domenica 27 febbraio 2022

A scuola di cinema: Dietro La Maschera (1985)

Ottobre 1978: A causa di un'aritmia, muore Roy Lee Dennis, detto "Rocky".
Al ragazzo, nato nel 1961, viene diagnosticata all'età di appena due anni una malattia molto rara, la displasia cranio-diafisaria, nota anche come leontiasi.
Secondo i medici, il ragazzo a causa di questa malattia non sarà in grado di leggere e frequentare la scuola e ha un'aspettativa di vita di massimo sette anni.
Rocky Dennis riesce invece a imparare a leggere e a scrivere delle poesie e frequenta le scuole dell'obbligo sin quando gli è possibile. E contro ogni previsione vive fino all'età di sedici anni, dopodiché il suo corpo viene donato alla scienza e in seguito cremato.
Una storia particolare e commovente che, qualche anno dopo la morte del ragazzo, diviene oggetto di un lungometraggio.


Durante un corso come assistente infermiera presso l'Harbor General Hospital di Los Angeles, l'aspirante sceneggiatrice Anna Hamilton Phelan conosce Rocky Dennis e apprende la sua storia. Qualche tempo dopo, inoltre, riesce anche a entrare in contatto con sua madre, Florence Dennis, detta "Rusty".
Anna Hamilton Phelan riesce a convincere Rusty a farle scrivere la storia di Dennis, dietro pagamento di un centinaio di dollari e una cassa di bottiglie di birra. Rusty fornisce anche un paio di consigli durante la stesura.
La sceneggiatura viene infine acquisita dalla Universal Pictures. Per Anna Hamilton Phelan è la sua prima sceneggiatura che viene accettata e prodotta.
Rusty Dennis ha un altro figlio di nome Joshua, il quale a seguito di una trasfusione di sangue infetto ha contratto l'AIDS. La donna accetta di vendere i diritti sulla storia di Rocky alla Universal per pagare le spese mediche necessarie per Joshua.
Rusty Dennis spera inoltre che la storia di suo figlio possa essere di ispirazione e coraggio sia per altri ragazzi con disabilità che per i loro genitori, i quali ogni giorno devono affrontare difficoltà impreviste.
La regia viene affidata a Peter Bogdanovich. Costui non ritiene la sceneggiatura del tutto interessante, rimanendo tuttavia colpito dall'incredibile storia di Rocky Dennis. Il regista ricorda inoltre che Dorothy Stratten, una donna a cui era molto legato e che era stata uccisa qualche anno prima dal suo ex fidanzato, era rimasta commossa da The Elephant Man e decide dunque di dirigere il film in suo onore.
Per il ruolo di Rocky Dennis, la prima scelta ricade su Rob Lowe, il quale tuttavia deve declinare la proposta causa sovrapposizione di altri impegni. La parte viene dunque affidata ad Eric Stoltz.
Per il ruolo di Rusty Dennis, vengono prese in considerazione in un primo momento Ellen Burstyn e Jane Fonda. In principio, la Universal non è molto propensa a dare questa parte a Cher, la quale risulta in fondo alla lista delle preferenze. Dopo un'audizione, tuttavia, l'attrice riesce ad aggiudicarsi la parte.
Le riprese iniziano in via ufficiale nel maggio 1984, tenendosi in California. Parte di esse si svolgono nella città di Azusa, dove Rocky Dennis ha vissuto buona parte della sua vita.
Un giorno, un anziano del posto nota Eric Stoltz (truccato come Rocky Dennis) e si avvicina dicendosi felice di rivederlo, visto che credeva fosse morto. Né l'attore, né Cher, presente anch'essa, rovinano la sua felicità dicendogli la verità.
Il rapporto sul set tra Peter Bogdanovich e Cher non è affatto idilliaco. Il regista ritiene che Cher non abbia la necessaria esperienza per sostenere un progetto di questo tipo e gli risulta dunque molto difficile lavorare con lei. D'altro canto, l'attrice non sopporta l'atteggiamento poco collaborativo di Bodganovich.
Eric Stoltz, che ha passato buona parte del tempo sul set col make-up di Rocky Dennis, quando si presenta nel locale dove si sta tenendo un ricevimento per festeggiare la fine dei lavori, deve presentare un documento di identità per dimostrare di essere davvero lui. In quell'occasione, alcuni suoi colleghi e componenti della troupe vedono per la prima volta il suo volto.
Come colonna sonora della pellicola, l'intenzione originaria è quella di usare alcune canzoni di Bruce Springsteen, in quanto costui era il cantante preferito di Rocky Dennis. Springsteen stesso non ha alcuna obiezione in merito. Tuttavia, la Universal e la Columbia Records, proprietaria del catalogo delle canzoni di Springsteen, non riescono a trovare un accordo commerciale, costringendo così la produzione a utilizzare le canzoni di un altro artista, Bob Seger.
La cosa non va molto giù a Peter Bogdanovich, il quale cita in giudizio la Universal per violazione degli accordi contrattuali, in quanto aveva potere decisionale sul prodotto finale e non è stato contattato in merito. In seguito l'accusa viene ritirata.
Alcuni anni dopo, dietro esortazione dello stesso Bruce Springsteen, la colonna sonora come pensata in origine viene infine inserita per l'uscita in DVD della pellicola.
Dietro La Maschera (Mask) viene distribuito nei cinema americani a partire dall'otto marzo 1985. A fronte di un budget di sette milioni e mezzo di dollari, la pellicola arriva infine a incassare sul territorio americano 48 milioni di dollari. La pellicola vince anche un oscar nella categoria Miglior Trucco.
Il produttore Sidney Sheinberg rimane così favorevolmente colpito dall'interpretazione di Eric Stoltz che riesce a fargli assegnare il ruolo del protagonista di Ritorno Al Futuro (Back To The Future), Marty McFly. L'esperienza, tuttavia, si rivela fallimentare e l'attore viene allontanato dal progetto dopo circa un mese di riprese per essere sostituito da Michael J. Fox.
Una conseguenza dell'uscita di questo film è che nel 1990 Cher, la cui interpretazione è stata molto apprezzata da Rusty Dennis, diviene portavoce della Children's Craniofacial Association (CCA), impegnandosi negli anni successivi per far sì che quest'organizzazione riceva fondi dagli organismi governativi e organizzando raduni annuali dei bambini affetti da condizioni craniofacciali e dei loro genitori, per darsi vicendevolmente conforto.
Sfortunatamente Joshua Dennis - il fratello di Rocky - non può assistere a questo poiché muore nel 1987, a causa dell'aggravarsi della sua malattia.
Il 14 ottobre 2006, invece, mentre sta girando in moto, Florence "Rusty" Dennis perde il controllo del mezzo che va a impattare contro un marciapiede. Sbalzata via, la donna va a sbattere contro un palo del telefono. Ricoverata in ospedale, muore l'11 novembre a causa delle ferite e delle fratture riportate, letali per una donna della sua età. Ma la sua eredità e il suo esempio restano.
Cher non riceve una Nomination al Premio Oscar per la sua interpretazione in questo film, ma avrà modo di rifarsi pochi anni dopo grazie a Stregata dalla Luna (Moonstruck)... ma questa è un'altra storia.

venerdì 25 febbraio 2022

Fabolous Stack of Comics: Occhio di Falco - Riunione di Famiglia


E siamo giunti dunque all'epilogo. Col sedicesimo numero, si chiude la serie regolare dedicata a Kate Bishop, alias Occhio di Falco. Dopo essere stata un'eccellente comprimaria in precedenti serie regolari e miniserie incentrate su Clint Barton, l'eroina ha avuto la sua grande chance e bisogna dire che le è andata anche bene.
Dopo Punti di Ancoraggio (Anchor Points) e Maschere (Masks), l'ultimo ciclo, che si dipana dal tredicesimo al sedicesimo e conclusivo numero, si intitola Riunione di Famiglia (Family Reunion). Il team creativo è quello responsabile di buona parte dell''intera testata, ovvero Kelly Thompson ai testi e Leonardo Romero ai disegni.
E come si può intuire, in quest'ultima saga Kate si riunisce al suo più grande alleato, l'originale Occhio di Falco. Tutto ha inizio quando Clint Barton inizia a essere perseguitato da una misteriosa figura, che si scoprirà essere una vecchia conoscenza dello Spadaccino, il mentore di Clint Barton.
Costei, dopo aver stretto una letale alleanza con Madame Masque e il suo esercito, attacca l'agenzia di investigazioni di Kate Bishop, che si ritroverà da loro circondata insieme a Clint Barton, con i due impossibilitati a fuggire. Ma entrambi pronti alla resa dei conti finale.
Sapete quando si capisce che una serie ha chiuso i battenti in maniera prematura? Quando vi ritrovate di fronte a un finale affrettato e che non riesce a chiarire tutti i punti rimasti in sospeso, come in questo caso.
Già il fatto che questo ciclo sia in quattro capitoli, invece che dei consueti sei, la dice lunga. La trama principale del confronto tra Kate Bishop e Madame Masque viene portata a compimento, ma rimangono aperte alcune sottotrame quali il destino di Eleanor Bishop e la scoperta che Johnny, il nuovo interesse amoroso di Kate, possiede dei superpoteri. Chissà se ne vedremo sviluppi altrove.
Interessante, in questo ultimo ciclo, la presenza di un altro riflesso distorto di Kate Bishop, ovvero Eden Vale, l'alleata di Madame Masque. Costei in passato, infatti, è stata sotto l'ala protettiva dello Spadaccino, il mentore di Clint Barton, ed è stata da lui addestrata. Clint, con l'aiuto di suo fratello, è riuscito a liberarsi dall'influenza nefasta di Jacques Duquesne per poi proseguire su una retta via grazie agli Avengers. Una retta via su cui ha in seguito instradato anche Kate Bishop.
Eden Vale, invece, ha avuto un destino diverso: è vero che non sono solo l'ambiente e le persone che frequenti a forgiare la tua personalità, ma lei è quello che sarebbe potuta diventare Kate Bishop se Clint Barton non si fosse mai allontanato dall'ombra funesta dello Spadaccino.
Così non è stato e, col fido Lucky Pizza Dog, la rivedremo di sicuro in un prossimo futuro.

mercoledì 23 febbraio 2022

Prime Video Original 6: Il Principe Cerca Figlio


Nel 1988, esce nei cinema Il Principe Cerca Moglie (Coming To America), diretto da John Landis, in cui Eddie Murphy interpreta il principe Akeem dell'immaginario stato africano di Zamunda, che si trasferisce negli Stati Uniti per trovare l'amore della sua vita, la quale risulta essere infine una ragazza dei quartieri poveri del Queens.
Nonostante sia stato un grande successo all'epoca, il film è rimasto per molto tempo un episodio singolo, fino a quando la Paramount ha dato il via libera per un sequel. In origine pianificato per un'uscita nei cinema nel 2020, viene poi causa pandemia COVID-19 acquisito da Amazon Prime Video, che lo distribuisce a partire dal 5 marzo 2021.
Il seguito, intitolato Il Principe Cerca Figlio (Coming 2 America), è stato diretto da Craig Brewer e sceneggiato da David Sheffield Barry Blaustein (scrittori del primo capitolo, da un soggetto dello stesso Eddie Murphy) con l'apporto di Justin Kanew e Kenya Barris.
Sono passati trent'anni dal matrimonio tra Akeem e Lisa McDowell e i due coniugi hanno avuto nel tempo tre figlie, vivendo una vita felice.
Quando, però, Akeem diventa sovrano dopo la morte del padre, la legge di Zamunda impone che la guida del regno possa essere tramandata solo a un erede maschio e così Akeem - anche per evitare un conflitto col Generale Izzi di Nexdoria (Wesley Snipes) - va alla ricerca di un figlio avuto da un rapporto occasionale prima di conoscere Lisa, Lavelle Junson (Jermaine Fowler).
I rapporti con lui non saranno del tutto facili e i due dovranno affrontare molti ostacoli, portando Akeem a dover scegliere tra la sua famiglia e il bene del suo regno.
Come ben intuibile, questo sequel - così come molte altre pellicole di questi ultimi anni - punta in particolar modo sull'effetto nostalgia dei vecchi spettatori e sono molti i rimandi più o meno velati alla prima pellicola. Tuttavia, non c'è solo questo.
Sia nella realtà che nella finzione sono passati trent'anni e la società non è più quella del 1988 (lasciando ora perdere i discorsi se sia meglio o peggio). Il film tiene conto di questo, utilizzando quel pizzico di retorica comunque mai troppo banale e puntando in particolar modo sul tema del ruolo della donna nel mondo di oggi.
Nel primo film, Lisa McDowell trovava la felicità e un riscatto da una vita povera solo tra le braccia di Akeem. Qui, invece, ci sono tre ragazze, ognuna di età differente, ognuna indipendente, che sanno cosa vogliono senza dover chiedere il permesso a nessuno. Poi possono anche fallire nei propri obiettivi (spoiler, è una commedia, non possono fallire), ma almeno ci hanno provato.
Anche il regno di Zamunda, espressione di un cinema/periodo di un altro tempo, entra nel ventunesimo secolo, plasmando le sue regole e la sua società in una sorta di mondo ideale che si vorrebbe proiettato nel mondo esterno. Akeem in tal senso - tramite un idolo cinematografico dei "tempi che furono" - diviene il ponte tra l'antichità e la modernità, avendo una diversa sensibilità rispetto a suo padre.
Una sensibilità che acquisisce grazie a Lavelle, il quale segue le sue stesse orme volendo sposare una donna che non appartiene al regno, ma gli dona felicità.
E siccome è passato tanto tempo e molti altri film sono usciti nel frattempo, il regno di Zamunda in questo caso diviene una sorta di Wakanda 2, con tanto di una Shuri comprata su Wish e le prove da superare per diventare Black Panther... ehm, principe del regno!
Il Principe Cerca Figlio certo si adagia sugli allori di un tempo, ma prova anche a guardare oltre, rimanendo in un eterno bilico tra passato e futuro.

lunedì 21 febbraio 2022

Fabolous Stack of Comics: Occhio di Falco - Maschere


Continua l'epopea in solitaria di Kate Bishop, alias Occhio di Falco, la quale si è trasferita a Los Angeles per cercare una propria strada e trovare una risoluzione di alcune vicende in sospeso della sua vita a seguito delle vicissitudini de Il Nuovissimo Occhio di Falco.
Dopo la prima saga, Punti di Ancoraggio, il secondo arco narrativo che si dipana dai numeri 7 al 12 della serie regolare si intitola Maschere (Masks). Gli autori sono gli stessi: Kelly Thompson ai testi, Leonardo Romero e Michael Walsh ai disegni.
L'indagine di Kate sulle attività criminali di suo padre giunge a un punto di svolta quando scopre che Derek Bishop si è alleato con una sua avversaria, Madame Masque, la quale sta cercando di clonarla per avere un nuovo corpo ospite privo di cicatrici al volto.
Kate intende fare i conti una volta per tutte con la criminale e dunque invade il suo covo, mentre al contempo si avvicina sempre di più alla verità riguardante la scomparsa di sua madre Eleanor.
Durante l'analisi di Punti di Ancoraggio, si è notato come questa nuova serie cerchi di unire il passato fumettistico - per quanto recente - di Kate Bishop con nuove vicissitudini nel presente. Questo secondo ciclo non fa altro che confermare la cosa.
L'aspra rivalità tra Kate e Madame Masque è infatti risalente alla serie sceneggiata da Matt Fraction, nel corso della quale l'eroina aveva sventato i traffici criminali della figlia del Conte Nefaria, guadagnandosi infine il suo risentimento, ma scoprendo anche che hanno una caratteristica in comune (il padre criminale).
Questa serie riprende entrambe le cose e mette due personalità in contrasto. Kate, nonostante i precedenti poco idilliaci di suo padre e una violenza subita, è riuscita a reagire alle avversità che la vita le ha lanciato contro e ad affrancarsi da un'esistenza di dolore.
Giulietta (sì, Madame Masque si chiama Giulietta), invece, a causa del trauma che le ha sfigurato il volto - seppur a dire il vero era una criminale anche prima - non è riuscita ad allontanarsi da un sentiero che il Conte Nefaria aveva già preparato per lei.
Se i riflettori, dunque, rimangono ben puntati su Kate e sui suoi nemici, altrettanto non si può invece dire dei comprimari (i nuovi amici che la ragazza ha incontrato a Los Angeles) che ruotano attorno a loro. Sarà per le loro identità civili o per il fatto che siano tanti e occorra tempo per approfondirli tutti, ma sembrano rimanere eternamente sullo sfondo... a volte ti dimentichi della loro esistenza. Dunque non appaiono come personaggi memorabili.
Sarà forse anche per questo motivo che la serie chiude i battenti poco dopo.

sabato 19 febbraio 2022

A scuola di cinema: Il Gatto a Nove Code (1971)

1961: Iniziano a diffondersi nella comunità scientifica le prime ricerche sul cosiddetto cromosoma 47, il cromosoma XYY. Ogni essere umano di sesso maschile di solito ha 46 cromosomi, gli ultimi due con fenotipo XY, ma seppur in maniera rara si può verificare questa condizione del doppio cromosoma finale YY alla nascita.
Questa anomalia genetica può portare a disturbi e problemi nell'apprendimento, ma con le tecniche di oggi è facilmente risolvibile, anche se scoperta in un momento successivo alla nascita.
Tale anomalia si diffonde presso il grande pubblico quando alcuni studi di stampo lombrosiano la collegano alla delinquenza, affermando che chi nasce col doppio cromosoma finale YY è naturalmente portato per la criminalità.
Tali teorie, basate a quanto pare su campioni statistici falsati (le indagini vengono fatte quasi esclusivamente sulla popolazione carceraria), vengono poi smentite in maniera categorica una volta che il campione statistico diviene più ampio.
Tuttavia, suddette teorie fanno anche in tempo a divenire uno dei temi centrali del secondo film di Dario Argento, nonché secondo capitolo della cosiddetta Trilogia degli Animali.


Il regista romano aveva incontrato molte difficoltà a realizzare il suo primo lungometraggio, L'Uccello dalle Piume di Cristallo, in quanto ostacolato più volte dal produttore Goffredo Lombardo della Titanus, il quale a un certo punto cercò anche di sostituirlo con un altro regista.
Quando però la pellicola ottiene un grande successo negli Stati Uniti, Goffredo Lombardo viene contattato dai distributori americani, i quali dichiarano di volere un altro thriller. E di volerlo in tempi brevi. Il produttore, allora, riallaccia i rapporti con Dario Argento e si riconcilia con lui per portare avanti questo nuovo progetto.
Intravedendo la possibilità di continuare il suo percorso artistico, Dario Argento accetta di girare un nuovo film per la Titanus prodotto dalla SEDA Spettacoli, gestita da lui e da suo padre Salvatore Argento. Per il finanziamento entrano in gioco anche somme di denaro tedesche e americane.
Proprio i distributori americani, che hanno premuto per la realizzazione di questa nuova pellicola, chiedono e ottengono che nei ruoli principali vi siano due attori americani riconosciuti nel loro paese: James Franciscus (che ha appena concluso le riprese del seguito de Il Pianeta delle Scimmie - L'Altra Faccia del Pianeta delle Scimmie - e dunque si trova sulla cresta dell'onda) e Karl Malden. Il regista ha invece libertà di manovra per quanto riguarda gli altri protagonisti.
Dario Argento è in contatto con due aspiranti, promettenti sceneggiatori di nome Luigi Cozzi e Dardano Sacchetti, quest'ultimo futuro ideatore del personaggio di Er Monnezza, che il regista ha conosciuto durante la lavorazione de L'Uccello dalle Piume di Cristallo tramite amici comuni.
I due presentano al regista alcuni soggetti, che però lui non ritiene essere interessanti, tranne uno, che visiona di ritorno da una vacanza. Dardano Sacchetti è infatti abbonato alla rivista Scientific American, dove in quel periodo stanno comparendo alcuni articoli basati sul cromosoma XYY e le presunte tendenze criminali di chi lo possiede.
Basandosi su questi presupposti, per quanto all'epoca già contestati, Sacchetti con Cozzi idea un soggetto che viene acquisito dalla Titanus dietro un compenso di un milione di lire. Tale soggetto viene poi ampiamente revisionato ed espanso prima come trattamento di 40 pagine, poi come sceneggiatura da Dario Argento, il quale vi inserisce anche i temi esoterici a lui cari.
Per il cognome del non vedente interpretato da Karl Malden, Arnò, il regista omaggia un chiaroveggente di Torino che gli aveva predetto il successo negli Stati Uniti de L'Uccello dalle Piume di Cristallo e alcuni dati sul film che all'epoca nemmeno Dario Argento poteva sapere.
La produzione vorrebbe che il film fosse girato all'estero, per renderlo più appetibile per il mercato americano, ma il regista è di diverso avviso e intende ambientare il film nella città di Torino, da lui e molti altri ritenuta una città dalle caratteristiche esoteriche. Inoltre è del tutto convinto che un buon film giallo possa e debba ambientarsi anche in territorio italiano, come da lui dimostrato col suo primo film.
E dunque, per alcune settimane, Dario Argento va personalmente alla ricerca dei luoghi della capitale piemontese più adatti alle riprese, passandovi anche più volte. Tanto che a un certo punto qualcuno si insospettisce, scambiandolo per un ladro, e chiama la polizia, la quale inizia a inseguirlo.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 3 settembre 1970, per concludersi il 29 ottobre. Come voluto da Dario Argento, si tengono principalmente a Torino, ma per ragioni logistiche parte di esse si svolgono anche a Roma e Pomezia. Per le scene ambientate nell'Istituto Terzi, vengono messe a disposizione alcune sale del Ministero dei Trasporti di Roma.
La sceneggiatura originale prevede una scena finale, regolarmente girata, in cui dopo l'uccisione dell'assassino, il personaggio di Carlo Giordani si risveglia in un letto, con fasciature attorno al suo corpo dovute alle ferite riportate durante lo scontro con il criminale, e con accanto a lui Anna Terzi, con la quale si è riconciliato.
Tale scena, tuttavia, viene eliminata nel montaggio finale.
Il Gatto a Nove Code viene distribuito nei cinema italiani a partire dall'undici febbraio 1971. A fronte di un budget di un milione di dollari, la pellicola arriva infine a incassare sul territorio italiano circa due miliardi e mezzo di lire, ottenendo anche un grande successo oltreoceano. Questo permette a Dario Argento di affrancarsi infine dalla Titanus per poter perseguire un nuovo percorso artistico.
Anche perché non è rimasto del tutto soddisfatto del film e l'imposizione per il protagonista di un attore troppo americano nel modo di recitare come James Franciscus nei panni di un personaggio italiano non ha reso la cosa credibile.
A dimostrazione comunque che questo tipo di pellicola inizia a prendere piede anche in Italia, dopo Il Gatto a Nove Code cominciano a essere girati altri film del mistero che hanno nel titolo il nome di un animale. Ulteriore fatto che spinge il regista romano a non sfruttare oltre questo tipo di approccio cinematografico.
E così, dopo questo secondo atto, Dario Argento si appresta a chiudere la Trilogia degli Animali con 4 Mosche di Velluto Grigio... ma questa è un'altra storia.

giovedì 17 febbraio 2022

Netflix Original 28: I Don't Feel at Home in This World Anymore


Il viaggio nella Terra di Mezzo non deve aver fatto molto bene a Frodo, visto come si è ridotto in questo film. Scherzi a parte, è sempre una piacevole sorpresa vedere grandi attori come Elijah Wood impegnarsi in queste produzioni indipendenti.
I Don't Feel at Home in This World Anymore è una pellicola scritta e diretta da Macon Blair e distribuita su Netflix a partire dal 24 febbraio 2017.
La protagonista è Ruth Kimke (Melanie Lynskey), un'assistente infermiera che subisce quotidianamente quelle piccole ingiustizie che capitano a ognuno di noi - qualcuno che ci sorpassa nella fila al supermercato o ci suona il clacson nello stesso istante in cui il semaforo diventa verde - ma rimane sempre rispettosa delle regole.
Qualcosa cambia il giorno in cui qualcuno irrompe in casa sua e le ruba il PC e l'argenteria appartenuta a sua nonna. Di fronte all'indifferenza della polizia, Ruth inizia un'indagine personale aiutata da un suo vicino di casa, l'irascibile e religioso Tony (Elijah Wood), per ritrovare i suoi beni.
Solo che i due non possono immaginare che questi sono finiti tra le mani di gente poco raccomandabile e che si ritroveranno presto coinvolti in una faccenda dai toni drammatici e sanguinari.
Il titolo del film è ripreso da una canzone folk del cantante Woody Guthrie, Ain't Got No Home, che fa satira su certe canzoni gospel sull'accettare le difficoltà della vita ribattendo con una visione del tutto differente. Come Ruth Kimke che, da persona inserita nella società e rispettosa, decide di uscire da quella stessa società per trovare un riscatto che le regole del vivere civile sembrano non essere in grado di fornirle.
Ruth è quel tipo di persona che incrociamo spesso per strada e non notiamo mai: ha un lavoro anonimo, è vestita in maniera sciatta, non si trucca. Quella persona che aspetta il suo turno in fila alla cassa del supermercato o al bancomat e non protesta se qualcuno la oltrepassa. Ma ogni persona ha un punto di rottura.
La pellicola ricorda certe atmosfere del primo Quentin Tarantino, ma qui i protagonisti sono persone ordinarie e non criminali che si ritrovano invischiati in faccende più grandi di loro. Anche in questo caso, una rapina sarà il punto focale della trama e, soprattutto nella seconda parte, non mancheranno le scene di estrema violenza, un paio anche surreali.
Dopo ciò che le è accaduto, Ruth comprende qual è il suo vero posto nella società e trova un (apparente) equilibrio grazie anche all'apporto di Tony. Ma non ha più un ruolo passivo e anonimo come un tempo.
Dopotutto, è così sbagliato ribellarsi anche alle piccole ingiustizie, come far notare a chi ci sorpassa in fila al supermercato la sua maleducazione? Il fatto che ci sia voluta una pandemia per ricordare a tutti che questa cosa non si fa la dice lunga.

martedì 15 febbraio 2022

Fabolous Stack of Comics: Carnage - Bomba Mentale


Creato da David Michelinie e Mark Bagley su Amazing Spider-Man nel 1992, Carnage è la variabile impazzita: un serial killer di come Cletus Kasady che si è legato con una parte del simbionte di Venom, il quale ha portato all'estremo le sue manie omicide e la sua furia assassina, come riportato in special modo nella saga Maximum Carnage del 1993.
E siccome il male esercita quasi sempre un certo, perverso fascino, nel 1996 Carnage diviene protagonista di un one-shot, la prima di molte storie che poi gli saranno dedicate, Carnage: Bomba Mentale (Carnage: Mind Bomb), scritto da Warren Ellis e disegnato da Kyle Hotz.
Tutta l'azione si svolge all'interno del Ravencroft Institute gestito dalla dottoressa Ashley Kafka e da John Jameson. Qui giunge Matthew Kurtz, consulente psichiatrico che lavora a Washington per il Pentagono e altre autorità governative.
Le scie di sangue lasciate dietro di sé da Carnage hanno attirato l'attenzione degli organi federali, i quali intendono curare Casady dalla sua condizione. Kurtz trova un modo per separare il simbionte dal suo ospite, ma non ha fatto i conti col diavolo in persona e potrebbe presto pentirsi di questa sua scelta.
Kurtz è anche il nome di uno dei personaggi del romanzo Cuore di Tenebra di Joseph Conrad (potete ricordarlo anche nei panni di Marlon Brando in Apocalypse Now) e il suo nome non è casuale.
Il Kurtz letterario assiste agli orrori del colonialismo inglese e impazzisce, applicando agli abitanti di un villaggio le stesse privazioni e torture che gli inglesi perpetrano ai danni degli africani (o, nel caso di Marlon Brando, dei vietnamiti).
Anche il Kurtz di questa storia assiste a "L'Orrore", direttamente nella sua testa, e impazzisce. In effetti non viene mai detto perché voglia separare il simbionte da Kasady ma, lavorando per agenzie governative, si può supporre che tali agenzie vogliano utilizzare il simbionte per scopi bellici.
Carnage è folle, ma il mondo fuori dalle mura di quelle prigioni è ancora più folle di lui e gli omicidi da lui compiuti non possono nemmeno competere con le atrocità perpetrate da eserciti, nazioni e uomini in posti di potere.
La pazzia che ha colpito Kasady è in realtà latente in tutti noi, che viviamo in una società che dà sempre meno valore al concetto di umanità ed empatia e che ha dato vita a mostri reali, come i serial killer.
La pazzia di Kasady ha un'origine, in un passato fatto di abusi e soprusi. La pazzia del mondo moderno, invece, non ha un'origine e nemmeno uno scopo. Ce la siamo ritrovati come nostra compagna invisibile, da un momento all'altro, senza accorgercene.
Tutto questo in una storia breve di poco più di 20 pagine, ma molto intensa.

domenica 13 febbraio 2022

A scuola di cinema: Il Principe Cerca Moglie (1988)

1982: Lo scrittore Art Buchwald sottopone alla Paramount Pictures un trattamento intitolato It's a Crude, Crude World.
La trama prevede l'arrivo di un arrogante ambasciatore di uno stato africano a Washington, dove si reca in visita alla Casa Bianca per doveri istituzionali. All'improvviso l'ambasciatore viene abbandonato dal suo entourage e privato della sua carica, nonché della sua immunità diplomatica, finendo a vivere nei quartieri poveri di Washington.
Qui, dopo alcune disavventure, decide di cambiare del tutto vita dopo essersi innamorato di una ragazza afroamericana, stabilendosi in maniera permanente negli Stati Uniti dopo averla sposata per evitare l'estradizione, poiché ora Washington è il suo nuovo regno.
Inizia da qui un lungo percorso che porta infine a Il Principe Cerca Moglie.


La Paramount acquisisce il trattamento di Buchwald e inizia a far sviluppare da esso alcune sceneggiature. Tuttavia, dopo circa un paio d'anni, si decide di rinunciare al progetto e i diritti sul trattamento di Art Buckwald vengono acquisiti dalla Warner Bros.
Nel 1987, Eddie Murphy - che pur avendo avuto accesso alla storia di Buchwald concepisce il tutto in maniera separata - sottopone sempre alla Paramount un suo trattamento di 25 pagine dal titolo provvisorio di The Quest, che andrà a definire la storia principale della pellicola. Tale trattamento viene ampliato a sceneggiatura da David Sheffield e Barry Blaustein.
Per il nome della fittizia nazione africana, Zamunda, ci si ispira ad alcuni sketch comici di Richard Pryor, il primo a usare questo termine durante i suoi spettacoli.
Eddie Murphy impone una sua decisione per quanto riguarda la scelta del regista, chiedendo che sia John Landis.
I due si sono conosciuti e hanno collaborato con profitto durante le riprese di Una Poltrona Per Due (Trading Places), ma successivamente - mentre Murphy diveniva una star - John Landis ha dovuto affrontare un processo per omicidio colposo dell'attore Vic Morrow e di due bambini avvenuto durante le riprese di Ai Confini della Realtà (Twilight Zone: The Movie).
Il processo termina nel 1987: John Landis viene prosciolto dalle accuse di omicidio, ma condannato per non aver rispettato le leggi che tutelano il lavoro di attori minorenni. I soldi spesi per difendersi in tribunale e gli insuccessi degli ultimi anni hanno a quell'epoca ormai rovinato la sua carriera, ma Eddie Murphy vuole offrirgli una seconda opportunità.
Quando giunge alla Warner Bros. la voce di questo progetto, rinuncia al trattamento di Art Buchwald.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 4 gennaio 1988, tenendosi a New York. Il primo mese di lavorazione viene tormentato da alcune tempeste di neve che colpiscono in maniera intermittente.
Per la prima volta nella sua carriera, Eddie Murphy interpreta più personaggi e per riuscire in questo si affida al make-up di Rick Baker, il cui team impiega dalle tre alle quattro ore per cambiare il look dell'attore.
Murphy tenta un esperimento: dopo che è stato truccato come Saul - l'albino che racconta la barzelletta finale - inizia a girare per gli studi della Paramount, dicendo di essere Eddie Murphy. Nessuno gli crede o lo riconosce.
Per le scene ambientate in una tavola calda, viene utilizzato un ristorante chiuso per rinnovo locale della catena Wendy's. Essendo il logo della fittizia società McDowell's volutamente ispirato a quello di McDonald's, la produzione ottiene le necessarie autorizzazioni dalla sede centrale della celebre catena di fast food.
Il responsabile locale di McDonald's non viene tuttavia informato della cosa e, quando nota l'insegna, si presenta scattando fotografie e minacciando di citare in giudizio le comparse vestite come camerieri del locale. Il vero ristorante chiuderà solo nel 2013 e l'edificio che lo ospitava sarà demolito.
Cuba Gooding Jr. fa il suo debutto cinematografico in questa pellicola, nel ruolo di un cliente del negozio di barbiere.
Nel ruolo di due barboni a cui il principe Akeem elargisce una cospicua somma compaiono gli attori Ralph Bellamy e Don Ameche, i quali tornano così a interpretare i Fratelli Duke di Una Poltrona Per Due.
Seppur Eddie Murphy abbia personalmente voluto John Landis come regista, i due durante la lavorazione non vanno molto d'accordo. Murphy ritiene di essere trattato da Landis ancora come cinque anni fa, come se fosse ancora alle prime armi quando ora ha più esperienza, non mostrandogli così alcuna riconoscenza per avergli offerto l'incarico.
Landis, dal canto suo, crede che la celebrità abbia un po' fatto male all'attore, il quale non si comporta più in modo spontaneo come prima ed è divenuto più arrogante e meschino.
Nonostante queste divergenze più che altro di natura caratteriale, comunque, i due non litigano mai apertamente nel corso delle riprese, ma Murphy giura a sé stesso che non lavorerà mai più con Landis (anche se qualche anno dopo appianeranno queste divergenze e collaboreranno ancora per Beverly Hills Cop III).
Le riprese si concludono nel marzo 1988.
Il Principe Cerca Moglie (Coming To America) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 29 giugno 1988. A fronte di un budget di 36 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare a livello internazionale quasi 290 milioni di dollari.
A seguito del successo del film, viene girato un episodio pilota di una sitcom basata su di esso, ma di cui è protagonista solo il personaggio secondario di Oha interpretato da Paul Bates e circondato da nuovi personaggi. Il pilota, pur venendo trasmesso nel luglio 1989 sulla rete televisiva CBS, viene ritenuto di scarso livello e dunque a esso non fa seguito una serie.
Come prevedibile, Art Buchwald cita in giudizio la Paramount nel 1990, sostenendo che l'idea per il film è stata rubata dal suo trattamento del 1982 e l'accordo prevedeva che se un film fosse stato tratto da esso gli sarebbe stato dovuto un compenso.
Per evitare un lungo procedimento giudiziario, la Paramount raggiunge un accordo extragiudiziale con Buchwald, offrendogli una somma di 900.000 dollari, ottenendo in cambio che l'idea e i personaggi della pellicola rimangano una creazione di Eddie Murphy.
È necessaria poi un'attesa di ben trentatré anni, ma infine Il Principe Cerca Moglie ottiene un sequel intitolato Il Principe Cerca Figlio (Coming 2 America)... ma questa è un'altra storia.

venerdì 11 febbraio 2022

Fabolous Stack of Comics: Godzilla - Oblio


Ritorna il buon, vecchio Re dei Mostri con una nuova storia pubblicata dalla IDW Publishing. Si tratta della miniserie in cinque numeri Oblio (Oblivion), pubblicata nel 2016, scritta da Joshua Hale Fialkov e disegnata da Brian Churilla.
Anche stavolta le botte da orbi tra i mostri non mancano. Un'equipe di scienziati riesce a costruire un portale verso un'altra dimensione, che si scopre essere popolata dai mostri della Toho, i quali vengono contenuti da Godzilla, ma l'umanità di questa dimensione è confinata in dei rifugi.
Per colmo di sfortuna, King Ghidorah riesce ad attraversare il portale dimensionale e a rifugiarsi nel nostro mondo, iniziando a seminare caos e distruzione come solo lui sa fare. Nessuno riesce a contenerlo. O forse qualcuno c'è... colui che aveva bloccato la sua scia di distruzione nell'altra dimensione, anche se questo rischia di far precipitare gli eventi.
Storia prevedibile e senza significativi picchi narrativi. A parte che in tutta la miniserie non viene mai spiegato perché si siano spesi milioni di dollari per costruire un portale dimensionale, vi si possono trovare certe figure consolidate della narrativa di genere. Quale ad esempio l'imprenditore senza scrupoli che non si preoccupa delle conseguenze dei suoi gesti ma, quando capisce il danno che ha creato, fa di tutto per porvi rimedio.
Oppure lo scienziato finto-complessato che avvisa delle possibili problematiche, ma non viene ovviamente ascoltato (si sa che gli scienziati sono stati il Mocio Vileda di questi ultimi due anni, dopotutto) e poi fa di tutto per rimediare.
Con queste premesse potete dunque già intuire come andrà a finire dopo i vari "che cosa ho fatto", "ero animato da buone intenzioni" e "sistemerò le cose a costo della mia stessa vita", perché sì... l'epilogo è proprio quello. Con nel mezzo qualche picchiaduro a scroll verticale tra Godzilla e Ghidorah. Con rispetto parlando, Joshua Fialkov è uno sceneggiatore di medio livello, quindi utilizza dialoghi di sicuro impatto, ma per nulla inediti per chi già conosce questo tipo di prodotto.
Sorvolo infine sull'evacuazione di massa di un intero pienata attuata in poche ore e in sicurezza (la realtà di questi anni ci ha purtroppo dimostrato che ciò è irrealizzabile in ben altri contesti) e attivo la card sospensione dell'incredulità livello Mothra.
Al prossimo slugfest.

mercoledì 9 febbraio 2022

Netflix Original 27: La Festa delle Fidanzate


Quando compare ben oltre la metà della seconda stagione di Breaking Bad, il personaggio di Saul Goodman sembra destinato a una manciata di apparizioni prima di precipitare nell'oblio. Così invece non accade: in breve tempo, Saul Goodman diviene il vero e proprio terzo protagonista del serial e - al termine di Breaking Bad - il protagonista assoluto dello spin-off Better Call Saul.
Buona parte del merito, e anche di più, va a Bob Odenkirk, che con la sua interpretazione ha saputo rendere Saul Goodman un personaggio davvero multisfaccettato, nonostante quella sua aria da sornione e i suoi discorsi sarcastici.
Odenkirk è tuttavia anche un produttore e sceneggiatore e, saltuariamente, lo vediamo coinvolto in progetti personali come questo: La Festa delle Fidanzate (Girlfriend's Day), scritto appunto da lui, Philip Zlotorynski ed Eric Von Hoffman, diretto da Michael Stephenson e distribuito su Netflix a partire dal 14 febbraio 2017.
In questa pellicola abbastanza breve - 70 minuti in tutto - Odenkirk interpreta Ray Wentworth, uno scrittore che lavora per una compagnia che stampa biglietti di auguri ideandone i messaggi.
Quando Wentworth viene licenziato dal suo posto di lavoro per scarso rendimento, entra in depressione, ma rientra in gioco quando il Governatore della California idea una nuova festività, la festa delle fidanzate appunto, mettendo a disposizione un lauto premio in denaro per chi sarà in grado di concepire il miglior messaggio di auguri.
Wentworth da quel momento diviene il terzo incomodo di un insolito conflitto tra due società gestite da due fratelli in lotta tra loro che intendono vincere il premio e in poco tempo si ritrova attorniato da criminali, omicidi e una donna enigmatica, Jill (Amber Tamblyn).
Pellicola molto particolare, anche per via della sua brevità. Odenkirk sembra non volersi allontanare da Saul Goodman, seppur in questo caso vi sia una versione più triste e fatalista del personaggio. In questo caso, però, Ray Wentworth compie una parabola di ascensione, arrivando a un compromesso con la sua esistenza grazie all'amore di Jill.
La trama è alquanto surreale e pervasa da uno humour nero che non intende strapparti una risata, difficile che accada dopotutto quando sullo schermo vedi pestaggi, sangue e arti feriti. Rappresentando in parte la follia che colpisce una parte della società odierna, basata sull'arrivismo e sulla prevaricazione.
Wentworth proviene da quella parte di società, ma da essa infine si staccherà dopo aver infine compreso quanto marcia essa sia.
La brevità del tutto, comunque, ci lascia una sensazione di vuoto, come se l'intera tematica non fosse stata approfondita a dovere.
E, breve come la pellicola, altrettanto lo è questo post.

lunedì 7 febbraio 2022

Fabolous Stack of Comics: Occhio di Falco - Punti di Ancoraggio


Per molti anni, decenni, vi è stato un unico Hawkeye/Occhio di Falco, ovvero Clint Barton. Fino a quando, dopo l'apparente scomparsa dell'eroe in uno dei megasuperstraeventi Marvel, è apparso sulla scena - a partire da Young Avengers: La Crociata dei Bambini - un nuovo Occhio di Falco. Anzi, una nuova.
Stiamo parlando di Kate Bishop, in questo momento sulla cresta dell'onda più che mai grazie alla brava Hailee Steinfeld. Ma noi lettori di fumetti eravamo fan del personaggio da ben prima.
A seguito del ritorno di Clint Barton, il destino e le vicissitudini di Kate Bishop sono state legate a doppio filo all'Occhio di Falco originario, prima nella storica maxiserie di Matt Fraction e, successivamente, nella saga di Jeff Lemire descritta ne Il Nuovissimo Occhio di Falco.
Fino a quando, nel 2016, non le è stata dedicata la prima serie regolare a suo nome, durata in tutto 16 numeri e sceneggiata per intero da Kelly Thompson, mentre la parte grafica è stata affidata in buona parte a Leonardo Romero, con qualche intervento occasionale di Michael Walsh. La prima saga, di sei numeri, si intitola Punti di Ancoraggio (Anchor Points).
Kate Bishop, col fido cane Lucky, si trasferisce nuovamente a Los Angeles, dove apre un'agenzia investigativa di cui è l'unica socia, con lo scopo primario di indagare sulle attività criminali di suo padre e scoprire se sua madre possa essere ancora viva.
L'indagine subisce però un brusco stop quando Kate accoglie il suo primo cliente: una studentessa perseguitata da uno stalker. Quello che appare un caso come tanti altri, rivela ben presto degli sviluppi inattesi e si tramuterà in un incubo per l'eroina, quando si ritroverà a dover affrontare degli episodi di suggestione di massa, con scatti di rabbia imprevedibili... di cui lei è l'obiettivo principale.
Quando si tratta di dare una rinnovata visibilità a un personaggio che, nel bene o nel male, in passato appariva legato in maniera indissolubile a qualcun altro, una buona soluzione è inserire tale personaggio in un contesto del tutto nuovo, senza l'ingombrante eredità che si porta sulle spalle. L'esempio più celebre in tal senso è con ogni probabilità Dick Grayson/Nightwing.
La stessa cosa viene fatta in questa serie con Kate Bishop, la quale viene fatta trasferire - per la seconda volta - nella città di Los Angeles, lontano da Occhio di Falco (che ovviamente agisce in un contesto internazionale con gli Avengers, ma risulta legato alla città di New York, come visto nella serie scritta da Matt Fraction). Los Angeles risulta per gli eroi Marvel come una sorta di seconda patria e, nel corso degli anni, alcuni supergruppi hanno vissuto lì le loro avventure.
In questo nuovo ambiente l'eroina conosce nuovi amici e alleati avendo così attorno a sé i punti di ancoraggio del titolo, seppur definiti in maniera molto schematica in questa prima saga: il genio dei computer, il fusto e interesse amoroso di Kate, la detective che finge di voler mettere i bastoni tra le ruote, ma in realtà è affezionata alla ragazza.
Si crea così il cast di comprimari necessario a dare all'eroina un diverso background, ma il suo passato non viene messo da parte. Ne è la riprova il fatto che Kate indaghi su suo padre, il cui passato criminale era stato esplorato nelle due storie succitate, e che è stata la motivazione principale che l'ha spinta a divenire un'eroina.
Questa commistione tra passato e presente dunque si fonde per dare vita a un piacevole "ibrido" che porta il personaggio di Kate Bishop a (provare a) affrancarsi da Clint Barton, infine libera - da un punto di vista narrativo - di tracciare un proprio percorso che non dipenda dall'arciere.
Considerata l'ambientazione e i personaggi principali, questa testata ha un target perlopiù adolescenziale, ma non significa che risulti una sorta di circolo chiuso e chiunque vi si può approcciare senza particolari problemi.

sabato 5 febbraio 2022

A scuola di cinema: Re Per Una Notte (1983)

Fine anni '60 del ventesimo secolo: Paul D. Zimmerman, critico e sceneggiatore televisivo, legge un articolo sulla rivista Esquire incentrato su un fan rimasto ossessionato dal presentatore Johnny Carson - all'epoca il più popolare showman televisivo - e dal suo spettacolo, fino a giungere al punto di tenere un diario incentrato solo su di lui. E su altri stalker che ogni tanto prendono di mira il presentatore.
Zimmerman inizia a riflettere sulle conseguenze negative dell'essere una celebrità e di come certi fan insistenti, pur non volendo far del male, possano risultare comunque minacciosi e pericolosi. Basandosi su queste premesse, scrive poco tempo dopo una sceneggiatura su questa tematica, che alcuni anni dopo diventerà un lungometraggio.


Nel 1974, la sceneggiatura di Paul Zimmerman viene letta da Robert De Niro, il quale la propone a Martin Scorsese, con cui ha appena terminato la sua prima collaborazione grazie al film Mean Streets. Il regista, però, pur apprezzando la sceneggiatura non trova la sua tematica interessante e declina la proposta.
Negli anni successivi si prova a dare via libera al progetto tramite altri registi quali Milos Forman, Bob Fosse e Michael Cimino, il quale deve rinunciare poiché impegnato nella produzione de I Cancelli del Cielo (Heaven's Gate), ma non si giunge a nulla di concreto.
Fino a quando, verso la fine del 1979, mentre si sta per concludere la lavorazione di Toro Scatenato (Raging Bull), De Niro - che nel frattempo ha acquisito la sceneggiatura di Zimmerman - ripropone il soggetto a Scorsese. In questi anni il regista ha imparato a conoscere meglio le insidie dell'essere una celebrità e dunque, di fronte all'insistenza e perseveranza dell'attore, decide stavolta di accettare.
L'intento del regista, comunque, è quello di occuparsi più avanti di questo progetto e prendersi un periodo di riposo, poiché dopo la fine delle riprese di Toro Scatenato è stato soggetto a un attacco di polmonite, tanto da dover a un certo punto essere ricoverato in ospedale, pur senza gravi conseguenze.
Tuttavia all'orizzonte si profila uno sciopero degli sceneggiatori e la cosa rischia di complicare il tutto. Il produttore Arnon Milchan della 20th Century Fox riesce allora a convincere Scorsese ad anticipare di un mese l'inizio della lavorazione e, per velocizzare il tutto, a girare alcune scene per le strade di New York.
Se il ruolo del protagonista Rupert Pupkin è appannaggio di De Niro, la parte di Jerry Langford viene proposta in un primo momento a Johnny Carson, proprio la persona la cui esperienza con gli stalker aveva ispirato la sceneggiatura, ma dopo il suo rifiuto il ruolo viene offerto a Jerry Lewis.
Costui suggerisce di cambiare il nome di battesimo del personaggio, che in origine è Robert Langford, affibbiandogli il suo stesso nome. L'idea è quella di far sì che le persone che lo riconoscano per strada durante le riprese lo chiamino, potendo così registrare su pellicola vere reazioni. Cosa che puntualmente accade.
Robert De Niro esprime in merito le sue riserve a Scorsese, in quanto è convinto che Lewis potrebbe essere tentato di recitare un po' sopra le righe e non offrire una credibile performance drammatica, ma il regista è di diverso avviso: il background da comico di Jerry Lewis è quello che lo aiuterà a rendere credibile il personaggio di Jerry Langford.
Per entrare nella parte, Robert De Niro studia i monologhi di Richard Belzer e di altri comici da palcoscenico e inizia a contattare i suoi più insistenti cacciatori di autografi. In un curioso scambio di ruoli, l'attore li rintraccia e pone loro svariate domande, indagando sulle loro motivazioni e cercando di capire le ragioni del loro agire.
Il look del personaggio, invece, arriva da una fonte impensabile: un manichino, con tanto di baffetti, che De Niro vede in un negozio di abiti mentre è in giro con Scorsese e di cui adotta il vestiario.
Le riprese iniziano in via ufficiale il primo giugno 1981, tenendosi a New York.
I problemi non tardano ad arrivare quando, dopo tre giorni passati sul set senza far nulla, Jerry Lewis si lamenta con Martin Scorsese delle sue tempistiche lavorative e che dovrà essere pagato comunque.
I rapporti tra i due, comunque, migliorano subito dopo, tanto che Scorsese permette a Jerry Lewis di dirigere una scena non prevista in sceneggiatura e basata su un fatto realmente accaduto all'attore: quella dove un'anziana, dopo che Jerry Langford si rifiuta di parlare con un suo caro al telefono, gli augura di ammalarsi di cancro.
Martin Scorsese non si trova molto a proprio agio nel girare lungo le strade di New York, cosa che si rivela per lui un incubo logistico. Oltretutto, pur non avendo per fortuna una ricaduta della polmonite, la lavorazione si rivela alquanto stressante per via del fatto che è stata anticipata - ha praticamente girato due film senza soluzione di continuità e lui si è ripreso solo da poco dalla malattia.
La problematica più complicata, tuttavia, è il fatto che il regista ritenga parte del materiale presente nella sceneggiatura - le scene più sopra le righe, nello specifico - non così di buon livello quando viene girato.
Per la scena in cui Jerry Langford si libera dalla prigionia di Masha (Sandra Bernhard), Jerry Lewis vorrebbe che il suo personaggio la colpisse, facendola cadere contro un tavolino di vetro, ma l'attrice si oppone in maniera netta. La stessa cosa fa Scorsese, il quale teme che Sandra Bernhard possa rimanere ferita, e concepisce dunque una soluzione alternativa.
Un'altra idea proposta da Jerry Lewis, ma ugualmente scartata da Scorsese, è che Rupert Pupkin alla fine uccida Jerry Langford.
Le riprese si concludono nell'ottobre 1981.
Re Per Una Notte (The King of Comedy) viene distribuito nei cinema americani a partire dal 18 febbraio 1983. A fronte di un budget di circa 19 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare sul territorio americano appena due milioni e mezzo di dollari.
Un flop che Martin Scorsese si aspettava, tanto da fargli pentire col senno di poi di aver accettato l'incarico. Questo creerà una piccola frattura tra lui e Robert De Niro e i due torneranno a collaborare solo sette anni dopo, in Quei Bravi Ragazzi (Goodfellas)... ma questa è un'altra storia.

giovedì 3 febbraio 2022

Fabolous Stack of Comics: All Star Sezione Otto


L'abbiamo già detto che Garth Ennis detesta la sovraesposizione dei fumetti supereroistici e dei suoi personaggi e non manca mai di fare satira su questo aspetto ogni volta che può? Sì, l'abbiamo detto, sin dai tempi di The Pro.
Prima di The Boys, il suo peculiare humor nero sul genere supereroistico si è riflesso in particolar modo nella serie della DC Comics Hitman e nel "supergruppo" che animava le sue pagine, la Sezione Otto. Esseri davvero fuori di testa come Sixpack, il Defenestratore e Saldacani... e tutti deceduti poco prima della conclusione della testata. O forse no?
La Sezione Otto fa - più o meno - il suo ritorno nella miniserie di sei numeri All Star Sezione Otto (All-Star Section Eight), pubblicata nel 2015. Ovviamente il team creativo è lo stesso della serie Hitman: lo sceneggiatore è Garth Ennis, mentre la parte grafica è affidata a John McCrea.
Un apparentemente redivivo Sixpack lavora ora come curatore di una galleria d'arte di New York ma, a seguito di una sbronza, si ritrova d'improvviso nel Noonan's Bar del quartiere irlandese di Gotham City. Convinto che debba sventare una tremenda, imminente minaccia, Sixpack crea una nuova Sezione Otto composta, oltre che da lui, da un apparentemente redivivo Saldacani, Bueno Excelente, (Io Sono) Baytor, Uomo Utensile, Viscera e Grappinoh!
Manca un ottavo componente e Sixpack chiederà di ricoprire questo ruolo a ogni componente della Justice League, non preoccupandosi delle numerose figuracce che farà lungo la via o di gettare gli eroi nel ridicolo. E la tremenda minaccia, qualunque essa sia e ammesso che esista, si avvicina.
Possiamo inquadrare questa miniserie come una sorta di DLC (per usare un termine videoludico) della serie Hitman. Dopotutto, Ennis ha sempre affermato che gli sarebbe piaciuto scrivere qualche altra storia di questa testata.
Anche se in questo caso Tommy Monaghan non compare, l'atmosfera e le ambientazioni sono quelle già note, seppur - a onor del vero - poco o nulla venga aggiunto rispetto a quanto già si sapeva. Per certe scene bisogna anche avere uno stomaco forte, in quanto McCrea non fa sconti.
Garth Ennis torna sul concetto che il tema del supereroe, in un ambito seriale, diventa alla lunga improponibile poiché ci saranno sempre le stesse situazioni narrative che si propagheranno all'infinito. Alla fine ciò che dice Sixpack a Superman nel capitolo finale sembra nient'altro che il pensiero di Ennis stesso, in una sorta di (in)volontario metafumetto.
Con ogni probabilità Sixpack non è mai tornato in vita o forse quella che vediamo è solo l'allucinazione di un ubriaco riverso nella neve e la minaccia che deve affrontare è il non voler accettare la propria sconfitta, il fatto che la sua esistenza sia ormai priva di significato.
Ma anche in una situazione come questa, c'è spazio per la fantasia, quella fantasia che può spingere una persona a rialzarsi e affrontare il proprio destino, riscattare la propria anima perduta... oppure restare riverso nella neve e perdente per una vita intera.

martedì 1 febbraio 2022

Fabolous Stack of Comics: Savage Dragon - In Ginocchio


Secondo story-arc della serie regolare dedicata a Savage Dragon, il personaggio ideato da Erik Larsen quando era praticamente un adolescente e che alcuni anni dopo ha trovato il modo di apparire sulle pagine di un fumetto. Dopo Una Forza con cui Fare i Conti, ecco dunque In Ginocchio (The Fallen), che comprende i numeri dal 7 all'11 della testata.
Il precedente story-arc si era concluso con Dragon e il tenente di polizia Frank Darling pronti ad attaccare Overlord, il responsabile di molte delle loro sventure. L'assalto non va tuttavia a buon fine: Darling viene apparentemente ucciso, mentre Dragon viene mutilato e rimane gravemente ferito.
Questo, tuttavia, è solo l'inizio di altre (dis)avventure per il nostro eroe, che apprenderà qualcosa di più sui suoi poteri e avrà una piccola svolta nella sua vita.
Dopo la prima miniserie e i primi sei numeri della serie regolare, l'ambientazione e il cast dei comprimari risultano abbastanza ben definiti, quindi... cosa c'è di meglio che scuoterli un po'? Interessante anche notare come - in puro stile di quell'epoca (A.D. 1993/1994) - a parte il nome di battaglia del protagonista non si sappia nulla. Ma proprio nulla. E già due possibili origini sono state sconfessate.
La parola d'ordine di questo nuovo story-arc è splash page (ok, lo ammetto, sono due parole), le quali abbondano in ogni dove. Il settimo numero ad esempio è composto solo e unicamente da pagine con una singola vignetta.
C'è da riconoscere a Larsen - aldilà del fatto che una persona possa non apprezzare o meno il suo stile - che cerca sempre di variare, penso lo faccia in primo luogo per sé stesso, di creare nuova dinamicità, di modo tale che i vari personaggi non compiano sempre le stesse mosse o rimangano confinati nello stesso tipo di vignetta.
Se Savage Dragon ha un fattore rigenerante alla Wolverine (gli ricresce pure una mano), Overlord appare invece come un Dr. Destino della criminalità di Chicago, con tanto di maschera e nessuna esitazione nell'eliminare chi non esegue i suoi ordini. Si può abbandonare la Marvel, dunque, ma la Marvel non abbandona te.
Rispetto al passato, c'è qualche momento di riflessione in più (miracolo!). Prima c'erano così tante botte che, alla fine, ti menavi da solo pur di continuare il trend. Questo approccio leggermente diverso, invece, dà giovamento alla serie, la quale si assesta così su binari supereroistici più consueti e può aprire a nuove percorsi narrativi da intraprendere, con in aggiunta qualche colpo di scena ben calibrato.
Perché non di sole botte da orbi vive il fumettista.