Sherlock Holmes è il campione dell'ordine, del saper portare logica anche quando la mente umana sembra dover cedere all'ignoto. Maledizioni secolari, cani infernali, valli del terrore: tutto viene infine ricondotto al buon senso e a una soluzione che non lascia punti in sospeso.
Quindi è un personaggio che, proprio per questa sua natura, gli scrittori hanno spesso la tentazione di metterlo a confronto davvero con l'ignoto. Arthur Conan Doyle, pur appassionato di spiritismo e occulto, con ogni probabilità non avrebbe apprezzato, ma credo che neanche lui avrebbe potuto intuire quanto un personaggio da lui ideato sarebbe divenuto universale nel corso dei decenni.
Sherlock Holmes incontra dunque gli orrori e i miti di Chtulhu concepiti da H.P. Lovecraft in Sherlock Holmes e le Ombre di Shadwell (Sherlock Holmes and the Shadwell Shadows), scritto da James Lovegrove e pubblicato nel 2016.
1880: Il dottor John Watson è appena ritornato dall'Afghanistan, dove ha combattuto oltre le linee nemiche ed è stato testimone di orrori inimmaginabili. Mentre cerca di rimettere insieme i pezzi della propria esistenza e sanità mentale, ritrova in un locale un suo ex studente, Stamford, mentre quest'ultimo è coinvolto in attività illegali.
A sorvegliare Stamford vi è un uomo ancora sconosciuto a Watson: Sherlock Holmes. Da quella che sembra una semplice indagine per risolvere una serie di omicidi rituali, nasce in realtà un vero e proprio incubo che rischia di far crollare tutte le certezze di Holmes e Watson, mentre dei ultrasecolari attendono nell'ombra di essere richiamati. Da una mente crudele e affinata.
Quando si tratta di retcon, non si bada a spese. Questa storia effettua una vera e propria riscrittura de Uno Studio in Rosso, rinarrando e ambientando in un differente contesto il primo incontro tra Sherlock Holmes e John Watson, nonché riscrivendo gli eventi di un altro paio di successive opere del canone holmesiano per legarli a un diverso, e in apparenza distante dalle atmosfere holmesiane, canone.
E le principali ispirazioni lovecraftiane in questo caso sono Il Richiamo di Chtulhu e Le Montagne della Follia.
Conan Doyle incontra dunque Lovecraft. Di certo in vita ognuno conosceva l'altro e forse apprezzavano rispettivamente le opere del loro collega, ma nessuno di loro poteva prevedere le evoluzioni della narrativa e la possibilità che un giorno le loro creazioni avrebbero condiviso le stesse pagine.
Intendiamoci, l'opera è stata scritta da un abile narratore che ben conosce entrambe queste mitologie narrative e ha trovato buoni escamotage per farle incontrare, ricreando al contempo con efficacia le atmosfere che i suoi due illustri colleghi del passato avevano concepito.
Quindi chi è appassionato solo del ciclo di Sherlock Holmes o solo dei cicli lovecraftiani forse è meglio che si tenga lontano da quest'opera. Una storia dove l'orrore, la fantasia e la sfrenata immaginazione la fanno da padrone e i confini narrativi vengono spostati ancora più in là, oltre i limiti.
Ed è incredibile come in poche pagine le strade fumose di Londra siano sostituite da regni oltre la sfera terrestre pieni di inimmaginabili orrori e non si avverta un così forte distacco tra un mondo e l'altro, poiché i due cicli trovano qui un terreno comune.
Un terreno, due strade che si incrociano, che è giusto si ritrovino ancora.
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