venerdì 31 ottobre 2025

Libri a caso: Il Libro dei Baltimore


Dopo aver indagato sulla scomparsa di Nora Kellergan e aver scoperto La Verità sul Caso Harry Quebert, lo scrittore Marcus Goldman - e di concerto il suo ideatore, Joël Dicker - tornano a percorrere i viali della memoria con un nuovo romanzo, che si concentra stavolta su tematiche differenti ma pur sempre comuni a molte persone.
Si tratta di Il Libro dei Baltimore (Le Livre des Baltimore), pubblicato nel 2015.
2012: Mentre si trova in Florida per lavorare al suo nuovo romanzo, Marcus Goldman rientra in contatto col suo primo amore, Alexandra Neville, che non vede da otto anni e con cui ha rotto in maniera brusca per qualche ignoto motivo.
Questo lo riporta a tempi più lontani, quelli dell'infanzia e adolescenza, quando passava buona parte del proprio tempo insieme ai cugini, Hillel e Woody, della famiglia Goldman di Baltimore, nel Maryland, il cui padre Saul è il fratello maggiore del padre di Marcus.
Una compagnia, la Gang dei Goldman, che come ogni ragazzo di quell'età si divertiva e cercava di capire quali potessero essere il proprio futuro e le proprie passioni.
Fino a quando è accaduto qualcosa, qualcosa di tragico che ha segnato per sempre le vite di tutti. Cosa è successo alla Gang dei Goldman? Quale tragedia ha tracciato un prima e un dopo?
Dopo l'amicizia, tema fondamentale del primo libro e le luci e le ombre che possono caratterizzarla, in questo nuovo romanzo si parla di famiglia e di come questa si evolva. Non solo famiglia nel senso "classico", mi si passi il termine, ma quella che ognuno giunge nel corso della vita a ritenere la propria famiglia.
Quella che potremo dunque definire una famiglia allargata. Penso sia comune a molte persone, quando sono stati bambini o adolescenti, l'aver legato con dei coetanei dei propri zii o vicini e aver condiviso con loro - quando ancora le responsabilità non toccano un'esistenza - momenti divertenti e piacevoli che si vorrebbe non finissero mai.
Momenti che invece prima o poi finiscono, perché si cresce e le priorità cambiano, ma i ricordi rimangono intatti (i famosi "bei tempi in cui...").
Joël Dicker prende questo tema e lo inserisce all'interno di una cornice americana molto figlia dei prodotti televisivi e cinematografici (poi, per carità, gli Stati Uniti sono anche questo) caratterizzata dal Thanksgiving, il football americano, il bullismo a scuola e il sogno americano, in ultima analisi. Per dimostrare come si possa arrivare alla felicità e realizzazione personale, seppur in via tortuosa.
Diversamente dal primo romanzo, dove il protagonista arriverà a conoscere una verità sconvolgente, qui la verità è a lui già nota, avendola vissuta in prima persona, e quello che diventa interessante per il lettore è scoprirne i vari aspetti, che vengono rivelati man mano in un viaggio narrativo temporale che parte dal 1969 per arrivare al 2013.
Un viaggio nella memoria, che alterna i diversi periodi temporali e che diventa inoltre un mosaico narrativo dove lentamente tutti i pezzi vanno al loro posto per formare un quadro completo.
Quasi quarantacinque anni, tre generazioni di famiglie che - come accade a tutte le famiglie - vanno incontro a delle gioie e delle sofferenze che le segnano, tra rapporti che si infrangono e si ricompongono, alcuni momentaneamente, altri per sempre.
Nella storia il protagonista fa pace con una parte del suo passato, dando appunto un significato diverso  a quei ricordi che lo avevano segnato e che lo avevano portato ad allontanarsi da alcune zone e persone, tema accennato ma non approfondito nel primo libro.
L'autore ci suggerisce che - per quanto a volte certe amicizie possano finire in maniera tragica o brusca - è meglio aggrapparsi alle memorie felici di quei tempi piuttosto che rimuginare su ciò che ne ha causato la fine.
Così facendo Marcus Goldman può infine andare avanti, sia col suo romanzo che con la sua vita, non dimenticando le lezioni che il passato gli ha insegnato, in maniera inevitabile anche in modo doloroso.

giovedì 30 ottobre 2025

Fabolous Stack of Comics: Berserk - L'Età dell'Oro


Quando compare per la prima volta in Il Guerriero Nero, è subito chiaro che Gatsu ha un passato molto tormentato alle spalle. E non solo per via del suo arto mancante o della vista non ottimale, bensì per un atteggiamento cinico nei confronti della vita e delle persone che hanno la sfortuna di incrociare la sua via.
Quale fosse questo passato ancora non era chiaro, ma infine Kentarō Miura inizia a fare un po' di luce nella saga L'Età dell'Oro, pubblicata tra il 1992 e il 1993 sulla rivista Young Animal.
Un gruppo di mercenari trova un neonato partorito da una donna che è stata impiccata insieme ad altre persone per motivi sconosciuti. Una ragazza di nome Sys, la quale ha perso di recente il suo bambino e per questo è sull'orlo della follia, decide di adottarlo e gli dà il nome di Gatsu.
Sys tuttavia muore poco tempo dopo e così Gatsu viene adottato dal compagno di lei, Gambino, che lo sottopone quando è ancora un bambino a estenuanti allenamenti con spade più grandi di lui e gli fa sperimentare tremende sevizie.
Tuttavia, Gatsu conserva una sorta di fiducia nei confronti di Gambino nel corso degli anni. Ma lungo la strada sta per incontrare un'altra banda di mercenari, i Falchi, capitanati dall'affascinante ed enigmatico Grifis.
Le origini di un eroe, o di un antieroe, sono sempre caratterizzate da eventi drammatici che ha dovuto subire e che hanno forgiato il suo carattere. Ma come possono essere le origini di quello che fino ad ora ci è apparso come un personaggio negativo? Semplice: caratterizzate da ancora maggior dramma.
Conan il guerriero cimmero è nato su un campo di battaglia, Gatsu il guerriero nero è nato in un cimitero senza nome, partorito da una donna anch'essa senza nome che è stata impiccata per un ignoto reato o forse solo perché ha incrociato la propria strada con persone poco raccomandabili. Già questo denota la differenza tra le saghe fantasy classiche e questa, più "sporca" e corrotta.
La saga racconta i primi quindici anni di vita di Gatsu. E fin dal principio, un'aura di maledizione pare circondare il protagonista, attorno al quale molte persone muoiono o vanno incontro a un drammatico destino. Come se il suo stesso destino fosse inevitabilmente portato a vivere nella tragedia.
Al tempo stesso, alcuni importanti, in certi casi basilari dettagli vengono aggiunti e chiariti. Come ad esempio come mai Gatsu utilizzi sempre lame molto più grandi rispetto alla sua corporatura o da dove tragga origine quel cinismo e quel desiderio di non legare con nessuno che raggiungerà vette estreme nel futuro.
A fare da contraltare giungono Grifis, Caska e i Falchi, in buona parte coetanei di Gatsu. Il primo è come quei dei greci della mitologia: dai tratti efebici, una bellezza incomparabile e un'aura di luce che pare circondarlo, ma che impallidisce di fronte alla sua tremenda determinazione. Una determinazione per cui tutti lo seguono senza mettere in discussione i suoi ordini e vedendolo come una sorta di infallibile leader.
Caska invece rimane un'enigma, facendo qui la sua prima apparizione, ma si intuisce subito che la sua strada e quella di Gatsu si incroceranno molto presto. Anche lei sarà destinata a quel tragico epilogo che accompagna chi attraversa la strada del Guerriero Nero?
Non ricordo sinceramente se vi fosse mai stata un'origine così maledetta, dominata in buona parte dal dolore e dalla sofferenza e in cui solo un barlume di luce infine si intravede. Kentarō Miura continua a costruire questo mondo narrativo, arricchendolo di nuovi particolari e rendendolo sempre più intrigante e misterioso.

mercoledì 29 ottobre 2025

Fabolous Stack of Comics: Deadman - Esorcismo


Le traversie sovrannaturali di Boston Brand, alias Deadman, sembrano non avere fine. Dopo aver trovato il proprio assassino, ma non giustizia, in Strange Adventures e dopo che quello che poteva essere un grande amore, in Amore dopo la Morte, è svanito nel nulla, giunge per l'altro spettro della DC Comics una nuova fase.
Che avviene in Esorcismo (Exorcism), miniserie di due numeri pubblicata nel 1992, scritta da Mike Baron e disegnata da Kelley Jones.
Dopo aver perso l'amata Ann, Deadman si convince di essere stato abbandonato da Rama Kushna e precipita in uno stato di depressione dominato da un forte senso di rabbia. Si rifugia così in una chiesa abbandonata del Vermont, dove eventuali malcapitati vengono terrorizzati dal suo aspetto e dai suoi scatti d'ira.
Una psicologa di nome Joanne Resnick viene a conoscenza di questo e, in compagnia di una parapsicologa in precedenza incontrata da Deadman, Madame Waxahachie, si reca nella chiesa per praticare un insolito esorcismo su uno spettro.
Ma Boston Brand è il male minore, poiché nella chiesa sono presenti tre spiriti maligni che - dopo essere stati liberati da una secolare prigionia - intendono vendicarsi di quell'umanità che li ha condannati e uccisi. Anche a costo di scatenare l'Apocalisse sulla Terra.
Con questa storia si conclude una sorta di trilogia iniziata dall'autore su Action Comics Weekly, dove aveva fatto la sua prima comparsa Madame Waxahachie, durante la quale ha reimmaginato - degnamente assistito da un grande artista quale Kelley Jones - il personaggio di Deadman dopo la Crisi e più in generale verso una nuova generazione di lettori.
Il tema dello spettro preda di tormenti è un classico della narrativa, si pensi solo a Il Fantasma di Canterville di Oscar Wilde, dove si ritrovano alcuni temi esplorati anche da Mike Baron.
Quindi l'idea di un fantasma che ha perso la propria umanità, ma non le proprie emozioni, il cui unico, legittimo obiettivo in principio è trovare il proprio assassino non può durare per sempre. Prima o poi quello spettro dovrà fare i conti con ciò che ha perduto in maniera improvvisa.
Quindi, dopo l'amore, analizzato nella miniserie precedente, ecco che ci si concentra proprio su quelle emozioni, anche negative, che caratterizzano l'essere umano. La rabbia, la depressione, il senso di solitudine e di abbandono per cui a volte ci si rivolge a uno specialista. Quelle stesse emozioni che talvolta ci aiutano a confrontarci con dolori e pericoli più grandi, come in questo caso.
L'esorcismo del titolo è quello che porta infine Deadman ad accettare la sua condizione, a riappacificarsi con la divinità che gli ha concesso un'insolita seconda occasione e a cercare di tracciare per sé una nuova via. Poiché anche se si è un fantasma, un Deadman, non significa necessariamente che non si possa continuare a vivere.

martedì 28 ottobre 2025

Fabolous Stack of Comics: Death - L'Alto Costo della Vita


Colui che ora è una persona controversa e con dei lati oscuri, Neil Gaiman, il quale rimane tuttavia un autore di grandi opere, ha creato in passato una serie di personaggi denominati gli Eterni, comparsi nella serie Sandman, dove il Signore dei Sogni Morfeo era il principale protagonista.
Tra questi Eterni, la prima a comparire dopo Morfeo e la prima a catturare le attenzioni dei lettori è stata Death. In un caso forse più unico che raro, e di cui a quella data non esistevano precedenti salvo sorprese, la Morte viene rappresentata non come un'oscura entità con falce e martello e con delle orribili fattezze, bensì come una ragazza adolescente, gentile, comprensiva e che porta le varie anime nell'aldilà, siano esse umane, animali o altro, con rammarico e guidandole come fosse una sorella maggiore.
Tale incarnazione di Death è poi comparsa in alcuni progetti a lei dedicati, il primo dei quali è L'Alto Costo della Vita (The High Cost of Living), miniserie di tre numeri pubblicata nel 1993, scritta da Neil Gaiman e disegnata da Chris Bachalo.
Una volta ogni cento anni, Death vive un giorno come una semplice umana tra le persone, per capire cosa provino quegli umani che prima o poi lei incrocerà lungo il cammino.
Mentre sta passando questa giornata come Didi, una giovane ragazza di New York adolescente e orfana, incontra in una discarica Sexton Furnival, un sedicenne che non ha più alcun desiderio di vivere dopo che i genitori si sono separati e sta meditando di suicidarsi. Nonostante Didi gli riveli di essere la Morte, il ragazzo non le crede.
Questo cambia quando Hettie la Matta irrompe sulla scena, chiedendo a Death di ritrovare il suo cuore, perduto chissà dove tanto tempo fa. Rimasto in qualche modo intrigato, Sexton Furnival abbandona temporaneamente i suoi propositi e segue Didi nel suo peregrinare tra le vie e i locali di New York, alla scoperta del senso della vita e di quale possa essere il suo vero significato.
La storia raccontata di per sé è molto semplice e diretta, è una sorta di caccia al tesoro narrativa che diventa però ben presto solo un pretesto.
Sfruttando il piccolo universo che ha creato negli anni precedenti, Neil Gaiman porta avanti quel discorso sulla vita e il suo volerle dare un significato presente, a ben vedere, sin dal primo numero di Sandman e che diventa uno dei temi principali proprio con l'introduzione di Death qualche numero dopo.
E in questo caso lo fa introducendo, sottotraccia ma anche in maniera abbastanza evidente, una tematica delicata e scottante quale quella del suicidio giovanile. Didi è in un certo senso un'omologa di Sexton, eppure vede la vita in maniera differente, ne assapora ogni momento perché sa che il tempo a sua disposizione è poco e apprezza cose per noi ordinarie come il mangiare cibo da un chiosco o ballare in una discoteca.
Senza che Death vada mai a questionare le sue scelte o i suoi propositi, ma guidandolo come una sorella saggia, attraverso di lei Sexton Furnival riscopre quel desiderio di vivere che aveva perduto, trovando infine un modo per lasciarsi alle spalle il dolore e andare avanti apprezzando proprio le piccole cose.
Il tutto può apparire come un messaggio semplicistico, forse lo è anche, ma questo tipo di prodotti era letto anche da persone che i supereroi non li toccavano neanche da lontano e apprezzati in particolar modo da un pubblico femminile che poteva ritrovarsi nei personaggi rappresentati.
Curioso che sia la Morte a ricordarci quale sia l'importanza della vita e del darle un significato, ma anche questo rappresenta un caso più unico che raro.

venerdì 24 ottobre 2025

Libri a caso: Le Avventure di Cugel l'Astuto


Siamo già stati trasportati ne La Terra Morente, questo mondo sull'orlo dell'apocalisse ideato da Jack Vance dove il sole andrà presto o tardi in supernova e la magia è l'elemento principale che anima - e distrugge - le vite degli esseri umani.
Se nel primo libro avevamo assistito a racconti autonomi con protagonisti diversi personaggi, seppur collegati da un filo comune, in questo caso il protagonista è uno solo e si muove nel medesimo scenario. Si tratta di Le Avventure di Cugel l'Astuto (The Eyes of the Overworld), pubblicato nel 1966.
Cugel è un avventuriero che si è autoproclamato "L'Astuto" per via delle - a suo dire - grandi doti nel cavarsela in ogni situazione. Guidato dall'avidità, prova a derubare un potente mago noto come Iocounu Il Mago Ridente, ma costui lo scopre e per punirlo lo scaraventa all'altro capo della terra, intimandogli di ritrovare un potente artefatto mistico prima di poter fare ritorno potendo utilizzare solo le proprie gambe.
A Cugel non resta dunque che muoversi in territori a lui ignoti, dovendo affrontare pericoli a ogni svolta e cercando di rimanere in vita. E il peggior nemico durante questa missione potrebbe essere proprio lui stesso.
Il libro, come detto, utilizza un solo protagonista, ma riprende la struttura dell'opera originaria articolando il viaggio di Cugel in sette racconti, ognuno collegato all'altro. Diversamente dal romanzo precedente, nessun racconto è davvero autonomo, poiché per comprendere a pieno le traversie del viaggio di Cugel  e i vari riferimenti che ci sono bisogna avere il quadro completo leggendoli tutti ne giusto ordine.
La presenza di un personaggio unico, e di un tema principale, infatti, consentono di dare una sorta di più ampio respiro agli eventi narrati, quindi alla fine è come se leggessimo un romanzo suddiviso in più capitoli. Non aspettatevi, tuttavia, riferimenti a raffica ai racconti del primo libro: a parte la consapevolezza che ci troviamo nello stesso mondo narrativo e il citare il nome di un mago già visto in precedenza, non c'è altro, forse per dare un taglio al passato e concentrarsi sul presente.
E questo presente è rappresentato proprio dal nuovo protagonista, che in un'epoca dove ancora predominavano gli eroi classici decide di distinguersi dalla massa. Cugel, infatti, non è un eroe, anzi a ben vedere non è nemmeno un antieroe.
Pensa solo a sé stesso, si comporta in maniera presuntuosa e arrogante, se una persona è in difficoltà l'aiuta solo se capisce di poterne avere un tornaconto, se si trova in pericolo non accorre al suo salvataggio e non si fa alcun problema a lasciare compagni di viaggio nelle grinfie della morte o di spietati criminali. Insomma, l'autore non ha fatto nulla per rendere simpatico questo personaggio, ma c'è anche da dire che il mondo in cui agisce non lascia molto spazio all'eroismo e all'altruismo.
Che tuttavia trova la giusta pena per questo suo atteggiamento. Ogni racconto segue grossomodo lo stesso schema: Cugel intravede una possibilità di arricchirsi o di diventare potente, fa di tutto per conseguire questa posizione di vantaggio sfruttando altre persone per questo scopo, ma alla fine viene punito e si ritrova con nulla in mano, di nuovo al punto di partenza.
Più che il viaggio dell'eroe quello di Cugel è un viaggio di vendetta, nei confronti del mago che lo ha cacciato in questa situazione. Forse l'epilogo sarà scontato, ma questo viaggio può riservare molte sorprese lungo la via.

lunedì 20 ottobre 2025

Netflix Original 186: Un Tipo Imprevedibile 2


Nel 1996 esce Un Tipo Imprevedibile (Happy Gilmore), dove Adam Sandler utilizza - quasi agli albori della sua carriera - un tipo di personaggio che tornerà spesso nelle sue produzioni. La persona rabbiosa, ma alla fin fine di buon cuore, che riesce a raggiungere un risultato per la sua famiglia.
In questo caso si tratta di un giocatore di hockey fallito che trova una propria realizzazione nel golf, grazie a un potente swing che gli farà vincere un prestigioso torneo e conquistare un'affascinante ragazza.
Passano gli anni e l'effetto nostalgia tocca un po' tutto, anche questo tipo di produzioni. Ecco dunque Un Tipo Imprevedibile 2 (Happy Gilmore 2), diretto da Kyle Newacheck, scritto da Adam Sandler e Tim Herlihy e distribuito su Netflix a partire dal 25 luglio 2025. Si tratta di uno dei pochi sequel che finora l'attore si è concesso dopo Un Weekend da Bamboccioni 2 e Murder Mystery.
Dopo la morte della moglie a causa di un incidente da lui involontariamente provocato, Happy Gilmore si ritira dalle competizioni sportive e scompare dai radar pubblici, per rimanere accanto ai suoi cinque figli.
L'unica figlia femmina, Vienna (Sunny Sandler), è molto portata per la danza e una delle scuole di ballo più importanti si trova a Vienna. Tuttavia, occorre un'ingente somma di denaro perché questo sogno si realizzi.
Happy Gilmore deve dunque decidere se tornare a essere un campione di golf, ritrovando quello spirito vincente che sembra perduto per sempre. E sulla sua strada si imbatterà di nuovo nel suo più grande avversario, Shooter McGavin (Christopher McDonald).
Quel famoso detto per cui formula vincente non si cambia si applica in pieno a questo sequel, che tuttavia non può non tenere conto dei quasi trent'anni che sono intercorsi tra una pellicola e l'altra.
Nel primo film Happy Gilmore era uno scavezzacollo, insopportabile per certi versi, e solo la passione per il golf e l'amore facevano infine emergere il suo lato migliore. Qui invece è un padre di famiglia che ha perso la volontà di combattere per via di ciò che gli è capitato: da un personaggio comico si è trasformato in uno malinconico (la vita, passati i 50 anni, la si vede in maniera differente rispetto a quando se ne hanno 30), ma che ha ancora la battuta pronta (di golf e di spirito).
Anche il mondo in questi trent'anni è cambiato e Happy Gilmore diventa uno di quei "boomer" che si deve confrontare con esso, ma tenendo sempre al primo posto il valore più importante, onnipresente nelle produzioni con Adam Sandler: la famiglia. Nel primo film era la nonna e il doverle garantire un'abitazione per le sue necessità, qui è la figlia che vuole coltivare i propri sogni.
L'effetto nostalgia non si fa certo pregare: qualunque attore si potesse richiamare - e intendo proprio qualunque - è presente e chi non c'è più come Richard Kiel o Carl Weathers viene sostituito dai suoi figli. Inoltre, qualche inaspettato cameo quali ad esempio Margaret Qualley ed Eminem e l'onnipresente, anche lui, Steve Buscemi.
Si tratta proprio di quel classico sequel che cerca sia di conquistare nuovi spettatori, che scopriranno poi o nello stesso momento la prima pellicola, che di ricatturare gli spettatori di un tempo, rianimando i loro ricordi e riportandoli in un mondo a loro ben noto. Dove la magia ancora persiste.

venerdì 17 ottobre 2025

Netflix Original 185: La Babysitter - Killer Queen


Per il giovane studente Cole l'incubo sembrava finito. In La Babysitter, aveva affrontato suo malgrado una setta di giovani aspiranti demoni immortali capeggiati dalla babysitter Bee, interessati al suo sangue di vergine per ottenere i poteri.
Ma tra acrobazie fortunate e imbarazzanti cadute, i giovani erano stati debellati. Però quel film era un omaggio parodistico degli slasher degli anni '80 del ventesimo secolo. E voi sapete bene cosa accadeva allora quando l'assassino era dichiarato morto, giusto?
Non sorprenderà dunque sapere che la storia continua in La Babysitter: Killer Queen, diretto da McG, scritto da McG, Dan Lagana, Brad Morris e Jimmy Warden e distribuito su Netflix a partire dal 10 settembre 2020.
Sono passati due anni dagli eventi del primo film. Ora Cole Johnson (Judah Lewis) frequenta il liceo e nessuno, inclusi i suoi genitori, crede che lui sia riuscito ad eliminare da solo i componenti di una setta satanica, tanto che sta per essere rinchiuso in un istituto psichiatrico. Ma c'è qualcuno forse più strano ancora, la nuova studentessa Phoebe (Jenna Ortega).
Per sfuggire a questo insolito destino, Cole si reca in vacanza con alcuni amici, ma lì lo aspetta una brutta sorpresa: tutti i componenti della setta sono riusciti in qualche modo a tornare in vita e intendono riprendere il discorso interrotto. E se ci sono loro, può Bee (Samara Weaving) essere troppo lontana? E l'unica persona su cui Cole può contare è proprio Phoebe.
La storia di Cole Johnson continua e lo fa riprendendo molti elementi del film originario e introducendone al contempo di nuovi, in termini di personaggi e ambientazioni.
Il primo film era una dichiarata parodia degli slasher movie del passato in stile Scream o giù di lì e anche in questo caso l'elemento parodistico è presente, seppur si concentri su alcune strategie narrative adottate negli ultimi anni in molte pellicole.
L'uso sproporzionato dello slow motion, non riferito a quel singolo regista il cui nome vi sarà subito venuto in mente, l'abuso abbondante dei flashback per spiegare come mai si è creata quella situazione contraddittoria, gli improbabili ritorni per creare un sequel, l'eccessivo desiderio di inclusività (con tanto di riferimento in senso positivo a Jordan Peele) e i cambi di barricata senza troppe spiegazioni sono gli stratagemmi narrativi che finiscono nel mirino.
Quindi una sorta di parodia del cinema blockbuster degli ultimi quindici anni circa, da quando il modello MCU ha preso piede (ma non è l'unico "colpevole"), facendo sì che la trama passasse in secondo piano. Sì, il regista ha anche diretto i film delle Charlie's Angels, ma quello era già un altro mondo.
E con la stessa surrealtà con cui si era conclusa la prima pellicola, termina anche questo sequel permettendosi - come fanno i blockbuster moderni - di lasciare quello spiraglio aperto per un nuovo capitolo. Se poi sarà realizzato o meno, dipende da differenti tipi di "sette".

giovedì 16 ottobre 2025

Fabolous Stack of Comics: Tex - La Piramide Misteriosa


Il western, la frontiera americana che vediamo nelle storie di Tex Willer non è quella che abbiamo imparato a conoscere col cinema statunitense coi vari John Wayne e Gary Cooper. E ancor meno è la vera frontiera che i coloni americani hanno affrontato e vissuto.
Piuttosto è un mondo a parte dove, sì, spopolano ranger, cowboy e pistoleri criminali, ma saltuariamente fa capolino un elemento insolito in questo contesto: la magia. Insolito tranne che qui, dove è quasi di casa, come hanno già abbondantemente dimostrato le storie che hanno visto Mefisto come avversario dei pards.
E quindi non stupisce che Tex Willer affronti un'altra minaccia soprannaturale in La Piramide Misteriosa, pubblicata nel 1979 sugli albi 228 e 229 della serie dedicata a Tex, scritto da Gianluigi Bonelli e disegnato da Guglielmo Letteri.
Tex e Kit Carson, che devono affrontare un lungo viaggio, decidono di sostare per una notte presso la dimora di un loro amico e alleato, El Morisco.
Tuttavia la situazione è tesa poiché costui e il fido Eusebio sono stati presi di mira da strani animali esotici che attaccano la loro casa. Tex riesce a ucciderne alcuni con abilità e fortuna, scoprendo che questi animali provengono dalla piramide dove dimora un sacerdote egiziano di nome Rakos.
Costui, maledetto da Iside nell'antichità, ora vive una vita immortale in cui gli è preclusa la luce del sole e che deve essere dominata dalla malvagità. In El Morisco ha trovato un potente avversario che deve essere eliminato, ma Rakos non ha fatto i conti con Tex Willer e la sua infallibile mira.
Ora, in massima trasparenza, vedere una piramide egizia, visibile anche da lontano, comparire nel bel mezzo della prateria americana senza che nessuno se ne sia mai accorto o l'abbia comunque segnalato è difficile da mandar giù...
Ma se si riesce ad andare oltre questo aspetto ci ritroviamo di fronte alla più sfrenata - ma anche consueta - delle avventure di Tex che, insieme a Kit Carson, si ritrova a proteggere una persona in pericolo, in questo caso un suo caro amico e alleato.
La differenza rispetto alle altre storie del ranger texano è il preminente elemento sovrannaturale, anche se non manca una tribù di indiani a proteggere Rakos, giusto per dar vita a qualche sparatoria. Animali parlanti, maledizioni di antichi dei egiziani, amuleti mistici e pozioni magiche non ci sembra di averle viste nei film con John Wayne ma, in quello che è un western fatato quale quello dove Tex agisce, risultano pienamente accettabili.
Ed essendo lui l'eroe della situazione, non si fa problemi a gettarsi nei duelli o affrontare le minacce mistiche di Rakos senza interrogarsi più di tanto. Nella maniera di agire semplice e immediata che Tex ha, ogni problema può essere risolto da una pistola o dal suo Winchester.
Per Gianluigi Bonelli, avido lettore e spettatore di film, queste storie erano un veicolo per dare libero sfogo alla sua immaginazione sfrenata, senza porsi troppi problemi di verosimiglianza o eccessivo realismo. Il tempo ha dimostrato che ha fatto bene ad agire in questo modo.

lunedì 13 ottobre 2025

Libri a caso: Sherlock Holmes e gli Orrori del Miskatonic


Sherlock Holmes contro Chtulhu e i Grandi Antichi. Uno scontro impossibile, improbabile... ma nulla è davvero impossibile per la narrativa, come ha dimostrato Sherlock Holmes e le Ombre di Shadwell, primo romanzo di una trilogia.
E così l'autore, James Lovegrove, ritorna sul "luogo del delitto" col seguito Sherlock Holmes e gli orrori del Miskatonic (Sherlock Holmes and the Miskatonic Monstrosities), pubblicato nel 2017.
Sono passati quindici anni dagli eventi del primo libro e ci troviamo dunque nel 1895. Sherlock Holmes non ha mai apparentemente perso la vita lottando contro Moriarty presso le Cascate Reichenbach e in tutti questi anni ha combattuto contro gli orrori generati dai Grandi Antichi che tormentavano gli esseri umani.
John Watson, sotto forma di racconti opportunamente rivisti, ha poi pubblicato queste avventure, decidendo poi di rinunciare alla scrittura a seguito dell'uccisione della moglie da parte di uno degli emissari dei Grandi Antichi.
I due - seguendo un'indicazione di Tobias Gregson - si recano presso un ospedale psichiatrico dove vi è internato un paziente senza nome che si esprime solo tramite un ignoto linguaggio. Tale linguaggio è in realtà quello parlato dai Grandi Antichi e presente nel Necronomicon, ben noto ad Holmes.
Costui riesce ad intuire l'identità del paziente, collegandola a un misterioso caso di sparizione avvenuto poco tempo prima negli Stati Uniti che sta per colpire con tutto il suo orrore anche Londra e il mondo intero.
Questo è il capitolo centrale di una trilogia, ma non ne rappresenta una pura e semplice continuazione senza approfondire troppo le tematiche concepito nel romanzo iniziale.
Anche stavolta la "formula vincente" si ripete. L'autore riprende alcune celebri storie di Arthur Conan Doyle come Il Segno dei Quattro, L'Avventura della Casa Vuota e Il Mastino dei Baskerville per riadattarle in questo nuovo contesto.
I personaggi però sono cambiati e non potrebbe essere diversamente. Il primo libro rappresentava la loro prima alleanza e il primo scontro con questi incredibili orrori. Gli anni passati hanno forgiato i loro caratteri, ma hanno anche richiesto un alto prezzo da pagare (la perdita della moglie per Watson, la forte dipendenza dalla cocaina per Holmes).
L'entusiasmo e la sorpresa della prima storia diventano dunque consapevolezza mista a un quasi senso di rassegnazione in questo seguito: poiché quante volte si possono affrontare pericoli che sfuggono alla comprensione umana prima di perdere il senno?
Dopotutto, però, ci troviamo di fronte a due persone non comuni. E così Holmes e Watson, andando a fondo nell'indagine e nei misteri che si ritrovano a scoprire, ritrovano quella vitalità e quel desiderio di risolvere i casi (sovrannaturali) più intricati che anni di battaglie avevano assopito.
Nel mezzo il ritorno di antichi avversari, un lungo interludio nel solco di Arthur Conan Doyle e varie scene di passaggio che contribuiscono a dare continuità al tutto. E la sottolineatura che, se i Grandi Antichi possono influenzare il nostro mondo ancora, questo è dovuto in gran parte alla malvagità degli esseri umani.
Perché gli dei possono avere scopi imperscrutabili, ma gli uomini o la feccia di essi sono guidati talvolta dai più bassi istinti.

domenica 12 ottobre 2025

Italians do it better? 61: Freaks Out (2021)


La via dei supereroi italiani, non così improbabile come si potrebbe pensare seppur non così frequente come si verifica negli Stati Uniti, ha trovato una prima linfa in Italia grazie a Lo Chiamavano Jeeg Robot e un altro paio di prodotti.
Un genere in cui non si investe molto, per ragioni economiche e di mancanza di coraggio, ma che torna a far capolino anche con prodotti "collaterali" come la trilogia su Diabolik oppure anche - dallo stesso team creativo del film succitato - con Freaks Out, diretto da Gabriele Mainetti, scritto da Gabriele Mainetti e Nicola Guaglianone e distribuito nei cinema nell'ottobre 2021.
Ci troviamo a Roma, nel 1943, in piena Seconda Guerra Mondiale e quando la Campagna d'Italia deve ancora iniziare. In questo scenario quattro "freaks" dotati di strani poteri, Fulvio (Claudio Santamaria), Matilde (Aurora Giovinazzo), Cencio (Pietro Castellitto) e Mario (Giancarlo Martini) si ritrovano all'improvviso abbandonati dal proprietario del circo per cui lavorano, Israel (Giorgio Tirabassi).
Matilde, tuttavia, si convince che costui sia stato rapito e così i quattro improbabili eroi iniziano la loro ricerca nella capitale italiana assediata dai nazisti i quali a loro volta sono perseguitati dai partigiani capeggiati dal Gobbo (Max Mazzotta). I quattro restano così coinvolti in un conflitto che potrebbe decidere le sorti della guerra.
I fumetti di supereroi e la guerra sono stati intrecciati fin dagli albori di questo genere. In quella che è definita la Golden Age, colorati eroi come il primo Batman, Capitan America, la JSA e molti altri avevano come principale nemico l'esercito nazista e i suoi adepti.
Il film di Mainetti sembra voler definire un'era che nella nostra storia fumettistica - dominata da ranger texani e spericolati avventurieri - non vi è mai stata. Eppure anche il nostro passato, pur nei suoi aspetti bellici e drammatici più dolorosi, può offrire terreno per storie di questo genere. Ovviamente con un impatto moderno, dove emergono tematiche come la diversità, le persecuzioni razziali e religiose che persistono ancora oggi e la ribellione alle dittature.
Oltre a questo omaggio, voluto o forse no, a questo particolare genere supereroistico ve ne è un altro più marcato. Poiché, agli occhi del lettore abituale di fumetti, i quattro protagonisti possono richiamare versioni alternative, e italiane, degli X-Men.
In particolare l'epilogo della storia - con una battaglia finale che non sfigura affatto di fronte ad alcune produzioni MCU - sembra tenere conto in special modo de La Saga di Fenice Nera.
Gli X-Men sono stati concepiti come dei freaks, per proteggere un mondo che li teme e li odia, come accade agli artisti circensi di questa pellicola (anche Nightcrawler, per dire, ha avuto un passato da acrobata di un circo). E in questo clima di tensione hanno rafforzato i loro legami di amicizia e rispetto.
Lo stesso accade a Fulvio, Matilde, Cencio e Mario. Distanti in principio, accomunati solo dal lavoro che fanno, più forti e uniti che mai alla fine per via delle avversità che hanno dovuto affrontare.
Si citava la mancanza di coraggio. Ecco, il fatto che simili prodotti rimangano sempre bellissimi esperimenti, anche premiati, lo dimostra. Bisogna sapersi accontentare, dunque, e apprezzare ogni possibile deviazione che il cinema italiano odierno compie dal suo percorso abituale.

sabato 11 ottobre 2025

Italians do it better? 60: Diva Futura (2025)


I biopic delle più importanti personalità italiane, quelle che hanno segnato la storia con la S maiuscola, vengono spesso sviluppate sotto forma di sceneggiato televisivo. In quanto devono essere prodotti più che rassicuranti che sottolineino le luci del personaggio, ma ben si guardino dall'indicarne le ombre (diversamente dal cinema americano, che pure spesso e volentieri scivola nel patriottismo).
Cosicché al cinema rimangono quelle personalità che forse la storia con la S maiuscola non l'hanno segnata, eppure una traccia di sé l'hanno lasciata. Come nel caso di Diva Futura, scritto e diretto da Giulia Louise Steigerwalt e distribuito nei cinema nel febbraio 2025.
Fin da piccolo, Riccardo Schicchi (Pietro Castellitto) rimane intrigato dalla figura femminile nel suo aspetto più lussurioso e decide di scardinare quell'aura di perbenismo e ipocrisia presente nella società italiana negli anni '70 del ventesimo secolo.
Così negli anni successivi, con al suo fianco soprattutto tre donne dalla forte personalità come Ilona Staller (Lidija Kordic), Moana Pozzi (Denise Capezza) ed Eva Henger (Tesa Litvan), Schicchi crea un impero del cinema pornografico che trova il suo emblema nella società da lui stesso fondata, ovvero Diva Futura.
Tuttavia la società italiana non più perbenista, che è cambiata anche grazie a lui, continua a cambiare troppo in fretta con l'avvicinarsi del nuovo millennio e Riccardo Schicchi - di fronte all'arrivo della tecnologia e di Internet - inizia a sperimentare le prime difficoltà e a veder crollare quei sogni di ragazzo.
Possiamo dire che questo film è la versione italiana di Boogie Nights? Forse il paragone è troppo azzardato, ma entrambe le pellicole si incentrano sull'ascesa e il declino di un certo cinema pornografico (genere che ancora oggi macina migliaia di euro) degli albori.
Se però il film americano utilizzava personaggi fittizi basati su personalità reali, quello italiano individua in Riccardo Schicchi (nome che oggi dirà poco alle giovani generazioni) il principale esponente di quel periodo che, volenti o nolenti, ha cambiato la società italiana.
Ma siccome l'essere umano possiede sia pregi che difetti, Schicchi viene ritratto sì nei suoi tratti migliori, ma non ne vengono nascoste le ombre.
Come nelle complicate relazioni amorose che si trova ad affrontare e di cui non vuole accettare la fine. O negli scambi di vedute con la segretaria Debora Attanasio (Barbara Ronchi), da un cui libro è stata tratta questa pellicola, che a un certo punto in una scena dal forte impatto dice a Schicchi che se il cinema porno ha preso una deriva che arriva a far vedere donne picchiate e sodomizzate per il piacere dello spettatore ne ha una buona parte di responsabilità anche lui.
Il rapporto ritratto sullo schermo tra Schicchi e Debora Attanasio è pieno di umanità e rispetto, nonostante le divergenze, e risulta a mio avviso la parte migliore del film. Con quel continuare da parte di Schicchi a definire sempre la segretaria "Signorina" o aiutandosi a vicenda durante i momenti di difficoltà.
L'altro, inevitabile protagonista è il corpo femminile, ma non in un'accezione negativa o pruriginosa. Film come The Substance hanno dimostrato che le registe inquadrano le nudità in maniera differente dai registi, che perlopiù si comportano come se fossero spie che guardano dal buco della serratura. Il corpo femminile - non celato - è quello che ha segnato le fortune di Diva Futura, ma anche i suoi momenti bui.
Quindi lo sguardo della regista e anche dello spettatore passa dall'ammirazione all'interrogarsi quanto oltre ci si possa spingere. La visione del corpo nudo di Moana Pozzi segnato dalla malattia negli ultimi mesi di vita è la dimostrazione di come esso possa rivelarsi traditore, a volte.
In ultima analisi, Diva Futura ritrae i vari protagonisti nelle loro peculiarità e dandoci un ritratto umano con cui poter empatizzare. Alla fine Riccardo Schicchi è rimasto quel ragazzo che aveva dei sogni e, a modo suo, ha cercato di realizzarli. 

venerdì 10 ottobre 2025

Fabolous Stack of Comics: Mezzanotte dell'Anima


Il tema del disturbo da stress post-traumatico (PTSD) a seguito della partecipazione a un conflitto bellico, durante il quale si è stati testimoni di atroci orrori, è divenuto noto al grande pubblico principalmente al termine della guerra in Vietnam, ma è sempre esistito per i sopravvissuti che non riuscivano a lasciarsi alle spalle ciò che avevano sperimentato.
Anche per i reduci della Seconda Guerra Mondiale, il conflitto che ha scoperchiato una serie di inimmaginabili orrori come i campi di concentramento. Un tema che ritorna anche in Mezzanotte dell'Anima (Midnight of the Soul), miniserie di cinque numeri pubblicata nel 2016 da Image Comics, scritta e disegnata da Howard Chaykin.
Ci troviamo a New York, nell'anno 1950: Joel Breakstone, da quando è finita la guerra, ha provato a rifarsi una vita e si è anche sposato, ma poco tempo dopo si è praticamente barricato in casa, preda di allucinazioni risalenti a quando ha liberato un campo di concentramento e col terrore di affrontare il mondo esterno.
Joel Breakstone è diventato così un alcolista e sta cercando invano di coronare una carriera come scrittore. La compagna, Patricia, stanca di questo suo carattere arrendevole, esce dunque le notti per concedersi ad altri uomini.
Sconfiggendo le sue paure, Joel Breakstone decide di seguirla. Questo dà il via a una serie di eventi che si estenderanno per una notte intera e cambieranno per sempre la vita del reduce di guerra.
Questa storia appare come una sorta di noir post-moderno, che non si fa problemi a trattare tematiche che nei noir classici, per motivazioni varie, venivano sottaciute o non approfondite e calcando molto sulla violenza (che nei film di decenni fa non poteva essere troppo mostrata).
Il protagonista stesso è un personaggio moderno calato in un contesto del passato. Personaggio e non eroe o antieroe, poiché non ne ha la caratura. Joel Breakstone è qualcosa di diverso dall'uomo della strada che prova ad affrontare i propri incubi: è un uomo che ha toccato il baratro, a volte non riesce a ricordare eventi del passato, si affida alla bottiglia che non gli offre alcun conforto e viene tradito.
La mezzanotte dell'anima del titolo, una profonda crisi psicologica che causa una sensazione di vuoto. Un vuoto che il protagonista infine riesce a colmare, ovviamente nel solco di un fumetto pieno di sparatorie, termini politicamente scorretti (è Howard Chaykin, dopotutto), sesso, droga e rock'n'roll. Sul rock'n'roll ho dei dubbi.
Affrontando tutte le sue paure e incertezze in una sola notte, Joel Breakstone fuoriesce dalla sua crisi psicologica, si riappropria dei ricordi, soprattutto quelli più dolorosi, inizia a farsi una carriera come scrittore e già che c'è trova pure una nuova fidanzata.
Lieto fine migliore non potrebbe esserci, direi. Ho come la sensazione che il protagonista sia un alter ego dello sceneggiatore che - pur senza dover sparare a nessuno o affrontare criminali - dovette fare molta gavetta e affrontare qualche crisi interiore prima di affermarsi come autore completo e ha anche affrontato relazioni concluse in maniera disastrosa.
Dopo la mezzanotte giunge l'alba. Non sappiamo cosa accadrà a Joel Breakstone, ma siamo comunque consapevoli che si è infine lasciato alle spalle la sua vecchia vita.

giovedì 9 ottobre 2025

Fabolous Stack of Comics: Deadman - Amore dopo la Morte


Il tema è di quelli classici, la letteratura e la poesia se ne sono occupati sin dall'alba dei tempi. Amore e Morte, Eros e Thanatos. Elementi in apparenza incompatibili: come è possibile provare un sentimento vitale quando la vita non vi è più?
Eppure la narrativa ci insegna che talvolta l'amore è capace di superare queste barriere, fisiche e metafisiche. Anche nei fumetti. E chi meglio di Deadman per dimostrare questo? Il che ci porta ad Amore dopo la Morte (Love After Death), miniserie di due numeri pubblicata tra il 1989 e il 1990, scritta da Mike Baron e disegnata da Kelley Jones.
Dopo quasi dieci anni nella sua condizione di spirito, Boston Brand continua a provare sensazioni ed emozioni di quando era in vita, cosa che amplia la sua solitudine.
Quando nota su un giornale la notizia riguardante un circo abbandonato e lo spettro che ne perseguirebbe le rovine, Deadman, spinto dalla curiosità, si reca ad indagare.
In realtà non vi è un solo spettro, ma decine di essi, impossibilitati a lasciare questo piano dell'esistenza poiché il padrone del circo, guidato da un demone, li tiene imprigionati per il suo divertimento e sadismo. Tra questi vi è anche la moglie del proprietario, Ann, verso cui Deadman inizia a provare un vero sentimento di amore.
Ma potrà mai concretizzarsi un amore tra due spettri?
L'idea di partenza, a ben vedere, è molto semplice, ma non era mai stata esplorata durante il ciclo pubblicato su Strange Adventures, più incentrato sulla ricerca di Deadman del suo assassino.
Perché Deadman è uno spirito, sì, ma è anche (o meglio è stato) Boston Brand, un trapezista che continua a pensare come un essere umano e provare sensazioni come un essere umano, come la sua determinazione nello scoprire il mandante del suo omicidio dimostra.
E quindi perché Deadman non può anche provare sentimenti positivi come l'amore, che al tempo stesso però rischiano di distruggerlo?
Le idee semplici spesso si dimostrano anche efficaci. Da questa base di partenza, un ottimo connubio tra sceneggiatore e disegnatore mette in scena un dramma sovrannaturale dove - pur essendovi l'azione - ci si concentra maggiormente sull'intimità dei personaggi, trascinati su un palcoscenico infernale, un limbo eterno, dove non pare esservi via di fuga. Ognuno alla fine sceglierà il suo destino e affronterà un'inevitabile pena del contrappasso.
Il fatto che l'amore porti con sé anche il sesso non viene nascosto. Forse perché progetto ritenuto secondario e destinato a un pubblico maturo, in questa storia non ci si fa problemi a mostrare delle nudità, con corpi che si contorcono e si fondono in una giostra di impossibile - ma al tempo stesso credibile - anatomia ben illustrata.
Curioso che l'ordinaria castità supereroistica sia scardinata in questo caso da un eroe che tecnicamente vivo non è.
In ultima analisi, questa non è la classica storia supereroistica. Anzi, oserei dire che non è nemmeno una storia supereroistica, bensì il racconto del tormento di un uomo che tecnicamente la propria umanità l'ha perduta, ma cerca di restarvi aggrappato con tutte le sue forze. Naturali o sovrannaturali che siano.
Anche se questo comporta sconvolgere le esistenze di altri esseri umani.

mercoledì 8 ottobre 2025

Libri a caso: La Casa dei Fiamminghi


Abbiamo già visto il Commissario Maigret, personaggio ideato da Georges Simenon, dover talvolta abbandonare Parigi e la Francia per portare le proprie indagini all'estero. Ad esempio in Belgio ne La Ballerina del Gai-Moulin, oppure in Olanda in Un Delitto in Olanda.
Ed echi di entrambe queste indagini si ritrovano in un altro romanzo dove il Commissario deve recarsi all'estero, o quasi, ovvero La Casa dei Fiamminghi (Chez Les Flamands), pubblicato nel 1932.
Maigret si reca a Givet, paesino sito sul confine tra Francia e Belgio, in quanto contattato da Anna Peeters, la quale è riuscita ad ottenere l'aiuto del Commissario grazie a una conoscenza comune.
La famiglia Peeters è stata incolpata della sparizione di una giovane ragazza, Germaine Piedboeuf, e i sospetti della gente del paese si concentrano su Joseph, il fratello di Anna, in quanto costui era stato fidanzato con la ragazza e aveva avuto pochi anni prima da lei un figlio.
Pur non indagando in veste formale e ufficiale, Maigret inizia a scoperchiare un vaso di Pandora di segreti che coinvolge diverse persone, inclusa la stessa famiglia Peeters, all'esterno così perfetta e immacolata, ma piena di lati oscuri dentro la propria abitazione.
E che fine he fatto Germaine Piedboeuf? Che sia stata infine uccisa?
Quando si tratta di descrivere le ambientazioni delle piccole città e le abitudini degli abitanti che ci vivono, Georges Simenon - come ha già mostrato in passato - sfoggia una maestria senza pari.
In questo caso l'ambientazione è decisamente particolare e ben sfruttata. Pur essendoci riferimenti all'indagine in Olanda, citata un paio di volte, la città che si pone tra due nazioni è il luogo ideale per mostrare anche quelle che sono le differenze tra due popoli che si ritrovano a convivere. Un modo per l'autore per parlare anche, seppur senza approfondire troppo l'argomento, di pregiudizio e classismo.
La taverna gestita dalla famiglia Peeters, dunque, sita in Francia mentre i locali privati si trovano in Belgio, diventa una sorta di anticamera del Purgatorio, dove piano piano vengono alla luce tutti i segreti rimasti taciuti per troppo tempo. Alcuni anche decisamente oscuri e che tirano in ballo tematiche molto delicate ancora oggi.
Un modo per Simenon/Maigret di scavare nei tratti più profondi e sottaciuti della personalità umana e mostrare quanto questo possa rovinare intere esistenze.
Anche questa volta bisognerà chiudere un paio d'occhi rispetto ad alcune scelte narrative, abituali novant'anni fa, meno ora. L'idea ad esempio che Maigret scopra il vero responsabile di questi atti criminali, ma non lo arresti o lo denunci e lasci che sia la coscienza di questa persona a decidere cosa fare solo perché il Commissario si trova lì in veste non ufficiale è un po' difficile da digerire.
È pur vero, comunque, che già in almeno un paio di occasioni Maigret non aveva portato davanti alla giustizia dei colpevoli, poiché il suo principale interesse è indagare nell'animo umano e far venire alla luce quelle piccole o grandi contraddizioni che esso porta con sé.
Quella piccola o grande oscurità che talvolta avvolge più persone, portandole a compiere atti indicibili nel nome di un presunto o supposto bene superiore.

martedì 7 ottobre 2025

Fabolous Stack of Comics: Berserk - Gli Angeli Custodi dei Desideri


Dopo i capitoli introduttivi de Il Guerriero Nero, l'epopea di Berserk ideata da Kentarō Miura preme subito sull'acceleratore con la saga successiva, Gli Angeli Custodi dei Desideri, pubblicata tra il 1990 e il 1991 sulla rivista Young Animal.
Questa saga in sei capitoli introduce elementi fondamentali di quest'opera, che caratterizzeranno le storie successive.
Gatsu, sempre seguito dall'elfo Pak, approda in una città tiranneggiata da uno spietato Conte, il quale condanna a morte decine di persone proclamandole come eretiche, anche se in realtà questo è solo un modo per alimentare la propria malvagità.
Gatsu, però, non è interessato a fare giustizia per questa ragione e sfida apertamente il Conte. Costui in realtà è un altro degli Apostoli dei Cinque della Mano di Dio, a cui sono stati garantiti poteri sovrumani e una sorta di immortalità fondendolo con un demone.
Tra sanguinarie battaglie e demoni in apparenza indistruttibili, Gatsu verrà infine proiettato in un regno fuori dal tempo e dallo spazio, dove avrà modo di ritrovare una sua vecchia conoscenza.
Vi ricordate quando abbiamo detto che questo non è un fantasy classico, popolato da eroi impeccabili e con città e paesaggi incantati? Ecco, qualora non fosse stato troppo chiaro nei primi capitoli, Kentarō Miura sottolinea qui in maniera ulteriore questo aspetto.
Le strade delle città sono sporche, la distanza tra la classe nobile e i poveri è del tutto incolmabile e non vengono nascoste la tirannia e la crudeltà che la prima esercita sui secondi. Non c'è spazio per l'innocenza e, se questa emerge, è con ogni probabilità destinata a essere spazzata via e anche in modo atroce.
Qualche anno prima di George Martin, insomma, Miura invita a non affezionarsi troppo ai personaggi, potrebbero non restare sulla scena troppo a lungo.
La personalità complicata e contorta di Gatsu si amplia. Già sapevamo che non era un eroe, ma ora sorge il dubbio non sia neanche un antieroe, bensì un uomo guidato da motivazioni puramente egoistiche e pulsioni di rabbia.
Non salva un condannato a morte con la giustificazione che metterebbe solo a rischio la propria vita, non si crea alcuno scrupolo se la figlia del Conte viene trascinata nei regni infernali e continua a mostrare disinteresse e arroganza nei confronti di Pak. Di certo Aragorn non è un buon metro di paragone.
Ma quello che manca a Gatsu in umanità viene compensato dall'abilità con la sua lama, in manovre acrobatiche e sovrumane ritratte da Miura con un senso cinetico da far sentire ogni colpo e ogni schivata come realistica, grazie anche a un uso straordinario delle onomatopee che diventano parte integrante delle vignette e dei combattimenti.
Miura, tuttavia, non si limita a questo e mostra tutto il proprio affetto e rispetto nei confronti di grandi maestri dell'arte, citando in questa saga con altrettanta maestria artisti come Salvador Dalí, Maurits Escher, ma soprattutto Hieronimus Bosch, le cui macabre anatomie e spettrali paesaggi sono stati ben studiati dall'autore giapponese.
L'arte che cita l'arte. Ma non un'arte povera che omaggia quella più elevata, bensì due differenti forme artistiche che si completano a vicenda.
Alla fine della storia compare un personaggio destinato a diventare una sorta di secondo protagonista: Grifis. Nulla sappiamo di lui al momento, solo che Gatsu l'ha conosciuto in passato e nutre un profondo odio per lui. Misteri che si aggiungono ad altri misteri.

lunedì 6 ottobre 2025

Libri a caso: I Medici - Decadenza di una Famiglia


Abbiamo visto la famiglia fiorentina dei Medici dominare la scena italiana e non solo in romanzi precedenti scritti da Matteo Strukul. Dapprima Cosimo e Lorenzo il Vecchio in Una Dinastia al Potere. Poi è toccato al celebre Lorenzo il Magnifico in Un Uomo al Potere. Per arrivare infine a Caterina De' Medici con Una Regina al Potere.
Quest'incredibile epopea dove storia e finzione si sono metaforicamente abbracciate giunge infine alla sua conclusione col quarto romanzo, Decadenza di una Famiglia, pubblicato da Newton Compton nel 2017.
Dopo Caterina De' Medici, la famiglia di Firenze rimane sul trono di Francia grazie a Maria De' Medici, che sposa Enrico IV di Francia all'inizio del diciassettesimo secolo. La rinnovata presenza di un'italiana a corte suscita ovviamente il malcontento dei sudditi francesi, ma anche di alcuni nobili che mirano a conquistare il potere.
Tra questi vi è Henriette d'Entragues, amante del re che mira a spodestare Maria. Per sventare questo pericolo, Maria De' Medici richiede l'aiuto di una spia italiana, Matteo LaForgia. Questo dà il via a una serie di eventi che si proietteranno per alcuni decenni e segneranno la storia della Francia e l'inizio della caduta dell'illustre famiglia fiorentina.
Quest'ultimo romanzo della saga sembra voler raccogliere i vari elementi che hanno caratterizzato i tre romanzi precedenti e riunirli insieme per creare un epilogo che sottolinei al meglio suddetti elementi.
Il primo è, come sempre, il fatto che venga preso in considerazione un ampio periodo storico, in questo caso dal 1597 al 1640. Poiché molto può accadere nella vita di una persona, ancor più se questa occupa un ruolo di potere.
E ancor di più se in questo arco di tempo la protagonista ha modo di incontrare sia personaggi fittizi che aiutano a dare una sorta di continuità alla trama, come la citata spia, emblema di un mondo corrotto dove parole come alleanze durature e rispetto sembrano già passate di moda, che personaggi storici, come il Cardinale Richelieu o Paul Rubens.
Anche il legame tra i Medici e l'arte è sempre stato sottolineato, a sottolineare la loro aura di mecenati. Filippo Brunelleschi, Leonardo Da Vinci, in senso molto più lato Nostradamus e ora il pittore fiammingo. Persone di potere che prendono decisioni scomode e a volte mandano persone a morire, ma che rimangono affascinate dalla bellezza dell'arte: una curiosa e apparente contraddizione.
La trama appare molto simile al romanzo precedente, ma non per responsabilità dell'autore, poiché quel detto secondo cui la storia si ripete nel caso di Caterina e Marta De' Medici è stato quanto mai vero. Entrambe invise per la loro origine italiana. Entrambe che a un certo punto si sono ritrovate a essere reggenti del regno per la scomparsa del compagno, in attesa che il primo erede diventasse maggiorenne. Entrambe che hanno dovuto prendere decisioni dolorose e sanguinarie per continuare a detenere quel potere.
Sempre circondate da presunti alleati, a partire dai componenti della propria famiglia per giungere agli infidi consiglieri di corte (non penso che Richelieu abbia bisogno di presentazioni). Trattando così con la giusta sensibilità moderna il tema attuale del rapporto tra le donne e l'autorità, tramite figure storiche che hanno in un certo senso anticipato i tempi.
Poiché illustri professori ci hanno insegnato che, anche se la storia può apparirci superata, lontana nel tempo, essa in realtà ha forgiato il mondo in cui viviamo ora. Una storia fatta di persone con i loro punti di forza e le loro grandi fragilità. Come la famiglia Medici, un tassello indelebile della storia italiana e non solo.