A volte, mentre percorriamo le strade con l'automobile, li vediamo lì, inerpicati sui monti. Sono quei piccoli paesi costituiti da uno sparuto agglomerato di case e composti da poche centinaia di abitanti. Quei paesi dove forse è vero che tutti conoscono tutti.
Anche se ormai il progresso e la continua urbanizzazione sta ormai inglobando anche queste piccole realtà urbane, destinate dunque a scomparire entro un certo tempo che non si può ancora definire, questi piccoli paesi continuano oggi a esistere.
E uno di essi si trova in Un Paese Quasi Perfetto, scritto e diretto da Massimo Gaudioso e distribuito nei cinema nel marzo 2016. La pellicola è un remake, manco a dirlo, di un film francese del 2014, Un Village Presque Parfait.
Un tempo Pietramezzana, piccolo comune della Basilicata, era una ridente cittadina che prosperava grazie a una miniera. Ma quando questa miniera è stata chiusa a causa di un allagamento, molti se ne sono andati. Ora in paese rimangono poco più di un centinaio di persone, in buona parte ex minatori con le loro famiglie che campano con la cassa integrazione.
Uno di questi è Domenico Bonocore (Silvio Orlando), che intravede a un certo punto l'opportunità di far rinascere Pietramezzana grazie all'interesse di un'azienda che vuole aprire qui una fabbrica tramite i fondi dell'Unione Europea.
Ma c'è un problema. Perché questi vengano concessi, occorre che un medico sia residente nel paese. Domenico Bonocore individua un possibile candidato in Gianluca Terragni (Fabio Volo), un chirurgo estetico e appassionato di cricket, facendolo trasferire per un mese. Ma come convincerlo a restare?
Siamo nell'ambito della perfetta commedia dei buoni sentimenti. Abbiamo infatti dei perdenti che hanno comunque un buon cuore e cercano di sopravvivere come possono, convinti di stare agendo per il meglio, da un lato, mentre dall'altro vi è un medico un po' pieno di sé, che rimane tuttavia corretto e sincero.
Ecco dunque nascere da questa contrapposizione il classico gioco degli equivoci, per convincere il medico che Pietramezzana sia un paese idilliaco in cui rimanere, terreno perfetto per dare vita a una serie di situazioni comiche che comunque non vanno a intaccare più di tanto sulla trama generale. Giusto per strappare qualche risata in più allo spettatore, come certa commedia italiana è solita fare.
Il messaggio finale, esplicitato da Domenico Bonocore nel confronto finale con Gianluca Terragni, è che una persona per conservare la propria dignità e avere un lavoro è anche disposta ad andare contro le regole, in quanto quelli sono beni superiori.
In mezzo a questo, inoltre, una piccola critica - così piccola che quasi non te ne accorgi - di come lo stato, le aziende e le autorità si dimentichino di queste persone, convincendole con la loro indifferenza a trasferirsi in città e far morire questi piccoli agglomerati che hanno tanta storia alle loro spalle da raccontare.
Un po' semplicistico, forse, ma il film non intendeva certo essere un trattato di sociologia.
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