sabato 28 novembre 2020

Libri a caso: L'Uomo Disintegrato


Pur avendo nella sua vita scritto pochi romanzi, Alfred Bester è uno degli scrittori di fantascienza maggiormente apprezzati di sempre, a dimostrazione di come quelle poche opere siano riuscite a entrare comunque nell'immaginario collettivo dei lettori.
Il suo primo romanzo, pubblicato nel 1952 su rivista e l'anno dopo in volume, si intitola L'Uomo Disintegrato (The Demolished Man) ed è una sorta di mix tra la fantascienza e la "inverted detective story" ideata da Richard Austin Freeman. Tanto che il titolo è praticamente uno spoiler.
Nel ventiquattresimo secolo dominato dalle grandi corporazioni e dove parte dell'umanità ha sviluppato grandi capacità telepatiche, l'imprenditore Ben Reich - preda di terribili incubi dove è perseguitato da un Uomo Senza Volto - progetta di uccidere il suo rivale in affari Craye D'Courtney.
Non è facile, tuttavia, commettere un omicidio e farla franca in un mondo pieno di telepati, anzi, è praticamente impossibile. Tuttavia, Reich escogita una serie di espedienti per riuscire nel suo intento criminoso, cosa che attirerà su di lui le attenzioni del detective Powell, fino a un drammatico confronto finale.
Come molti romanzi di quel periodo, risulta strano leggere un romanzo di fantascienza, proiettato in un lontano futuro più progredito, dove le persone utilizzano ancora i telefoni pubblici e l'esistenza dei personal computer è sostanzialmente sconosciuta. Ma se andiamo oltre questi dettagli, si capisce bene come mai L'Uomo Disintegrato sia un romanzo entrato nella storia.
Bester introduce con eleganza e maestria concetti di psicologia freudiana all'interno della propria opera, senza farli risultare complessi e noiosi agli occhi del lettore, non dimenticandosi mai di far progredire la trama.
In tal senso, Ben Reich è la personificazione dell'ES, delle pulsioni che ci portano a compiere atti anche orrendi per quelli che possono rivelarsi talvolta dei semplici capricci. Powell è invece la personificazione dell'IO, colui che cerca di riportare l'equilibrio in una psiche dominata dal caos.
E infine c'è lui, l'Uomo Senza Volto, che diventa la personificazione del Super-Io e, tramite la proiezione verso un ideale assoluto, può portare anche alla disintegrazione dell'IO. "Paura, timore, ansietà, cominciano già".
Come ho detto, però, non vi troverete di fronte, leggendo questo romanzo, a un Sigmund Freud rinato che vi disserta sulle sue teorie, bensì a una storia con molte sfaccettature (e forse un po' troppi personaggi di contorno), che diventa infine un'apologia del progresso umano e una condanna alla pena di morte. Anche se la soluzione alternativa proposta da Bester non è che sia proprio democratica, a volerla dire tutta.

giovedì 26 novembre 2020

Fabolous Stack of Comics: Wonder Woman - Lo Spirito della Verità


In questi ultimi mesi abbiamo parlato dei vari one-shot che Alex Ross e Paul Dini hanno dedicato ai grandi eroi della DC Comics. Abbiamo iniziato con Superman, siamo passati poi da Shazam e la JLA, per finire con Batman.
Solo un personaggio manca all'appello e si tratta di Wonder Woman, l'eroina creata nel 1941 da William Moulton Marston. I due autori le hanno dedicato l'albo Wonder Woman: Lo Spirito della Verità (Wonder Woman: Spirit of Truth), pubblicato nel novembre 2001.
In qualità di ambasciatrice di Themyscira presso le Nazioni Unite, a Wonder Woman viene chiesto di indagare in maniera imparziale su uno stato straniero, di cui si vocifera usi scudi umani per impedire raid aerei di nazioni nemiche. Wonder Woman, però, incontra subito la diffidenza degli abitanti di quella nazione, i quali la respingono anche a sassate.
Seguendo un consiglio di Superman, l'eroina allora in abiti civili si mischia alla popolazione, ora come medico, ora come soldato, riuscendo così a dare il suo tocco di pace laddove impazza l'inferno.
Davvero ispirato questo racconto dedicato a Diana Prince. L'argomento sottotraccia in tutte queste storie scritte da Ross e Dini, questi esseri semidivini che si riappropriano della loro umanità, diviene qui ancora più chiaro.
In principio, come Wonder Woman, l'eroina è respinta dalle persone comuni, che la ritengono diversa da loro, qualcosa di così incomprensibile ai loro occhi da suscitare subito un'ingiusta diffidenza, come spesso capita all'umanità quando ha paura di una cosa che non conosce o non vuole comprendere.
Quando però Wonder Woman inizia a divenire parte integrante della popolazione, nelle sue varie identità, diviene anche parte di quell'umanità da cui in principio era stata allontanata e questo le permette infine di essere accettata come parte di essa e divenire fondamentale nella risoluzione della crisi.
I disegni di Ross sono come sempre spettacolari e rendono giustizia alla grazia e alla bellezza di questo personaggio, simbolo non solo del femminismo, ma di tutti coloro che riescono a portare la pace laddove ce ne sia bisogno. Poiché a volte non sono necessari confronti, battaglie o lotte intestine. A volte è necessario solo il dialogo, con la verità che emerge in maniera prepotente e inevitabile nelle menti di ognuno, che permette di progredire, sia come singoli che come comunità.
Ormai sono più di quindici anni che Alex Ross e Paul Dini non collaborano più insieme su un nuovo progetto ed è abbastanza improbabile che tornino a farlo. Non deve esserci tuttavia rammarico per questo. Le loro cinque storie sono ancora lì, pronte a essere rilette in ogni momento e per certi versi ancora attuali. Casomai le ristampassero in futuro o le ritrovaste da qualche parte, dateci un'occhiata: non ve ne pentirete.

martedì 24 novembre 2020

Fabolous Stack of Comics: Zagor - Le Origini


Il personaggio di Zagor, lo Spirito con la Scure, protettore di Darkwood, è stato creato da Sergio Bonelli/Guido Nolitta e Gallieno Ferri nel 1961. Sono quindi quasi sessant'anni che Za-Gor-Te-Nay difende Darkwood e non solo da ogni ingiustizia, sempre accompagnato dal fedele amico Cico dai mille cognomi.
Ogni eroe ha una sua origine e quella di Zagor non arrivò che nel 1969, otto anni dopo la sua creazione (uno Stan Lee al contrario, insomma, il caro Bonelli), grazie alla storia Zagor Racconta. Quella storia, e tutti i retroscena che hanno ruotato attorno ad essa tramite altre storie pubblicate negli anni successivi, divengono la base per la miniserie in sei numeri Zagor: Le Origini, pubblicata dal giugno al novembre 2019, scritta da Moreno Burattini e disegnata da svariati artisti: Giuseppe Candita, Maurizio Di Vincenzo, Giovanni Freghieri, Valerio Piccioni, Oskar, Walter Trono.
Il piccolo Pat Wilding cresce felice in una capanna vicina alle rive del Clear Water, insieme ai suoi genitori. Ma tutto cambia quando gli indiani Abenaki, guidati dal predicatore Salomon Kinsky, attaccano la dimora per vendicarsi di Mike Wilding, padre del futuro eroe, reo di aver in passato guidato un assalto dell'esercito contro la loro tribù, generato in massacro.
I genitori di Pat vengono uccisi, mentre lui viene salvato dal trapper Wandering Fitzy, che negli anni successivi gli insegnerà come usare la scure e altre armi, mentre da alcuni artisti circensi apprenderà altre utili lezioni. Ma un tarlo si insinua nella mente di Pat Wilding, il demone della vendetta contro Salomon Kinsky, che rischia di bloccare sul nascere la strada per diventare un eroe.
La prima domanda che ci si potrebbe porre è: questa miniserie è fruibile da chi Zagor lo conosce poco o addirittura non ha mai letto un albo con lui protagonista? La risposta è sì, facilitata dal fatto che questa è la storia delle origini di un eroe, dove dunque non c'è alcun background pregresso. Certo, la conoscenza di alcune storie, tra cui lo Zagor Racconta citato in precedenza, può aiutare meglio la comprensione, ma non è affatto bloccante.
Questa miniserie si è rivelata più cruda e realistica di quanto mi aspettassi. Qui abbiamo proprio un futuro eroe alle prime armi, un futuro eroe che in quanto tale commette qualche ingenuità, sbaglia a volte a usare le armi - così come è capitato al Bruce Wayne di Batman: Anno Uno - e che da questi stessi errori impara, per divenire infine il personaggio da tanti amato, ai limiti dell'infallibilità.
Cruda e realistica anche per una serie di scene abbastanza violente, forse inaspettate in un fumetto Bonelli, ma nessuna di esse gratuita, bensì perfettamente inserite nel contesto della storia. Se proprio dovessimo trovare un difetto è la presenza di un paio di "spiegoni" (alcuni personaggi amano raccontare per filo e per segno dove sono stati, cosa hanno fatto, perché ce l'hanno tanto con quell'altro personaggio...).
Apprezzatissimo anche il comparto grafico. Di solito, quando un'unica storia viene affidata a più disegnatori, ciò si rivela come l'anticamera del disastro, ma non in questo caso. Anche se ognuno degli artisti porta avanti e giustamente il proprio stile non ci sono stacchi grafici di rilievo da un numero all'altro, cosa che contribuisce a far apprezzare il tratto di ogni singolo disegnatore coinvolto.
Questa miniserie analizza la leggenda di Zagor, una leggenda che - per quanto riguarda le sue origini - potrebbe avere ancora qualcosa da dire. Vedremo se in futuro apprenderemo qualcosa di più sul giovane e non più inesperto Pat Wilding. La storia è appena all'inizio.

domenica 22 novembre 2020

Fabolous Stack of Comics: Cinzia


Sì, è successo, più di una volta. Un comprimario, o addirittura un personaggio che compare per poche vignette in un fumetto, che diventa per le più svariate ragioni uno dei beniamini di una serie, fino a conquistarsi un proprio spazio personale. E in alcune occasioni anche a scalzare il protagonista originario (un primo caso eclatante che mi viene in mente è quello di Valentina, di Guido Crepax).
Cinzia Otherside compare per la prima volta nel 1990, sulle pagine di uno dei primi racconti dedicati a Rat-Man, il personaggio creato da Leo Ortolani. Da quel momento, Cinzia Otherside si conquista col tempo sempre più spazio, divenendo uno dei personaggi di punta dell'universo di Rat-Man. Fino ad arrivare al 2018 e al graphic novel Cinzia, pubblicato da Bao Publishing, scritto e disegnato sempre da Leo Ortolani.
Come molte persone, Cinzia Otherside vuole contribuire alla società e cerca un lavoro. Ma Cinzia è una transessuale, sui suoi documenti di identità c'è ancora scritto il nome Paul, e quella stessa società in cui vuole inserirsi la rigetta per sciocchi pregiudizi.
Qualcosa cambia quando Cinzia conosce un uomo di nome Thomas e se ne innamora. Pur di avvicinarsi a lui, Cinzia torna a essere Paul e inizia a lavorare per la stessa associazione in cui lui opera. Solo che quest'associazione è per la cosiddetta "famiglia naturale" e non si fa scrupolo a discriminare chiunque non sia loro gradito. Cinzia dovrà dunque decidere se coronare questo sogno d'amore, e così facendo rinnegare anche una parte di sé stessa, oppure prendere una strada differente.
Non sono abituato a dare voti alle storie di cui parlo, ma se dovessi farlo questa storia prenderebbe il voto più alto tra quelle che ho letto in questi ultimi anni.
Non è facile strappare un sorriso o una risata di questi tempi, ma - come ha dimostrato anche durante il lockdown generale di qualche mese fa - Ortolani è un maestro in questo. E la sua non è quella battuta caciarona a tutti i costi, anzi, a volte è una battuta disturbante, cattiva ma non di cattivo gusto, che ti fa sorridere ma a denti stretti. E poi ci sono anche bellissime citazioni cinematografiche e degli stacchetti musicali ("Ma come, intermezzi musicali in un fumetto? E funzionano?". Certo che sì)!
Non c'è solo questo, tuttavia. Ci sono alcuni momenti in cui la storia e le battute si fermano, come congelati nel tempo, e la protagonista offre alcune riflessioni sulla sua situazione. Riflessioni profonde e che colpiscono allo stomaco, smascherando una generale ipocrisia che pervade la società.
Non solo la cattiveria di coloro che discriminano coloro che reputano, e non si sa perché, diversi da loro, ma anche l'indifferenza di molti altri. Quell'indifferenza che può anche essere la nostra, quando volgiamo lo sguardo e proseguiamo per la nostra strada, oppure ridiamo di fronte a un'oscenità detta da un nostro amico quando si è in gruppo perché... ehi, lo fanno tutti, non posso dimostrarmi diverso da loro.
Forse è l'indifferenza ciò che fa più male, quella che porta Cinzia a sentirsi come una macchia oscura, invisibile agli altri. Ma la sua decisione finale, con cui non annulla la propria vera identità - aldilà delle convenzioni sociali - è la più giusta.
Questa storia è perfettamente leggibile anche se non si conosce l'universo di Rat-Man. Oltre a non esserci riferimenti a questo personaggio, l'autore costruisce un racconto autonomo, con un cerchio narrativo perfetto e che trova degna conclusione. Insomma, questa volta è andato davvero tutto bene!

venerdì 20 novembre 2020

Fabolous Stack of Comics: Ghost Rider Cosmico


Alla fine di Thanos Vince!, il Ghost Rider Cosmico Frank Castle viene ucciso dal Caduto/Silver Surfer grazie a Mjolnir. Questo gli garantisce l'ingresso nel Valhalla. Ma la sua fine è in realtà solo l'inizio di un nuovo, folle viaggio.
Le (dis)avventure del Ghost Rider Cosmico proseguono infatti su Cosmic Ghost Rider, miniserie in cinque numeri pubblicata tra il 2018 e il 2019, sceneggiata dal suo creatore Donny Cates e disegnata da Dylan Burnett.
Esiliato dal Valhalla per sua volontà, il Ghost Rider Cosmico torna indietro nel tempo, a quando Thanos era solo un infante. Desistendo dall'ucciderlo, lo prende sotto la sua tutela, con l'intenzione di trasformarlo in una persona diversa, migliore.
Ma si sa, avere un mentore come il Ghost Rider Cosmico non è proprio la migliore delle opzioni e questo genererà distruzioni, caos temporali e l'arrivo dal futuro del Punitore più improbabile che la storia dei fumetti abbia mai visto.
Surreale. Ecco il primo aggettivo che mi viene in mente se penso a questa miniserie. La pletora di scene fuori dall'ordinario - pure nel contesto di un fumetto Marvel che ha per protagonista un Punitore di un universo alternativo che ha stretto un patto con Mefisto ed è divenuto araldo di Galactus, provate a leggerlo tutto d'un fiato se ci riuscite - è fuori scala, ma allo stesso tempo mai fuori posto (ho usato 3 volte la parola 'fuori' in questo paragrafo, tanto è fuori questa storia).
Cates sembra farsi beffe, sottolineo il verbo sembra, di varie situazioni che spesso si presentano nei fumetti di supereroi - i viaggi nel tempo, le speranze di redenzione - per costruire la sua versione rivista e scorretta di Lone Wolf and Cub.
Sottotraccia rimane questo dilemma, alla fine: davvero una persona diventa quello che è perché ritenuta pazza o è malvagia nel midollo fin dal principio? O sono forse le persone e l'ambiente che girano attorno a questa persona che contribuiscono a renderla ciò che è? Quelle che noi riteniamo le migliori intenzioni, la migliore educazione, il migliore esempio, possono a volte portare a conseguenze disastrose se pensiamo solo a ciò che è meglio per noi piuttosto che al bene degli altri. E a volte, con rammarico, non teniamo in conto che ci sono forze ed eventi più grandi di noi che non possiamo controllare.
E queste stesse forze forse hanno permesso che le (dis)avventure del Ghost Rider Cosmico non si fermassero qui! Altre nuove storie sono già state pubblicate su di lui, anche se non più al momento ad opera del suo creatore Donny Cates. Il tempo ci darà modo di capire se saranno altrettanto folli come questa miniserie.

martedì 17 novembre 2020

Fabolous Stack of Comics: Klaus


Qualcosa di incredibile è accaduto: ho letto una storia di Grant Morrison che ho compreso in maniera immediata! Un'ulteriore conferma del fatto che questo 2020 è davvero un anno pieno di eventi fuori dall'ordinario.
Klaus è una miniserie di sette numeri pubblicata da Boom Studios tra il 2015 e il 2016 e disegnata da Dan Mora. Il protagonista, ebbene sì, è proprio lui: Babbo Natale! Avete presente quella simpatica persona amante dei caminetti e sponsorizzata da una nota marca di bibite che in un altro mondo si chiamava San Nicola da Bari?
Ebbene, scordatevela. Il Klaus di questa miniserie è un uomo tutto d'un pezzo che ritorna nella città dove è nato, Grimsvig, durante le festività del solstizio d'inverno, Yule. Trova un'atmosfera molto tetra e cambiata rispetto a prima e una popolazione governata col pugno di ferro e schiavizzata da Lord Magnus, il quale ha stretto un patto con un demone.
Klaus si imbatte ben presto in una sua conoscenza dell'infanzia, Dagmar, moglie di Lord Magnus, e si ritrova in possesso di strani poteri e tanti giocattoli che possono riportare la felicità tra i bambini e gli abitanti di Grimsvig. Sempre se il demone non si metterà in mezzo.
Ho volutamente esagerato con la prima affermazione, ma è di certo strano vedere una storia così lineare da parte di Grant Morrison, con i buoni e i cattivi ben chiari e delineati sin dall'inizio e soprattutto con motivazioni da ambo i lati molto "terrene", quali la brama di potere e il desiderio di portare giustizia a tutti i costi.
Ma siccome alla fin fine è sempre Grant Morrison, l'autore non manca di abbellire la sua storia con elementi folkloristici ed esoterici che si ispirano in particolar modo alla tradizione medievale e germanica, senza tener conto di influssi religiosi provenienti dal Cristianesimo che avrebbero rischiato di annacquare il racconto.
Ecco dunque perché la figura di Klaus si distacca così tanto dall'iconografia ordinaria associata a Babbo Natale. Se si fosse deciso di perseguire questa strada, premesso che una storia di Natale non può prescindere dalla retorica, nel bene e nel male, lo si sarebbe associato a una figura "cristiana" che per alcuni risulta troppo distante e in cui non ci si riesce a identificare.
Così invece viene costruito un personaggio diverso, di certo portatore di valori associati al Natale quali la felicità e la forza dei legami familiari, ma allo stesso tempo credibile come figura universale.
Dopo questa miniserie, il personaggio di Klaus ha continuato ad apparire negli anni successivi tramite speciali one-shot, che tuttavia risultano ancora inediti in Italia. Solo il tempo ci dirà se anche questi racconti perduti di Klaus arriveranno nel nostro paese.
Ora mi toccherà leggere un'altra storia di Grant Morrison, però: questo Nameless sarà una miniserie lineare come questa?

domenica 15 novembre 2020

A scuola di cinema: Giochi di Potere (1992)

1987: Viene pubblicato Attentato alla Corte d'Inghilterra (Patriot Games), secondo romanzo di Tom Clancy che vede protagonista l'analista della CIA Jack Ryan. Pur essendo stato pubblicato tre anni dopo La Grande Fuga dell'Ottobre Rosso (The Hunt for Red October), cronologicamente Patriot Games si svolge prima fungendo dunque da prequel della saga.
Mentre si trova a Londra, l'insegnante di storia Jack Ryan sventa un attentato dell'Ulster Liberation Army, una scheggia impazzita dell'Irish Republican Army (IRA), ai danni del Principe e della Principessa del Galles... sì, insomma, Carlo e Diana per capirci. Nel conflitto che ne segue, John McCrory, uno dei terroristi, viene ucciso da Ryan e Sean Miller, suo amico, giura vendetta contro l'uomo e la sua famiglia.
Riuscito a fuggire di prigione, Miller raduna attorno a sé un piccolo esercito e, trasferitosi negli Stati Uniti, causa un incidente stradale a seguito del quale la moglie e la figlia di Ryan rimangono gravemente ferite.
Per avere più informazioni su Sean Miller e la sua fazione terrorista, Ryan accetta un'offerta da parte della CIA di divenire un loro analista. Quando Ryan poco dopo riceve la visita dei reali d'Inghilterra, Miller decide di portare a compimento l'attentato fallito a Londra.
Ne nasce un drammatico conflitto a fuoco, a seguito del quale molti terroristi e agenti della sicurezza vengono uccisi, con Miller che viene infine catturato dalle autorità dopo un ultimo scontro con Jack Ryan. Il romanzo si chiude su una nota lieta, con la nascita del secondogenito di Ryan, che porta il suo stesso nome.
Qualche anno dopo, anche il secondo romanzo con protagonista Jack Ryan diventa oggetto di un adattamento cinematografico, il secondo anch'esso incentrato su questo personaggio, seppur con qualche significativo cambiamento.


Dopo il grande successo di Caccia a Ottobre Rosso (The Hunt For Red October), la Paramount decide di mettere subito in cantiere un sequel della pellicola, con l'intenzione originaria di confermare sia il regista (John McTiernan) che l'interprete principale (Alec Baldwin) del primo film.
McTiernan vorrebbe in realtà dirigere l'adattamento di un altro romanzo di Tom Clancy, Pericolo Imminente (Clear and Present Danger), di cui John Milius ha completato una prima bozza di sceneggiatura. Tuttavia, il produttore Mace Neufeld ha già acquisito i diritti di Patriot Games, su cui anche la Paramount decide di concentrare le proprie risorse.
McTiernan dunque, considerato il suo retaggio irlandese, decide di rinunciare al progetto perché a disagio col tema trattato, preferendo dedicarsi alla regia di Mato Grosso (Medicine Man), dove ritrova Sean Connery.
In sua sostituzione viene contattato Phillip Noyce, regista australiano che sta emergendo sul panorama statunitense.
Alec Baldwin, interessato a riprendere il ruolo che ha lanciato la sua carriera, nonostante un ingaggio promesso sui quattro milioni di dollari non può in principio confermare la sua presenza poiché è impegnato in teatro a Broadway con Un Tram che si Chiama Desiderio (A Streetcar Named Desire) e chiede un piccolo posticipo, nonché la possibilità di approvare la sceneggiatura prima di confermare la sua partecipazione. La cosa non risulta molto gradita al produttore David Kirkpatrick, che chiede all'attore di scegliere tra la rappresentazione a Broadway o la partecipazione alle riprese della pellicola.
Al contempo, la Paramount è reduce da un progetto non andato a buon fine che avrebbe visto come protagonista Harrison Ford e a causa del quale ora è in debito con l'attore, non solo morale. Per compensare la cosa, Ford si propone per interpretare Jack Ryan, come sarebbe già dovuto accadere per la prima pellicola, dalla quale si era ritirato poiché convinto che fosse stato dato più spazio al personaggio interpretato da Sean Connery.
Quando viene a sapere che le trattative con Baldwin sono ancora in corso, Ford chiede senza mezzi termini alla produzione di mandarlo a quel paese. E la parte di Jack Ryan è sua. Superfluo dire che, da quel momento, Alec Baldwin e Harrison Ford non si sopportano a vicenda.
Il ruolo di Sean Miller viene affidato all'attore britannico Sean Bean, alla sua prima esperienza con una produzione americana
La sceneggiatura viene scritta da W. Peter Iliff e Donald Stewart. Per evitare problemi, le figure dei reali d'Inghilterra presenti nel libro di Clancy vengono sostituite con personaggi immaginari. Inoltre, considerata la differenza di età tra Baldwin e Ford, il personaggio di Ryan viene "invecchiato" di circa 10 anni, rendendo la pellicola davvero un sequel di Caccia a Ottobre Rosso, piuttosto che un prequel.
Questi cambiamenti, uniti ad altre modifiche alla sua trama (Miller che viene ucciso da Ryan e non arrestato, più alcune scene ritenute irrealistiche), portano Tom Clancy già prima dell'inizio delle riprese a dissociarsi dal progetto e chiedere che il suo nome venga tolto da ogni materiale promozionale associato al film.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 2 novembre 1991, svolgendosi a Londra, in California e nel Maryland. Il finale originario prevede una lotta tra Ryan e Miller su degli scogli circondati da un mare in tempesta, col terrorista che infine cade nelle acque agitate, annegando. Questa scena non viene tuttavia gradita in uno screening di prova e viene perciò sostituita all'ultimo momento con una lotta su un motoscafo.
Durante le riprese del confronto, Harrison Ford colpisce in maniera accidentale Sean Bean poco sopra l'occhio sinistro con un gancio per barche. La ferita e il sangue che ne conseguono - ben visibili nel film - sono reali e non frutto di un abile trucco. Come conseguenza, Sean Bean porta una piccola cicatrice ancora oggi.
Le riprese si concludono il 18 febbraio 1992.
Giochi di Potere (Patriot Games) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 5 giugno 1992. A fronte di un budget di 45 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale 178 milioni di dollari.
Un risultato inferiore rispetto a Caccia a Ottobre Rosso, ma nonostante tutto un buon riscontro che convince la Paramount a mettere subito in produzione un terzo film incentrato su Jack Ryan. Che si rivela proprio quel Clear and Present Danger tanto caro sia a John McTiernan che ad Alec Baldwin... ma questa è un'altra storia.

giovedì 12 novembre 2020

A scuola di cinema: Allarme Rosso (1995)

27 ottobre 1962: In piena Crisi dei missili di Cuba, il sottomarino russo B-59 naviga nelle profondità marine nelle vicinanze dell'isola del Centro America, seppur in acque internazionali. La Marina Statunitense ne individua comunque la posizione e, non potendo stabilire un contatto radio, inizia a far esplodere delle cariche di profondità non letali, poiché è l'unico modo che ha per forzare il sottomarino a riemergere, di modo che si proceda alla sua identificazione.
L'equipaggio del sottomarino, che da alcuni giorni non ha più contatti con i propri superiori a Mosca, va nel panico e il comandante Valentin Savitsky si convince che sia scoppiato un conflitto e debbano lanciare un missile nucleare.
Tuttavia il secondo in comando Vasily Arkhipov si oppone alla decisione del comandante. Per via del suo grado di Commodoro, la sua autorizzazione preventiva al lancio è imprescindibile. Alla fine, Arkhipov riesce a far calmare Savitsky e a far emergere il mezzo in superficie, dove viene scortato lontano da Cuba per rientrare infine a Mosca.
Quel giorno, con ogni probabilità, è stato evitato un nuovo conflitto mondiale. E quest'evento, svariati anni dopo, funge da ispirazione per un film.


1993: I produttori Don Simpson e Jerry Bruckheimer vedono un documentario in onda su Discovery Channel intitolato Submarines: Sharks of Steel e ne rimangono intrigati, decidendo di produrre un film su un sottomarino, anche se a quel tempo la loro partnership lavorativa sta già attraversando un periodo di declino e forte crisi, dovuto all'abuso di droghe di cui Simpson soffre da da molti anni, cosa che talvolta lo porta ad avere gravi sbalzi d'umore.
Gli scrittori Michael Schiffer e Richard Henrick, quest'ultimo specializzato in romanzi ambientati proprio sui sottomarini, vengono assunti come sceneggiatori. Per la regia, i due produttori rinsaldano la loro collaborazione con Tony Scott, che va avanti dai tempi di Top Gun.
La prima bozza di sceneggiatura vede l'equipaggio del sottomarino tentare di impedire l'inizio di un conflitto nucleare globale per via di un malfunzionamento del computer del mezzo, in pieno stile 2001: Odissea Nello Spazio. La Marina fa tuttavia notare come la cosa sia del tutto impossibile, considerato che nessun computer presente su un sottomarino da guerra è in grado di lanciare dei missili nucleari.
Dovendo documentarsi a dovere, Simpson e Bruckheimer sfruttano le loro conoscenze nell'esercito americano risalenti appunto da Top Gun e viene garantito loro, nonché al regista e agli sceneggiatori, il permesso di salire a bordo della USS Florida.
Vengono riprese alcune zone del sottomarino, quelle meno sensibili ovviamente, vengono effettuate alcune interviste e si osservano e riprendono le azioni dell'equipaggio nella sala di controllo e di un vicecomandante su cui Denzel Washington modellerà il suo personaggio.
La sceneggiatura viene dunque revisionata, incentrandola in misura maggiore sul confronto tra i due comandanti. Al risultato finale contribuiscono anche Robert Towne, Steven Zaillian e Quentin Tarantino, che compiono una revisione e aggiungono qualche dialogo brillante. Tarantino porta a termine questo lavoro per fare un favore a Tony Scott, il quale è reduce dalla regia di un film tratto da una sceneggiatura di Tarantino, Una Vita Al Massimo (True Romance). Né Towne, né Zaillian, né Tarantino vengono tuttavia alla fine accreditati.
La nuova sceneggiatura non incontra i favori degli ufficiali della Marina statunitense, la quale non gradisce affatto la trama dell'ammutinamento operata dal personaggio di Denzel Washington, poiché - almeno a loro dire - tale evento non si è mai verificato nella storia. Decidono dunque di non offrire più alcuna assistenza su questo progetto.
Per andare avanti nella produzione, Simpson e Bruckheimer entrano in contatto con la Marina francese, la quale mette a loro disposizione per le riprese un sottomarino in dismissione e una portaerei.
Per il ruolo del Comandante Frank Ramsey, vengono contattati in primo luogo Warren Beatty e Al Pacino, ma entrambi impiegano troppo tempo nel prendere una decisione e, dovendo ormai iniziare a girare, la scelta ricade infine su Gene Hackman, che accetta senza troppe lungaggini.
Sentendo che Al Pacino possa prendere parte al progetto, Brad Pitt - all'epoca agli esordi o poco più - si fa avanti per assicurarsi il ruolo di Ron Hunter, poiché è suo desiderio poter collaborare col grande attore. Quando diviene chiaro tuttavia che ciò non accadrà, desiste, e la parte viene dunque affidata a Denzel Washington.
Le riprese iniziano in via ufficiale in California il 15 agosto 1994. Il problema più immediato è che - considerato il mancato appoggio della Marina statunitense - non vi sono riprese di un sottomarino che si immerge nelle acque. Per rimediare alla cosa, viene contattato un civile della zona di Pearl Harbor, il quale informa la produzione del giorno e ora in cui un sottomarino, USS Alabama, esce dal porto.
Una volta che il mezzo si trova in acque pubbliche, Scott impiega un elicottero e delle navi - già presenti in precedenza sul posto - per riprenderlo. Pur di liberarsi di loro, il capitano del sottomarino ordina l'immersione, che è esattamente ciò che Tony Scott vuole. Ovviamente viene sporto subito dopo un reclamo ufficiale ma, siccome il sottomarino si trovava in un luogo non interdetto al pubblico e non esistono leggi che impediscono di riprendere un mezzo militare durante un'esercitazione, la causa non arriva mai in tribunale.
Durante le riprese della scena del confronto tra Ramsey e Hunter, in cui il primo chiede che gli siano date le chiavi che consentono il lancio dei missili, Gene Hackman calcola male lo slancio e sferra davvero un pugno a Denzel Washington, il quale incassa bene il colpo grazie al suo allenamento da boxer che effettua ogni giorno, tanto che chiede e ottiene di inserire una scena apposita in merito anche nel film.
Le riprese si concludono il primo dicembre 1994.
Allarme Rosso (Crimson Tide) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 12 maggio 1995. A fronte di un budget di 53 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale oltre 157 milioni di dollari. Con questo film inizia anche una proficua collaborazione tra Tony Scott e Denzel Washington, che proseguirà con altre quattro pellicole negli anni successivi.
Pochi mesi dopo l'uscita di Allarme Rosso, nel dicembre 1995, Jerry Bruckheimer decide di porre fine alla partnership lavorativa con Don Simpson. C'è tuttavia un ultimo film che devono portare a compimento per obblighi contrattuali: si tratta di The Rock... ma questa è un'altra storia.

domenica 8 novembre 2020

A scuola di cinema: Gli Intoccabili (1987)

1957: Viene pubblicato The Untouchables, un libro autobiografico compilato dall'ex agente governativo Eliot Ness, le cui memorie vengono trascritte dal giornalista e scrittore Oscar Fraley.
Il libro descrive - mescolando sia accuratezza storica che qualche piccola libertà narrativa - la lotta di alcuni fidati agenti del FBI, noti come gli Intoccabili e capitanati da Ness, contro le attività criminali del gangster Al Capone.
Grazie ad alcuni attacchi a distillerie illegali - siamo nell'epoca del Proibizionismo - e il blocco di attività di contrabbando, nel 1931 gli Intoccabili infliggono un duro colpo alle finanze di Capone, il quale tuttavia alla fine viene incriminato e arrestato per evasione fiscale, cosa che pone fine al suo regno criminale, anche se la sua morte avviene solo molti anni dopo, nel 1947.
Ness riesce a dare la sua approvazione finale poco prima di morire. Il libro si rivela un grande successo, facendo luce su eventi della storia americana in quel tempo dimenticati, tanto che già nel 1959 viene opzionato per una serie televisiva omonima che va in onda per quattro stagioni sulla ABC, con oltre 100 puntate, e che vede Robert Stack nel ruolo di Eliot Ness.
Poco più di venti anni dopo la conclusione di questa serie, Gli Intoccabili riescono infine ad approdare sul grande schermo.


1986: La Paramount, titolare dei diritti dell'autobiografia di Ness, decide di produrne un adattamento cinematografico, che prenda però come principale riferimento la serie televisiva.
Il progetto viene affidato al produttore Art Linson e al regista Brian De Palma, i quali tuttavia decidono - di concerto con lo sceneggiatore David Mamet - di prescindere dalla serie e sviluppare un film autonomo, drammatizzando maggiormente la storia originaria (nella realtà, ad esempio, Ness e Capone si incontrarono per pochi istanti un'unica volta e solo dopo l'arresto di Capone e nessuno degli Intoccabili venne mai ucciso dagli uomini al servizio del gangster). Nonostante qualche resistenza iniziale della Paramount, che non gradisce la prima bozza di Mamet, il progetto viene approvato.
Per il ruolo di Eliot Ness, vengono contattati svariati attori tra cui Harrison Ford, Mickey Rourke, Don Johnson (dietro consiglio di Giorgio Armani) e Jeff Bridges, prima che la scelta ricada su Kevin Costner. Per prepararsi alla parte, Costner entra in contatto con l'ex agente FBI Albert Wolff, all'epoca l'ultimo degli Intoccabili ancora in vita, dal quale apprende il contesto storico nel quale si svolsero le vicende e la personalità e il modo di comportarsi di Eliot Ness.
Per il ruolo di Jimmy Malone, dopo il rifiuto di Gene Hackman, la scelta ricade su Sean Connery, favorito dalle sue origini britanniche.
Brian De Palma non è del tutto convinto di queste scelte, non tanto perché metta in discussione le capacità recitative di Costner o Connery, quanto perché all'epoca il primo non è ancora un nome noto al pubblico, mentre il secondo negli ultimi anni è comparso in poche pellicole. Il regista decide allora di contattare, per il ruolo di Al Capone, Robert De Niro.
Costui è interessato, ma insiste sul fatto di voler acquisire 15 chili in più, come aveva fatto per Toro Scatenato (Raging Bull), dove era ingrassato addirittura di quasi 30 chili. A tale scopo, De Niro segue la stessa dieta di allora, mangiando pancake ogni mattina e concedendosi anche un tour culinario in Italia. Alla fine, tuttavia, l'attore non ottiene la massa aggiuntiva sperata e quindi il resto viene compensato tramite delle speciali imbottiture che vengono poste sotto i vestiti.
De Niro ha anche un'altra richiesta. Che tutti gli abiti da indossare sul set rispecchino davvero quelli indossati da Al Capone. Tutti, abbigliamento intimo compreso. La produzione riesce a rintracciare dei sarti che hanno lavorato un tempo per il gangster, accontentando così l'insolita richiesta dell'attore.
Non essendo tuttavia del tutto sicuro che De Niro accetti la parte, De Palma chiede anche a Bob Hoskins se sia interessato al ruolo. Lui risponde di sì, ma solo se De Niro decidesse di rifiutare l'ingaggio. Quando ciò non accade, per scusarsi e ringraziarlo della sua disponibilità De Palma invia a Hoskins un assegno di duecentomila sterline. Al che prontamente Hoskins chiede al regista se ci siano altri ruoli per cui lui possa non essere accettato.
De Palma, dopo aver osservato la sua interpretazione in 8 Milioni di Modi per Morire (8 Million Ways to Die), vuole Andy Garcia nella parte di Frank Nitti, ma Garcia lo convince infine ad affidargli il ruolo di George Stone/Giuseppe Petri.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 18 agosto 1986, svolgendosi a Chicago e nel Montana. Stephen Burum, il direttore della fotografia, tenta di convincere De Palma a girare il tutto in bianco e nero per ricreare le atmosfere dell'epoca in cui è ambientato il film, ma il regista smorza subito le sue richieste dicendogli che la produzione non accetterà mai questa soluzione.
Per la scena dell'uccisione di Malone, Sean Connery si trova impreparato quando le piccole cariche esplosive iniziano a scoppiare vicino a lui, riempiendolo di polvere negli occhi e sangue finto, tanto che per precauzione viene portato in ospedale. De Palma rimane sorpreso dal fatto che "James Bond" non fosse pronto per una scena simile, tanto che al ritorno sul set dell'attore scozzese ci vuole un po' di tempo prima che lo si convinca a rigirare la scena.
Una delle scene finali prevede una sparatoria in una stazione, di fronte a un treno fermo sulle rotaie. Non riuscendo a trovare un treno dell'epoca, o forse ritenendo la produzione la cosa troppo costosa, De Palma modifica la scena spostandola sulle scale della Union Station e, coadiuvato dalla colonna sonora di Ennio Morricone, tramutandola in un omaggio a La Corazzata Potëmkin di Sergej Ėjzenštejn.
Il bambino nella carrozzina è Collin Hymes, il figlio del coordinatore degli stuntmen Gary Himes, che crescendo diverrà a sua volta un abile stuntman. Quando si dice iniziare in maniera precoce!
Le riprese si concludono il 21 novembre 1986.
Gli Intoccabili (The Untouchables) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 2 giugno 1987. A fronte di un budget di 25 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale 106 milioni di dollari. Un successo che spinge alcuni anni dopo De Palma a cercare di far produrre un prequel intitolato Capone Rising, dedicato all'ascesa al potere del gangster e che avrebbe visto Nicolas Cage nel ruolo che fu di Robert De Niro. Dopo molti anni di tentativi, tuttavia, il progetto viene abbandonato.
Gli Intoccabili permette inoltre a Kevin Costner e Andy Garcia di veder lanciate le loro carriere e a Sean Connery di vincere un Oscar come miglior attore non protagonista. Sarà l'unico Oscar che il grande attore scozzese riuscirà mai a conseguire.
Quanto a Brian De Palma, nove anni dopo Gli Intoccabili dirige un altro adattamento di un celebre serial televisivo, Mission: Impossible... ma questa è un'altra storia.