Il secondo conflitto in Iraq, iniziato nel marzo 2003, non tarda a mostrare aspetti controversi che ne inficiano l'efficacia agli occhi dell'opinione pubblica (ammesso e non concesso che una guerra possa ritenersi efficace).
Nata col preciso obiettivo di deporre Saddam Hussein per il fatto che stesse sviluppando - secondo le informazioni dell'Intelligence statunitense - pericolose armi chimiche, la missione ha perso in apparenza il suo scopo primario quando si è scoperto che tali armi chimiche non solo non erano presenti, ma Saddam Hussein non aveva nemmeno la tecnologia necessaria per svilupparle.
In quel momento, però, il dittatore era già stato deposto e un nuovo governo provvisorio - supportato dalle autorità americane - era stato insediato. L'esercito americano si ritira da questa nazione solo nel 2011, ma la nomea di conflitto sporco rimarrà presente in maniera indelebile.
Per una visione particolare dei fatti che portarono al conflitto, vi è l'ottimo Vice - L'Uomo Nell'Ombra, di Adam McKay. Quanto a un aspetto del conflitto in sé, vi è Castello di Sabbia (Sand Castle), film diretto da Fernando Coimbra, sceneggiato da Chris Roessner e distribuito su Netflix a partire dal 21 aprile 2017. Un nuovo film su una guerra "sporca", dopo Beasts of No Nation e La Battaglia di Jadotville.
La pellicola si basa su alcuni fatti vissuti dallo sceneggiatore durante il suo servizio in Iraq come soldato volontario. Nell'estate del 2003, un gruppo di soldati di istanza in Iraq di cui fa parte il disilluso Matt Ocre (Nicholas Hoult) viene inviato presso il villaggio di Ba'quba, dove si trova il contingente capitanato dal Capitano Syverson (Henry Cavill).
La loro missione è quella di riparare il sistema di rifornimento idrico del villaggio rimasto distrutto in seguito a un attacco americano, coinvolgendo se possibile nei lavori anche la popolazione locale. L'impresa, tuttavia, non si rivelerà semplice, per via dell'ostilità dei residenti e degli attacchi di un gruppo di soldati rimasti fedeli a Saddam Hussein.
La pellicola - una sorta di mix tra un documentario bellico e un film d'azione - si incentra sulla presa di coscienza del protagonista rispetto alla drammatica situazione che sta vivendo personalmente e quella più generale in cui si trova. In principio, Matt Ocre cerca di sfuggire alle proprie responsabilità (si infortuna volontariamente a una mano per cercare di non partecipare a una battaglia) e si convince che non potranno fare nulla poiché vi sono conflitti secolari antecedenti al loro arrivo.
Tuttavia, man mano che apprende della situazione che stanno vivendo gli iracheni rimasti coinvolti in questo conflitto e conosce alcune persone di buona volontà da ambo i lati della barricata, capisce che forse può fare la differenza e inizia a dare un contributo più attivo.
La buona volontà del soldato, tuttavia, si scontra con la dura realtà della guerra: tutti i pedoni sulla scacchiera risultano dunque pedine sacrificabili, al servizio di invisibili re e regine che non si fanno scrupolo a liberarsi di loro. Cosicché il rimpatrio finale di Matt Ocre, per fine del periodo come volontario, viene visto sia come una vittoria che come una sconfitta.
Non si può sapere se una guerra possa ritenersi davvero efficace, ma questa di sicuro non lo è stata.
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