Il 22 luglio 2011 avviene un drammatico attentato terroristico in Norvegia.
Anders Behring Breivik, un giovane senza alcun precedente di rilievo, piazza infatti un furgone con dell'esplosivo vicino agli uffici del Primo Ministro norvegese, causando numerose vittime.
Successivamente, si reca presso l'isola di Utøya dove si sta tenendo un raduno della Workers' Youth League, affiliata al Partito Laburista, e causa decine tra vittime e feriti con una sparatoria, prima di consegnarsi alle autorità.
Il processo che ne segue - in cui dichiara di avere agito per colpire i responsabili della multiculturalità norvegese non più accettabile - stabilisce che è totalmente capace di intendere e volere e viene dunque condannato fino a quando sarà ritenuto un pericolo per la società (fondamentalmente, un carcere a vita secondo la legge norvegese).
Tale drammatico evento e le sue conseguenze divengono argomento del film 22 Luglio (22 July), scritto e diretto da Paul Greengrass e distribuito su Netflix a partire dal 10 ottobre 2018.
Il regista non è nuovo a un'operazione del genere poiché, oltre a film più "commerciali" quali quelli inerenti la saga di Jason Bourne, si dedica spesso a girare pellicole basate su drammatici eventi storici quali Bloody Sunday, United 93 o Captain Phillips con un approccio semi-documentaristico.
Non per una sorta di perverso gusto del macabro, bensì per sottolineare come - anche nei momenti più difficili e tragici - ci sia una parte di umanità che non perde la speranza e trova il coraggio di reagire all'orrore.
22 Luglio non fa eccezione. Partendo dal doppio attentato, la storia si incentra su quello che accade dopo di esso attraverso quattro personaggi principali: l'attentatore stesso (Anders Danielsen Lie), ritratto nella sua lucida mente criminale che rappresenta di per sé una condanna, l'avvocato dell'attentatore Geir Lippestad (Jon Øigarden), che persegue quell'ideale di giustizia utopico capace anche di rovinare delle vite.
E infine una delle vittime dell'attentatore, Viljar Hanssen (Jonas Strand Gravli), che si salva per miracolo ma ne ricava lesioni che lo perseguiteranno per una vita intera, e il primo ministro norvegese Jens Stoltenberg (Ola Furuseth), il quale deve capire come sia stato possibile che un simile evento si sia verificato.
Ogni sguardo nelle vite di queste quattro persone contribuisce a formare un mosaico più ampio e che può essere parte di una tematica più generale in merito a come una parte dell'umanità trovi sempre il coraggio di reagire anche di fronte alle situazioni più disperate.
Pur essendo il cast composto interamente da attori norvegesi, come è giusto che sia, la produzione è americana e questo lo si nota in particolar modo nell'approccio alla storia e ai personaggi (il criminale senza possibilità di ammenda, la vittima che trova il coraggio di reagire alla propria situazione e riabbracciare la vita, la speranza che trionfa alla fine e scaccia l'oscurità).
Ma forse è proprio questo ciò che vogliamo a livello inconscio... e conscio.
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