domenica 13 luglio 2025

A scuola di cinema: La Scelta di Sophie (1982)

1979: Viene pubblicato il romanzo La Scelta di Sophie (Sophie's Choice), scritto da William Styron.
La storia si svolge qualche tempo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Stingo, un giovane e aspirante scrittore rimasto senza lavoro, si trasferisce in una pensione di Brooklyn, dove spera di scrivere il libro che lo renderà famoso.
Qui conosce altri due inquilini: Sophie Zawistowska, una sopravvissuta al campo di concentramento di Auschwitz, e Nathan Landau, un autoproclamatosi genio che afferma di lavorare per una compagnia farmaceutica, ma che in realtà è un paranoico e schizofrenico, oltre a far abuso di farmaci. I due stanno insieme, ma la loro relazione è molto complicata a causa del comportamento imprevedibile di lui e dei suoi scatti d'ira e di gelosia.
Col passare del tempo, Stingo fa amicizia con Sophie e apprende del suo tragico passato, che lo ha portata a essere imprigionata nel campo di concentramento di Auschwitz dove per qualche tempo è stata la stenografa personale di Rudolf Hess. Cercando di sfruttare questo legame, Sophie ha provato a far uscire suo figlio dal campo, ma invano.
Tuttavia il ricordo più drammatico è legato a quando Sophie giunse al campo di concentramento coi suoi due figli e venne costretta da un medico a compiere la scelta, scegliere chi dei suoi due figli dovesse sacrificare.
Stingo si innamora di Sophie e vorrebbe fuggire con lei, ma i tremendi ricordi del suo passato la perseguitano e, complice anche il comportamento autodistruttivo di Nathan Landau, decide infine di suicidarsi insieme al suo compagno ingerendo del cianuro.
Pochi anni dopo, il romanzo diviene il soggetto di un adattamento cinematografico.


I diritti cinematografici sull'opera di William Styron vengono opzionati, poco dopo la sua pubblicazione, da Alan Pakula grazie a un investimento di Keith Barish, un imprenditore che ha esordito da poco come produttore cinematografico. Al progetto partecipa anche Martin Starger della Incorporated Television Company (ITC).
Per la regia viene contattato Mike Nichols, ma costui non è interessato. Gli viene proposto allora di dividere le riprese: lui si occuperebbe di quelle ambientate a New York, mentre Milos Forman - un suo caro amico - di quelle ambientate nel passato. Ma anche questo approccio non risulta efficace.
Alan Pakula riceve allora l'incarico sia come sceneggiatore che come regista del film, completando una prima bozza nel 1980. Costui ha in mente in principio per le parti principali di farle interpretare a tre attori poco noti al pubblico, ma capisce ben presto che occorre almeno una star di rilievo.
Per il ruolo di Sophie, dunque, il regista prende in considerazione Liv Ullmann. Tuttavia ,vi è un'altra attrice molto interessata a ottenere questa parte ed è Meryl Streep.
Costei è venuta in possesso di una copia della prima bozza di sceneggiatura tramite un suo amico della Yale Drama School e desidera ardentemente ottenere questo ruolo. Facendo presente il suo interesse, Pakula le offre la parte nell'estate del 1980, ma lei - impegnata con le riprese di La Donna del Tenente Francese (The French Lieutenant's Woman) - attende che la sceneggiatura venga completata.
Quando questo avviene, la scelta finale per la protagonista è limitata a due attrice: una di esse è Meryl Streep, appunto, mentre la seconda è Magdaléna Vášáryová. Meryl Streep continua a dimostrare il suo fervente desiderio di ottenere la parte, tanto da giungere - così si dice almeno, ma non sarebbe molto nelle sue corde - a richiedere ad Alan Pakula di ottenere l'incarico mettendosi in ginocchio davanti a lui e implorandolo in tal senso.
Alla fine comunque la parte le viene assegnata. In preparazione, l'attrice per alcuni mesi apprende come parlare in lingua tedesca e come avere un credibile accento polacco, raggiungendo livelli di fluidità eccezionali in entrambi i casi.
Per il ruolo di Nathan Landau, Alan Pakula è rimasto favorevolmente impressionato da Kevin Kline, che ha ammirato in una rappresentazione teatrale de I Pirati di Penzance (The Pirates of Penzance). Kevin Kline ha anche contribuito alle riprese cinematografiche di questo musical, che però viene distribuito solo in un secondo momento. Questa pellicola rappresenta dunque il suo debutto cinematografico.
La parte di Stingo viene affidata a Peter MacNicol, che prevale su circa cinquanta altri attori, tra cui Timothy Hutton.
Le riprese iniziano in via ufficiale il primo marzo 1982, tenendosi a New York e a Zagabria, in Yugoslavia (l'attuale Croazia) per le scene ambientate nel passato.
In principio l'intento è di effettuare le riprese direttamente in Polonia e presso il campo di Auschwitz, ma l'instabilità politica dell'epoca della nazione polacca (si era nel pieno svolgimento delle lotte sindacali contro il governo comunista) costringe la produzione a prendere una differente decisione.
Per le scene ambientate nel campo di concentramento di Auschwitz viene richiesto a Meryl Streep di perdere alcuni chili.
La scena più difficile da girare per Meryl Streep si rivela, inevitabilmente, quella della scelta. L'attrice infatti è divenuta da poco tempo madre di un bambino, Henry, primogenito del matrimonio con lo scultore Don Gummer, e - anche se in senso più lato - ha perso tre anni prima il primo compagno, John Cazale, a causa di una grave malattia.
Meryl Streep effettua questa scena una sola volta e si rifiuta di rigirarla, anche solo in parte, ritenendola troppo forte e devastante a livello emotivo. Inoltre, si rifiuta di rivederla, anche negli anni successivi, rimanendo sempre turbata quelle volte in cui suddetta scena viene trasmessa in un programma televisivo in cui lei è ospite.
Le riprese si concludono il primo giugno 1982.
La Scelta di Sophie (Sophie's Choice) viene distribuito nei cinema americani a partire dall'otto dicembre 1982. A fronte di un budget di 12 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare 30 milioni di dollari.
Per la sua interpretazione, Meryl Streep si aggiudica il secondo Oscar della sua carriera, nella categoria miglior attrice, dopo quello ottenuto per Kramer Contro Kramer (Kramer vs. Kramer). Alla cerimonia di premiazione, l'attrice ritira il premio incinta di cinque mesi della secondogenita, Mamie.
Dovranno poi passare altri ventinove anni perché l'attrice ottenga questo riconoscimento per la terza volta... ma questa è un'altra storia.

sabato 12 luglio 2025

A scuola di cinema: Shanghai Surprise (1986)

Gennaio 1985: Sul set del video di Material Girl, la cantante Madonna Louise Ciccone, già lanciata verso la via del successo, conosce l'attore Sean Penn, il quale ha già alle proprie spalle una buona carriera cinematografica e svariati film interpretati, nonostante la sua giovane età (non essendo ancora un venticinquenne).
Tra i due scocca la classica scintilla e qualche mese dopo, il 16 agosto 1985, lo stesso giorno in cui la cantante compie gli anni, si sposano per la gioia anche dei paparazzi (meno per Sean Penn in questo specifico caso, essendo spesso soggetto a scatti d'ira appena li vede avvicinarsi). Madonna dedica anche il suo nuovo album, e la canzone che vi dà il titolo, True Blue, all'attore, definendolo la persona più straordinaria dell'universo.
Il cinema ha sempre amato le coppie nella vita che approdano anche sul grande schermo. Gli esempi già per l'epoca sono tanti tra cui Humphrey Bogart e Lauren Bacall, Spencer Tracy e Katherine Hepburn, Paul Newman e Joanne Woodward. Quindi perché non cercare di capitalizzare anche su questa ulteriore coppia di sposi novelli?
Marito e moglie al centro della scena, un progetto cinematografico incentrato proprio su questo. Che cosa potrebbe andare mai storto?


La base del film è un romanzo pubblicato sempre nel 1985, Faraday's Flowers, scritto da Tony Kenrick. La storia si incentra su un commerciante di nome Glen Wasey, ridotto sul lastrico e bloccato in Cina in quanto impossibilitato a tornare a casa. Accetta così la proposta della missionaria Miss Tatlock di ritrovare un carico d'oppio destinato ai soldati rimasti feriti (i fiori di Faraday del titolo) che sta per essere modificato in morfina e di cui vogliono impossessarsi molte altre persone. con intenti meno nobili
La sceneggiatura viene scritta da John Kohn e Robert Bentley, mentre la regia viene affidata a Jim Goddard, specializzato perlopiù in produzioni televisive, seppur di buon livello. La pellicola viene prodotta dalla HandMade Films, uno dei cui soci fondatori è George Harrison.
Costui, dopo lo scioglimento dei Beatles, pur continuando con la propria carriera musicale si lancia anche in questa nuova avventura e la società da lui fondata può già vantare produzioni significative come i film dei Monty Python, I Banditi del Tempo (Time Bandits) e Mona Lisa.
In preparazione alle riprese, Sean Penn studia per circa un mese il Mandarino, con lezioni di due ore al giorno.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 20 gennaio 1986, tenendosi in un primo momento a Macao e Hong Kong. Superfluo dire che i problemi non tardano ad arrivare.
I fotografi non si lasciano ovviamente sfuggire la possibilità di fotografare la coppia di sposi novelli sul set del film e già al secondo giorno brulicano attorno ai luoghi delle riprese, suscitando in poco tempo l'ira di Sean Penn, che ha alcuni scontri verbali con loro. Come risultato l'attore chiede e ottiene che l'addetto stampa Chris Nixon venga licenziato.
Oltre a questo vi è la presenza di ratti vicino e sotto i camper dove dimorano gli attori e si registrano alcuni casi di avvelenamento lieve da cibo nella troupe. Ben presto, inoltre, Madonna e Sean Penn iniziano a distanziarsi dal resto della troupe, rimanendo il più possibile chiusi nei loro alloggi, cosa che contribuisce ad alimentare ancor di più la tensione.
Dopo quattro settimane, a cercare di risolvere la situazione interviene George Harrison in persona che - capendo come la problematica dei paparazzi sia sostanzialmente irrisolvibile e il resto certo non aiuti - fa trasferire la produzione a Londra in set chiusi per il resto della lavorazione, per risolvere la cosa alla radice.
Lo stress derivante da quest'esperienza e il fatto di dover trattare con due personalità non semplici quale quelle di Sean Penn e Madonna, fanno sì che il musicista e produttore riprenda a fumare, anni dopo che aveva smesso. George Harrison, comunque, scrive cinque canzoni della colonna sonora del film e ha anche un cameo come cantante di un nightclub.
La pellicola viene proposta alla Metro-Goldwyn-Mayer, che opera una consistente serie di tagli rifiutando la director's cut. Jim Goddard propone allora il film ad altre case di produzione, ma nessuna di esse è interessata. E così la Metro-Goldwyn-Mayer rimane l'unica opzione disponibile.
Sean Penn e Madonna, intuendo il disastro che si sta profilando, tentano vanamente di prendere le distanze dalla pellicola, ad esempio cercando di non far inserire delle loro foto in una ristampa del libro di riferimento.
Shanghai Surprise viene distribuito nei cinema americani a partire dal 29 agosto 1986. A fronte di un budget di 17 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare poco più di 2 milioni di dollari.
Non è per questo flop, comunque, che il matrimonio tra Sean Penn e Madonna naufraga. Di certo non avrà aiutato, ma le relazioni finiscono per motivazioni molto più importanti. A quanto sembra i litigi verbali sono quasi all'ordine del giorno nella loro vita di coppia e, nel dicembre 1987, la cantante presenta domanda di divorzio, salvo ripensarci un paio di settimane dopo e ritirare il tutto.
Ma è solo un inevitabile rinvio e, nel gennaio 1989, la domanda di divorzio viene ripresentata e accettata. Nonostante i grandi rancori che portano eventi del genere, i due col tempo rimangono in buoni rapporti, tanto che Madonna difende qualche tempo dopo Sean Penn dalle accuse per cui avrebbe usato crudeltà psicologica e violenza fisica nei suoi confronti.
Alla casa di produzione di George Harrison non va meglio. Anche in questo caso Shanghai Surprise non è l'unica causa, ma di sicuro contribuisce. Dopo alcuni altri flop e debiti rimasti insoluti, la Handmade Films si ritrova sull'orlo della bancarotta, con strascichi personali e legali anche non piacevoli che vedono George Harrison sporgere denuncia per frode nei confronti dell'altro socio fondatore, Denis O'Brien.
La compagnia cessa dunque le proprie attività nel 1991, venendo rilevata cinque anni dopo da un gruppo industriale del tutto nuovo.
Nonostante il fallimento di questo progetto, le carriere artistiche sia di Madonna che di Sean Penn proseguono, anche nel campo cinematografico per quanto riguarda la cantante... ma questa è un'altra storia.

venerdì 11 luglio 2025

Netflix Original 184: Enola Holmes 2


Il mondo di Sherlock Holmes, che pare così confinato e ristretto nel tempo e nello spazio, in realtà dopo la morte di Arthur Conan Doyle si è di molto ampliato. Tanto da arrivare a inserire tematiche horror e sovrannaturali, viaggi in altre nazioni e... parenti prossimi.
Ora se già sapevamo di Mycroft, con Enola Holmes abbiamo appreso anche dell'esistenza di una sorella minore, protagonista di una serie di libri scritti da Nancy Springer che sono stati poi adattati sotto forma di lungometraggi.
Il secondo di essi è Enola Holmes 2, diretto da Harry Bradbeer, scritto da Jack Thorne e distribuito su Netflix a partire dal 4 novembre 2022.
Dopo la brillante risoluzione del suo primo caso, Enola Holmes (Millie Bobby Brown) prova a seguire le orme del celebre fratello e apre un'agenzia investigativa. Ma il fatto che sia una giovane donna non l'aiuta a trovare dei clienti.
Quando l'agenzia sta ormai per chiudere i battenti, Enola riceve la visita di una ragazza che le chiede di ritrovare la sorella scomparsa, Sarah Chapman, la quale lavorava in una fabbrica che produce fiammiferi.
Enola inizia così a indagare, mettendosi subito contro sia la polizia che alcuni ricchi industriali che vogliono coprire i loro segreti e incrociando di nuovo la strada col fratello Sherlock (Henry Cavill) e lord Tewkesbury (Louis Partridge), nonché affrontando una celebre nemesi.
Credo si possano vedere queste due pellicole come, pur facendo ognuna storia a sé, una sorta di unicum diviso in due capitoli, una sorta di saga che procede ampliando il mondo della protagonista, prima confinato solo alla sua casa di campagna.
Ci ritroviamo dunque in una Londra e in un'era vittoriana che non sono strettamente quelle storiche o di cui abbiamo appreso nei libri, come non lo erano nemmeno quelle presenti nei racconti e romanzi di Arthur Conan Doyle. Un mondo che la protagonista in principio non conosceva e di cui sta imparando sempre più a prendere le misure.
Chiaramente, metafora abbastanza evidente tenendo conto del periodo storico rappresentato, un mondo dominato dagli uomini e in cui le donne vengono messe in secondo piano. Vediamo quindi le donne, non solo Enola Holmes, tentare di ribellarsi a questo mondo.
Prendendo dunque spunto da un vero fatto storico, una vera ribellione contro questo mondo, lo sciopero delle fiammiferaie del 1888 capeggiato da Sarah Chapman contro le condizioni lavorative schiavistiche a cui le donne erano sottoposte e i casi di avvelenamento verificatisi, l'universo di Enola Holmes si amplia ancor di più e lei quel mondo impara sempre più a padroneggiarlo.
Non necessariamente andando contro tutti gli uomini, poiché Enola Holmes sa che esistono figure positive, così come anche figure negative femminili che - pur partendo da un legittimo risentimento - utilizzano poi mezzi criminali per affermarsi, come nel caso della nemesi "rivisitata" a uso e consumo di questa saga.
Forse ne prenderà ancor di più le misure nel capitolo successivo, dopotutto la saga è ancora al suo inizio e c'è ancora molto da scoprire su questo mondo e su Enola Holmes.

mercoledì 2 luglio 2025

Libri a caso: Maledetto Ferragosto


Milano, verso la fine degli anni '70 del ventesimo secolo. Una città che è già profondamente cambiata dopo la fine del secondo conflitto mondiale e che si appresta a cambiare ancor di più negli anni successivi.
In questo scenario abbiamo già visto agire il vicecommissario Giulio Ambrosio, personaggio creato da Renato Olivieri, nel primo romanzo Il Caso Korda. Ambrosio e le sue atmosfere ritornano dunque in Maledetto Ferragosto, pubblicato nel 1980.
Alcuni mesi dopo la risoluzione del caso Korda, il giorno prima di ferragosto per fare un favore alla nuova compagna Emanuela, Ambrosio si reca a trovare Andrea Bulgari, una persone malata e benestante che non ha più risposto all'infermiera che gli inietta le dosi di insulina. Il motivo è molto semplice: Andrea Bulgari è deceduto.
Sembra una normale morte per cause naturali, dopotutto l'uomo era cagionevole di salute. Eppure c'è qualcosa che non torna: l'infermiera, infatti, il giorno prima si era sentita male e una ragazza sconosciuta è stata vista aggirarsi nei dintorni del palazzo.
Inoltre Andrea Bulgari si circondava di persone poco raccomandabili e la sua famiglia teneva le distanze da lui. Quale verità si nasconde, dunque, dietro la sua morte?
Oggi non è più una costante, ma in passato durante il mese di agosto le città, soprattutto le grandi città, letteralmente si svuotavano, mentre la gente si prendeva un periodo di vacanza al mare o in montagna. Col risultato che anche grandi metropoli, sempre piene di vita, diventavano per qualche settimana come un deserto.
Il libro, che è di quel periodo preciso, richiama dunque molto bene quelle atmosfere che a chi non le ha mai vissute potrebbero apparire insolite, se non addirittura improbabili.
Quella che è la solitudine che caratterizza Milano nel mese di agosto si riflette anche nei protagonisti della storia. A partire dalla vittima e dalle persone di cui si è circondata (la famiglia, il socio d'affari): gente benestante, a cui però il denaro non ha portato la felicità e vivono dunque un vuoto esistenziale che non sanno come riempire. Quel vuoto che, in maniera indiretta, sarà la causa della morte.
Ma vi è anche la solitudine del vicecommissario Ambrosio. Senza la compagna a poter allievare i lunghi giorni assolati e noiosi, in quanto detesta le ferie e dunque non l'ha seguita in villeggiatura, si ritrova dunque a vagare per questa Milano in cui a volte un particolare di un palazzo o una parola di una persona lo riportano a un passato per lui più lieto e meno opprimente.
È quasi come se lui si sentisse tutt'uno con la città stessa, che non odia ma che vede andare verso un futuro in cui lui probabilmente non riuscirà a riconoscersi. Un futuro reso cupo da persone come Andrea Bulgari e la sua famiglia, che con le loro azioni hanno cancellato quel poco di patina di innocenza che questa città ancora aveva.

sabato 7 giugno 2025

Netflix Original 183: Tyler Rake 2


Si sa che gli eroi non muoiono, ancor più quelli protagonisti dei film action americani, che sono parificati ai supereroi. E se un supereroe diventa un eroe di una saga action, il cerchio si chiude.
In Tyler Rake, il protagonista ha dovuto affrontare una brutale e sanguinaria missione in Bangladesh per salvare il figlio di un boss della droga. Una missione che alla fine è sembrata costargli la vita. Ma, appunto, come detto questo poteva essere solo l'inizio.
E così l'eroe ritorna in Tyler Rake 2 (Extraction II), diretto da Sam Hargrave, scritto da Joe Russo e Anthony Russo e distribuito su Netflix a partire dal 16 giugno 2023.
Miracolosamente sopravvissuto alla missione di estrazione in Bangladesh, Tyler Rake (Chris Hemsworth) si prepara a ritirarsi e a provare a dare un senso alla propria esistenza.
Ma c'è qualcuno che ha ancora bisogno di lui: l'ex moglie, la quale gli chiede di prelevare da una prigione georgiana la sorella Ketevan (Tinatin Dalakishvili) e i suoi due figli, lì detenuti insieme al marito che non li lascia andar via.
Tyler Rake si riunisce così alla sua squadra di mercenari e si mette all'opera, ma lungo la propria strada dovrà affrontare la potentissima mafia russa, i cui componenti non vedono di buon occhio il fatto che qualcuno venga a dettare legge in casa loro.
Un piccolo cambio di rotta, se così si può dire. Se nel primo film, Tyler Rake compiva una corsa disperata alla ricerca della morte - per una tragedia accadutagli nel passato - qui appare invece cercare una strada alternativa per tornare alla vita e quindi accettare ciò che gli è capitato.
Ritorna inoltre quello che appare come una caratteristica di questa saga: un lungo piano sequenza, ovviamente costruito ad arte con montaggio ed effetti speciali - stavolta della durata di oltre 20 minuti - con cui si racconta l'evasione dal carcere.
Anche in questo caso si mixano gli stili action: da quello americano dove prevalgono le sparatorie a quello orientale/indonesiano, dove ci si concentra sui combattimenti brutali e da strada.
Un excursus per cielo e terra che tocca tutti gli elementi naturali e sfrutta il maggior numero possibile di mezzi di trasporto. Personalmente l'ho preferito a quello del primo film.
Sempre rispetto al primo film, dove apparivano più fissi e granitici, i personaggi risultano più sviluppati, ovviamente il tutto nel contesto di un film action, come se tutti - il cast, la regia, gli sceneggiatori - avessero preso più confidenza con la saga stessa. Tanto da permettersi di introdurre alcuni elementi da approfondire in un secondo momento.
Quindi, in ultima analisi, non preoccupatevi. Anche stavolta gli americani - curioso che gli attori protagonisti però siano di altre nazionalità - riporteranno la giustizia nel mondo.

venerdì 6 giugno 2025

Fabolous Stack of Comics: Blankets


Il fumetto è una forma di narrazione, per immagini invece che per parole come avviene nei libri, e quindi alla sceneggiatura dell'autore si accompagnano i disegni dell'artista a supportare la storia.
Per anni, decenni, i fumetti hanno parlato di avventurieri, di eroi spaziali e del west, di supereroi, di mostri e molto altro. Eppure gli autori dei libri spesso parlano anche di loro stessi e del loro vissuto, come nel caso di Charles Dickens. Perché allora non fare la stessa cosa col fumetto?
Uno dei primi autori a scardinare questo status quo è stato Will Eisner, con le sue graphic novel basate sulla sua infanzia e adolescenza. E da quel momento in poi si è capito che anche la vita di una persona ordinaria può essere qualcosa di straordinario da raccontare.
Ne è una dimostrazione Blankets, opera scritta e disegnata da Craig Thompson, pubblicata da Top Shelf nel 2003.
Craig Thompson cresce in una piccola casa del Wisconsin, attorniato da una scuola piena di bulli e insegnanti e genitori che gli inculcano a tutti i costi i precetti della religione cristiana.
Il rapporto col fratello minore Phil è complicato, come accade in molte altre famiglie, ma i due si sostengono moralmente l'un l'altro di fronte alle avversità.
Una volta divenuto adolescente, Craig Thompson conosce il suo primo amore, Raina, che lo invita per due settimane ad andare a trovare lei e la sua famiglia. Un'esperienza che cambierà per sempre il futuro autore.
I Blankets del titolo sono le coperte, le lenzuola che proteggono Craig Thompson dal male che si annida all'esterno. Da piccolo sono quelle che condivide col fratello Phil, dove l'immaginazione di due giovani bambini può creare un mondo intero in pochi metri quadrati di stoffa e far dimenticare loro gli orrori del mondo che già stanno conoscendo.
Da adolescente, invece, è una trapunta che Raina ha cucito per lui e diviene una sorta di simbolo della loro relazione. Un'ancora di salvezza in mezzo a un mare agitato di realtà opprimente.
Ma prima o poi bisogna allontanarsi da queste coperte di sicurezza e andare ad affrontare il mondo. Blankets è dunque il viaggio interiore che Craig Thompson compie giungendo all'età matura e divenendo una persona più responsabile e descrive il suo complicato rapporto con la religione e il suo insegnamento.
Pur rispettando i precetti che gli vengono trasmessi, Craig Thompson li mette anche in discussione e ne sottolinea le potenziali criticità. Ma si trova di fronte a dei muri invisibili, di persone così convinte di ciò che stanno dicendo da non mettere in dubbio loro stessi e le loro parole. Poiché questo li porterebbe a far crollare tutte le loro certezze.
Non ci sono in quest'opera scene epiche, disegni frenetici o rapidi cambi di narrazione. Blankets è la rappresentazione di una vita ordinaria che, proprio in quanto tale, rappresenta infine uno straordinario racconto di crescita personale che, partendo da esperienze personali, giunge a trattare temi universali.
Chiunque nella propria vita prima o poi si imbatte nei precetti religiosi e può capitare che si sia rosi dai dubbi, in quanto esseri umani. Quest'opera non pretende di risolvere questi dubbi, ma fa capire come ogni percorso di crescita sia da rispettare. E che le persone che incontreremo lungo la via potranno modificare questa nostra percezione e vanno comprese poiché il loro vissuto potrebbe rivelarsi profondamente diverso dal nostro.

giovedì 5 giugno 2025

Netflix Original 182: Tyler Rake


Se vi si chiedesse di immaginare la tipologia classica dell'eroe dei film action americani, credo non fareste molta fatica, visto che questo tipo di personaggio è comparso decine di volte (paradossalmente, anche se si detestano i film action, è quasi impossibile non imbattervisi).
Anticipato da Charles Bronson (e volendo anche da John Wayne) nel contesto metropolitano in cui spesso agisce, ha iniziato a trovare gloria da Rambo in poi. Le caratteristiche sono consolidate: un eroe, il 99% delle volte con un passato militare alle spalle, che non ha più nulla da perdere e ha subito qualche tragedia che lo ha segnato. Tragedie che il più delle volte sono di natura familiare.
Passano i decenni e questa figura non vuole proprio saperne di scomparire. Ne è una prova Tyler Rake (Extraction), diretto da Sam Hargrave, scritto da Anthony Russo e Joe Russo e distribuito su Netflix a partire dal 24 aprile 2020.
Ovi Mahajan (Rudhraksh Jaiswal), il figlio di un boss della droga del Bangladesh rinchiuso in prigione, viene rapito da persone al servizio di un signore della droga rivale.
Non volendo pagare il riscatto e mostrarsi così debole, il padre del ragazzo fa contattare la squadra di mercenari capeggiata da Tyler Rake (Chris Hemsworth) perché prelevi Ovi Mahajan e lo porti fuori da Dacca, la capitale del Bangladesh.
Tyler Rake si infiltra dunque nella città, ottenendo come conseguenza di iniziare a essere perseguitato e inseguito da numerosi mercenari e la quasi totalità delle forze di polizia corrotte al servizio del rivale per una battaglia all'ultimo sangue.
Vediamo dunque cosa abbiamo qui. Un eroe in apparenza tutto d'un pezzo che compie imprese da supereroe (visto l'attore coinvolto è il minimo, direi)? Confermato.
Vi è un tragico passato alle spalle e la moglie lo ha pure abbandonato? Confermato.
Per via di questo l'eroe coltiva un mica tanto inconscio desiderio di morte e si butta a capofitto nelle situazioni più rischiose? Confermato anche questo.
Siamo proprio nell'ambito della tipologia del più classico film action, che possa appagare i gusti del pubblico senza troppe pretese (e non c'è nulla di male in questo).
Da sottolineare, forse anche per via dell'ambientazione, come la pellicola cerchi di mixare sia la scuola action americana (quindi sparatorie e manovre acrobatiche a farla da padrone), sia quella asiatica, principalmente quella dei film indonesiani, con scene di lotta fisica rapide, uso di oggetti domestici, arti marziali e coltellate.
Ne diventa un'emblema un piano sequenza di circa 12 minuti - chiaramente con abili tagli alla Hitchcock realizzati col montaggio e gli effetti speciali - in cui tutti questi stili si fondono e numerose ambientazioni vengono toccate, dalle abitazioni diroccate alle strade affollate. Occorre ammettere che appare davvero ben realizzata, pur essendo subito intuibile la sua natura artificiosa.
Quella che vedrete è una suicide run che, come un videogioco, diventa sempre più ardua e con "livelli" sempre più difficili da superare. Ma alla fine, non temete, gli americani porteranno di nuovo la giustizia con le proprie mani.
Se quindi volete vedere Thor che decima l'intero corpo di polizia del Bangladesh, questo è il film che fa per voi. Un popcorn movie, come si sarebbe detto un tempo.

mercoledì 4 giugno 2025

Italians do it better? 58: 50 Km All'Ora (2024)


Il road movie: recarsi da una destinazione di partenza a un punto d'arrivo cambiando lungo la via e maturando come persona.
La famiglia disfunzionale: nuclei familiari che hanno affrontato difficoltà e separazioni che trovano il coraggio e la possibilità di ritrovarsi.
Il cinema italiano, ma più in generale il cinema di tutto il mondo, ha ormai da decenni utilizzato più volte questo stratagemma di unire entrambi questi concetti. L'idea di partenza in effetti è semplice da mettere in scena e quello che conta principalmente è come si sviluppano poi gli eventi.
Un nuovo road movie si ritrova in 50 Km All'Ora, diretto da Fabio De Luigi, scritto da Fabio De Luigi e Giovanni Bognetti e distribuito nei cinema nel gennaio 2024.
Rocco (Fabio De Luigi) e Guido (Stefano Accorsi) sono due fratelli che non si vedono da molti anni, dopo che i loro genitori si sono separati in malo modo e Guido ha deciso di abbandonare casa per girare il mondo e fare fortuna.
Dopo la morte del padre Corrado (Alessandro Haber), Guido si presenta al suo funerale e trova una lettera che costui gli ha scritto, dove afferma di non portar più alcun rancore e gli chiede di portare le sue ceneri presso la tomba della madre.
Guido salta allora in sella a un motorino e, nel viaggio, viene accompagnato da Rocco. Un viaggio che sarà occasione per entrambi di chiarire le loro divergenze e scoprire lati inediti delle loro vite.
La formula è davvero consolidata: vi è una tragedia di partenza che riunisce la famiglia, le cui differenze sembravano ormai inconciliabili, e da lì inizia un processo di riavvicinamento morale che annulla in poco tempo tutte le distanze che si sono creati in un arco di molti anni.
Nella vita con ogni probabilità non è così semplice, ma il road movie è anche un percorso di crescita condensato in breve tempo. Quando si parte si è in possesso della vecchia personalità, con tutti i suoi pregi e difetti, ma all'arrivo si è una persona diversa. Sempre con pregi e difetti, ma con un diverso approccio all'esistenza e ai rapporti interpersonali. Un viaggio interiore ed esteriore, dunque.
La formula quindi si ripete anche qui, con poche varianti. Ma non è un film che cercava l'originalità a tutti i costi.
Con due quasi cinquantenni che, a vario titolo, sono stati segnati dalla vita, ma che tentano entrambi di avere un approccio positivo di tanto in tanto venato di cinismo. Il primo, Rocco, più misurato e concreto. Il secondo, Guido, più esuberante e sbrigativo nelle cose. Poli opposti che si attraggono.
E con scenette comiche annesse, caratteristica basilare di questo tipologia di film italiani.
Vi è un curioso ribaltamento di prospettiva alla fine, che rimescola tutte le carte che abbiamo visto gettate sul tavolo fino a quel momento. Perché il viaggio ha bisogno di una motivazione concreta e tale motivazione a volte va creata dal nulla.

sabato 31 maggio 2025

A scuola di cinema: Urban Cowboy (1980)

12 Settembre 1978: Viene pubblicato sulla rivista Esquire l'articolo The Ballad of the Urban Cowboy: America’s Search for True Grit, scritto da Aaron Latham.
Il mito del selvaggio West oramai è scomparso e al suo posto hanno cominciato ad apparire decine di metropoli, popolate da milioni di persone. In quest'era di cambiamenti e incertezze, c'è chi si affida alla religione e chi invece al cappello da cowboy in un nuovo contesto urbano. Un Urban Cowboy.
L'articolo si incentra su Dew Westbrook, un giovane operaio che lavora presso un impianto chimico texano e vive in una casa mobile. Dopo essere uscito dal lavoro, le sue serate le passa in un locale chiamato Gilley's, sito in Pasadena e inaugurato nel 1971, vestito come un perfetto cowboy. Il Gilley's è un locale immenso, grande più di un campo da football, ed è capace di ospitare anche 5.000 persone.
Qui Dew conosce Betty Jo Helmer, l'ex moglie. Le loro vite sono fortemente intrecciate col locale tanto che, quando si sono sposati, si sono poi recati al Gilley's a festeggiare e lì Betty si è fatta scattare qualche foto con l'abito da sposa.
Le serate dei due si dividono tra i balli, i drink con gli amici e l'ascolto della musica country per cui il locale è diventato famoso nel corso degli anni. Fino a quando al Gilley's viene installato un toro meccanico, che chiunque può cavalcare. In breve tempo diventa l'attrazione preferita di Dew, ma anche Betty Jo vuole provare il toro meccanico, nonostante le proteste del compagno.
In breve tempo diviene abilissima, molto più brava di Dew. Questo è solo il primo di molti argomenti di discussione che avvengono nella coppia e che portano Dew a tradire Betty Jo con un'altra donna.
Pur essendo consapevole di questa relazione extraconiugale (l'uomo non si fa alcun problema a portare l'amante al Gilley's), la donna continua a essere innamorata di Dew e tenta di riconquistarlo cercando di suscitare la sua gelosia.
Ma forse Dew ha deciso di cambiare vita e così per un po' smette di frequentare il locale. A Betty Jo, dunque, rimangono solo la sua solitudine e il toro meccanico.
Una storia, quella di questi due giovani, profondamente radicata nella società americana, che qualche tempo dopo diviene oggetto di un adattamento cinematografico.


L'articolo di Aaron Latham viene notato dai produttori Irving Azoff e Robert Evans, per la Paramount Pictures. Azoff è anche produttore musicale e ha intravisto le potenzialità nel creare un album dedicato, incentrato su questo progetto.
Il primo regista scelto è Floyd Mutrux, ma viene ben presto scartato in favore di James Bridges. Costui scrive anche la sceneggiatura, in collaborazione con lo scrittore dell'articolo di riferimento, Aaron Latham.
Per il ruolo del protagonista, Buford Davis, la prima scelta di James Bridges ricade su Dennis Quaid, ma viene infine scelto John Travolta, che si è appena allontanato dalla produzione di American Gigolò. A causa di questa uscita improvvisa, la Paramount gli impone di girare altri due film e questo progetto è il primo di essi.
In preparazione alla parte, l'attore frequenta il Gilley's, nonché altri locali del Texas, conoscendo e chiacchierando con alcuni avventori. Inoltre si fa installare presso la propria abitazione un toro meccanico.
John Travolta inizia ad allenarsi su base quotidiana, con l'assistenza dello stuntman Chris Howell, divenendo talmente bravo che alla fine l'esigenza di avere una controfigura diviene praticamente superflua.
Per il ruolo della protagonista, Sissy, le prime scelte ricadono su Sissy Spacek e Michelle Pfeiffer. Soprattutto quest'ultima è l'attrice su cui i produttori puntano di più, ma James Bridges si impunta su un'altra attrice, Debra Winger. all'epoca ancora poco conosciuta. Il regista è supportato da John Travolta per questa decisione e arriva anche a minacciare di ritirarsi dalla lavorazione se Debra Winger non viene scelta e così alla fine anche la produzione si adegua alla sua preferenza.
Le riprese iniziano in via ufficiale il 2 luglio 1979. La programmazione originaria prevede l'inizio a giugno, ma vi è uno slittamento di tre settimane quando John Travolta rimane ferito a un labbro dopo essere stato morso dal proprio cane.
La lavorazione si svolge in Texas e, tra i luoghi delle riprese, vi è anche il Gilley's, approfittando di quando il locale è chiuso al mattino. Tra le comparse in queste scene vi sono anche i baristi, i proprietari e alcuni clienti regolari del locale, regolarmente pagati trenta dollari al giorno.
La produzione viene flagellata da avverse condizioni atmosferiche, che in alcuni casi portano alcuni componenti del cast e della troupe ad ammalarsi. Per questo e altri motivi, la lavorazione va oltre le tempistiche e il budget preventivati.
Le riprese si concludono il 6 novembre 1979.
Urban Cowboy viene distribuito nei cinema americani a partire dal 6 giugno 1980. A fronte di un budget sui 13 milioni di dollari, la pellicola arriva infine a incassare circa 50 milioni di dollari.
Le aspettative di Irving Azoff vengono accontentate, poiché la soundtrack della pellicola riaccende negli Stati Uniti la passione sopita per la musica country, garantendo così grandi incassi anche in questo contesto.
Se nel film il finale è lieto, la realtà risulta invece ben diversa. Dew Westbrook e Betty Jo Helmer alla fine divorziano e scompaiono dai riflettori pubblici pochi anni dopo la pubblicazione dell'articolo di Aaron Latham.
Dopo l'uscita del film, la popolarità di Gilley's, locale già prima ben noto nell'ambito della musica country e non solo, avendo ospitato numerose band e cantanti celebri, giunge alle stelle. Oltre a una gran varietà di merchandising brandizzato, il locale negli anni successivi organizza decine di altri eventi, musicali e non solo.
Ma il successo causa anche degli attriti tra i due proprietari, Sherwood Cryer e Mickey Gilley, da cui il locale prende il nome, un celebre cantante country, cugino di Jerry Lee Lewis. Visto che, a detta di quest'ultimo, Gilley's si è troppo allontanato dalle radici per cui è nato, ovvero organizzare piccoli concerti country con vari gruppi e artisti, Mickey Gilley decide di ritirare la propria associazione col locale, togliendo dunque anche il proprio nome.
Nel 1989 Sherwood Cryer trascina il suo ex socio in tribunale, ma perde la causa e gli viene intimato di pagare una somma compensatoria a Mickey Gilley. La conseguenza immediata è che Gilley's chiude per sempre i battenti, ponendo così fine anche a un'epoca.
L'anno successivo il locale, ormai chiuso, diviene oggetto di un incendio che lo distrugge quasi del tutto. Si insinua la voce che sia stato Sherwood Cryer a causare quest'incendio, in segno di rivalsa per la sentenza del tribunale, ma nessuna prova concreta viene mai portata al riguardo. Al suo posto viene costruita una scuola.
Nel 2015 comincia a circolare la voce che la Paramount stia producendo una serie televisiva basata sulla pellicola. Tali voci sembrano svanire già sul nascere, ma nel 2022 ritornano in auge per un progetto per Paramount+ che dovrebbe approfondire l'arrivo di Buford Davis in Texas e l'inizio della sua relazione con Sissy.
Dopo questo film, James Bridges e John Travolta rinnoveranno la loro collaborazione qualche anno dopo con Perfect... ma questa è un'altra storia.

lunedì 26 maggio 2025

Netflix Original 181: L'Incredibile Storia dell'Isola delle Rose


Può accadere che vediamo pellicole, di produzione americana, basate su fatti realmente accaduti modificati a uso e consumo della macchina cinematografica, per pensare alla fine:"Queste cose solo negli Stati Uniti possono accadere".
Si potrebbe dunque pensare che la storia di un ingegnere che costruisce un'isola artificiale, la dichiara una nazione indipendente ed entra per questo in conflitto col proprio Stato sia qualcosa di prettamente americano. E invece no, tutto quello che segue è accaduto in Italia.
Una pagina un tempo poco nota del secondo dopoguerra e dell'era del boom economico riemerge in L'Incredibile Storia dell'Isola delle Rose, diretto da Sydney Sibilia, scritto da Sydney Sibilia e Francesca Manieri e distribuito su Netflix a partire dal 9 dicembre 2020.
1968: Giorgio Rosa (Elio Germano) è un ingegnere pieno di inventiva e al tempo stesso uno spirito libero, insofferente delle troppe regole che limitano la capacità espressiva di una persona.
Dopo essersi separato dalla fidanzata Gabriella (Matilda De Angelis), Giorgio Rosa ha l'idea di creare - fuori dalle acque territoriali italiane - una piattaforma che funga da isola artificiale, dove dunque non sussistano regole di alcun tipo e possa vivere libero.
A lui si uniscono ben presto altre persone, animate dallo stesso desiderio, e in principio l'isola sembra nulla più che una divertente e insolita attrazione turistica. Ma quando quest'Isola delle Rose chiede ufficialmente alle Nazioni Unite lo status di nazione indipendente, Giorgio Rosa entrerà in conflitto con quel tremendo nemico che ha nome Democrazia Cristiana.
Certe storie sono così surreali che si fa fatica a credere siano davvero accadute, e spesso quando si fa questo pensiero non si tiene conto del contesto storico e sociale in cui suddette storie si sono svolte.
La breve epopea dell'Isola delle Rose, durata poco più di un mese da quando ha richiesto lo status di indipendenza, è anche figlia di quel preciso periodo della storia italiana. La Seconda Guerra Mondiale era ormai alle spalle, una nuova generazione era emersa sulla scena, con nuove idee (che in quell'anno esplosero con le rivolte studentesche) che non incontravano il gusto della precedente generazione e vi era un generale benessere economico che permetteva un tenore di vita migliore.
Ovviamente c'erano molte ombre dietro questo scenario da fiaba e la pellicola riesce a catturare tutte queste sfumature, altrettanto ovviamente modificando la storia e gli eventi reali per renderli più appetibili da un punto di vista cinematografico (anche se le cose più incredibili sono davvero accadute, compresa alla data odierna l'unica "dichiarazione di guerra" - molto sui generis - compiuta dallo stato italiano nel dopoguerra).
Il peana di libertà e inventiva di Giorgio Rosa mal si concilia col sentore della politica e della chiesa di stampo conservatrice dell'epoca... questi due organi lo sono sempre stati, dopotutto, a seconda della convenienza.
Luca Zingaretti e soprattutto Francesco Bentivoglio creano dei perfetti "villain", nel ruolo di alcuni storici rappresentanti della Democrazia Cristiana, la forza di maggioranza dell'epoca, di persone che non hanno capito di essere ormai fuori dalla realtà, ma rimangono disperatamente aggrappate al potere distruggendo quel buono che la società italiana aveva creato fino a quel momento.
Dopo la trilogia "americana" di Smetto Quando Voglio e prima di Mixed By Erry, Sydney Sibilia ricrea un'altra piccola pagina della storia italiana poco conosciuta. Quegli eventi per cui qualcuno potrebbe dire:"Solo negli Stati Uniti sarebbero potuti accadere".
E invece no, la società italiana è di certo piena di queste piccole storie di coraggio, di libertà e volontà che sono andate a scontrarsi contro lo status quo. Anche se in questi casi è difficile che vinca lo sfavorito, ricordare e approfondire certi eventi potrebbe allargare gli orizzonti e ridurre i confini, di spazio e mentali, che albergano nelle menti umane.

venerdì 23 maggio 2025

Netflix Original 180: Woman of the Hour


La televisione ha offerto e può offrire spezzoni e trasmissioni inquietanti. Tanto più se quelle trasmissioni hanno le loro radici nel passato e in una società, la quale cambia a ogni decennio che passa, che risulta molto diversa rispetto a quella attuale.
Tra questi momenti inquietanti vi possono essere le interviste ai serial killer, durante le quali questi assassini plurimi parlano con apparente distacco delle atrocità che hanno commesso. Tuttavia che un serial killer abbia partecipato senza problemi a un programma televisivo di intrattenimento risulta con ogni probabilità l'involontario apice del concetto di inquietudine.
Per quanto possa apparire surreale, tutto ciò è accaduto e viene descritto in Woman of the Hour, diretto da Anna Kendrick, scritto da Ian McDonald e distribuito su Netflix a partire dal 18 ottobre 2024.
Anni '70 del ventesimo secolo. Sheryl Bradshaw (Anna Kendrick) è un'attrice di basso profilo che riesce a ottenere solo incarichi poco significativi e, a parte questo, le vengono proposte solo scene di nudo.
Per farsi conoscere dal grande pubblico, la sua agente la invita a partecipare a The Dating Game/Il Gioco delle Coppie, nella speranza che questa apparizione funga da lancio pubblicitario per essere ricontattata per incarichi più prestigiosi.
Nel 1978, dunque, Sheryl partecipa al programma. Ma non può sapere che tra i suoi tre pretendenti vi è il serial killer Rodney Alcala (Daniel Zovatto), che ha già ucciso numerose donne negli ultimi sette anni. E la sua prossima vittima potrebbe essere proprio Sheryl.
Per quanto surreale, questa non è una storia di invenzione. Rodney Alcala è stato uno dei più spietati serial killer di sempre - si stima che le sue vittime siano superiori al centinaio, ma non vi è mai stata conferma al riguardo - ed effettivamente nel 1978, con già dei precedenti penali alle spalle e senza che nessuno si accorgesse di nulla, partecipò a Il Gioco delle Coppie, venendo scelto infine come compagno per un viaggio dalla partecipante, Cheryl Bradshaw.
Viaggio che poi non avvenne mai in quanto la donna, per sua fortuna, si accorse solo in un secondo momento di quanto risultasse inquietante Rodney Alcala e fece così perdere le proprie tracce.
Ecco un angolo oscuro degli anni '70, quello stesso angolo oscuro (seppur legato a una tematica differente, ma sempre avente sullo sfondo Il Gioco delle Coppie) esplorato in Confessioni di una Mente Pericolosa. Un angolo oscuro che diviene occasione per una delle ex interpreti di Twilight, anche se quella saga è ormai lontana, di fare il proprio debutto come regista e in maniera molto apprezzabile per quanto mi riguarda.
Chi ha sul groppone qualche annetto ricorderà senza problemi anche una versione italiana de Il Gioco delle Coppie, uno di quei programmi preconfezionati e in apparenza rassicuranti dell'era televisiva berlusconiana.
La puntata dello show americano in questione è ovviamente facilmente reperibile in rete - visto il clamore mediatico che aveva già prima che uscisse questo film - e, col suo tono grottesco e surreale, reso ancora più assurdo dalla presenza di una persona che sappiamo essere un serial killer, non è adattabile così come è stata concepita: troppo glamour raffazzonato, con momenti che oggi si definirebbero cringe che danno un nuovo significato al termine cringe.
Il film adotta dunque un differente approccio, poiché in ultima analisi non vuole essere una pellicola dalla perfetta aderenza storica. Prendendo spunto da questo evento, il film diventa una metafora di quello che era il trattamento riservato alle donne in certi contesti in quel decennio specifico, sì, ma di cui si vedono riflessi anche nel presente.
Nella pellicola, come nella realtà, Rodney Alcala partecipa alla trasmissione senza che si facciano dei controlli su di lui, nonostante avesse già dei precedenti penali e più volte fosse stato denunciato, senza che le autorità intervenissero.
Nella pellicola, come nella realtà, le denunce avanzate da donne nei confronti di Rodney Alcala non vengono tenute in considerazione, non vengono credute e al limite ci si prende gioco di loro.
A volte non è semplice calarsi nella visione del mondo di un'altra persona e capire che ciò che noi riteniamo assurdo, fuori dalla nostra comprensione, è in realtà qualcosa di ordinario o sconvolgente per quest'altra persona. A volte si ignorano i segnali che ci sono attorno a noi. E i mostri sono liberi di agire.

giovedì 22 maggio 2025

Netflix Original 179: I Due Papi


In circa 20 anni, tre Papi sono stati eletti dopo la scomparsa di Giovanni Paolo II, il cui pontificato è invece durato ben più di questo periodo temporale, lasciando inevitabilmente un segno.
Eppure - nel bene e nel male, ognuno faccia le dovute proporzioni secondo il proprio punto di vista - anche i successivi due Papi hanno lasciato un segno. E per qualche anno hanno messo da parte l'adagio per cui morto un Papa se ne fa un altro.
Un momento focale nell'esistenza dei due predecessori di Leone XIV viene descritto in I Due Papi (The Two Popes), diretto da Fernando Meirelles, scritto da Anthony McCarten e distribuito su Netflix a partire dal 20 dicembre 2019.
2012: Rimasto deluso dalla piega che sta prendendo la chiesa cattolica negli ultimi anni e dalla mancata condanna degli atti di pedofilia dei sacerdoti, il cardinale Jorge Bergoglio (Jonathan Pryce) medita di dimettersi e invia così formale richiesta al Vaticano.
Viene dunque contattato dalla Santa Sede e ha modo di incontrare Josef Ratzinger/Papa Benedetto XVI (Anthony Hopkins). Quella che in origine appare essere come una decisione netta e senza ripensamenti, diventa l'occasione per l'attuale e futuro papa di discutere di varie tematiche, di confrontare le loro passioni e di raccontare eventi lieti e drammatici dei rispettivi passati.
Fino a quando un'incredibile rivelazione viene svelata.
Quando pensiamo al Papa, ovvero a un capo di Stato e rappresentate massimo della Chiesa Cattolica, lo vediamo anche come una sorta di figura eterea, irraggiungibile per certi versi. Eppure personalità come Giovanni Paolo II e, appunto, Papa Francesco hanno provato a proiettare una dimensione più umana verso i propri fedeli, di fronte a un mondo che cambiava sotto i loro stessi occhi e rendeva antiquate e superate certe regole e procedure del papato e della chiesa.
Questo film, di forte impostazione teatrale, è una sorta di lungo dialogo tra i due precedenti Papi, ben sostenuto da due navigati attori, durante il quale i due si confrontano su svariati temi quali la pedofilia all'interno dei ranghi della Chiesa, la corruzione economica e la perdita di fede.
Ma discutono anche, ricollegando così i due a quella dimensione umana in cui lo spettatore può identificarsi, delle loro passioni, peraltro note e quindi non frutto di invenzione cinematografica. Quindi il calcio per padre Bergoglio e la musica per Josef Ratzinger, che si scopre anche insolito fan de Il Commissario Rex (non è una bufala). Sempre in quest'ottica non mancano momenti divertenti, come quando i due mangiano la pizza.
Tuttavia il dialogo è in particolar modo un'occasione - volta anche questa a ricondurre i due protagonisti a una dimensione umana - per aprire degli squarci nel passato dei due Papi e di chiedere ammenda per alcune azioni che hanno commesso.
Il finale è ben noto, dopotutto stiamo parlando di un evento storico, ora consegnato a un passato in cui queste due figure, un giorno o l'altro ma di sicuro non durante le nostre esistenze, potranno essere inquadrate e analizzate nel giusto contesto e col giusto distacco.

mercoledì 21 maggio 2025

Libri a caso: Delitto in Cielo


Il delitto, così come l'amore, percorre tutto il mondo. Acqua, terra e pure cielo non sono esenti da questa insolita pratica. E quando la tecnologia avanza, in qualche modo chi compie un delitto troverà il modo di approfittarne.
Nel 1903 i fratelli Wright ideano il primo aeroplano e non passa molto tempo prima che questa invenzione inizi a fruttare denaro e sia utilizzata anche per scopi bellici, in special modo nel corso della Prima Guerra Mondiale.
Trent'anni dopo questa invenzione è ormai parte integrante della società, per chi può permettersela ovviamente. E li delitto giunge anche lì con Delitto in Cielo (Death on the Clouds) di Agatha Christie, pubblicato nel 1935.
Nell'aereo che parte da Parigi e deve giungere a Croydon ci sono svariate personalità: un dentista, due archeologi, una parrucchiera, due nobildonne... e un'usuraia. Il suo nome è madame Giselle Morisot e, come intuibile, nel corso degli anni si è procurata qualche nemico.
Così, quando l'aereo è in procinto di atterrare, un assistente di volo scopre con orrore che la donna, circondata da altre persone che non si sono accorte di nulla, è stata uccisa. L'arma che si ritiene sia stata usata è davvero particolare: una cerbottana utilizzata da alcune tribù africane che ha lanciato un minuscolo dardo intriso di veleno.
Tale cerbottana viene ritrovata sotto il sedile di uno dei passeggeri del volo, un detective belga di nome Hercule Poirot, il quale diviene così il primo sospettato!
Quando si tratta di delitti avvenuti in luoghi chiusi o in uno spazio confinato ben definito, la letteratura gialla va a nozze con questo tipo di concetto. Pensiamo solo ai celebri casi degli omicidi con la porta chiusa.
La gentile Agatha Christie si era già cimentata con questo topos narrativo l'anno precedente la pubblicazione di quest'opera, grazie ad Assassinio sull'Orient Express. Qui porta ancora più all'estremo quell'idea. Tra l'altro, per quanto ho potuto vedere, poi sfruttata davvero poco (in effetti quanti omicidi possono avvenire in un aereo, più consono per scene di azione alla Mission Impossible?).
Uno spazio ancora più ristretto, un delitto che è impossibile non vedere eppure avviene all'insaputa di tutti e la consueta rosa di sospettati che in apparenza non ha nulla a che fare con la vittima. Insomma, un Orient Express trasferitosi in cielo.
E un altro elemento in comune è la presenza di Hercule Poirot e delle sue cellule grigie. Agatha Christie ormai è più che a suo agio nel descrivere gli eventi: gli esordi sono ben lontani e anche quelli erano signori esordi. E dopo aver superato alcuni tragici eventi personali, la sua vena artistica non è venuta meno.
Tornano così, o meglio non sono mai scomparse, le descrizioni alla sua impeccabile maniera delle persone coinvolte nella vicenda e soprattutto le loro eccentricità. Qualche relazione amorosa lungo la via con tanto di Poirot nel ruolo di insolito Cupido. E i consueti trucchi di prestigio narrativi.
Alla fine Agatha Christie aderisce alla celebre teoria di Edgar Allan Poe per cui qualcosa di misterioso che avviene alla luce del sole, davanti a tutti, non viene notato. Anche un delitto tra le nuvole, dove il bianco candore viene macchiato dal rosso sangue.

venerdì 16 maggio 2025

Netflix Original 178: Murder Mystery 2


Nel 2019 gli affiatati coniugi Nick Spitz e Audrey Spitz si sono ritrovati coinvolti in un insolito e caotico caso da risolvere in Murder Mystery. Tuttavia, grazie al loro affiatamento (appunto), alla capacità di saper cogliere alcuni indizi... e a molta, molta fortuna sono venuti a capo del mistero tra una battuta e una situazione comica.
Un'alchimia che ha funzionato. Non stupisce, dunque, che un sequel giunga poco tempo dopo. Ecco così Murder Mystery 2, diretto da Jeremy Garelick, scritto da James Vanderbilt e distribuito su Netflix a partire dal 31 marzo 2023.
Dopo aver brillantemente, diciamo così, risolto il loro primo caso, Nick Spitz (Adam Sandler) e Audrey Spitz (Jennifer Aniston) hanno aperto un'agenzia investigativa, ma gli affari non stanno andando affatto bene.
Un momento di distensione giunge quando un amico incontrato durante il primo caso, il Maharajah Vikram (Adeel Akhtar) li invita in India per il suo matrimonio. Ma va tutto storto quando Il Maharajah viene rapito e viene chiesto un riscatto.
Mentre alcuni omicidi vengono commessi, i principali sospettati di quanto accaduto... esatto, sì... sono ritenuti Nick e Audrey. E come se non bastasse devono anche fare i conti con un detective professionista, Connor Miller (Mark Strong), che cerca di metterli in pessima luce.
Ebbene, quando si ritiene una formula vincente si tende a ripeterla nella speranza che funzioni una seconda volta. E questo è quanto è avvenuto in questo sequel.
Le dinamiche tra i due coniugi, reminiscenti della saga dell'Hollywood vintage dell'Uomo Ombra e di certi batti e ribatti stile Woody Allen/Diane Keaton, ritornano più spumeggianti che mai (è un'iperbole la mia, si sappia). Caratterialmente diversi, ma che in questa loro diversità trovano un punto di incontro e una relazione stabile di cui il lavoro da investigatori è parte integrante.
Tutto questo viene condito, esattamente come la prima volta, con scene da commedia slapstick e con personaggi che circondano i due protagonisti che risultano se possibile più surreali di loro. Credetemi, ce ne vuole.
Il film è praticamente un susseguirsi di colpi di scena e battute, senza soluzione di continuità, come a voler lasciare lo spettatore senza fiato. Quindi stavolta non si bada troppo alla trama (certo, neanche nel primo film, ma lì la cosa era più velata), che procede lungo binari prevedibili, per dare occasione di mostrare - secondo un'ottica americana - la superiorità degli Spitz nei confronti degli europei e asiatici.
Un diversivo, rispetto ai thriller drammatici e seriosi che di solito imperversano.

mercoledì 14 maggio 2025

Libri a caso: I Medici - Una Regina al Potere


Continua la saga della famiglia Medici a opera di Matteo Strukul. Dopo Una Dinastia al Potere e Un Uomo al Potere, è giunto ora il momento di puntare i riflettori sulla prima donna di questa famiglia che ha occupato un posto molto importante nella storia, non solo italiana.
Ecco dunque il terzo capitolo, Una Regina al Potere, pubblicato da Newton Compton nel 2017.
1536: La morte improvvisa per avvelenamento di Francesco di Valois, primo in discendenza per il trono di Francia, getta nello scompiglio la nazione e il regno.
Il nuovo primo discendente diviene Enrico di Valois, il quale ha sposato un'italiana costretta a fuggire dalla propria patria: il suo nome è Caterina De' Medici.
Mentre su Caterina, delfina di Francia, si abbattono sospetti e maldicenze, lei deve fare i conti con letali intrighi di corte, un'amante del marito che non vuole saperne di farsi da parte e una presunta sterilità che potrebbe causarle l'allontanamento dalla corte. Ma in suo aiuto giunge uno degli alleati più particolari e insospettabili: il suo nome è Michel de Nostradame, ma è più noto come Nostradamus.
La struttura è ormai consolidata, si prendono gli eventi storici - nulla di quello che viene descritto è stato inventato, anche alcune cose in apparenza inverosimili - e li si plasma quel tanto che basta per adeguarli alle esigenze narrative, che hanno obiettivi diversi nei confronti dei lettori rispetto ai libri di storia, che devono essere più rigorosi e tecnicamente obiettivi.
Anche in questo caso, il periodo in questione è molto lungo: dal 1536 fino al 1589, anno della morte di Caterina De' Medici (sorry per lo spoiler).
Data questa premessa finora comune a tutti e tre i romanzi della saga, vi si operano anche due - per quanto piccoli - significativi cambiamenti.
Il primo, evidente, è che stavolta la protagonista assoluta è una donna, ovvero Caterina De' Medici. Con un diverso approccio rispetto agli eventi e agli intrighi che avevano Cosimo e Lorenzo il Magnifico, i quali potevano intervenire direttamente, essendo un periodo storico differente.
Il secondo, in principio quasi non lo si nota, è che l'azione si sposta dall'Italia alla Francia. Altra nazione focale della storia europea, e in questo caso ai livelli più alti del potere, fino a giungere al trono stesso, al centro del potere. Quindi terreno perfetto per intrighi, tradimenti e piani segreti.
La figura di Caterina De' Medici è stata per molto tempo controversa, ritenuta una delle principali fautrici di conflitti religiosi che causarono centinaia di vittime, nonché responsabile di molte altre nefandezze.
Pur non essendo stata esattamente una persona moralmente ineccepibile, un piccolo atto di revisione storica e analisi degli eventi ha inquadrato dopo secoli questa personalità in una luce diversa. Qui Matteo Strukul la ritrae come una donna, che quindi parte sfavorita già in partenza, guidata da sentimenti puri come l'amore e il rispetto, ma che eventi a lei avversi la costringono a prendere decisioni controverse. Decisioni che a un certo punto chiederanno conto alla storia e al popolo di ciò che ha fatto.
Ne esce il ritratto di una donna divisa profondamente tra luce e oscurità, tra bontà d'animo e istinto di sopravvivenza, nessuno dei quali ha il sopravvento. Una figura lacerata, come lacerata è stata la Francia in quel secolo, prima che altri uomini di potere facessero il loro ingresso nella storia.
Coprotagonista è il celebre Nostradamus, l'ideatore delle Centurie. Seppur Caterina De' Medici lo consultasse in materia di astrologia e oroscopi, in questo caso il suo ruolo per scopi narrativi viene ampliato, essendo mediaticamente più conosciuto e riconoscibile. Ma non è necessariamente un male.
Perché sapete come dice quel vecchio detto: accanto a una grande donna...

giovedì 8 maggio 2025

Italians do it better? 57: Cento Domeniche (2023)


Le cronache finanziarie e anche giudiziarie di questi ultimi anni hanno parlato anche delle difficoltà di alcune banche, causa per certi versi di varie crisi economiche, nonché di scelte aziendali errate. Scelte che però si riverberano sui clienti delle banche, che sono perlopiù consumatori, esponenti del ceto medio.
Crisi che hanno coinvolto banche di questi ultimi anni hanno riguardato il Monte dei Paschi di Siena, molto "chiacchierato" a livello mediatico, e la Banca Popolare di Vicenza, la quale invece ha proprio chiuso i battenti.
Da queste premesse parte Cento Domeniche, diretto da Antonio Albanese, scritto da Antonio Albanese e Piero Guerrera e distribuito nei cinema nel novembre 2023.
Antonio Riva (Antonio Albanese) è un umile e onesto operaio, separato, tornitore che deve andare in pensionamento anticipato per evitare guai di natura fiscale all'azienda per cui lavora.
La sua vita si ripete costante giorno dopo giorno: la partita a bocce con gli amici, l'accudire la madre malata e una relazione extraconiugale che prova invano a tenere segreta.
Questo cambia quando la figlia Emilia (Liliana Bottone) gli annuncia che si sposerà. Antonio è un uomo di vecchio stampo e vuole pagare lui tutte le spese per il matrimonio. La spesa che si prospetta però è ingente e così si reca a chiedere un prestito alla banca presso cui è cliente da sempre.
Qui, con abili parole e lusinghe, un consulente lo convince a sottoscrivere un acquisto di azioni a tutela del capitale. Ma iniziano a circolare poi strane voci: che la banca sia in difficoltà e queste siano manovre per capitalizzare sui conti dei clienti. Antonio non crede a queste voci, ma ben presto avrà modo di ricredersi.
Si può ben notare come questo sia un progetto a cui l'attore Antonio Albanese crede molto. Non solo ne é l'interprete protagonista, ma ha anche curato la regia e scritto la sceneggiatura, la prima per lui di stampo drammatico.
Ovviamente la pellicola vuole puntare i riflettori sul tema delle speculazioni bancarie ai danni dei consumatori, carpendo la loro fiducia. Problematica che ha messo in gravi difficoltà economiche molte famiglie e a cui il film è dedicato, come si legge in una dedica alla fine, e si evince anche dal titolo, che sottolinea un aspetto forse ai più ignoto che riguarda le famiglie appartenenti al ceto medio.
Partendo da questa tematica, tuttavia, l'attore descrive in maniera abile e magistrale la discesa all'inferno di un uomo umile e onesto. Un uomo umile e onesto, anche ingenuo ci mancherebbe, che lentamente vede crollare tutte le proprie certezze, di cui la banca presso cui è cliente da decenni rappresenta una delle fondamenta.
Tutti quei valori su cui il protagonista ha fondato la propria vita a uno a uno crollano, portandolo a uno scenario di depressione e rabbia descritto - seppur in termini cinematografici - in maniera non banale, soprattutto per quella che è la progressiva fase di alienazione dalla famiglia e dagli amici.
Antonio Albanese sottolinea tale discesa all'inferno con la sua recitazione, non solo vocale, ma anche col tremito delle mani, con i suoi sguardi che progressivamente perdono la luce iniziale, fino a spegnersi. Insomma, davvero un'ottima prova che questo progetto personale ha portato.
Qualcosa che di certo è difficile possa lasciare indifferenti. Perché è vero che è una tematica che non riguarda tutti noi, ma è al tempo stesso un argomento per cui dovremmo quantomeno essere sensibili e a conoscenza.

martedì 6 maggio 2025

Netflix Original 177: Cheerleader Per Sempre


Come possono mancare le cheerleader nei film ambientati nei licei/college americani? Come possono? A dire il vero, sì, possono, ma questa nota di colore - del tutto assente in molti altri istituti scolastici lungo tutto il mondo - è spesso divenuta oggetto di pellicole quali ad esempio Ragazze Nel Pallone.
Tuttavia ci sono sempre elementi originali anche in questo contesto. Come nel caso di Cheerleader Per Sempre (Senior Year), diretto da Alex Hardcastle, scritto da Andrew Knauer, Brandon Scott Jones e Arthur Pielli e distribuito su Netflix a partire dal 13 maggio 2022.
2002: Stephanie Conway (Angourie Rice) è la capo cheerleader del liceo da lei frequentato, dopo anni in cui è stata emarginata dagli altri studenti. La sua popolarità è tuttavia messa in pericolo dalla rivale Tiffany, che un giorno sabota una coreografia da lei preparata e senza volerlo la fa precipitare in coma.
Passano 20 anni: una ora trentasettenne Stephanie (Rebel Wilson) si risveglia dal coma, ma il mondo è decisamente cambiato nel frattempo. Certi termini non si utilizzano più in pubblico, i social hanno preso il sopravvento, il cheerleading è ridotto ad attività di secondo piano e il nuovo idolo del college è ora la figlia di Tiffany.
Ma c'è una cosa che Stephanie può fare, qualcosa che le è stato sottratto venti anni prima. Finire gli studi, diplomarsi e ritornare ad essere la studentessa più popolare vincendo il titolo di reginetta del ballo.
Fin dai tempi di John Hughes, che ha "canonizzato" questo specifico genere cinematografico, i film ambientati al liceo si configurano come il riscatto degli ultimi. I nerd, gli "sfigati", quelli attraversati con un rullo compressore dalla vita qui trovano la rivincita. Una rivincita che spesso manca nella realtà.
Anche se qui stavolta si prova un po' a rimescolare le carte. Nel senso che la protagonista è sì popolare, ma dopo aver modellato sé stessa come tale, vestendosi in un certo modo e frequentando certe persone, immaginandosi un futuro mondo perfetto per lei, all'americana (quindi villone, piscina e marito ricco).
Il tutto, però, a discapito degli amici veri che non la giudicavano per ciò che era e per i suoi difetti e mettendo da parte la sua vera natura per indossare una maschera sociale.
In tutto questo il coma, che costituisce solo un pretesto narrativo in fondo (non ne verranno mai davvero analizzate le conseguenze e le responsabilità), arriva per dare alla protagonista un nuovo starting point.
Si gioca ovviamente molto con l'ironia e la comicità dovuta allo "shock culturale" dei venti anni perduti con varie battute sulla cultura pop e qualche easter egg, puntando infine a far riscoprire alla protagonista la sua vera identità.
Identità che chiaramente passa da un chiaro e scontato messaggio morale di essere sé stessi, di stare accanto agli amici veri e non quelli che stanno accanto a te per convenienza e non aver paura a fallire, poiché ci sarà sempre una seconda occasione.
Inoltre mi sembra che si metta abbastanza alla berlina chi sfrutta termini come "woke" solo per obiettivi personali e non perché creda davvero in quello che dice: è solo una parola per riempire un vuoto esistenziale, in fondo. Riempire invano.
A chi piace questo tipo di narrazione e di messaggio, credo potrà apprezzare questa pellicola e una comicità che non è mai davvero cattiva, al limite talvolta un po' sopra le righe. Ora, se però non vi dispiace, vado a rivedermi le coreografie di Kirsten Dunst ed Eliza Dushku.

mercoledì 30 aprile 2025

Fabolous Stack of Comics: Scarlet - La Strada delle Streghe


Ogni tanto Wanda Maximoff, alias Scarlet, viene fatta precipitare in un abisso di oscurità da cui con fatica riesce a riprendersi. E ogni volta la storia delle sue origini viene modificata.
In principio fu il dio del caos Chthon, che provò a usare Scarlet come suo araldo per spargere distruzione sulla Terra. Fu poi la volta di Pandemonio e Mefisto, che fecero letteralmente impazzire Wanda Maximoff rivelandole che i suoi figli non erano mai esistiti.
Un trauma che rimase sepolto nel suo subconscio, fino a quando emerse pienamente nella saga Vendicatori Divisi, che causò la temporanea morte di alcuni componenti del gruppo, il quale si sciolse poco dopo per rinascere sotto diversa forma.
Wanda Maximoff ebbe anche il tempo di farsi volere bene dai mutanti quando, pur sobillata dal fratello Pietro, cancellò i poteri di quasi tutti i portatori del Gene X sulla Terra, riuscendo solo in un secondo momento a ribaltare questa situazione.
Insomma, tanti peccati che dopo questi eventi lei sta cercando di farsi perdonare. E il suo percorso di redenzione continua nella maxiserie di quindici numeri La Strada delle Streghe (Witches' Road), pubblicata tra il 2015 e il 2017, scritta da James Robinson e disegnata da Vanesa Del Rey, Steve Dillon, Marco Rudy, Chris Visions, Javier Pulido, Marguerite Sauvage, Annie Wu, Tula Lotay, Joelle Jones, Kei Zama, Leila Del Duca, Annapaola Martello, Jonathan Marks-Barravecchia e Shawn Crystal.
Dopo aver da tempo abbandonato gli Avengers e aver scoperto che Magneto non è suo padre,, Scarlet si occupa saltuariamente di casi legati alla magia. La sua unica compagnia è lo spirito di Agatha Harkness, la quale non perde occasione per fare battute denigratorie nei suoi confronti e ricordarle che è la responsabile della sua morte.
Scarlet avverte a un certo punto una perturbazione che sta avvenendo nel regno della magia e che rischia di avere devastanti propaggini. Per scoprirne le radici e il responsabile, si imbarca in un viaggio ai quattro angoli del mondo e scoprirà infine le sue vere origini e... sua madre.
Una prerogativa del fumetto supereroistico americano, a volte un'abusata prerogativa ci mancherebbe altro, è che certi personaggi ogni tot anni vadano rivisti e riadattati, con conseguenti nuove origini e nuovo status quo.
Wanda Maximoff, Scarlet, rientra pienamente in questa prerogativa. Ogni tanto, forse anche per un desiderio di rimescolare le carte e tentare nuove strade narrative, questo personaggio ha subito cambiamenti dello status quo, anche di notevole impatto. I poteri, le pazzie e la virtù, ma soprattutto le origini.
Credo che qualunque personaggio che sia in giro da sessant'anni e più, sia stato oggetto di almeno un cambiamento di origini. Wanda Maximoff - e suo fratello Pietro - è l'emblema di ciò. Tuttavia la sua parentela con Magneto sembrava ormai essere diventata un punto di riferimento.
Ma, appunto, viviamo in un mondo in continua evoluzione e già da molti anni questo fatto non è più consolidato. James Robinson, che non è stato l'ideatore di questo nuovo status quo, parte dunque da qui per ricostruire il personaggio di Scarlet letteralmente dalle fondamenta.
Ridefinendo dunque i suoi poteri e ricontestualizzandoli. Ricostruendo il suo rapporto con Agatha Harkness (in effetti, da quel che ricordo, dopo la sua morte nessuno è più tornato sull'argomento) come se fossero quelle amiche che si incontrano per strada e si punzecchiano amorevolmente.
E infine raccontando e attualizzando per la terza o quarta volta le sue origini. Perché annullare le precedenti e non andare oltre rappresenta alla fin fine una lacuna se non si riempie quel vuoto. Con questa maxiserie quel vuoto viene riempito.
Attorniato da uno stuolo di disegnatori, ognuno col proprio stile per meglio contestualizzare il viaggio intorno al mondo, James Robinson delinea il nuovo passato di Wanda Maximoff, ci fa conoscere la sua vera madre e - nonostante la storia principale venga portata a compimento - lascia una porta aperta per riprendere questo argomento in futuro.
Di nuovo il personaggio di Scarlet è stato scosso nelle fondamenta, di nuovo l'eroina è pronta a ripartire. Ci sono nuove strade da percorrere, dalle potenzialità infinite. Infinita come la magia.

domenica 27 aprile 2025

Netflix Original 176: Un Piedipiatti a Beverly Hills - Axel F


Nel 1984, esce il primo Beverly Hills Cop. Per la prima volta, vediamo il detective di Detroit Axel Foley recarsi a Beverly Hills per indagare, in questo caso sulla morte di un suo amico. Una trasferta che sul grande schermo si sarebbe vista altre due volte, nel 1987 e nel 1994, durante la quale rivedremo, oltre a lui, anche i detective che ha conosciuto durante la sua prima indagine.
Quarant'anni dopo il primo film e trent'anni dopo il terzo, Axel Foley ritorna per la quarta (e ultima?) volta in Un Piedipiatti a Beverly Hills: Axel F, diretto da Mark Molloy, scritto da Will Beall, Kevin Etten e Tom Gornican e distribuito su Netflix a partire dal 3 luglio 2024.
Con un mondo e una società molto diversi rispetto ai suoi primi anni da poliziotto, Axel Foley (Eddie Murphy) pattuglia ancora con dedizione e un pizzico di esuberanza le strade di Detroit.
Il giorno in cui il suo amico Jeffrey Friedman (Paul Reiser) va in pensione, Foley viene contattato da Billy Rosewood (Judge Reinhold), che dopo aver abbandonato la polizia di Beverly Hills sta collaborando con la figlia di Foley, Jane (Taylour Paige), che non parla col padre da anni.
Quando la vita di quest'ultima è messa in pericolo, ad Axel Foley non resta altro che tornare a Beverly Hills, per risolvere il caso, ritrovare il nuovo capo della polizia, John Taggart (John Ashton) e cercare di riallacciare i rapporti con la figlia.
Il fatto che siano passati quattro decenni dalla prima pellicola e tre dall'ultima non può non notarsi, né questo viene nascosto.
In primo luogo nel personaggio di Axel Foley: un poliziotto rampante appena entrato in polizia nelle prime due pellicole, mentre ora è un navigato detective che ha alle spalle anche una famiglia e un matrimonio fallito (tecnicamente, già presenti al tempo del terzo film).
La tentata operazione di cesello che viene messa in atto è quella dunque di collegare questo personaggio, ora declinato in una diversa identità (a sessant'anni non si è più ventenni nel fisico e spesso neanche nella mente come lui stesso a un certo punto afferma), sia al suo presente che al suo glorioso passato, di modo tale da ricordarci che, sì, è ancora lui.
Tuttavia al tempo stesso si tiene a rimarcare, molte volte direi, che non si è più negli anni '80 e quello che Foley poteva fare all'epoca (distruggere decine di auto per una cattura e subire un semplice rimprovero) oggi non gli è più permesso. Così come certe cose (Foley che fa le sue scenate per ottenere informazioni) non funzionano più come un tempo. Traduzione: questo è un film che tenta di abbracciare la modernità, ma prova a non dimenticare il passato.
Quindi non stupisce che, dopo i criminali mascherati da imprenditori o i ricattatori, stavolta Axel Foley si ritrovi ad affrontare degli agenti corrotti, la creme de la creme della malvagità di questi tempi moderni dove si fa fatica a creare dei nuovi personaggi positivi in seno alla polizia.
Ma Foley è il passato che abbraccia il presente, quindi lui può porsi come espressione dell'ordine contro chi quell'ordine lo corrompe e si potrà chiudere un occhio.
Dunque una sorta di operazione nostalgia - chi del vecchio cast poteva apparire qui compare - mixata con la trama consolidata dei difficili rapporti familiari e il desiderio di provare a smarcarsi da quanto accaduto in passato.
Può essere il capitolo conclusivo della saga, così come un nuovo inizio. Il mondo cambierà ancora, le saghe action, invece, tenteranno di rimanere fedeli a sé stesse.