giovedì 2 febbraio 2023

Fabolous Stack of Comics: JLA - Anno Uno


La Justice League of America ha esordito nel 1960, grazie a Gardner Fox e Mike Sekowsky e nella sua prima formazione militavano tutti i supereroi più celebri di quella prima ondata della Silver Age, con eroi rinnovati. Quindi il nuovo Flash Barry Allen, il nuovo Lanterna Verde Hal Jordan, Aquaman, Martian Manhunter e Wonder Woman. Con Superman e Batman che, in quanto componenti onorari, facevano sporadiche apparizioni.
Saltando tutte le successive formazioni che vi sono state poi, si arriva a Crisi sulle Terre Infinite e... qui arriva la crisi davvero. Poiché, nella Terra che emerge dalle ceneri di questo evento epocale, si afferma che Wonder Woman non ha mai fatto parte della prima ondata di eroi e giunge nel mondo "civilizzato" solo in un secondo momento. Eppure la Justice League c'è già stata prima del suo arrivo!
Ma allora cosa è successo? La soluzione adottata è che al suo posto ci sia stata Black Canary, che sì non c'entra nulla con Wonder Woman, ma immagino che opzioni alternative ce ne fossero poche. Oggi la realtà primaria è stata ristabilita e Wonder Woman ha sempre fatto parte della Justice League, ma nell'Ipertempo rimangono ovviamente le storie di quella insolita formazione della Justice League.
Una di queste è la maxiserie in dodici numeri, pubblicata nel 1998, JLA: Anno Uno (JLA: Year One), scritta da Mark Waid e Brian Augustyn e disegnata da Barry Kitson.
Dopo aver sventato un'invasione degli alieni Appellaxiani, Flash, Lanterna Verde, Aquaman, Black Canary e Martian Manhunter fondano la Justice League of America. Ma per le varie differenze che sussistono tra loro e per la difficoltà che ognuno ha nell'integrarsi con gli altri, in principio il gruppo fatica a ingranare.
Queste divergenze dovranno comunque ben presto essere messe da parte perché un'organizzazione segreta di nome Locus sta per mettere in atto un piano apocalittico che rischia di porre fine all'intera comunità dei supereroi.
Può capitare che ci si ritrovi tra le mani dei piccoli gioielli narrativi di cui si è all'oscuro e ci si accorga di questo mentre si prosegue nella lettura. Questa maxiserie ne è un perfetto esempio.
Mark Waid e Brian Augustyn ricatturano con successo quello spirito pioneristico incarnato da Julius Schwartz e dagli sceneggiatori della Silver Age della DC Comics e lo trasferiscono con altrettanto successo nella loro era, poiché vi è un abisso in termini narrativi tra come si raccontavano le storie di supereroi nel 1960 e come si raccontano a pochi anni dal 2000.
Quindi i due autori riprendono e sviluppano con molta abilità quelle particolarità comportamentali che caratterizzavano i personaggi al loro esordio, ma che non venivano esplorati più di tanto, dando così loro un contesto del tutto inedito.
Ecco dunque l'insicurezza di Dinah Lance, che vede in sua madre - l'originaria Black Canary - e la JSA dei modelli inarrivabili, oppure la paranoia di Martian Manhunter o la spacconeria di Hal Jordan che nasconde in realtà un animo sensibile. O ancora il sentirsi un pesce fuor d'acqua per Aquaman (e chi meglio di lui?) o la timidezza di Barry Allen che maschera in realtà delle grandi doti da leader.
Questo mix di personalità e caratteri si incontra e si scontra e, tralasciando la trama principale di Lotus, il vero focus della storia è vedere come questi eroi interagiscono tra loro e come riescono a costruire un gruppo di persone straordinarie partendo da persone in apparenza fragili e che devono ancora maturare del tutto (a differenza di Batman e Superman che appaiono già come eroi a tutto tondo).
Inoltre si analizzano quegli elementi che erano parte integrante di quel mondo appena nato, quali la Doom Patrol, i Metal Men, i Blackhawk, gli Esploratori dell'Ignoto, persino Snapper Carr, dando loro coesione e unione (laddove invece, durante la Silver Age, ogni eroe sembrava vivere in un proprio mondo personale senza alcun collegamento con gli altri gruppi).
Attraverso la diffidenza nei confronti di Martian Manhunter e certe battute ironiche fuori luogo verso Aquaman, che ha difficoltà ad ambientarsi nel mondo di superficie, si esplorano anche i temi del razzismo e del rispetto verso le persone di diversa estrazione sociale.
Questa maxiserie rappresenta la celebrazione del supereroismo più puro, capace di superare tutte le avversità. Quel supereroismo che nel 1960 poteva apparirci ingenuo e surreale, ma che in realtà ha sempre dimostrato, per la propria epoca, una certa grandeur.

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