Esiste una regola non scritta della narrativa, di qualunque forma essa sia, secondo cui non esistono pessime idee. Ogni idea è potenzialmente buona e quello che conta davvero è come tale idea viene sviluppata dallo scrittore di turno.
Ora, se noi fino a venti anni fa avessimo pensato a un fumetto popolato da animali antropomorfi in un contesto drammatico e ispirato ai film noir dell'epoca d'oro del cinema, probabilmente in molti ci avrebbero preso per pazzi. Poi però è arrivato Juan Díaz Canales e ha zittito tutti.
Da Qualche Parte tra le Ombre (Quelque Part Entre les Ombres), pubblicata nel 2000, è la prima storia che vede protagonista John Blacksad, il detective privato con le fattezze di un gatto nero che agisce in una New York immaginaria degli anni '50 del ventesimo secolo.
L'albo, così come anche le storie successive, è stato realizzato da Juanjo Guarnido. Seppur entrambi gli autori siano spagnoli, la storia è stato pubblicata in Francia vista la sua natura autoriale.
Blacksad riceve la drammatica notizia dell'uccisione dell'attrice Natalia Willford, una donna di cui il detective si innamorò perdutamente dopo aver intimato a un suo stalker di lasciarla in pace, tuttavia la loro relazione si interruppe in maniera brusca e non la vide più.
La morte di Natalia scatena la rabbia di Blacksad, che inizia ad indagare sul suo omicidio, scoprendo ben presto che ci sono persone influenti che non vogliono che la verità venga a galla e dunque cercano di metterlo a tacere con le maniere forti. Blacksad ha tuttavia un alleato, il commissario Smirnov, che è pronto a tutto per far sì che il detective trovi il colpevole.
Quello che abbiamo di fronte non è di certo qualcosa di inedito, spesso in passato si sono pubblicati fumetti con animali dalle fattezze antropomorfe che rispecchiano certi comportamenti umani (ci sono certi topi e certi paperi che potrebbero dire qualcosa al riguardo), ma in questo caso ci troviamo al cospetto di un'opera eccezionale e unica nel suo genere.
In primo luogo per l'ambientazione. Davanti ai nostri occhi si para quella città multiforme - in questo caso è New York, ma essa diventa qualcosa di universale - che abbiamo visto nei noir con Jean Gabin o nei film con protagonista Humphrey Bogart.
Città, realizzata in maniera magistrale da Guarnido, dove sì i grattacieli svettano, ma l'umanità delle sue storie in realtà agisce nei vicoli malfamati, nei locali di terz'ordine, in salotti percorsi da raggi obliqui di malvagità, col fumo che esce dalle grate oppure prorompe dalle sigarette e che cerca di celare invano tutti i sozzi peccati che vengono commessi. Un ambiente dominato dall'ambiguità e dalla diffidenza, da cui Blacksad cerca di sottrarsi a tutti i costi, ma di cui suo malgrado entra a far parte.
In secondo luogo per il protagonista e i personaggi che ruotano attorno a lui. Dopo poche pagine non fai più caso al fatto che stai seguendo le indagini di un gatto nero detective e inizi a provare empatia per lui, a sentire i suoi pensieri come se fossero i tuoi. Tutti abbiamo sofferto, tutti prima o poi abbiamo perso un grande amore e ci siamo sentiti impotenti nel non poter fare nulla al riguardo.
I pensieri e le sensazioni di Blacksad diventano quanto di più umano ci possa essere e così le sue azioni, a volte dettate più dall'impeto che dalla logica, e che sono forse quelle che prenderemmo anche noi se ci ritrovassimo nella stessa situazione.
Insomma, davvero un piccolo capolavoro fumettistico di un passato ancora abbastanza recente. Da scoprire.
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