Nel 1959, il pubblico americano vede l'arrivo sugli schermi televisivi della serie antologica, ideata da Rod Serling, Ai Confini della Realtà (The Twilight Zone). La serie, senza un vero e proprio protagonista fisso, narra ogni settimana una storia differente, di ambientazione perlopiù fantascientifica, non mancando inoltre di puntare i riflettori - tramite l'allegoria del racconto fantastico - su alcune problematiche sociali dell'epoca.
La serie rimane un caposaldo della televisione, divenendo oggetto di alcuni remake nel corso dei decenni, nonché presa a ispirazione da svariati altri telefilm, sia americani che inglesi.
Ai Confini della Realtà viene omaggiata anche nel film L'Immensità della Notte (The Vast of Night), scritto e diretto da Andrew Patterson e distribuito su Amazon Prime Video a partire dal 29 maggio 2020. La pellicola si ispira inoltre in maniera dichiarata ai numerosi racconti di avvistamenti UFO e presunti rapimenti alieni che hanno costellato in buona parte gli anni '50 e '60 del ventesimo secolo.
Tramite una puntata dello show Il Teatro del Paradosso veniamo proiettati nel 1959, in una piccola cittadina del New Mexico, Cayuga. Mentre la quasi totalità degli abitanti si reca ad assistere a una partita di basket della squadra di college locale, un deejay, Everett Sloan (Jake Horowitz), e una centralinista, Fay Crocker (Sierra McCormick), captano una strana frequenza audio a seguito della quale iniziano a ricevere notizie di misteriose luci nel cielo.
I due giovani cominciano dunque a indagare su questo fenomeno, arrivando a scoprire una verità sconvolgente per l'umanità intera e che è rimasta nascosta per decenni. Una verità che rischia di travolgere anche loro in maniera diretta.
Questa è un'opera prima dal budget contenuto e in alcuni punti lo si può notare: vi è infatti un lunghissimo prologo volto a presentare i due protagonisti e l'ambientazione, in cui però non accade proprio nulla. E vi sono poi inquadrature fisse che possono durare anche svariati minuti e in cui ci si affida alla bravura degli attori, oppure lunghi piani sequenza, ma il risultato finale è del tutto apprezzabile.
Se si riesce a superare lo scoglio dei primi minuti, si viene poi catapultati in un mistero che - per quanto prevedibile in alcuni punti e che presenta un epilogo abbastanza scontato - riesce a catturare l'attenzione per quasi tutto il suo svolgimento, soprattutto per come viene descritta l'introduzione dell'elemento fantastico in un contesto del passato quale la città di confine, radicata in un mondo dove sembra che il progresso non debba mai arrivare.
Non è facile dover sostenere inquadrature fisse di alcuni minuti e far sì che la tensione non cali mai, soprattutto se pensiamo che si sta parlando di qualcosa di impalpabile, dunque un sentito complimento ai vari attori per essere riusciti a catalizzare l'attenzione mentre la telecamera era fissa su di loro e lì rimaneva, senza stacchi.
In questo film non si cercano grandi effetti o colpi di scena a tutti i costi. La rivelazione giunge attraverso elementi comuni di tutti i giorni, come le telefonate, i nastri, i registratori: cose domestiche a cui noi ci possiamo correlare.
E il messaggio sociale? C'è anche quello, nascosto sotto uno strato di storia fantascientifica, di modo che quasi debba passare inosservato, ma gli alieni e i dischi volanti rappresentano in realtà una sinistra metafora. Che coinvolge sia la realtà di molti decenni fa che quella odierna e che analizza la malvagità degli uomini e le sue cause.
Chissà se torneremo un giorno, o una notte, nella dimensione dell'immaginazione. In quella regione che si potrebbe trovare... nel Teatro del Paradosso!
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