Bong Joon-Ho è riuscito nell'impresa di sdoganare il cinema sudcoreano in tutto il mondo, facendo qualcosa di, almeno in apparenza, molto semplice: prendere i vari generi cinematografici, aggiungere loro un tocco personale e ricrearli così in un nuovo contesto cinematografico.
Memories of Murder è un nuovo sguardo al genere thriller, The Host rappresenta una differente visione dei film horror incentrati sui mostri, Snowpiercer è una versione del tutto inedita di una distopia.
Okja, da lui sceneggiato in collaborazione con Jon Ronson, è invece una fiaba, seppur rivolta a un pubblico adulto, in cui non mancano alcuni temi a lui cari. Il film, proiettato in anteprima al Festival di Cannes, è stato poi distribuito su Netflix a partire dal 28 giugno 2017.
Nel 2007, Lucy Mirando della Mirando Corporation (Tilda Swinton, qui alla sua seconda collaborazione col regista dopo Snowpiercer) annuncia che entro dieci anni il problema della fame nel mondo sarà risolto, grazie a dei maiali geneticamente modificati il cui sviluppo è stato supervisionato da Johnny Wilcox (Jake Gyllenhaal), rinomato zoologo e divo televisivo.
Dieci anni dopo, la giovane Mija (Ahn Seo-hyun) - un'orfana che vive sola sulle montagne insieme a suo nonno - si vede portata via dalla Mirando Corporation Okja, con cui ha stretto un forte legame. Determinata a ritrovarla, si imbarca in un viaggio che la porterà fino a New York e durante il quale farà la conoscenza del Fronte Liberazione Animali guidato da Jay (Paul Dano).
Okja è la versione femminile e buona di The Host. Anche lei è un prodotto derivante dall'espansionismo economico americano, che non si cura delle possibili conseguenze verso i cittadini e la natura, e che si decide di sacrificare senza troppi scrupoli.
Rappresenta, inoltre, una critica verso come certi temi ambientali vengano trattati oggi, sia dalle multinazionali che dalle organizzazioni che si propongono di risolvere questi problemi: in realtà, sempre in lotta tra loro e non protesi a creare uno scenario migliore.
Non manca in questo film un'altra tematica cara al regista, ovvero la grande distanza che sussiste tra le classi povere e quelle ricche, la quale non si differenzia molto da un paese all'altro. Mija vive nella povertà, ma è riuscita a costruirsi un mondo felice grazie a Okja: ecco dunque perché cerca di riappropriarsene, senza di lei si sente una persona incompleta.
Lucy Mirando e Johnny Wilcox (magistralmente ritratti da Tilda Swinton e Jake Gyllenhaal), invece, vivono in palazzi d'avorio, indifferenti rispetto ai problemi delle altre persone che è come per loro fossero invisibili, e i loro atteggiamenti nevrotici e paranoici - a fronte di tutto il denaro di cui possono disporre - ci fa capire che non sono davvero felici e cercano tale felicità in una fama precaria che invece non è in grado di fornirgliela.
Diversamente da altre sue pellicole, Bong Joon-Ho in questo caso non lesina nell'inserire alcune scene comiche, un paio delle quali non sfigurerebbero in un nostrano cinepanettone post-duemila (con resa migliore, ovviamente), a dimostrazione di quanto possa rivelarsi versatile.
Pur essendo questa una fiaba, non vi è un lieto fine del tipo "e vissero tutti felici e contenti": c'è invece un retrogusto amaro che in realtà permea tutta la pellicola e diventa sempre più evidente col progredire della storia. Perché se la storia di Okja può concludersi nel migliore dei modi, altrettanto non può dirsi per molti dei suoi simili, per via di un'umanità priva di empatia.
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