Dal 2003 al 2006 viene pubblicato su Weekly Shonen Jump il manga Death Note, ideato da Tsugumi Ōba e Takeshi Obata. La storia è incentrata sullo studente giapponese Light Yagami, che inizia a uccidere un gran numero di criminali lungo il mondo utilizzando il Death Note del dio della morte Ryuk, cosa che lo mette in contrasto col miglior detective esistente, Elle.
Un titolo che ottiene un enorme successo lungo tutto il mondo, nonché un adattamento sotto forma di anime e una trasposizione per il mercato americano, nel lungometraggio Death Note - Il Quaderno della Morte (Death Note), diretto da Adam Wingard, scritto da Charles Parlapanides, Vlas Parlapanides e Jeremy Slater e distribuito su Netflix a partire dal 25 agosto 2017.
Essendo un prodotto rivolto principalmente a un pubblico americano, l'ambientazione in questo caso viene trasferita negli Stati Uniti, a Seattle per la precisione, con i nomi modificati laddove necessario. Lo studente, orfano di madre, Light Turner (Nat Wolff) trova il Death Note e incappa in Ryuk (Willem Dafoe), che gli spiega cosa è in grado di fare.
Light scopre che Ryuk dice il vero quando si vendica dell'assassino impunito di sua madre e poco dopo si allea con un'altra studentessa, Mia Sutton (Margaret Qualley), con lo scopo di eliminare i criminali più pericolosi dalla faccia della terra e rendere il mondo un posto migliore.
Mentre quel mondo che viene liberato dal male acclama un presunto nuovo messia, Kira, il detective migliore del mondo, L (Lakeith Stanfield), inizia a stringere il cerchio attorno a Light Turner e alla sua ondata di omicidi.
Il film è una vera e propria americanizzazione non tanto del manga in sé (troppo più lungo e complesso per essere compresso in una pellicola), quanto dello spunto iniziale del fumetto - un giovane che ritrova il Death Note e lo usa per presunti scopi messianici - che viene inserito all'interno di ambientazioni tipiche dei film statunitensi (il liceo, la casa di famiglia, la stazione di polizia).
In tal senso, il Death Note americano appare più come una sorta di horror adolescenziale, seppur realizzato con qualche mezzo in più, con un lieve ma molto lieve sottotesto di critica sociale (del tipo che viene accennato una volta sola e poi si rischia di dimenticarsene) e qualche tematica consolidata quale un delicato rapporto paterno, il conflitto con l'autorità, l'amore tradito.
Quindi i protagonisti sono solo un riflesso delle loro controparti giapponesi, o sarebbe meglio dire fumettistiche, che risultano invece molto più complesse e sfaccettate. Mentre nel film procede tutto in maniera molto più spedita (Light rivela il segreto del Death Note a Mia Sutton senza un vero perché, L scopre l'identità di Kira senza che vengano forniti tutti i passaggi della sua indagine) per esigenze di trama e durata. E alla fine viene anche lasciato spazio per un eventuale sequel.
Rimane anche l'ambiguità di fondo del personaggio di Kira, che in apparenza si pone scopi giusti, ma per eliminare il male utilizza strumenti che lo fanno infine diventare il Male Assoluto. Il più grande serial killer della storia dell'umanità.
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