Si torna di nuovo sul tema della religione nel cinema italiano. Una tematica inevitabilmente molto forte e sentita, visto che la religione cattolica e i suoi esponenti hanno profondamente influenzato la storia di questa nazione, più nel passato che nel presente a dire il vero.
Dopo Se Dio Vuole e Non C'è Più Religione, ecco dunque Io C'è, diretto da Alessandro Aronadio, scritto da Alessandro Aronadio, Valerio Cilio, Edoardo Leo e Renato Sannio e distribuito nei cinema nel marzo 2018.
Massimo Alberti (Edoardo Leo), proprietario di un bed & breakfast confinante con una chiesa, è uno di quei furbetti che tenta in ogni modo di non pagare le tasse. Quando dunque, grazie alla sorella Adriana (Margherita Buy), viene a sapere che gli edifici che ospitano un luogo di culto sono esentasse decide di fondare una propria religione, lo Ionismo, che mette al centro la singola persona.
Non è però così semplice creare un culto dal nulla e renderlo credibile agli occhi dello Stato per ottenere le necessarie esenzioni. A dare dunque una mano giunge Marco Cilio (Giuseppe Battiston), uno scrittore di basso profilo che scrive la "bibbia" della nuova religione.
Ma quello che doveva essere un semplice espediente per sottrarsi al pagamento dei tributi diventa ben presto un'esperienza formativa per Massimo Alberti, che lo cambierà in maniera profonda.
Il film non è e non vuole essere una critica alla chiesa cattolica o ad altre forme di religione e i loro privilegi, argomento troppo delicato e complesso per poterlo affrontare senza suscitare inalberamenti, nel contesto attuale.
Piuttosto appare come una satira su un certo tipo di follia della burocrazia italiana e del mare magnum di leggi in cui è sommersa e su una tipologia di persone, i piccoli imprenditori che pressati dal carico fiscale si inventano mille espedienti per sfuggire alle maglie del fisco.
Dopodiché, però, la pellicola diventa come una sorta di parabola di un messia del terzo millennio. Un messia radicato nel tessuto sociale cittadino, imperfetto, ma che proprio grazie a questo trova dei fedeli che credono in lui.
Un messia recalcitrante, che come quell'altro suo più celebre ispiratore entra in contrasto coi suoi discepoli e apostoli, i quali provengono da ogni classe sociale e sono riusciti a trovare qualcosa che dia un senso alla loro esistenza, venendo alla fine punito per i suoi "peccati". Perché è questo ciò che sembra essere suggerito alla fine: che compensiamo le nostre vite vuote con qualcosa di intangibile per trovare un flebile scopo.
Il film si pone dunque in una certo evitabile ma alla fine anche comprensibile posizione di mediazione. Non condanna senza alcuna possibilità di appello i culti religiosi e i loro dettami, ma al tempo stesso non compie nemmeno un'opera di esaltazione. Ognuno è libero dunque di seguire la propria strada, credere nella fede e nei miracoli se lo vuole, fino a quando non arriva a intralciare le strade altrui.
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