Confesso di non conoscere affatto il cinema brasiliano, anche se questo paese ha una cinematografia di sicuro di tutto rispetto.
E se non conosco questo tipo di cinema, figuriamoci un film di genere western proveniente da questa nazione! Eppure, questo è quello che mi sono trovato di fronte vedendo O Matador - L'Assassino, la prima pellicola brasiliana prodotta da Netflix, scritta e diretta da Marcelo Galvão e distribuita a partire dal 10 novembre 2017.
La storia copre un arco di tempo di circa trent'anni della prima metà del ventesimo secolo, svolgendosi nello stato brasiliano del Pernambuco, e inizia quando un fuorilegge e sicario soprannominato Sette Orecchie trova un bambino abbandonato. Sette Orecchie decide di prendere in custodia il neonato e, man mano che quest'ultimo cresce, gli insegna come sopravvivere e come usare le armi.
Un giorno Senza Orecchie scompare nel nulla. L'orfano - ora divenuto adulto - si reca dunque per la prima volta in città e diviene il sicario di Monsieur Blanchard, assumendo il nome di Cabeleira (Diogo Morgado) e facendosi travolgere dai lussi di questa nuova vita.
Siamo di fronte a un western "sporco" alla Sam Peckinpah (non uno dei personaggi che vi compaiono ha qualche accezione positiva), ma che vira più verso un diverso tipo di sensibilità, la quale si rifà in maniera maggiore agli spaghetti western, probabilmente perché più simili alla cultura e modo di pensare della nazione brasiliana.
E siccome il western italiano è quello che ha fornito più ispirazione, non possono certo mancare inquadrature che richiamano i film di Sergio Leone.
I mezzi e gli scenari sono quello che sono, tanto che in qualche caso sembra di essere capitati sul set - e sia detto con tutto il rispetto - di Quattro Carogne a Malopasso, solo recitato un po' meglio. Ma si può anche non farci caso, dopotutto ci troviamo evidentemente in una zona povera vessata in maniera indiretta tra il primo e il secondo conflitto mondiale.
Non è la parabola ascendente di un eroe, è una storia che punta dritto a un finale amaro intuibile già dalle prime scene, e che proietta ogni personaggio dentro una cappa oscura narrativa che si conclude in maniera inevitabile o con la sua morte o con la sua eterna dannazione. Quasi a dimostrare che tutto il denaro, il potere e le prevaricazioni da cui tutti sono ossessionati alla fine non contano nulla.
Ma alla fine vedrete qualcuno dirigervi verso il tramonto, solo che esso avrà una sorta di colore diverso. L'anno è il 1940 e un'oscurità più ampia sta ormai per calare.
Nessun commento:
Posta un commento