessa vita come Peter Parker e i suoi doveri di supereroe e di come possa fare la differenza in entrambe le identità.
Inoltre vengono modificate in questo nuovo scenario celebri storie che hanno appassionato più generazioni quali la Saga del Clone, l'Ultima Caccia di Kraven, le Guerre Segrete e molto altro. Di maniera tale che il lettore navigato le riconosca immediatamente  e cerchi di notarne le differenze, ma allo stesso tempo siano perfettamente fruibili da chi le conosce poco o per nulla.
Ora, questa storia in sé non racconta niente di nuovo o straordinariamente particolare, ma ha il pregio di narrare bene i vari eventi che si succedono, di dare una coerenza di insieme al quadro generale che, al termine della lettura, risulta del tutto coerente. Un modo ottimale per rivitalizzare il concetto del racconto ipotetico, del What If...? che tanto ha fatto la fortuna della Marvel.

mercoledì 14 giugno 2023

Netflix Original 135: Malevolent - Le Voci del Male


La fortunata saga di The Conjuring, che conta tre film principali e numerosi spin-off alla data odierna, ha riportato in auge un certo concetto di cinema horror, basato sullo spiritismo e le dimore maledette, ammantandolo di molta tecnica e abilità grazie al suo architetto principale, ovvero James Wan.
Ma un plauso va fatto anche ai due interpreti principali, i coniugi Warren cinematografici, Vera Farmiga e Patrick Wilson. Una loro versione alternativa, con rapporto parentale diverso, compare in Malevolent - Le Voci del Male (Malevolent), diretto da Olaf de Fleur Johannesson, scritto da Ben Ketai ed Eva Konstantopoulos e distribuito su Netflix a partire dal 5 ottobre 2018.
Siamo in Scozia, nel 1986. Angela Sayers (Florence Pugh) e Jackson Sayers (Ben Lloyd-Hughes), figli di una medium deceduta in circostanze misteriose, mettono in atto una serie di truffe ai danni di alcune persone, che ritengono che le loro case siano infestate dagli spiriti, convincendole che le loro abitazioni siano state liberate dai fantasmi.
Quando però i due fratelli vengono contattati per indagare su ex orfanotrofio dove delle bambine sono scomparse in circostanze inquietanti, un vero e proprio incubo li travolge e cambia per sempre le loro vite.
Siamo proprio nell'ambito della ghost story cinematografica che fa faville dai tempi di Amityville Horror, basato non a caso su un'indagine in cui sono stati coinvolti i coniugi Warren, e non è mai svanito del tutto, trovando nuova linfa anche grazie a The Conjuring. Dopotutto una casa, un'abitazione dovrebbe ospitare e quale incubo peggiore può esserci se non il fatto che si rivolti contro di te?
Soprattutto quelle abitazioni dall'aspetto gotico, che hanno un aspetto spettrale già dall'esterno e dove alla malvagità degli esseri umani si unisce quella degli spiriti.
Malevolent trae ispirazione da queste fonti e ambienta la storia nel passato nel tentativo di ricatturare lo spirito delle pellicole di quel tempo senza dimenticare di dare un'atmosfera di modernità, ma non ha una precisa identità.
In particolare i due protagonisti sono appena accennati e alcuni particolari relativi al loro passato vengono introdotti, ma il tutto non viene mai davvero approfondito. Quindi da un momento all'altro, come un brusco cambio di scena, si passa dalla loro descrizione e le motivazioni che li spingono ad agire, alla trama che passa da atmosfere gotiche per giungere senza quasi rendercene conto a un deciso gore.
Di certo non è l'ultima abitazione infestata che vedremo, di certo altre prima e dopo questo film ci rimarranno maggiormente impresse.

martedì 13 giugno 2023

Fabolous Stack of Comics: Licantropus - Moon Knight e l'epilogo


Un lungo tragitto quello di Jack Russell, alias Licantropus. Partito da un breve ciclo su Marvel Spotlight scritto da Gerry Conway, è poi proseguito in una serie regolare - Werewolf by Night - scritta in principio dallo stesso Conway, poi da Len Wein, Marv Wolfman, Mike Friedrich e, infine, Doug Moench, colui che in coppia con Don Perlin alla parte grafica, ha scritto il maggior numero di albi di questa testata.
Un tragitto che si conclude infine col quarantatreesimo numero pubblicato nel 1977, dopo sei anni consecutivi di storie.
Dopo che il licantropo ha quasi ucciso e ridotto sulla sedia a rotelle Buck Cowan, il suo miglior amico, Jack Russell deve affrontare l'inaspettato ritorno del Comitato, che gli manda contro un nuovo agente, il misterioso Moon Knight!
Successivamente, per salvare la vita di Buck Cowan, Licantropus dovrà confrontarsi con un insolito spettro e, per concludere la sua corsa, avrà a che fare con un'orda di zombie capitanata da un suo vecchio nemico.
Non so se abbia influito sulla chiusura della serie, ma di certo queste ultime storie si allontanano molto dal tono generale adottato fino a quel momento dagli altri sceneggiatori, compreso Doug Moench. Ovvero quello di un horror metropolitano con qualche venatura gotica, ma comunque la forza stava nel vedere una creatura dei film horror classici agire in uno scenario urbano molto inconsueto... per l'epoca, ovviamente.
Forse per tentare strade nuove, dopotutto ci si può anche stancare di ripetere lo stessa schema narrativo a un certo punto, lo sceneggiatore inizia a percorrere le strade dello spiritismo (spicciolo, sia ben chiaro) e persino del voodoo, introducendo anche un nuovo status quo per Licantropus.
Un nuovo status quo che dura appena due numeri. La chiusura deve essere stata rapida e improvvisa, tanto che rimane una trama in sospeso che non trova una risoluzione.
Moon Knight, in questa sua prima apparizione, è quanto di più misterioso vi possa essere. Non si vede il volto, il costume è provvisorio, il suo passato è di certo complicato ma non viene rivelato più di tanto. Inoltre viene tratteggiato più come un criminale, che pure alla fine si redime, che come un eroe. Si ha l'impressione che Doug Moench abbia voluto gettare nella mischia questo personaggio solo per meglio plasmarlo in un secondo momento.
In conclusione di questi sei anni rimane un personaggio che, seppur separato dal Marvel Universe vero e proprio con cui ha interagito molto poco, ha comunque lasciato un segno. E quindi una sua futura riapparizione è certa.

lunedì 12 giugno 2023

Netflix Original 134: Operation Finale


Al termine della Seconda Guerra Mondiale, iniziò una caccia ai nazisti responsabili delle stragi ai danni del popolo ebreo e gestori dei campi di concentramento che tante vittime avevano mietuto.
Non potendo portare alla sbarra il leader dell'ideologia nazista, che si era suicidato, si cercò di catturare quanti più suoi fedeli alleati possibili (eccetto quelli che si erano suicidati a loro volta), alcuni dei quali vennero giudicati al Processo di Norimberga e in buona parte condannati a morte.
Alcuni, tuttavia, riuscirono a fuggire e a nascondersi per anni, se non per decenni. Uno dei più celebri è stato Josef Mengele, che ha trovato un epilogo cinematografico particolare, in contrasto con la realtà storica, in I Ragazzi Venuti dal Brasile
Un altro celebre ricercato è stato Adolf Eichmann, ritenuto uno dei principali responsabili delle stragi e fautore della "Soluzione Finale". Costui venne infine catturato da agenti segreti israeliani nel 1960.
Una versione romanzata di questa cattura è presente in Operation Finale, diretto da Chris Weitz, scritto da Matthew Orton e distribuito su Netflix a partire dal 3 ottobre 2018.
L'agente del Mossad Peter Malkin (Oscar Isaac) viene a conoscenza di alcune testimonianze che collocano il ricercato Adolf Eichmann (Ben Kingsley) in Argentina sotto falso nome.
Col benestare dei suoi capi, Peter Malkin raduna attorno a sé una squadra composta anche dall'ex compagna Hanna (Mélanie Laurent), ma non sarà affatto semplice portare Adolf Eichmann davanti alla giustizia.
Il film si basa sulla vera cattura, operata da agenti in incognito del Mossad (il ruolo avuto da Peter Malkin divenne noto solo molto tempo dopo), del gerarca nazista, il quale venne poi portato in Israele e lì giudicato, con sentenza finale di condanna a morte.
Ovviamente rispetto alla realtà storica si sono sia prese alcune libertà narrative (le notizie in sé sulla cattura sono poche, non credo che i servizi segreti rivelino certi particolari), sia rispettati i fatti per come sono accaduti (il momento della cattura di Eichmann pare sia andato esattamente come viene qui descritto), introducendo i necessari momenti di tensione (Eichmann che viene ricercato dai suoi compagni nazisti e quasi ritrovato).
Un'operazione che mi ha ricordato - fatti i dovuti distinguo - quanto visto in Argo. Anche in questo caso, seppur per motivi diversi, occorre prelevare una persona e trasportarla di nascosto fuori da un paese sovrano, ma spesso la storia non è così appassionante e dunque bisogna abbellirla.
A parte questi particolari, buona parte della trama è incentrata sul confronto verbale e ideologico tra Peter Malkin, l'incarnazione della giustizia a tutti i costi, e Adolf Eichmann, l'incarnazione dell'assoluta banalità del male, come è stato definito. Entrambi votati a un loro personale modo di agire, eppure in netto contrasto per quanto riguarda il rispetto della vita umana.

domenica 11 giugno 2023

A scuola di cinema: Shock (1977)

1973: Il regista Mario Bava, tra mille difficoltà e lungaggini, completa la lavorazione del film Cani Arrabbiati, un progetto a cui tiene molto.
Le sue aspirazioni di vedere il film proiettato al cinema l'anno successivo, al termine della fase di post-produzione, svaniscono come neve al sole quando la società di produzione fallisce, Mario Bava per questo motivo non riesce a girare le ultime scene di raccordo e non è poi in grado di rilevare i diritti sul film per cercare di completarlo in qualche modo.
Cani Arrabbiati è comunque un film praticamente girato per intero, ma non verrà distribuito per ancora molti anni. A questa spiacevole esperienza si aggiunge qualche tempo dopo un'ulteriore delusione per il regista, quando un altro progetto, Baby Kong, dedicato al figlio di King Kong, con una sceneggiatura già pronta, un set già individuato a Ponza e parte del materiale promozionale già distribuito, viene cassato sul nascere in quanto sta per uscire il King Kong prodotto da Dino De Laurentiis.
Queste esperienze gettano Mario Bava in un profondo sconforto, tanto che medita di ritirarsi per sempre dalle scene. Ma un ultimo guizzo di genio lo attende.


È Lamberto Bava, il figlio del regista romano, a esortare con pazienza e costanza il padre a sviluppare nuovi progetti cinematografici, riuscendo infine a convincerlo.
Anche perché c'è una sceneggiatura già pronta. Si intitola Al 33 di Via Orologio Fa Sempre Freddo, è stata scritta da Dardano Sacchetti e Franco Barberi ed è incentrata su una casa stregata. Commissionata da Mario Bava stesso poco prima dell'inizio della lavorazione di Cani Arrabbiati, non viene poi portata avanti.
Lamberto Bava riprende questo trattamento e vi opera una revisione con la collaborazione di Alessandro Parenzo, uno degli sceneggiatori di Cani Arrabbiati, il quale utilizza lo pseudonimo di Polo Brigenti. L'intenzione è quella di ispirarsi ai romanzi di Stephen King, che a quel tempo aveva esordito da poco, ma era già conosciuto. La sceneggiatura viene opzionata dalla Titanus. Come interprete principale viene scelta Daria Nicolodi.
Le riprese si tengono nel giugno del 1977.
Avendo molto apprezzato alcuni degli storyboard che suo figlio Lamberto ha approntato per il film, Mario Bava gli lascia dirigere le scene basate su questi storyboard, facendo sì che suo figlio venga infine accreditato come co-regista. Dopo alcuni lavori come assistente, questo è il primo film in cui ciò avviene.
In un'epoca ancora senza computer e CGI, e con un budget risicato, gli effetti speciali vengono raggiunti con due mezzi semplici: la manualità e l'ingegno. I mobili e l'arredamento vengono mossi tramite fili e cavi o persone nascoste che li spingono, ad esempio.
La scena in cui Daria Nicolodi è a letto e sembra fluttuare viene ottenuta in modo apparentemente molto semplice. L'attrice viene legata al letto, il quale è girevole e compie una intera rotazione. Il movimento dei capelli fluttuanti di Daria Nicolodi viene dunque raggiunto in questo modo naturale.
Shock viene distribuito nei cinema italiani a partire dal 12 agosto 1977. Non si sa se per un errore o per una scelta voluta, il primo titolo del film - confermato anche dal poster - è Schock, ovvero il termine nella grafia tedesca, salvo poi essere modificato in seguito.
Qualcosa di ancora più particolare avviene quando la pellicola viene importata negli Stati Uniti, in quanto viene reintitolata Beyond The Door II, facendolo dunque passare per un sequel del film del 1974, diretto da Ovidio G. Assonitis, Chi Sei? (Beyond The Door). Superfluo aggiungere che le due pellicole non hanno alcun punto di contatto. O meglio uno sì, il piccolo protagonista, David Colin Jr., il quale però interpreta due ruoli diversi.
Shock rappresenta l'ultima pellicola cinematografica diretta da Mario Bava, ma non l'ultima pellicola in assoluto, la quale risulta in realtà essere La Venere d'Ille. Si tratta di un film realizzato appositamente per la televisione e girato nel 1979. Anche in questo caso Mario Bava ha al suo fianco il figlio Lamberto, che dirige molte scene ed è accreditato come co-regista a causa del precario stato di salute del padre, e Daria Nicolodi come interprete.
Questa pellicola viene poi programmata in maniera postuma nel 1981 all'interno di una miniserie antologica intitolata I Giochi del Diavolo e composta da film realizzati da vari artisti.
Il titolo è quello di un racconto di Prosper Mérimée, di cui vuole essere un adattamento. La storia è incentrata su una statua in apparenza vivente che si innamora di un ragazzo in procinto di sposarsi, rendendo un vero e proprio inferno le sue imminenti nozze.
Più in generale, Mario Bava continua a lavorare fino a poco prima della sua morte, avvenuta il 27 aprile 1980 a causa di un infarto, due giorni peraltro prima della scomparsa di un altro grande regista, Alfred Hitchcock. Notizia e perdita che inevitabilmente fanno passare in secondo piano la scomparsa del regista romano.
Prima di questo, tuttavia, Mario Bava ha modo di occuparsi di alcuni degli effetti speciali di Inferno, diretto da Dario Argento, e medita di tornare dietro la macchina da presa progettando di lavorare a un paio di film di genere fantascientifico. Il primo, Il Vagabondo dello Spazio, è basato su un romanzo di Philip José Farmer, ma non arriva oltre la fase di pre-produzione.
Il secondo, intitolato Star Express, è un insolito thriller incentrato su una sceneggiatura già completata da Massimo De Rita, il quale si è ispirato a Dieci Piccoli Indiani di Agatha Christie. In questo caso vengono anche completati bozzetti e storyboard, ma a poche settimane dall'inizio della lavorazione arriva la morte del regista.
La sua eredità viene raccolta dal figlio Lamberto che - seguendo gli insegnamenti del padre - inizia una prolifica carriera, sia come sceneggiatore che come regista, sia per il cinema che per la televisione.
Ma vi è, tuttavia, ancora un film di Mario Bava rimasto nel cassetto, quel Cani Arrabbiati praticamente completato. La cui mancata uscita ha poi portato per via indiretta a Shock. Dopo molti anni si sblocca la complessa situazione dei diritti che ha coinvolto questa pellicola, la quale esce infine nel 1995... ma questa è un'altra storia.

sabato 10 giugno 2023

A scuola di cinema: Great Balls of Fire! - Vampate di Fuoco (1989)

1982: Viene pubblicato il libro biografico Great Balls of Fire: The Uncensored Story of Jerry Lee Lewis, scritto da Myra Gale Brown e Murray Silver Jr.
L'opera si incentra sulla vita del cantante Jerry Lee Lewis e in particolar modo sul matrimonio con la cugina di secondo grado Myra Gale Brown, autrice del libro.
I due si sposano alla fine del 1957, quando lei ha appena tredici anni. Il cantante cerca di nascondere la cosa al pubblico e alla stampa, ma l'anno successivo, durante un tour in Inghilterra, la notizia diviene di pubblico dominio. Jerry Lee Lewis dichiara che Myra Gale Brown ha quindici anni, ma la bugia viene ben presto scoperta.
La giovane età della ragazza e il loro rapporto di parentela (seppur non illegale per contrarre un matrimonio, secondo le leggi dell'epoca) compromettono in maniera grave la carriera in forte ascesa del cantante, il quale si vede annullati tour già programmati, perde alcuni contratti con delle case discografiche e finisce a suonare per alcuni anni in piccoli locali piuttosto che in grandi strutture.
Anche il matrimonio con Myra Gale Brown alla lunga ne risente. Dopo aver perso nel 1962 un figlio dell'età di tre anni, annegato in una piscina, la donna divorzia dal cantante nel 1970.
Questo complicato periodo della vita di Jerry Lee Lewis e il suo matrimonio con Myra Gale Brown divengono infine oggetto di una pellicola.


Nello stesso anno in cui viene pubblicato, il libro scritto da Myra Gale Brown e Murray Silver Jr. viene opzionato dalla Polygram Pictures, dietro esortazione del produttore Adam Fields, il quale ne era già a conoscenza prima della sua effettiva pubblicazione, tanto che i primi contatti e tentativi di accordo vi erano stati due anni prima.
L'accordo viene infine raggiunto con un compenso di 115.000 dollari per l'opzione e la promessa che i due scrittori saranno consultati per la sceneggiatura e il casting degli attori principali.
Pochi mesi dopo, tuttavia, i diritti vengono passati alla ABC Motion Pictures, che individua Mickey Rourke come interprete principale. Costui ha qualche riserva sul progetto, ma è affascinato dalla figura di Jerry Lee Lewis, che ha anche incontrato di persona. Il progetto dovrebbe iniziare verso la fine del 1984, ma viene posticipato poiché in quel periodo Jerry Lee Lewis ha un contenzioso con lo stato per evasione fiscale.
Nonostante questo, passano due anni e mezzo senza che nulla si concretizzi e così, secondo i termini contrattuali, i diritti ritornano in possesso della Polygram Pictures e rilevati qualche tempo dopo dalla Orion Pictures.
Nel gennaio 1988, Jim McBride viene scelto come regista, mentre Dennis Quaid è il nuovo protagonista dietro un ingaggio di due milioni di dollari. In preparazione a questa parte l'attore, che è anche un bravo cantante e suona la chitarra da svariati anni, prende lezioni di piano per sei mesi, con lezioni che durano anche fino a dodici ore. Inoltre fa la conoscenza del verso Jerry Lee Lewis e stringe amicizia con lui.
Si interviene inoltre sulla sceneggiatura per quanto riguarda il periodo temporale. Se in origine si prevede di coprire un'ampia parte della vita di Jerry Lee Lewis, che arrivi fino all'anno di pubblicazione del libro, si decide infine per motivi di budget di concentrare la storia negli anni che vanno dal 1956 al 1958, da quando il cantante conobbe Myra Gale Brown fino allo scoppio dello scandalo, e che il tutto non sia troppo aderente alla realtà storica.
Una sceneggiatura scritta da Terrence Malick viene scartata in quanto ritenuta troppo cupa ed eccessivamente incentrata sugli aspetti negativi del cantante.
Per via di questi ultimi cambiamenti, la promessa fatta a Myra Gale Brown e Murray Silver Jr. di essere contattati come consulenti per la sceneggiatura non viene rispettata. I due, inoltre, non hanno alcuna voce in capitolo per quanto riguarda il casting, nemmeno - per Myra Gale Brown - per la scelta dell'attrice che la deve interpretare, e vengono informati a cose già fatte.
Il ruolo di Myra Gale Brown viene affidato a Winona Ryder, che viene preferita a Drew Barrymore.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 31 ottobre 1988, tenendosi in Arkansas, Tennessee e a Londra. Sul set è presente anche Jerry Lee Lewis come consulente e per dare indicazioni a Dennis Quaid quando necessario.
Sia per richiesta dell'attore che per clausola contrattuale, è previsto che sia Dennis Quaid a dover interpretare vocalmente tutte le canzoni. Jerry Lee Lewis ovviamente non è d'accordo con questa decisione, ma deve riconoscere la bravura dell'attore anche per quanto riguarda le sue capacità musicali.
Jerry Lee Lewis registra comunque nuove versioni delle sue canzoni e, quando Dennis Quaid le ascolta, l'attore decide che è meglio che sia la voce del cantante quella che interpreta i pezzi musicali.
Le lezioni di piano prese da Dennis Quaid risultano utili, in quanto risulta credibile sul palco. Viene utilizzata una controfigura - il pianista Jason Williams - solo quando si tratta di inquadrare le mani.
Il finale originario è abbastanza cupo e vede Jerry Lee Lewis ridotto in disgrazia a seguito dello scandalo, ma questo non incontra i favori negli screening preliminari. Viene dunque girato un nuovo epilogo più speranzoso.
Le riprese si concludono nel marzo 1989.
Great Balls of Fire! - Vampate di Fuoco (Great Balls of Fire!) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 30 giugno 1989. A fronte di un budget di 16 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare poco meno di 14 milioni di dollari. Chiunque, da Jerry Lee Lewis a Myra Gale Brown, non nasconde il suo disprezzo per questo film, pur non avendo nulla contro gli attori che li hanno interpretati.
Jerry Lee Lewis è sempre rimasto una figura perlopiù controversa. Oltre ai numerosi contratti, sette due dei quali avuti nello stesso momento, e ai problemi col fisco statunitense a cui ha dovuto milioni di dollari di tasse non pagate, ha anche vissuto tragici eventi, come le drammatiche perdite di mogli e figli. Controversie che lo hanno seguito quasi fino al momento della morte, avvenuta nell'ottobre 2022.
E questa è la fine della storia.

venerdì 9 giugno 2023

Fabolous Stack of Comics: Lo Sconosciuto Le Nuove Avventure - Le Luci dell'Ovest


Lo abbiamo detto che l'erba cattiva è dura a morire e questo vale a maggior ragione per Unknow, Lo Sconosciuto, il personaggio ideato da Roberto Raviola alias Magnus nel 1975.
Per ben due volte abbiamo visto lo Sconosciuto in pessime situazioni, praticamente morto, ma in entrambi i casi - da quel soldato e mercenario coriaceo che è - è riuscito a tornare tra i vivi.
Nell'ultima storia realizzata da Magnus e pubblicata nel 1996, Unknow interrompeva i rapporti con Lo Scudo, l'agenzia americana per la quale aveva svolto alcune missioni "sporche", e si imbarcava verso una nuova vita sostenuto da un insolito ottimismo.
Alcuni anni dopo, i diritti sul personaggio vengono rilevati dalla Sergio Bonelli Editore, che nel 2019 inizia a pubblicare una nuova serie di storie incentrate su Unknow. Il primo volume si intitola Le Luci dell'Ovest, scritto da Daniele Brolli e disegnato da Davide Fabbri.
Settembre 1987: Unknow ricompare nella Berlino divisa dal Muro, al servizio di un nuovo gruppo di spie e di nuovo senza un soldo, ma almeno con una compagna al suo fianco, Raquel.
Mentre cerca di adattarsi a questa nuova situazione, Lo Sconosciuto come suo solito rimane coinvolto in un gioco di intrighi e tradimenti che fa da preludio al prossimo crollo delle potenze comuniste e in cui si ritrova a essere una involontaria pedina.
Ma stavolta Unknow è ben deciso a combattere e andare a fondo di questa vicenda.
Non è mai semplice riprendere un personaggio creato da un altro sceneggiatore e che soprattutto era fortemente connaturato con suddetto sceneggiatore. Quindi Daniele Brolli compie un'operazione narrativa intelligente: nel riprendere Unknow, utilizza solo alcuni elementi introdotti da Magnus, si distacca completamente dall'ultima storia realizzata dall'artista - pur non dimenticandola - e cala il personaggio in un nuovo contesto.
Le storie di Magnus erano parte integrante dello scenario storico vigente nella sua epoca. Ormai i decenni sono passati, ma Lo Sconosciuto rimane giustamente ancorato a quello scenario nella città simbolo di quello che poi darà vita al crollo del blocco comunista, Berlino.
Una Berlino ancora divisa da un muro fisico e ideologico che però sta per crollare e ritratta tramite spie che ormai non sanno più a chi restare fedeli e dunque si abbandonano al doppiogioco. Un contesto storico forse difficile da capire per i lettori più giovani, ma che per chi l'ha vissuto risulta palpabile e veritiero.
Nel mezzo di questo scenario, cala la pedina imprevista, ovvero Unknow. Film come John Wick hanno dimostrato che i mercenari con un passato sanguinario alle spalle che provano vanamente a redimersi risultano affascinanti proprio perché del tutto distanti da noi, quindi il ripescaggio dello Sconosciuto appare davvero azzeccato.
Non più pedina inconsapevole, che a volte scompare dalla scena per numerose pagine, ma giocatore attivo, che influenza gli eventi in corso e cerca ogni possibile soluzione.
Tramite elaborati flashback, si passa da quello che è accaduto dopo l'ultima storia di Magnus per arrivare al tempo della nuova storia, raccordando dunque i due periodi temporali che risultano così insolitamente legati.
Il passato non viene dunque dimenticato, ma il presente è ben diverso. Anche il passato e il presente narrativo del personaggio: due mondi distanti (quaranta/trent'anni fa si sceneggiava in maniera differente), ma uniti da quel pizzico di genio che solo i grandi autori sono in grado di concepire. Anche con l'obiettivo di tracciare una nuova strada che altri possano intraprendere.

giovedì 8 giugno 2023

Fabolous Stack of Comics: Tex - Black Baron


Lo scontro, che non avviene mai in realtà, tra Tex Willer e la sua nemesi Mefisto affronta un nuovo capitolo. Nel precedente, Il Drago Rosso, Mefisto si era alleato col monaco tibetano Padma, che alla fine lo aveva fatto impazzire facendolo finire in un manicomio (amabili follie narrative degli anni '60 del ventesimo secolo).
Ma siccome Mefisto è tra i pochissimi nemici ricorrenti di Tex, un suo ritorno è inevitabile. Questo si concretizza infine con Black Baron, scritto da Gianluigi Bonelli, disegnato da Aurelio Galleppini in arte Galep e pubblicato nel 1968 nei numeri dal 93 al 95 della serie regolare di Tex.
Mefisto è fuggito dal manicomio in cui era confinato. In questa struttura ha stretto amicizia con Jean de Lafayette, che si ritiene un'incarnazione vivente di Baron Samedi, la divinità haitiana che trascina i morti nell'aldilà, e insieme a lui ha fondato un impero del terrore nelle paludi della Florida, grazie anche a una nutrita schiera di seguaci del voodoo, attirandosi le ire degli indiani Seminoles, che meditano la vendetta.
I quattro pards si recano in Florida per assalire il castello in cui Mefisto e i suoi alleati sono confinati, ma lungo il tragitto dovranno affrontare svariati attacchi ad opera degli sgherri al servizio del loro acerrimo nemico.
Lo schema narrativo si ripete ancora una volta. Con l'eccezione di Fuorilegge, questo è un altro scontro a distanza che si verifica tra Tex Willer e Mefisto. Questi due contendenti agiscono sempre su due lati opposti della barricata.
In questo caso vediamo Tex e i suoi alleati da un lato che fronteggiano gli attacchi e le minacce portate avanti dagli sgherri al servizio del loro nemico, avversari di natura più "fisica" e alla loro portata. Dall'altro invece ritroviamo Mefisto e i suoi nuovi alleati calati in una nuova atmosfera, quella del voodoo, quasi inedita per l'Italia all'epoca della pubblicazione di questa storia.
In tal senso, quindi, vanno fatti i complimenti a Gianluigi Bonelli che, pur calando il tutto in un contesto avventuroso e quindi semplificato (gli alleati di Mefisto, visti con l'occhio di oggi, sono decisamente stereotipati), avrà fatto le sue ricerche.
Credo siano due mondi che non si possano incontrare proprio perché davvero troppo distanti tra loro. C'è il piano fisico e il piano "spiritico", se possiamo così definire quello dove opera Mefisto, e Tex e le sue pistolettate mal si conciliano con queste ultime atmosfere.
Ora sembrerebbe che sia mancanza di idee da parte di Gianluigi Bonelli che, a parte il consueto battibecco tra Tex e Mefisto tramite messaggio spiritico, non va oltre questo tipo di interazione. Ma in realtà lo scrittore riesce a ben amalgamare questi mondi tenendoli separati, per far sì che entrambi i loro protagonisti risaltino. Tex col suo eroismo e sprezzo del pericolo, Mefisto con la sua malvagità e sottile follia.
Forse però un giorno questa separazione avrà termine e i due nemici si ritroveranno infine faccia a faccia.

mercoledì 7 giugno 2023

Fabolous Stack of Comics: Arzak L'Ispettore


Succede, succede più volte di quanto si possa immaginare. Si inizia un percorso narrativo, che appare anche affascinante e magico, ma esso viene interrotto sul nascere o lungo la via, per quelle che sono le più svariate ragioni, di cui le basse vendite sono quelle più preponderanti. Ma anche per motivi più drastici, sfortunatamente.
Nel 2010, Jean Giraud alias Moebius, realizza un nuovo capitolo delle avventure di Arzach, il personaggio da lui stesso creato nel 1975. Un personaggio a cui l'autore ama cambiare spesso nome: ecco dunque Arzak L'Ispettore (Arzak L'Arpenteur), che nelle intenzioni di Moebius deve essere la prima parte di una trilogia.
Mentre nella galassia il popolo Werg cerca di prendere in ostaggio il principe ereditario della Terra e sua madre, sulla terra ferma Arzak rimane ferito in seguito a uno scontro e si rifugia nella città di Redmond, dove la battaglia tra i Werg e terrestri avrà il suo apice.
Ma le autorità e gli abitanti del posto appaiono restie ad Arzak, che non è in grado di impedire l'avanzata dei Werg.
Un po' particolare commentare una storia che risulta incompleta. Sì, perché qui non abbiamo un racconto che - pur inserito in una cornice più ampia - alla fine risulta autoconclusivo. No, qui abbiamo proprio la prima parte di una trilogia che si conclude con molti punti in sospeso e un cliffhanger. Punti in sospeso che non troveranno mai una risoluzione, poiché giustamente nessuno oserebbe andare a toccare opere ritenute sacre in Francia, dove esiste una differente concezione del fumetto.
Quindi dobbiamo mettere da parte quest'albo dal punto di vista narrativo, farlo sarebbe privo di senso poiché ogni discorso che faremmo sarebbe incompleto come la storia stessa. E vedere il tutto come una sorta di testamento artistico. Il testamento artistico di Jean Giraud, alias Moebius.
Che qui ha modo di sbizzarrirsi grazie a numerosi scenari. Vi è la galassia, vi sono paesaggi desertici dominati dalle montagne, vi sono caotici agglomerati urbani che ricordano quelle immense periferie che si trovano alla periferia di Parigi abitate principalmente dai reietti della società. E come sempre la cura nei dettagli è unica e straordinaria, particolare ancora più rilevante se si pensa che il tutto è stato realizzato da un artista ultrasettantenne negli ultimi anni di carriera e di vita.
La storia sarà incompleta, ma l'arte grafica è invece quanto di più completo si possa ritrovare. Anche se questa non è in realtà l'ultima opera completata da Moebius, possiamo comunque vederla come un magnifico punto di arrivo.