Nel 1987, esce il primo film della saga di Predator, ambientato nelle giungle sudamericane dove ad affrontare il cacciatore di teste alieno c'è il nostro amato Arnold Schwarzenegger.
Tre anni dopo esce il primo sequel, dove stavolta l'ambientazione è la giungla urbana della metropoli di Los Angeles e a combattere il Predator abbiamo Danny Glover.
Dopodiché, tra crossover con Aliens, film con Adrien Brody pompato di CGI e steroidi e un fallito tentativo di rilancio, arriviamo a Prey, diretto da Dan Trachtenberg, scritto dallo stesso Trachtenberg e Patrick Aison e distribuito su Disney+ a partire dal 5 agosto 2022.
Siamo nel 1719, in Nord America. Naru (Amber Midthunder) è una giovane ragazza della tribù Comanche desiderosa di divenire un'abile cacciatrice, come suo fratello Taabe (Dakota Beavers). Ma gli anziani della tribù e suo fratello stesso non sono d'accordo: questo però non impedisce alla ragazza di cacciare e allenarsi in segreto col proprio cane Sarii.
Un giorno, la ragazza nota uno strano oggetto cadere dal cielo e, ritenendo sia una creatura soprannaturale delle leggende Comanche, chiede il permesso di cacciarla.
Ma non si tratta di un essere soprannaturale, bensì di una delle prime sortite di un Predator sulla Terra, forse la prima in assoluto, e Naru capirà ben presto che è molto facile da cacciatrice divenire preda.
Come si può rinnovare un franchise? Le opzioni sono tante e quella più immediata è di portare avanti una trama già iniziata, cercare di darle una rinfrescata e proseguire con una storia sostanzialmente già iniziata.
Oppure c'è un'altra opzione: andare alle radici del mito di quella saga cinematografica ed esplorarne le potenzialità in scenari finora inesplorati.
Prey sceglie di adottare questa strategia e lo fa al meglio. Lontani da ogni preoccupazione sull'interrogarci su come questo film si ricollegherà alle produzioni originarie (che poi non è proprio così, ci torniamo tra poco), veniamo calati nel nuovo scenario, poco sfruttato in genere dal cinema, delle terre Comanche e delle foreste presenti nelle Grandi Pianure del Nord America.
E si introduce una nuova protagonista, Naru, che qualcosa ci dice sarà destinata a tornare. Deve ancora lavorare molto per arrivare al livello di Arnold Schwarzenegger e Danny Glover, ma l'Adrien Brody pompato di CGI e steroidi già l'ha superato.
Una scelta (una reietta del suo popolo) certo in contrasto con le precedenti incarnazioni eroiche, ovvero soldati e poliziotti valorosi, e che vuole catturare un comune sentire di questi anni: quindi di per sé la si potrebbe definire come una scelta non originale, ma a onor del vero non risulta qualcosa di troppo forzato e Naru dimostra di avere dalla sua un'arma molto potente, la scaltrezza.
E poi c'è lui, il protagonista assoluto a mio parere. Il Predator. Spietato come mai prima d'ora. Alcune uccisioni sono davvero molto efferate, ma non manca mai di affiorare quel suo peculiare codice d'onore. In apparenza può sembrare un personaggio semplice, il classico alieno cattivo, quando in realtà rappresenta una figura molto affascinante e che può essere ottimamente esplorata.
E i richiami alla saga di Predator ci sono, ma rappresentano quel tipo di omaggio che non risulta invasivo: lo spettatore affezionato li noterà subito, quello che arriva a conoscere la saga con questo film e vuole continuare, invece, avrà modo di apprezzare alcuni sottili collegamenti.
Il Predator dunque è ancora vivo e... lotta insieme a noi?
Un film molto carino, con una protagonista cazzutissima. Meglio degli ultimi tentativi, di sicuro.
RispondiEliminaLei stupenda.
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