E siamo giunti al centesimo post di questa rubrica dal lungo percorso che promette di essere ancora molto lungo. E poteva capitare un film drammatico? No. Oppure un film d'azione? No. Allora diciamo una commedia romantica? Quasi. Implacabile come le tasse, spietata come le scadenze, è in realtà una commedia surreale/slapstick simile ad alcune di quelle interpretate da Will Ferrell... oh, guarda, ne è il produttore.
Ibiza è un film diretto da Alex Richanbach, scritto da Lauryn Kahn e distribuito su Netflix a partire dal 25 maggio 2018.
Harper (Gillian Jacobs) lavora per un'agenzia pubblicitaria ed è tiranneggiata dalla sua boss, che la spedisce in Spagna per un viaggio di lavoro volto a chiudere un contratto con un importante cliente. A lei si uniscono le sue migliori amiche Nikki (Vanessa Bayer) e Leah (Phoebe Robinson).
Lì Harper conosce il DJ Leo West (Richard Madden) e perde la testa per lui, tanto che Nikki e Leah la convincono a seguirlo nella sua prossima tappa spagnola ad Ibiza, seppur questo potrebbe costarle il licenziamento.
Curioso che il centesimo film di questa rubrica sia con ogni probabilità quello dove ci sono meno cose da dire... anche perché non è che il prodotto in questione aiuti molto.
Ora, è stato scritto da una donna e non metterò in dubbio che si è basata in parte su delle uscite con le amiche da lei stessa vissute, ma tutto quello che le tre protagoniste fanno durante l'intero film è (in ordine sparso): sparare una sequela infinita di parolacce, impasticcarsi, sniffare droga, ubriacarsi, affermare di voler sc... fare sesso. E ogni battuta o è a sfondo sessuale o verte sulle necessità fisiologiche.
Insomma, mi è sembrato di vedere Natale a Ibiza, solo che la storia è ambientata in estate (e c'è pure la versione femminile di Massimo Boldi, garantito).
A questo ci aggiungiamo che l'Ibiza che vediamo in questo film è in realtà la Croazia e il quadro è completo. Le autorità del luogo hanno spesso pensato di querelare Netflix per l'immagine deleteria che dà del posto. E considerato che ogni abitante del luogo o turista è un drogato, un ubriacone o un maniaco sessuale - la concezione che a volte il cinema americano ha dei paesi turistici - non mi sento di dar loro tutti i torti.
È vero - nonché giusto e inevitabile - che questo tipo di commedie non abbiano il senso della misura, ma vi sono casi in cui si deve porre un limite, altrimenti se si raggiunge subito l'estremo il rischio che si corre è che tutte le situazioni che vengono presentate poi non facciano ridere.
Persino la surrealità non deve diventare troppo surreale.
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