Gli strascichi della Seconda Guerra Mondiale si sono fatti sentire per molto tempo in Italia, reduce da una sconfitta e da una dittatura ventennale che avevano fatto precipitare la nazione in un'epoca di oscurità.
Gli anni del dopoguerra sono stati caratterizzati dal cosiddetto Piano Marshall, ma anche da un nuovo scenario politico e sociale che ha portato come conseguenza anche all'occultamento di segreti di guerra terribili, confinati nell'Armadio della Vergogna.
Ci riporta in quel convulso periodo storico Il Mistero del Collegio Abbandonato, romanzo di Massimo Binarelli pubblicato nel 2019 da Newton Compton.
1959: Viene ritrovato in un pozzo, nel quartiere della Garbatella di Roma, un cadavere mummificato. Alcuni elementi fanno ritenere ad Antonio Piccillo, un brigadiere in pensione ultrasettantenne, che questo possa essere il cadavere di una ragazza che risiedeva in un vicino collegio scomparsa nel 1943, su cui aveva indagato all'epoca senza esito alcuno.
Dell'indagine viene incaricato il commissario Trevi, il quale chiede l'aiuto proprio di Antonio Piccillo per venire a capo di questo mistero, ma entrambi dovranno scontrarsi con segreti tenuti nascosti per quasi vent'anni.
Ben delineata l'ambientazione temporale della storia, la quale si dipana attraverso due periodi storici molto particolari e significativi, che hanno plasmato la società italiana per molti decenni.
Il primo è il periodo bellico, nell'anno che segna la caduta di Mussolini e la nascita della Repubblica di Salò, il 1943. Il libro, tuttavia, si colloca pochi mesi prima dell'otto settembre di quell'anno e diviene evidente il prossimo crollo di questa ideologia in certi passaggi, seppur coloro che vi credono ciecamente sono ancora convinti dell'invincibilità del loro leader.
Il secondo, invece, è l'anno che precede l'inizio degli anni '60 del ventesimo secolo, dove gli effetti della guerra ancora si fanno sentire, ma al tempo stesso l'Italia è pronta a lasciarsi alle spalle gli orrori del passato e vivere una rinascita economica.
L'ex brigadiere protagonista è l'uomo che rappresenta un elemento in comune di questi due periodi storici: inevitabilmente al servizio del partito fascista durante la guerra, ma contrario alle loro repressioni e in grado di pensare in maniera autonoma, e sulla via della disillusione sedici anni dopo, ormai in pensione e invecchiato, quindi non in grado di essere parte del cambiamento futuro.
In entrambi i periodi storici ci si va a scontrare con la dura realtà che va a colpire una giovane ragazza: nel passato ha subito la più atroce delle sorti, mentre svariati anni dopo sembra non debba trovare giustizia poiché le persone che hanno contribuito alla sua morte sono ormai qualcosa di cui ci si vuole scordare in tutta fretta per ragion di stato.
Una cosa che mi ha colpito sono i lunghi dialoghi e monologhi che costellano il libro, a volte con molte virgole e pochi punti di sospensione, cosa da togliere il respiro. Credo sia voluto, in maniera tale da ritrasmettere il senso di un linguaggio popolano (c'era ancora molto analfabetismo all'epoca) che predilige la sostanza alla forma.
La trama che dipana il mistero è immediata e diretta, anche evidente ben prima dell'epilogo, e ci si concentra dunque sulle personalità sia di Antonio Piccillo che del Commissario Trevi, i quali pagano solo il fatto di voler credere ancora nella giustizia in un paese che forse una giustizia piena non la desidera.
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