I rapporti tra padre e figlio rappresentano anche la visione della vita attraverso diverse generazioni. I padri, infatti, sono un collegamento col passato, sul come era un tempo la società con tutti i suoi pregi e difetti. I figli, invece, sono l'incarnazione del presente e possibilmente anche del prossimo futuro, una proiezione su come si stia evolvendo la società (o involvendo, perché no?).
Una tematica che il cinema italiano ha spesso trattato, ad esempio in In Viaggio con Papà.
Da questa differenza di vedute ne nasce a volte un conflitto generazionale, ampliato oggi in maniera esponenziale in un'epoca dominata da una tecnologia che - pur con le dovute eccezioni . i giovani sono in grado di padroneggiare con maestria a differenza delle persone più mature.
Come accade ad esempio nel film indiano Rajma Chawal, diretto da Leena Yadav, scritto da Leena Yadav, Vivek Anchalia e Manu Rishi Chadha e distribuito su Netflix a partire dal 30 novembre 2018.
Kabir Mathur (Anirudh Tanwar), dopo la morte della madre per malattia, deve trasferirsi insieme al padre Raj (Rishi Kapoor) in un quartiere meno abbiente, viste alcune recenti difficoltà finanziarie di quest'ultimo.
Quella che vede come una mancanza di empatia da parte del genitore nei confronti del ricordo della madre defunta, unita al fatto che gli attribuisce la responsabilità di quanto sta accadendo, porta il giovane a limitare il dialogo col padre e addirittura a bloccarlo su Facebook quando riceve da lui una richiesta di amicizia.
Per cercare di ristabilire un contatto, Raj Mathur crea allora un finto profilo Facebook di una ragazza utilizzando le immagini di un account inattivo di una certa Seher (Amyra Dastur). La cosa non sarà priva di conseguenze, soprattutto quando le strade di Kabir e Seher si incroceranno in maniera inaspettata.
Ecco qui un confronto, in salsa indiana, tra un cosiddetto boomer - un uomo di altri tempi che non capisce bene la tecnologia e i social network - e un altro cosiddetto millennial, che invece quella tecnologia la vive e la utilizza sin dal giorno in cui è nato, praticamente.
Pur con questo elemento aggiunto, le tematiche sono quelle consolidate da tempo, seppur inserite in un contesto sociale che può apparirci lontano da quello cui siamo abituati. Ovvero la distanza tra differenti generazioni e differenti visioni della vita, le difficoltà di comunicazione e il desiderio di trovare un terreno comune.
Il film è comunque diviso in due parti: la prima è proprio un dramma familiare, con padre e figlio su lati opposti della barricata. La seconda parte, invece, diventa una love story in piena regola tra Kabir e Seher, con tanto di "ti amo, ti lascio, ti riamo, ti rilascio ecc...". L'epilogo, invece, unisce entrambe le trame dando loro una (scontata) risoluzione con profluvio di lacrime.
Il fatto che Kabir sia un aspirante cantante consente anche l'inserimento di alcuni inserti musicali, così tanto cari al cinema indiano.
Non è una pellicola così immediata per il grande pubblico, si nota molto che è stata concepita per un'audience indiana e calata in quel tipo di società, ma il tema di fondo è universale e molte emozioni - la perdita, il perdono - sono quelle che viviamo noi nel corso della nostra esistenza.
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