Prima o poi deve succedere, per ogni investigatore che si rispetti questa è una tradizione da seguire. È accaduto al progenitore di tutti, Sherlock Holmes, come a Hercule Poirot e molti altri. E non poteva non accadere al Commissario Maigret, il personaggio ideato da Georges Simenon, ovvero quella di un'indagine che si svolge fuori dalla sua nazione di appartenenza.
Evento verificatosi già marginalmente in L'Impiccato di Saint-Pholien, ritorna come argomento principale in Un Delitto in Olanda (Un Crime en Hollande), pubblicato nel 1931.
Il Commissario Maigret viene inviato in Olanda, presso il piccolo villaggio di Delfzijl. Un uomo del posto di nome Conrad Popinga è stato ucciso da un colpo di pistola è il principale indiziato è Jean Duclos, un conferenziere e cittadino francese.
Tuttavia, prima e nel momento dell'omicidio, alcuni eventi e numerose altre persone sono gravitate attorno alla vittima prima del colpo fatale. Tra amanti segrete, misteri di famiglia e difficoltà di comprensione linguistica, Maigret si ritroverà con una ragnatela di intrighi difficile da disfare.
Cambia la nazione in cui si svolge l'azione, ma non cambiano certi punti fermi della saga di Maigret, giunta qui all'ottavo capitolo. A partire da un tipo di ambientazione molto caro allo scrittore, ovvero il piccolo villaggio dove poche decine di anime interagiscono tra loro (peraltro una città realmente esistente, di certo visitata da Georges Simenon che la descrive con dovizia di particolari).
E passando poi per la personalità dell'investigatore, un tipo tranquillo capace di restare indifferente di fronte a ciò che gli si dice, lasciando molti di stucco col suo mutismo e con le sue risposte monosillabiche, salvo poi esplodere quando qualcuno gli fa perdere tempo.
Il fatto che Maigret si ritrovi, per doveri istituzionali, fuori dalla sua nazione di appartenenza è occasione per mettergli di fronte un insolito ostacolo, considerato che alcuni dei sospettati non parlano il francese e lui a sua volta non conosce l'olandese. E inoltre non conosce la città e le sue caratteristiche.
Ma laddove non arriva la reciproca comprensione, giunge l'intuito del commissario e la sua capacità di analizzare le personalità dei vari sospettati. Perché anche se i popoli sono differenti, certi sentimenti come l'amore, l'approfittarsi del prossimo e il rancore rimangono invariati.
Seppure forse questo romanzo non sia incisivo come i precedenti, Maigret - sempre più guidato da un personale senso di giustizia, che non coincide con quello della massa - giunge alla soluzione con una costanza che ha dell'invidiabile, arrivando a escludere ogni singolo sospettato fino a lasciare solo il vero colpevole.
In una sorta di raduno dei possibili assassini in stile Agatha Christie, ma personalizzato e diversificato. E alla fine una sola cosa è davvero importante per Maigret: poter tornare a casa. In un territorio che ben conosce.
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