Amati. Detestati. Chiacchierati. Bene o male, oggi sempre al centro dell'attenzione mediatica. Sono gli influencer, una figura praticamente sconosciuta anche solo poco più di dieci anni fa ma che, col progredire dei social, è divenuta sempre più rilevante.
Come sempre nell'era Internet, si tende a cristallizzare le proprie opinioni e c'è chi è convinto fermamente che gli influencer siano inutili e dannosi e chi invece li segue con passione, non mettendo mai in dubbio ciò che fanno o dicono. Ma come accade per tutte le categorie di questo mondo, ci sono le male marce e i gioielli scintillanti.
Come ad esempio in Not Okay, scritto e diretto da Quinn Shephard e distribuito su Disney+ a partire dal 29 luglio 2022.
Danni Sanders (Zoey Deutch) è una photo editor che lavora per una rivista online, sperando un giorno di poter diventare una scrittrice. Per questo cerca costantemente le attenzioni di un influencer che lavora per la rivista, Colin (Dylan O'Brien).
Quando per un malinteso con lui, Danni fa capire che si recherà a Parigi per un seminario, non avendo i soldi necessari modifica alcune sue foto e le posta su Instagram per far intendere che in realtà si trova nella capitale francese.
Accade, tuttavia, che la città sia oggetto di alcuni attentati terroristici a celebri monumenti nazionali che uccidono molte persone. Danni, piuttosto che ritrattare quanto da lei postato, inizia a tramutare la cosa a suo vantaggio, fingendo di essere una sopravvissuta e divenendo in breve tempo un idolo mediatico. Ma questa sua bugia potrà restare in piedi?
Il disclaimer iniziale mi dice che questo film è incentrato su una persona detestabile. Direi che invece ci troviamo di fronte a una persona profondamente sola, la quale non ha legami stabili e finge ogni tipo di emozione pur di diventare qualcuno, pur di dare un senso alla propria vita che un senso non ha, visto che il suo sogno di essere una scrittrice si scontra con la dura realtà.
E quando trova la prima vera amicizia della sua vita è destinata a perderla a causa delle sue bugie, capendo solo in un secondo momento la portata del suo errore.
Chi vedesse questa pellicola sperando in una visione da boomer del tipo:"Ah ma che pessimi gli influencer, che si trovino un lavoro vero!" resterà deluso, poiché non è così. Non vi è affatto una critica generica a tutta la categoria degli influencer, piuttosto a come una (Grande? Piccola?) parte di essi gestisce la comunicazione social.
Danni Sanders è un estremismo, ma credo chiunque di noi si imbatta in post che cercano di sfruttare con malizia il tema del momento, meglio se delicato (un conflitto, un evento luttuoso), al solo scopo di accaparrare like e followers, fingendo emozioni e con messaggi preparati dalle agenzie.
Ma ci sono anche (Tante? Poche?) persone che gestiscono i social con coscienza, che li utilizzano per parlare di svariati temi con cognizione di causa, cosicché chiunque possa farsene un'idea (nel film vi è un personaggio importante che ricopre questo ruolo). Tuttavia i loro messaggi si perdono nelle centinaia di altri post che l'algoritmo consiglia a discapito di questi.
La critica semmai è rivolta dunque verso chi foraggia questo tipo di influencer e preferisce "annegare" in un mare di like a portata di mano senza interrogarsi sulla realtà che lo circonda. E, ovviamente, verso gli influencer che sfruttano questa cosa solo per proprio tornaconto. Salvo quando la loro finzione viene smascherata, subiscono una levata di scudi mediatica e sono costretti a scomparire.
Può esserci redenzione per loro o per Danni Sanders? Hanno davvero perso qualcosa di davvero importante se un giorno non saranno più considerati degli idoli di Internet?
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