L'arte è salvezza. Spesso sentiamo questa frase e ad alcuni apparirà troppo retorica o irreale. Eppure, per chi ne usufruisce o la crea, l'arte può davvero rappresentare un mezzo per salvarsi dai dolori che la vita riserva. O quantomeno per sottrarvisi per qualche tempo. E l'arte può arrivare dappertutto, anche nei posti più impensabili.
Ne è una dimostrazione Grazie Ragazzi, diretto da Riccardo Milani, scritto da Riccardo Milani e Michele Astori e distribuito nei cinema nel gennaio 2023. Il film è il remake di una pellicola francese del 2020, Un Triomphe, la quale a sua volta si ispira a fatti realmente accaduti nel 1985 in Svezia che hanno visto protagonista l'attore Jan Jönson.
Antonio (Antonio Albanese) è un attore ormai in declino ridottosi a fare doppiaggi di film pornografici. Quando quindi un suo collega, Michele (Fabrizio Bentivoglio), gli propone di dare lezioni di recitazione in un carcere di Velletri sfruttando un fondo finanziato dall'Unione Europea, decide di accettare la proposta.
Nonostante ai corsi partecipino solo pochi detenuti, Antonio inizia a stringere con loro dei buoni rapporti e si impegna perché possano mettere in scena una loro rappresentazione teatrale di Aspettando Godot di Samuel Beckett, ma dovrà scontrarsi con la burocrazia e la diffidenza delle autorità penitenziarie.
Tecnicamente questa è una commedia e vi è soprattutto all'inizio qualche siparietto comico che serve a catturare l'attenzione del pubblico (come quando Antonio deve doppiare una scena di un film porno in pubblico, con tutto l'imbarazzo del caso), ma gli elementi drammatici non mancano e soprattutto l'attore protagonista è molto bravo a destreggiarsi nelle varie fasi in cui si richiede un diverso tipo di recitazione.
Aspettando Godot è, come dice il titolo stesso, la storia di un'attesa, di un qualcosa che forse non arriverà mai mentre le vite degli uomini procedono su vuote esistenze, come esseri in gabbia.
Per i detenuti di questo film la gabbia è fisica e tangibile e la loro è una vita fatta di un'eterna attesa, ma tramite l'arte e il teatro riescono ad assaporare un anelito di libertà, a riscoprire sensazioni che ritenevano non avrebbero mai più provato, ritrovando così in parte quell'umanità a cui hanno rinunciato quando hanno commesso i loro reati.
Per Antonio, invece, la gabbia è più che altro mentale e la sua attesa di un ritorno sulle scene si è scontrato con la dura realtà.
Dopo aver vissuto una breve carriera d'attore costellata di successi, l'attore ha perso quella spontaneità e carica passionale che aveva agli esordi, riducendosi a fare lavori di poco conto. L'incontro coi detenuti e la messa in scena della rappresentazione lo aiuta dunque a ritrovare quell'identità perduta.
Un incontro di anime smarrite e di diversi tipi di solitudine che, insieme ai protagonisti dell'opera di Beckett, una sorta di loro controparti, trovano delle nuove prospettive. Quindi, sì, l'arte è davvero salvezza.
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