Le pellicole in bianco e nero, vero e proprio segno distintivo del cinema del lontano passato (salvo casi particolari come Clerks - Commessi), rappresentano oggi un vezzo artistico, se ci è permesso così definirlo, tramite cui ad esempio un regista lancia il proprio sguardo appunto su un lontano passato oppure lo si utilizza per ragioni di trama e aderenza al materiale originario
Come hanno fatto ad esempio Steven Spielberg con Schindler's List o Robert Rodriguez con Sin City. Si aggiunge a questi film anche Roma, film vincitore del Leone d'Oro al festival del cinema di Venezia, scritto e diretto da Alfonso Cuarón e distribuito su Netflix a partire dal 14 dicembre 2018.
Messico, 1970: Cleo Gutiérrez (Yalitza Aparicio) è una domestica che lavora per una ricca famiglia messicana, composta da moglie, marito e quattro figli. La quasi totalità della sua giornata è dedita allo svolgimento di mansioni casalinghe o ad accontentare le richieste della famiglia.
Nel tempo libero, Cleo frequenta Fermín (Jorge Antonio Guerrero), un appassionato di samurai e lotta con la spada. Quando Cleo gli rivela di essere incinta, tuttavia, Fermin sfugge alle proprie responsabilità e si allontana da lei.
Rimasta sola e in attesa di un bambino, Cleo deve anche tenere unita la famiglia, che si sta sfaldando a causa dei tradimenti del marito.
La sensazione è molto forte durante la visione della pellicola e una piccola indagine lo conferma: il film si basa in parte anche su ricordi personali del regista (i genitori di questa pellicola fanno gli stessi lavori dei suoi genitori e anche lui aveva due fratelli e una sorella). Come Cleo e la famiglia, infine, Cuarón è cresciuto nel quartiere messicano di Colonia Roma, che dà il titolo alla pellicola.
Una pellicola che di certo non si risparmia, offrendo vari spaccati di vita quotidiana, quasi da farlo apparire in certi punti come un documentario (con Cleo al centro della vicenda), molti dei quali finiscono in tragedia ma vengono alleviati dall'affetto che i vari personaggi nutrono l'uno nei confronti dell'altro. Unica ancora di salvezza in un mondo che precipita verso il caos tra rivolte studentesche, incendi dolosi e cariche della polizia.
Il bianco e nero è appunto utilizzato come una sorta di filtro verso questo lontano passato, quasi cinquant'anni prima all'epoca dell'uscita, ma anche come una sorta di zona di grigio che ammanta le varie vicende.
Non ci sono buoni o cattivi, anche quando potrebbe apparire così (il marito traditore, il fidanzato che scappa), bensì persone che compiono delle scelte - e in certi casi non le compiono - le quali come onde vanno a infrangersi sulla riva delle esistenze di altre persone, sconvolgendole.
Il film sottolinea inoltre in maniera evidente le disparità tra ricchi e poveri, sempre attraverso le esperienze e lo sguardo quasi neutrale di Cleo Gutiérrez. Seppur in diversi momenti i vari componenti della famiglia le dicano che è una di loro e ribadiscano quanto le vogliano bene, il fatto che sia la loro domestica (occupandosi anche di compiti ingrati come togliere dal selciato gli escrementi del cane) e debba adempiere alle loro richieste anche improvvise non viene mai messo da parte.
Questa, però, è l'unica famiglia che Cleo davvero ha - arrivando in un punto quasi a sacrificare la propria vita per loro - e nel suo piccolo rappresenta una piccola oasi di felicità. O così ci par di percepire.
Nessun commento:
Posta un commento