La via dei supereroi italiani, non così improbabile come si potrebbe pensare seppur non così frequente come si verifica negli Stati Uniti, ha trovato una prima linfa in Italia grazie a Lo Chiamavano Jeeg Robot e un altro paio di prodotti.
Un genere in cui non si investe molto, per ragioni economiche e di mancanza di coraggio, ma che torna a far capolino anche con prodotti "collaterali" come la trilogia su Diabolik oppure anche - dallo stesso team creativo del film succitato - con Freaks Out, diretto da Gabriele Mainetti, scritto da Gabriele Mainetti e Nicola Guaglianone e distribuito nei cinema nell'ottobre 2021.
Ci troviamo a Roma, nel 1943, in piena Seconda Guerra Mondiale e quando la Campagna d'Italia deve ancora iniziare. In questo scenario quattro "freaks" dotati di strani poteri, Fulvio (Claudio Santamaria), Matilde (Aurora Giovinazzo), Cencio (Pietro Castellitto) e Mario (Giancarlo Martini) si ritrovano all'improvviso abbandonati dal proprietario del circo per cui lavorano, Israel (Giorgio Tirabassi).
Matilde, tuttavia, si convince che costui sia stato rapito e così i quattro improbabili eroi iniziano la loro ricerca nella capitale italiana assediata dai nazisti i quali a loro volta sono perseguitati dai partigiani capeggiati dal Gobbo (Max Mazzotta). I quattro restano così coinvolti in un conflitto che potrebbe decidere le sorti della guerra.
I fumetti di supereroi e la guerra sono stati intrecciati fin dagli albori di questo genere. In quella che è definita la Golden Age, colorati eroi come il primo Batman, Capitan America, la JSA e molti altri avevano come principale nemico l'esercito nazista e i suoi adepti.
Il film di Mainetti sembra voler definire un'era che nella nostra storia fumettistica - dominata da ranger texani e spericolati avventurieri - non vi è mai stata. Eppure anche il nostro passato, pur nei suoi aspetti bellici e drammatici più dolorosi, può offrire terreno per storie di questo genere. Ovviamente con un impatto moderno, dove emergono tematiche come la diversità, le persecuzioni razziali e religiose che persistono ancora oggi e la ribellione alle dittature.
Oltre a questo omaggio, voluto o forse no, a questo particolare genere supereroistico ve ne è un altro più marcato. Poiché, agli occhi del lettore abituale di fumetti, i quattro protagonisti possono richiamare versioni alternative, e italiane, degli X-Men.
In particolare l'epilogo della storia - con una battaglia finale che non sfigura affatto di fronte ad alcune produzioni MCU - sembra tenere conto in special modo de La Saga di Fenice Nera.
Gli X-Men sono stati concepiti come dei freaks, per proteggere un mondo che li teme e li odia, come accade agli artisti circensi di questa pellicola (anche Nightcrawler, per dire, ha avuto un passato da acrobata di un circo). E in questo clima di tensione hanno rafforzato i loro legami di amicizia e rispetto.
Lo stesso accade a Fulvio, Matilde, Cencio e Mario. Distanti in principio, accomunati solo dal lavoro che fanno, più forti e uniti che mai alla fine per via delle avversità che hanno dovuto affrontare.
Si citava la mancanza di coraggio. Ecco, il fatto che simili prodotti rimangano sempre bellissimi esperimenti, anche premiati, lo dimostra. Bisogna sapersi accontentare, dunque, e apprezzare ogni possibile deviazione che il cinema italiano odierno compie dal suo percorso abituale.
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