venerdì 17 ottobre 2025

Netflix Original 185: La Babysitter - Killer Queen


Per il giovane studente Cole l'incubo sembrava finito. In La Babysitter, aveva affrontato suo malgrado una setta di giovani aspiranti demoni immortali capeggiati dalla babysitter Bee, interessati al suo sangue di vergine per ottenere i poteri.
Ma tra acrobazie fortunate e imbarazzanti cadute, i giovani erano stati debellati. Però quel film era un omaggio parodistico degli slasher degli anni '80 del ventesimo secolo. E voi sapete bene cosa accadeva allora quando l'assassino era dichiarato morto, giusto?
Non sorprenderà dunque sapere che la storia continua in La Babysitter: Killer Queen, diretto da McG, scritto da McG, Dan Lagana, Brad Morris e Jimmy Warden e distribuito su Netflix a partire dal 10 settembre 2020.
Sono passati due anni dagli eventi del primo film. Ora Cole Johnson (Judah Lewis) frequenta il liceo e nessuno, inclusi i suoi genitori, crede che lui sia riuscito ad eliminare da solo i componenti di una setta satanica, tanto che sta per essere rinchiuso in un istituto psichiatrico. Ma c'è qualcuno forse più strano ancora, la nuova studentessa Phoebe (Jenna Ortega).
Per sfuggire a questo insolito destino, Cole si reca in vacanza con alcuni amici, ma lì lo aspetta una brutta sorpresa: tutti i componenti della setta sono riusciti in qualche modo a tornare in vita e intendono riprendere il discorso interrotto. E se ci sono loro, può Bee (Samara Weaving) essere troppo lontana? E l'unica persona su cui Cole può contare è proprio Phoebe.
La storia di Cole Johnson continua e lo fa riprendendo molti elementi del film originario e introducendone al contempo di nuovi, in termini di personaggi e ambientazioni.
Il primo film era una dichiarata parodia degli slasher movie del passato in stile Scream o giù di lì e anche in questo caso l'elemento parodistico è presente, seppur si concentri su alcune strategie narrative adottate negli ultimi anni in molte pellicole.
L'uso sproporzionato dello slow motion, non riferito a quel singolo regista il cui nome vi sarà subito venuto in mente, l'abuso abbondante dei flashback per spiegare come mai si è creata quella situazione contraddittoria, gli improbabili ritorni per creare un sequel, l'eccessivo desiderio di inclusività (con tanto di riferimento in senso positivo a Jordan Peele) e i cambi di barricata senza troppe spiegazioni sono gli stratagemmi narrativi che finiscono nel mirino.
Quindi una sorta di parodia del cinema blockbuster degli ultimi quindici anni circa, da quando il modello MCU ha preso piede (ma non è l'unico "colpevole"), facendo sì che la trama passasse in secondo piano. Sì, il regista ha anche diretto i film delle Charlie's Angels, ma quello era già un altro mondo.
E con la stessa surrealtà con cui si era conclusa la prima pellicola, termina anche questo sequel permettendosi - come fanno i blockbuster moderni - di lasciare quello spiraglio aperto per un nuovo capitolo. Se poi sarà realizzato o meno, dipende da differenti tipi di "sette".

giovedì 16 ottobre 2025

Fabolous Stack of Comics: Tex - La Piramide Misteriosa


Il western, la frontiera americana che vediamo nelle storie di Tex Willer non è quella che abbiamo imparato a conoscere col cinema statunitense coi vari John Wayne e Gary Cooper. E ancor meno è la vera frontiera che i coloni americani hanno affrontato e vissuto.
Piuttosto è un mondo a parte dove, sì, spopolano ranger, cowboy e pistoleri criminali, ma saltuariamente fa capolino un elemento insolito in questo contesto: la magia. Insolito tranne che qui, dove è quasi di casa, come hanno già abbondantemente dimostrato le storie che hanno visto Mefisto come avversario dei pards.
E quindi non stupisce che Tex Willer affronti un'altra minaccia soprannaturale in La Piramide Misteriosa, pubblicata nel 1979 sugli albi 228 e 229 della serie dedicata a Tex, scritto da Gianluigi Bonelli e disegnato da Guglielmo Letteri.
Tex e Kit Carson, che devono affrontare un lungo viaggio, decidono di sostare per una notte presso la dimora di un loro amico e alleato, El Morisco.
Tuttavia la situazione è tesa poiché costui e il fido Eusebio sono stati presi di mira da strani animali esotici che attaccano la loro casa. Tex riesce a ucciderne alcuni con abilità e fortuna, scoprendo che questi animali provengono dalla piramide dove dimora un sacerdote egiziano di nome Rakos.
Costui, maledetto da Iside nell'antichità, ora vive una vita immortale in cui gli è preclusa la luce del sole e che deve essere dominata dalla malvagità. In El Morisco ha trovato un potente avversario che deve essere eliminato, ma Rakos non ha fatto i conti con Tex Willer e la sua infallibile mira.
Ora, in massima trasparenza, vedere una piramide egizia, visibile anche da lontano, comparire nel bel mezzo della prateria americana senza che nessuno se ne sia mai accorto o l'abbia comunque segnalato è difficile da mandar giù...
Ma se si riesce ad andare oltre questo aspetto ci ritroviamo di fronte alla più sfrenata - ma anche consueta - delle avventure di Tex che, insieme a Kit Carson, si ritrova a proteggere una persona in pericolo, in questo caso un suo caro amico e alleato.
La differenza rispetto alle altre storie del ranger texano è il preminente elemento sovrannaturale, anche se non manca una tribù di indiani a proteggere Rakos, giusto per dar vita a qualche sparatoria. Animali parlanti, maledizioni di antichi dei egiziani, amuleti mistici e pozioni magiche non ci sembra di averle viste nei film con John Wayne ma, in quello che è un western fatato quale quello dove Tex agisce, risultano pienamente accettabili.
Ed essendo lui l'eroe della situazione, non si fa problemi a gettarsi nei duelli o affrontare le minacce mistiche di Rakos senza interrogarsi più di tanto. Nella maniera di agire semplice e immediata che Tex ha, ogni problema può essere risolto da una pistola o dal suo Winchester.
Per Gianluigi Bonelli, avido lettore e spettatore di film, queste storie erano un veicolo per dare libero sfogo alla sua immaginazione sfrenata, senza porsi troppi problemi di verosimiglianza o eccessivo realismo. Il tempo ha dimostrato che ha fatto bene ad agire in questo modo.

lunedì 13 ottobre 2025

Libri a caso: Sherlock Holmes e gli Orrori del Miskatonic


Sherlock Holmes contro Chtulhu e i Grandi Antichi. Uno scontro impossibile, improbabile... ma nulla è davvero impossibile per la narrativa, come ha dimostrato Sherlock Holmes e le Ombre di Shadwell, primo romanzo di una trilogia.
E così l'autore, James Lovegrove, ritorna sul "luogo del delitto" col seguito Sherlock Holmes e gli orrori del Miskatonic (Sherlock Holmes and the Miskatonic Monstrosities), pubblicato nel 2017.
Sono passati quindici anni dagli eventi del primo libro e ci troviamo dunque nel 1895. Sherlock Holmes non ha mai apparentemente perso la vita lottando contro Moriarty presso le Cascate Reichenbach e in tutti questi anni ha combattuto contro gli orrori generati dai Grandi Antichi che tormentavano gli esseri umani.
John Watson, sotto forma di racconti opportunamente rivisti, ha poi pubblicato queste avventure, decidendo poi di rinunciare alla scrittura a seguito dell'uccisione della moglie da parte di uno degli emissari dei Grandi Antichi.
I due - seguendo un'indicazione di Tobias Gregson - si recano presso un ospedale psichiatrico dove vi è internato un paziente senza nome che si esprime solo tramite un ignoto linguaggio. Tale linguaggio è in realtà quello parlato dai Grandi Antichi e presente nel Necronomicon, ben noto ad Holmes.
Costui riesce ad intuire l'identità del paziente, collegandola a un misterioso caso di sparizione avvenuto poco tempo prima negli Stati Uniti che sta per colpire con tutto il suo orrore anche Londra e il mondo intero.
Questo è il capitolo centrale di una trilogia, ma non ne rappresenta una pura e semplice continuazione senza approfondire troppo le tematiche concepito nel romanzo iniziale.
Anche stavolta la "formula vincente" si ripete. L'autore riprende alcune celebri storie di Arthur Conan Doyle come Il Segno dei Quattro, L'Avventura della Casa Vuota e Il Mastino dei Baskerville per riadattarle in questo nuovo contesto.
I personaggi però sono cambiati e non potrebbe essere diversamente. Il primo libro rappresentava la loro prima alleanza e il primo scontro con questi incredibili orrori. Gli anni passati hanno forgiato i loro caratteri, ma hanno anche richiesto un alto prezzo da pagare (la perdita della moglie per Watson, la forte dipendenza dalla cocaina per Holmes).
L'entusiasmo e la sorpresa della prima storia diventano dunque consapevolezza mista a un quasi senso di rassegnazione in questo seguito: poiché quante volte si possono affrontare pericoli che sfuggono alla comprensione umana prima di perdere il senno?
Dopotutto, però, ci troviamo di fronte a due persone non comuni. E così Holmes e Watson, andando a fondo nell'indagine e nei misteri che si ritrovano a scoprire, ritrovano quella vitalità e quel desiderio di risolvere i casi (sovrannaturali) più intricati che anni di battaglie avevano assopito.
Nel mezzo il ritorno di antichi avversari, un lungo interludio nel solco di Arthur Conan Doyle e varie scene di passaggio che contribuiscono a dare continuità al tutto. E la sottolineatura che, se i Grandi Antichi possono influenzare il nostro mondo ancora, questo è dovuto in gran parte alla malvagità degli esseri umani.
Perché gli dei possono avere scopi imperscrutabili, ma gli uomini o la feccia di essi sono guidati talvolta dai più bassi istinti.

domenica 12 ottobre 2025

Italians do it better? 61: Freaks Out (2021)


La via dei supereroi italiani, non così improbabile come si potrebbe pensare seppur non così frequente come si verifica negli Stati Uniti, ha trovato una prima linfa in Italia grazie a Lo Chiamavano Jeeg Robot e un altro paio di prodotti.
Un genere in cui non si investe molto, per ragioni economiche e di mancanza di coraggio, ma che torna a far capolino anche con prodotti "collaterali" come la trilogia su Diabolik oppure anche - dallo stesso team creativo del film succitato - con Freaks Out, diretto da Gabriele Mainetti, scritto da Gabriele Mainetti e Nicola Guaglianone e distribuito nei cinema nell'ottobre 2021.
Ci troviamo a Roma, nel 1943, in piena Seconda Guerra Mondiale e quando la Campagna d'Italia deve ancora iniziare. In questo scenario quattro "freaks" dotati di strani poteri, Fulvio (Claudio Santamaria), Matilde (Aurora Giovinazzo), Cencio (Pietro Castellitto) e Mario (Giancarlo Martini) si ritrovano all'improvviso abbandonati dal proprietario del circo per cui lavorano, Israel (Giorgio Tirabassi).
Matilde, tuttavia, si convince che costui sia stato rapito e così i quattro improbabili eroi iniziano la loro ricerca nella capitale italiana assediata dai nazisti i quali a loro volta sono perseguitati dai partigiani capeggiati dal Gobbo (Max Mazzotta). I quattro restano così coinvolti in un conflitto che potrebbe decidere le sorti della guerra.
I fumetti di supereroi e la guerra sono stati intrecciati fin dagli albori di questo genere. In quella che è definita la Golden Age, colorati eroi come il primo Batman, Capitan America, la JSA e molti altri avevano come principale nemico l'esercito nazista e i suoi adepti.
Il film di Mainetti sembra voler definire un'era che nella nostra storia fumettistica - dominata da ranger texani e spericolati avventurieri - non vi è mai stata. Eppure anche il nostro passato, pur nei suoi aspetti bellici e drammatici più dolorosi, può offrire terreno per storie di questo genere. Ovviamente con un impatto moderno, dove emergono tematiche come la diversità, le persecuzioni razziali e religiose che persistono ancora oggi e la ribellione alle dittature.
Oltre a questo omaggio, voluto o forse no, a questo particolare genere supereroistico ve ne è un altro più marcato. Poiché, agli occhi del lettore abituale di fumetti, i quattro protagonisti possono richiamare versioni alternative, e italiane, degli X-Men.
In particolare l'epilogo della storia - con una battaglia finale che non sfigura affatto di fronte ad alcune produzioni MCU - sembra tenere conto in special modo de La Saga di Fenice Nera.
Gli X-Men sono stati concepiti come dei freaks, per proteggere un mondo che li teme e li odia, come accade agli artisti circensi di questa pellicola (anche Nightcrawler, per dire, ha avuto un passato da acrobata di un circo). E in questo clima di tensione hanno rafforzato i loro legami di amicizia e rispetto.
Lo stesso accade a Fulvio, Matilde, Cencio e Mario. Distanti in principio, accomunati solo dal lavoro che fanno, più forti e uniti che mai alla fine per via delle avversità che hanno dovuto affrontare.
Si citava la mancanza di coraggio. Ecco, il fatto che simili prodotti rimangano sempre bellissimi esperimenti, anche premiati, lo dimostra. Bisogna sapersi accontentare, dunque, e apprezzare ogni possibile deviazione che il cinema italiano odierno compie dal suo percorso abituale.

sabato 11 ottobre 2025

Italians do it better? 60: Diva Futura (2025)


I biopic delle più importanti personalità italiane, quelle che hanno segnato la storia con la S maiuscola, vengono spesso sviluppate sotto forma di sceneggiato televisivo. In quanto devono essere prodotti più che rassicuranti che sottolineino le luci del personaggio, ma ben si guardino dall'indicarne le ombre (diversamente dal cinema americano, che pure spesso e volentieri scivola nel patriottismo).
Cosicché al cinema rimangono quelle personalità che forse la storia con la S maiuscola non l'hanno segnata, eppure una traccia di sé l'hanno lasciata. Come nel caso di Diva Futura, scritto e diretto da Giulia Louise Steigerwalt e distribuito nei cinema nel febbraio 2025.
Fin da piccolo, Riccardo Schicchi (Pietro Castellitto) rimane intrigato dalla figura femminile nel suo aspetto più lussurioso e decide di scardinare quell'aura di perbenismo e ipocrisia presente nella società italiana negli anni '70 del ventesimo secolo.
Così negli anni successivi, con al suo fianco soprattutto tre donne dalla forte personalità come Ilona Staller (Lidija Kordic), Moana Pozzi (Denise Capezza) ed Eva Henger (Tesa Litvan), Schicchi crea un impero del cinema pornografico che trova il suo emblema nella società da lui stesso fondata, ovvero Diva Futura.
Tuttavia la società italiana non più perbenista, che è cambiata anche grazie a lui, continua a cambiare troppo in fretta con l'avvicinarsi del nuovo millennio e Riccardo Schicchi - di fronte all'arrivo della tecnologia e di Internet - inizia a sperimentare le prime difficoltà e a veder crollare quei sogni di ragazzo.
Possiamo dire che questo film è la versione italiana di Boogie Nights? Forse il paragone è troppo azzardato, ma entrambe le pellicole si incentrano sull'ascesa e il declino di un certo cinema pornografico (genere che ancora oggi macina migliaia di euro) degli albori.
Se però il film americano utilizzava personaggi fittizi basati su personalità reali, quello italiano individua in Riccardo Schicchi (nome che oggi dirà poco alle giovani generazioni) il principale esponente di quel periodo che, volenti o nolenti, ha cambiato la società italiana.
Ma siccome l'essere umano possiede sia pregi che difetti, Schicchi viene ritratto sì nei suoi tratti migliori, ma non ne vengono nascoste le ombre.
Come nelle complicate relazioni amorose che si trova ad affrontare e di cui non vuole accettare la fine. O negli scambi di vedute con la segretaria Debora Attanasio (Barbara Ronchi), da un cui libro è stata tratta questa pellicola, che a un certo punto in una scena dal forte impatto dice a Schicchi che se il cinema porno ha preso una deriva che arriva a far vedere donne picchiate e sodomizzate per il piacere dello spettatore ne ha una buona parte di responsabilità anche lui.
Il rapporto ritratto sullo schermo tra Schicchi e Debora Attanasio è pieno di umanità e rispetto, nonostante le divergenze, e risulta a mio avviso la parte migliore del film. Con quel continuare da parte di Schicchi a definire sempre la segretaria "Signorina" o aiutandosi a vicenda durante i momenti di difficoltà.
L'altro, inevitabile protagonista è il corpo femminile, ma non in un'accezione negativa o pruriginosa. Film come The Substance hanno dimostrato che le registe inquadrano le nudità in maniera differente dai registi, che perlopiù si comportano come se fossero spie che guardano dal buco della serratura. Il corpo femminile - non celato - è quello che ha segnato le fortune di Diva Futura, ma anche i suoi momenti bui.
Quindi lo sguardo della regista e anche dello spettatore passa dall'ammirazione all'interrogarsi quanto oltre ci si possa spingere. La visione del corpo nudo di Moana Pozzi segnato dalla malattia negli ultimi mesi di vita è la dimostrazione di come esso possa rivelarsi traditore, a volte.
In ultima analisi, Diva Futura ritrae i vari protagonisti nelle loro peculiarità e dandoci un ritratto umano con cui poter empatizzare. Alla fine Riccardo Schicchi è rimasto quel ragazzo che aveva dei sogni e, a modo suo, ha cercato di realizzarli. 

venerdì 10 ottobre 2025

Fabolous Stack of Comics: Mezzanotte dell'Anima


Il tema del disturbo da stress post-traumatico (PTSD) a seguito della partecipazione a un conflitto bellico, durante il quale si è stati testimoni di atroci orrori, è divenuto noto al grande pubblico principalmente al termine della guerra in Vietnam, ma è sempre esistito per i sopravvissuti che non riuscivano a lasciarsi alle spalle ciò che avevano sperimentato.
Anche per i reduci della Seconda Guerra Mondiale, il conflitto che ha scoperchiato una serie di inimmaginabili orrori come i campi di concentramento. Un tema che ritorna anche in Mezzanotte dell'Anima (Midnight of the Soul), miniserie di cinque numeri pubblicata nel 2016 da Image Comics, scritta e disegnata da Howard Chaykin.
Ci troviamo a New York, nell'anno 1950: Joel Breakstone, da quando è finita la guerra, ha provato a rifarsi una vita e si è anche sposato, ma poco tempo dopo si è praticamente barricato in casa, preda di allucinazioni risalenti a quando ha liberato un campo di concentramento e col terrore di affrontare il mondo esterno.
Joel Breakstone è diventato così un alcolista e sta cercando invano di coronare una carriera come scrittore. La compagna, Patricia, stanca di questo suo carattere arrendevole, esce dunque le notti per concedersi ad altri uomini.
Sconfiggendo le sue paure, Joel Breakstone decide di seguirla. Questo dà il via a una serie di eventi che si estenderanno per una notte intera e cambieranno per sempre la vita del reduce di guerra.
Questa storia appare come una sorta di noir post-moderno, che non si fa problemi a trattare tematiche che nei noir classici, per motivazioni varie, venivano sottaciute o non approfondite e calcando molto sulla violenza (che nei film di decenni fa non poteva essere troppo mostrata).
Il protagonista stesso è un personaggio moderno calato in un contesto del passato. Personaggio e non eroe o antieroe, poiché non ne ha la caratura. Joel Breakstone è qualcosa di diverso dall'uomo della strada che prova ad affrontare i propri incubi: è un uomo che ha toccato il baratro, a volte non riesce a ricordare eventi del passato, si affida alla bottiglia che non gli offre alcun conforto e viene tradito.
La mezzanotte dell'anima del titolo, una profonda crisi psicologica che causa una sensazione di vuoto. Un vuoto che il protagonista infine riesce a colmare, ovviamente nel solco di un fumetto pieno di sparatorie, termini politicamente scorretti (è Howard Chaykin, dopotutto), sesso, droga e rock'n'roll. Sul rock'n'roll ho dei dubbi.
Affrontando tutte le sue paure e incertezze in una sola notte, Joel Breakstone fuoriesce dalla sua crisi psicologica, si riappropria dei ricordi, soprattutto quelli più dolorosi, inizia a farsi una carriera come scrittore e già che c'è trova pure una nuova fidanzata.
Lieto fine migliore non potrebbe esserci, direi. Ho come la sensazione che il protagonista sia un alter ego dello sceneggiatore che - pur senza dover sparare a nessuno o affrontare criminali - dovette fare molta gavetta e affrontare qualche crisi interiore prima di affermarsi come autore completo e ha anche affrontato relazioni concluse in maniera disastrosa.
Dopo la mezzanotte giunge l'alba. Non sappiamo cosa accadrà a Joel Breakstone, ma siamo comunque consapevoli che si è infine lasciato alle spalle la sua vecchia vita.

giovedì 9 ottobre 2025

Fabolous Stack of Comics: Deadman - Amore dopo la Morte


Il tema è di quelli classici, la letteratura e la poesia se ne sono occupati sin dall'alba dei tempi. Amore e Morte, Eros e Thanatos. Elementi in apparenza incompatibili: come è possibile provare un sentimento vitale quando la vita non vi è più?
Eppure la narrativa ci insegna che talvolta l'amore è capace di superare queste barriere, fisiche e metafisiche. Anche nei fumetti. E chi meglio di Deadman per dimostrare questo? Il che ci porta ad Amore dopo la Morte (Love After Death), miniserie di due numeri pubblicata tra il 1989 e il 1990, scritta da Mike Baron e disegnata da Kelley Jones.
Dopo quasi dieci anni nella sua condizione di spirito, Boston Brand continua a provare sensazioni ed emozioni di quando era in vita, cosa che amplia la sua solitudine.
Quando nota su un giornale la notizia riguardante un circo abbandonato e lo spettro che ne perseguirebbe le rovine, Deadman, spinto dalla curiosità, si reca ad indagare.
In realtà non vi è un solo spettro, ma decine di essi, impossibilitati a lasciare questo piano dell'esistenza poiché il padrone del circo, guidato da un demone, li tiene imprigionati per il suo divertimento e sadismo. Tra questi vi è anche la moglie del proprietario, Ann, verso cui Deadman inizia a provare un vero sentimento di amore.
Ma potrà mai concretizzarsi un amore tra due spettri?
L'idea di partenza, a ben vedere, è molto semplice, ma non era mai stata esplorata durante il ciclo pubblicato su Strange Adventures, più incentrato sulla ricerca di Deadman del suo assassino.
Perché Deadman è uno spirito, sì, ma è anche (o meglio è stato) Boston Brand, un trapezista che continua a pensare come un essere umano e provare sensazioni come un essere umano, come la sua determinazione nello scoprire il mandante del suo omicidio dimostra.
E quindi perché Deadman non può anche provare sentimenti positivi come l'amore, che al tempo stesso però rischiano di distruggerlo?
Le idee semplici spesso si dimostrano anche efficaci. Da questa base di partenza, un ottimo connubio tra sceneggiatore e disegnatore mette in scena un dramma sovrannaturale dove - pur essendovi l'azione - ci si concentra maggiormente sull'intimità dei personaggi, trascinati su un palcoscenico infernale, un limbo eterno, dove non pare esservi via di fuga. Ognuno alla fine sceglierà il suo destino e affronterà un'inevitabile pena del contrappasso.
Il fatto che l'amore porti con sé anche il sesso non viene nascosto. Forse perché progetto ritenuto secondario e destinato a un pubblico maturo, in questa storia non ci si fa problemi a mostrare delle nudità, con corpi che si contorcono e si fondono in una giostra di impossibile - ma al tempo stesso credibile - anatomia ben illustrata.
Curioso che l'ordinaria castità supereroistica sia scardinata in questo caso da un eroe che tecnicamente vivo non è.
In ultima analisi, questa non è la classica storia supereroistica. Anzi, oserei dire che non è nemmeno una storia supereroistica, bensì il racconto del tormento di un uomo che tecnicamente la propria umanità l'ha perduta, ma cerca di restarvi aggrappato con tutte le sue forze. Naturali o sovrannaturali che siano.
Anche se questo comporta sconvolgere le esistenze di altri esseri umani.

mercoledì 8 ottobre 2025

Libri a caso: La Casa dei Fiamminghi


Abbiamo già visto il Commissario Maigret, personaggio ideato da Georges Simenon, dover talvolta abbandonare Parigi e la Francia per portare le proprie indagini all'estero. Ad esempio in Belgio ne La Ballerina del Gai-Moulin, oppure in Olanda in Un Delitto in Olanda.
Ed echi di entrambe queste indagini si ritrovano in un altro romanzo dove il Commissario deve recarsi all'estero, o quasi, ovvero La Casa dei Fiamminghi (Chez Les Flamands), pubblicato nel 1932.
Maigret si reca a Givet, paesino sito sul confine tra Francia e Belgio, in quanto contattato da Anna Peeters, la quale è riuscita ad ottenere l'aiuto del Commissario grazie a una conoscenza comune.
La famiglia Peeters è stata incolpata della sparizione di una giovane ragazza, Germaine Piedboeuf, e i sospetti della gente del paese si concentrano su Joseph, il fratello di Anna, in quanto costui era stato fidanzato con la ragazza e aveva avuto pochi anni prima da lei un figlio.
Pur non indagando in veste formale e ufficiale, Maigret inizia a scoperchiare un vaso di Pandora di segreti che coinvolge diverse persone, inclusa la stessa famiglia Peeters, all'esterno così perfetta e immacolata, ma piena di lati oscuri dentro la propria abitazione.
E che fine he fatto Germaine Piedboeuf? Che sia stata infine uccisa?
Quando si tratta di descrivere le ambientazioni delle piccole città e le abitudini degli abitanti che ci vivono, Georges Simenon - come ha già mostrato in passato - sfoggia una maestria senza pari.
In questo caso l'ambientazione è decisamente particolare e ben sfruttata. Pur essendoci riferimenti all'indagine in Olanda, citata un paio di volte, la città che si pone tra due nazioni è il luogo ideale per mostrare anche quelle che sono le differenze tra due popoli che si ritrovano a convivere. Un modo per l'autore per parlare anche, seppur senza approfondire troppo l'argomento, di pregiudizio e classismo.
La taverna gestita dalla famiglia Peeters, dunque, sita in Francia mentre i locali privati si trovano in Belgio, diventa una sorta di anticamera del Purgatorio, dove piano piano vengono alla luce tutti i segreti rimasti taciuti per troppo tempo. Alcuni anche decisamente oscuri e che tirano in ballo tematiche molto delicate ancora oggi.
Un modo per Simenon/Maigret di scavare nei tratti più profondi e sottaciuti della personalità umana e mostrare quanto questo possa rovinare intere esistenze.
Anche questa volta bisognerà chiudere un paio d'occhi rispetto ad alcune scelte narrative, abituali novant'anni fa, meno ora. L'idea ad esempio che Maigret scopra il vero responsabile di questi atti criminali, ma non lo arresti o lo denunci e lasci che sia la coscienza di questa persona a decidere cosa fare solo perché il Commissario si trova lì in veste non ufficiale è un po' difficile da digerire.
È pur vero, comunque, che già in almeno un paio di occasioni Maigret non aveva portato davanti alla giustizia dei colpevoli, poiché il suo principale interesse è indagare nell'animo umano e far venire alla luce quelle piccole o grandi contraddizioni che esso porta con sé.
Quella piccola o grande oscurità che talvolta avvolge più persone, portandole a compiere atti indicibili nel nome di un presunto o supposto bene superiore.

martedì 7 ottobre 2025

Fabolous Stack of Comics: Berserk - Gli Angeli Custodi dei Desideri


Dopo i capitoli introduttivi de Il Guerriero Nero, l'epopea di Berserk ideata da Kentarō Miura preme subito sull'acceleratore con la saga successiva, Gli Angeli Custodi dei Desideri, pubblicata tra il 1990 e il 1991 sulla rivista Young Animal.
Questa saga in sei capitoli introduce elementi fondamentali di quest'opera, che caratterizzeranno le storie successive.
Gatsu, sempre seguito dall'elfo Pak, approda in una città tiranneggiata da uno spietato Conte, il quale condanna a morte decine di persone proclamandole come eretiche, anche se in realtà questo è solo un modo per alimentare la propria malvagità.
Gatsu, però, non è interessato a fare giustizia per questa ragione e sfida apertamente il Conte. Costui in realtà è un altro degli Apostoli dei Cinque della Mano di Dio, a cui sono stati garantiti poteri sovrumani e una sorta di immortalità fondendolo con un demone.
Tra sanguinarie battaglie e demoni in apparenza indistruttibili, Gatsu verrà infine proiettato in un regno fuori dal tempo e dallo spazio, dove avrà modo di ritrovare una sua vecchia conoscenza.
Vi ricordate quando abbiamo detto che questo non è un fantasy classico, popolato da eroi impeccabili e con città e paesaggi incantati? Ecco, qualora non fosse stato troppo chiaro nei primi capitoli, Kentarō Miura sottolinea qui in maniera ulteriore questo aspetto.
Le strade delle città sono sporche, la distanza tra la classe nobile e i poveri è del tutto incolmabile e non vengono nascoste la tirannia e la crudeltà che la prima esercita sui secondi. Non c'è spazio per l'innocenza e, se questa emerge, è con ogni probabilità destinata a essere spazzata via e anche in modo atroce.
Qualche anno prima di George Martin, insomma, Miura invita a non affezionarsi troppo ai personaggi, potrebbero non restare sulla scena troppo a lungo.
La personalità complicata e contorta di Gatsu si amplia. Già sapevamo che non era un eroe, ma ora sorge il dubbio non sia neanche un antieroe, bensì un uomo guidato da motivazioni puramente egoistiche e pulsioni di rabbia.
Non salva un condannato a morte con la giustificazione che metterebbe solo a rischio la propria vita, non si crea alcuno scrupolo se la figlia del Conte viene trascinata nei regni infernali e continua a mostrare disinteresse e arroganza nei confronti di Pak. Di certo Aragorn non è un buon metro di paragone.
Ma quello che manca a Gatsu in umanità viene compensato dall'abilità con la sua lama, in manovre acrobatiche e sovrumane ritratte da Miura con un senso cinetico da far sentire ogni colpo e ogni schivata come realistica, grazie anche a un uso straordinario delle onomatopee che diventano parte integrante delle vignette e dei combattimenti.
Miura, tuttavia, non si limita a questo e mostra tutto il proprio affetto e rispetto nei confronti di grandi maestri dell'arte, citando in questa saga con altrettanta maestria artisti come Salvador Dalí, Maurits Escher, ma soprattutto Hieronimus Bosch, le cui macabre anatomie e spettrali paesaggi sono stati ben studiati dall'autore giapponese.
L'arte che cita l'arte. Ma non un'arte povera che omaggia quella più elevata, bensì due differenti forme artistiche che si completano a vicenda.
Alla fine della storia compare un personaggio destinato a diventare una sorta di secondo protagonista: Grifis. Nulla sappiamo di lui al momento, solo che Gatsu l'ha conosciuto in passato e nutre un profondo odio per lui. Misteri che si aggiungono ad altri misteri.

lunedì 6 ottobre 2025

Libri a caso: I Medici - Decadenza di una Famiglia


Abbiamo visto la famiglia fiorentina dei Medici dominare la scena italiana e non solo in romanzi precedenti scritti da Matteo Strukul. Dapprima Cosimo e Lorenzo il Vecchio in Una Dinastia al Potere. Poi è toccato al celebre Lorenzo il Magnifico in Un Uomo al Potere. Per arrivare infine a Caterina De' Medici con Una Regina al Potere.
Quest'incredibile epopea dove storia e finzione si sono metaforicamente abbracciate giunge infine alla sua conclusione col quarto romanzo, Decadenza di una Famiglia, pubblicato da Newton Compton nel 2017.
Dopo Caterina De' Medici, la famiglia di Firenze rimane sul trono di Francia grazie a Maria De' Medici, che sposa Enrico IV di Francia all'inizio del diciassettesimo secolo. La rinnovata presenza di un'italiana a corte suscita ovviamente il malcontento dei sudditi francesi, ma anche di alcuni nobili che mirano a conquistare il potere.
Tra questi vi è Henriette d'Entragues, amante del re che mira a spodestare Maria. Per sventare questo pericolo, Maria De' Medici richiede l'aiuto di una spia italiana, Matteo LaForgia. Questo dà il via a una serie di eventi che si proietteranno per alcuni decenni e segneranno la storia della Francia e l'inizio della caduta dell'illustre famiglia fiorentina.
Quest'ultimo romanzo della saga sembra voler raccogliere i vari elementi che hanno caratterizzato i tre romanzi precedenti e riunirli insieme per creare un epilogo che sottolinei al meglio suddetti elementi.
Il primo è, come sempre, il fatto che venga preso in considerazione un ampio periodo storico, in questo caso dal 1597 al 1640. Poiché molto può accadere nella vita di una persona, ancor più se questa occupa un ruolo di potere.
E ancor di più se in questo arco di tempo la protagonista ha modo di incontrare sia personaggi fittizi che aiutano a dare una sorta di continuità alla trama, come la citata spia, emblema di un mondo corrotto dove parole come alleanze durature e rispetto sembrano già passate di moda, che personaggi storici, come il Cardinale Richelieu o Paul Rubens.
Anche il legame tra i Medici e l'arte è sempre stato sottolineato, a sottolineare la loro aura di mecenati. Filippo Brunelleschi, Leonardo Da Vinci, in senso molto più lato Nostradamus e ora il pittore fiammingo. Persone di potere che prendono decisioni scomode e a volte mandano persone a morire, ma che rimangono affascinate dalla bellezza dell'arte: una curiosa e apparente contraddizione.
La trama appare molto simile al romanzo precedente, ma non per responsabilità dell'autore, poiché quel detto secondo cui la storia si ripete nel caso di Caterina e Marta De' Medici è stato quanto mai vero. Entrambe invise per la loro origine italiana. Entrambe che a un certo punto si sono ritrovate a essere reggenti del regno per la scomparsa del compagno, in attesa che il primo erede diventasse maggiorenne. Entrambe che hanno dovuto prendere decisioni dolorose e sanguinarie per continuare a detenere quel potere.
Sempre circondate da presunti alleati, a partire dai componenti della propria famiglia per giungere agli infidi consiglieri di corte (non penso che Richelieu abbia bisogno di presentazioni). Trattando così con la giusta sensibilità moderna il tema attuale del rapporto tra le donne e l'autorità, tramite figure storiche che hanno in un certo senso anticipato i tempi.
Poiché illustri professori ci hanno insegnato che, anche se la storia può apparirci superata, lontana nel tempo, essa in realtà ha forgiato il mondo in cui viviamo ora. Una storia fatta di persone con i loro punti di forza e le loro grandi fragilità. Come la famiglia Medici, un tassello indelebile della storia italiana e non solo.

sabato 27 settembre 2025

Libri a caso: La Parola alla Difesa


Nei romanzi gialli di solito ammiriamo le imprese di un investigatore, privato nella maggior parte dei casi, che indaga su un mistero che sembra in realtà già risolto. E con un colpevole pronto a essere condannato. Salvo poi scoprire un'altra, incredibile verità.
Ma difficilmente si vede il seguito, ovvero di come poi il vero colpevole venga portato davanti a un tribunale e condannato. Tanto che a un certo punto sia la letteratura, pensiamo solo al ciclo di Perry Mason, che soprattutto le produzioni televisive e cinematografiche hanno allegramente "pasteggiato" su questa fase, con letteralmente centinaia di prodotti all'attivo che continuano a essere sfornati.
E poteva forse Agatha Christie lasciarsi sfuggire questa occasione? Certo che no. Ecco dunque La Parola alla Difesa (Sad Cypress), pubblicato nel 1940.
Elinor Carlisle sembra avere ricevuto tutto dalla vita, nonostante alcune inevitabili difficoltà. C'è una persona accanto a lei che la ama, Roderick Welman, e una zia, Laura Welman, che le vuole bene come fosse una figlia. Tanto che nel testamento l'ha indicata come principale erede.
All'improvviso, però, proprio quando la zia si ammala gravemente, una lettera anonima informa Elinor che Laura Welman intende cambiare il testamento e che vuole nominare come erede principale Mary Gerrard, un'orfana che ha preso sotto la sua tutela.
Elinor si reca al capezzale della zia, ma costei muore all'improvviso e il testamento non viene cambiato, seppure fosse già prevista una rendita per Mary Gerrard che lei decide di mantenere. Ma quest'ultima muore all'improvviso.
La verità è sconvolgente: Mary Gerrard è stata avvelenata. E l'unica persona che aveva, oltre che il movente, la possibilità di farlo è proprio Elinor Carlisle! Trascinata in tribunale, una sentenza di condanna per lei sembra inevitabile. Ma in suo aiuto accorre Hercule Poirot.
La campagna inglese del tempo immediatamente precedente alla Seconda Guerra Mondiale, prima che lo scenario politico e sociale cambi in maniera drastica. Un tempo fatto di famiglie altolocate che vivono nei loro manieri in campagna, ma anche di invidie sotterranee e rancori.
Un tempo ritratto alla perfezione da Agatha Christie, avendone essa stessa fatto parte, e quindi in grado di riprodurre al meglio questi scenari. Scenari in cui la presenza di un omicidio giunge a scardinare quella patina di convenzioni e finte simpatie, mentre i protagonisti mostrano la loro vera natura, non solo gli assassini.
Il tutto a volte con solo brevi descrizioni dei personaggi o degli ambienti in cui agiscono e interagiscono, poche parole in grado di giungere subito al cuore della vicenda.
Come anticipato, rispetto ai romanzi precedenti vi è una predominante seconda parte che è incentrata sul processo contro Elinor Carlisle, mentre la prima si concentra nel delineare gli eventi principali che l'hanno portata a essere portata in giudizio. Ma non aspettatevi di vedere Hercule Poirot assumere il ruolo di avvocato o salire sul banco dei testimoni per sciorinare un'incredibile verità.
Il celebre investigatore belga è infatti quasi del tutto assente nella prima parte, metodo narrativo che abbiamo già visto utilizzato da altri scrittori e che la Christie adotta senza troppi problemi per togliere in via temporanea dalla scacchiera un elemento troppo ingombrante.
Come si può intuire, però, appena Poirot irrompe sulla scena prende subito il sopravvento sugli altri e la situazione - da caotica e disperata che era - diventa più chiara agli occhi di tutti, anche e soprattutto dei lettori, e giunge la soluzione al mistero.
C'è sempre poi una terza fase, quella in cui i protagonisti devono vivere i giorni successivi a questi drammatici eventi, ma suddetta fase non ha ancora trovato i favori del pubblico. Sappiamo solo che il nostro investigatore si ritroverà ben presto con nuovi casi da risolvere.

venerdì 26 settembre 2025

Disney+ Original 25: La Ragazza del Mare


Chi è spesso immerso nel cinema americano e nelle sue atmosfere, vive al tempo stesso immerso anche nel concetto di sogno americano, pur appartenendo tale concetto a un'altra nazione.
L'idea che una persona, spesso proveniente dalle classi sociali più umili, possa realizzarsi grazie solo alla propria volontà e lavorando per raggiungere i propri obiettivi, è un tipo di narrazione che affascina gli spettatori da quando il cinema stesso esiste.
E che in questo medium trova una sua decisa presenza nei film a sfondo sportivo. Salvo rari casi, chiunque può appassionarsi a una disciplina sportiva. E allora perché non raccontare quelle storie di quelle persone che sono diventati qualcuno grazie a questo?
Ecco dunque La Ragazza del Mare (Young Woman and the Sea), diretto da Joachim Rønning, scritto da Jeff Nathanson e distribuito su Disney+ a partire dal 19 luglio 2024.
La storia si ambienta principalmente a New York, nel periodo tra i due conflitti mondiali. Gertrude "Trudy" Ederle (Daisy Ridley) è la secondogenita di una famiglia di immigrati proveniente dalla Germania che ha alcuni problemi di udito dovuti a una grave forma di morbillo che ha rischiato di ucciderla.
In un'epoca in cui a poche donne veniva concesso di apprendere le discipline sportive, Trudy si appassiona al nuoto, nonostante rischi di aggravare la sua condizione a contatto con l'acqua. Ben presto Trudy diventa una delle atlete più abili, ma il continuo osteggiamento delle autorità sportive la spinge a ritirarsi.
Trudy, però, non si arrende del tutto e decide di tentare un'impresa mai riuscita prima a una donna: attraversare a nuoto il Canale della Manica.
E con un titolo ripreso da un celebre romanzo di Ernest Hemingway, ritroviamo quelle consuete e consolidate atmosfere di cui sopra. Gli elementi ci sono tutti.
In primo luogo una protagonista appartenente a un'umile classe sociale e che vive una doppia condizione di percepita inferiorità in quanto donna che vive in una società dove molte attività le sono precluse. Altro elemento imprescindibile è la presenza di una famiglia, che in principio sembra osteggiare le aspirazioni della propria figlia, salvo poi starle a fianco nei momenti più difficili.
Un'eroina venuta dal nulla e che trova dunque i propri principali sostenitori in chi vive la sua stessa condizione i quali, in classiche scene alla Spider-Man di Sam Raimi, arrivano infine ad aiutarla a compire un'impresa in apparenza impossibile.
Per quanto rimaneggiata e stritolata a uso e consumo di un pubblico moderno e un mezzo comunicativo che ha regole precise, Trudy Ederle è una figura storica realmente esistita la cui impresa ha segnato un punto di svolta nella storia dello sport e non solo ma che ha anche pagato col tempo le conseguenze di questa sua grande forza di volontà, arrivando a perdere quasi del tutto l'udito.
Va da sé che, come era diversa la società cento anni fa, diverso è il modo di narrare questo tipo di storia rispetto a oggi. Dunque i temi delle prevaricazioni sociali nei confronti delle donne, della discriminazione e dell'arroganza del potere sono inquadrati in un'ottica moderna per far sì che il pubblico li faccia suoi.
L'impresa di Trudy Ederle rimane comunque un elemento perfetto per una storia di riscatto, soprattutto da parte della Disney - pur non essendo affatto l'unica - che ama questo tipo di racconti che seguono questo preciso, identico schema della storia della campionessa (Il Più Bel Gioco della Mia Vita, Un Anno da Ricordare, Un Sogno, Una Vittoria... e ho citato solo i primi titoli che mi sono venuti in mente) da consegnare a un pubblico che vive di speranza e che ogni giorno crede, nonostante una realtà schiacciante e crudele, nel fatto che un giorno potrà realizzare i propri sogni.
Ma è anche vero che... uno su mille ce la fa.

lunedì 22 settembre 2025

Fabolous Stack of Comics: Berserk - Il Guerriero Nero


Le epopee fantasy, quelle classiche, erano ambientate in reami sfarzosi e terre incantate, dove forze oscure cercavano di rovesciare questi insoliti paradisi terrestri, confrontate ovviamente dagli eroi di turno (spesso gente venuta dal basso o dai popoli meno considerati, un classico anche questo).
Poi però al classico si è alternato un differente tipo di fantasy, di cui George Martin è uno dei principali esponenti. Un fantasy più "sporco", pieno di sangue, violenza e crudeltà, dove i confini tra bene e male non sono così netti e dove quelle magie incantate sono talvolta ridotte al minimo.
Trasposte in forma di fumetto, queste epopee fantasy trovano il loro maggior esponente in Berserk, opera scritta e disegnata da Kentarō Miura, che inizia a essere pubblicata a partire dal 1989 sulla rivista Young Animal e che nei primi due capitoli introduce la sua epopea.
Un misterioso guerriero di nome Gatsu vaga di città in città, con un altrettanto misterioso obiettivo. Vede solo da un occhio, al posto del braccio sinistro ha una sorta di arto metallico pieno di armi, ma soprattutto porta con sé una gigantesca lama di ferro che nessun altro uomo sarebbe in grado di maneggiare, figuriamoci utilizzarla in combattimento.
Dopo aver salvato, senza volerlo in realtà, un elfo di nome Pak, Gatsu dichiara di essere alla ricerca dei Cinque della Mano di Dio e di tutti coloro che li spalleggiano. Chi siano e dove si trovino è un altro dei tanti misteri che si devono affrontare, ma di fronte ai quali Gatsu e la sua incredibile determinazione non intendono arrendersi.
Un prologo aiuta a inquadrare subito la saga, a presentare i protagonisti, a descrivere l'ambientazione di base che fa da sfondo a suddetta saga. Di solito. Da questo punto di vista Berserk adotta un approccio alquanto minimalista. I protagonisti presentati, infatti, sono solo due - uno e mezzo, diciamo - e l'ambientazione sarà sì accennata ma è comunque già sufficientemente delineata.
In una saga che ha appena cominciato a gettare sul tavolo le proprie carte, due elementi in particolare catturano l'attenzione. Il primo è la violenza: dal forte impatto grafico, mostrata al lettore in tutta la sua crudezza, senza cercare di nasconderla o attenuarla. Questo per far subito capire che non siamo nella Terra di Mezzo di Tolkien, ma in un mondo dove non c'è spazio per la debolezza e l'arrendevolezza.
Il secondo, il più rilevante, è lui, il protagonista. Gatsu. Strano, a ben pensarci, poiché di lui a parte il nome non sappiamo nient'altro (se non quello che l'autore ci mostra graficamente e che ci suscita altri interrogativi).
E non è di certo un eroe. L'autore vuole subito far capire di non provare eccessiva simpatia per lui, potremmo avere una delusione.
Gatsu, infatti, parla pochissimo, quelle poche volte che parla dimostra in maniera molto evidente una totale misantropia e cinismo e lascia che i propri discorsi vengano portati avanti dalle sue armi. Da quelle infinite frecce che fuoriescono dalla sua faretra meccanica e da quella lama di ferro che definire lama è un eufemismo e che apre in due qualsiasi cosa.
Il tutto in un tripudio di energia cinetica e fiotti neri/rossi che sono il colore predominante di questo mondo appena nato. Che ha ancora molti angoli e sfaccettature che devono essere scoperte.

venerdì 19 settembre 2025

Fabolous Stack of Comics: Tex - Il Giuramento


Già più volte abbiamo visto Tex Willer ribellarsi alle ingiustizie, anche se sobillate o coperte da gente potente, incurante di quelle che possono essere le conseguenze. Ad esempio per vendicare una tribù Navajo in Sangue Navajo o ancora per riscattare gli Apache in Fiesta di Morte.
Ma quando queste ingiustizie lo toccano nel personale, negli affetti più profondi? Sì, la sua vendetta sarà davvero spietata, come ne Il Giuramento, pubblicato nel 1969 nei numeri dal 103 al 106 della collana di Tex, scritto da Gianluigi Bonelli e disegnato da Aurelio Galleppini.
Mentre stanno procurandosi viveri e munizioni, i quattro pards leggono su un giornale della fuga di un banchiere di nome Brennan, dopo che costui ha truffato decine di persone.
La cosa suscita l'ira di Tex, ma non per la notizia in sé come si potrebbe pensare. Brennan, e un altro banchiere di nome Teller, sono infatti stati i responsabili, molti anni prima, di una fornitura di coperte infettate dal vaiolo che hanno portato un'epidemia nella tribù Navajo. E una delle vittime è stata Lilyth, moglie di Tex Willer.
Per anni il ranger ha cercato i responsabili dell'epidemia e portato avanti una sua personale vendetta. Ora questo percorso vendicativo può concludersi, ma potrebbe comportare anche un prezzo molto alto da pagare.
Una vendetta personale per Tex. Che si riallaccia alla storia Il Patto di Sangue, in cui aveva incontrato la sua compagna Lilyth. Che poi non era più ricomparsa, se non per ricordare come Tex fosse rimasto vedovo e con una "traccia" fondamentale quale il figlio Kit.
Questo per una convinzione diffusa del fumetto italiano, e non solo, per cui un eroe deve combattere le proprie battaglie senza avere una famiglia o legami stretti, che limiterebbero tali battaglie (esistono delle eccezioni, comunque, anche all'interno della Bonelli stessa). E quindi, all'epoca, via Lilyth senza troppi ripensamenti.
Salvo poi ripensarci alcuni anni dopo, quando si capisce che comunque una figura quale quella della moglie rimane importante nella vita di una persona, anche se questa vive solo sulla carta. La scomparsa, però, non può che essere tragica, per spronare l'eroe a nuove battaglie da portare avanti e giurare la propria vendetta sulla tomba di Lilyth stessa.
E questa è la parte drammatica della storia. Dopodiché si passa all'azione, ovvero di come un determinato Tex, nell'arco di venti anni, riesca infine a portare a termine questa vendetta, scovando ed eliminando tutti gli esecutori materiali e i mandanti della procurata epidemia di vaiolo.
Se oggi ci ritroviamo di fronte a eroi più spietati e che non si fanno scrupolo ad uccidere a sangue freddo, Tex Willer nasce e vive in un'altra epoca fumettistica, dove la figura dell'eroe è qualcosa di simile al sacro (ancor più nel suo caso) e dove dunque si vedrebbe male qualcosa di diretto e immediato come un'agguato non annunciato.
Quindi la vendetta è più fumettistica che realistica. Per eliminare l'ultimo mandante, pur sapendo dove si trova, Tex e i pards organizzano un piano talmente complicato e con decine di variabili che possono sfuggire al loro controllo da chiedersi - con la forse eccessiva malizia odierna - come mai si siano dati tanta pena.
Si potrebbe risolvere in tutto tirando in ballo l'ingenuità, o forse le minori preoccupazioni e aspettative, dei lettori di 60 anni fa, cosa che non si presenta necessariamente come un male.
Di umano, invece, rimane la rabbia di un eroe che compare solo sulla carta ma che, nel giurare vendetta sulla tomba della moglie piantandovi una lancia a eterno ricordo, si distacca - per quelle poche volte - da quella sua aura di incrollabilità e fiducia nei propri mezzi. Avvicinandolo dunque a quel lettore, di qualsiasi età, il quale in quella perdita può ritrovarsi e, ognuno a modo suo, trovare la forza di andare avanti.

venerdì 12 settembre 2025

Fabolous Stack of Comics: Deadman - Action Comics Weekly


Dopo il ciclo su Strange Adventures, realizzato in buona parte da Neal Adams, Deadman entra a far parte di quella schiera di personaggi secondari della DC Comics che ogni tanto saltano fuori, per ricordarci che ancora esistono, anche se solo in forma immateriale nel caso di Boston Brand.
Ma dopo la Crisi sulle Terre Infinite nuove possibilità si aprono un po' per tutti, anche per Deadman, il quale ricompare in un ciclo pubblicato nel 1988 sui numeri dal 618 al 626 di Action Comics Weekly, intitolato Imprese Funebri (Grave Doings), scritto da Mike Baron e disegnato da Kelley Jones.
Deadman si trova a New Orleans quando si imbatte in Wellman Legros, autoproclamatosi re del voodoo della città. Costui, sfruttando il potere mistico di due gemelle, intende richiamare un esercito di zombie per distruggere la città.
Boston Brand interviene e, nella città americana dell'occulto per eccellenza, può trovare degli insoliti alleati. Tuttavia Deadman non può immaginare che la vera minaccia non sia Legros e si nasconda sotto i suoi stessi occhi.
Quando un personaggio rimane nelle retrovie per così tanto tempo, come in questo caso, un nuovo punto di partenza diventa inevitabile. Per quanto all'epoca le storie di Neal Adams fossero già diventate leggendarie sarebbe stato con ogni probabilità troppo limitante continuare a riferirsi ad esse, con quella infinita ricerca dell'assassino di Boston Brand.
Quando le storie compaiono in una rivista antologica, dove dunque un personaggio condivide lo spazio con altri personaggi, c'è il rischio che non tanto gli eventi quanto ciò che ruota attorno a quegli eventi non venga approfondito al meglio. Per mancanza di spazio più che per mancanza di volontà.
In parte si può dire sia stato per questo ciclo. Compressa in capitoli di otto pagine l'uno, la saga non perde tempo con troppi fronzoli, per usare un termine caduto in disuso. Va subito dritta al punto e al tempo stesso, per tenere desta l'attenzione del lettore, effettua dei continui capovolgimenti di fronte da perderne a un certo punto il conto.
Non si candida dunque a essere qualcosa di memorabile, eppure contribuisce al ritorno sulla scena dopo la Crisi del personaggio di Deadman. Diventando una sorta di lavagna bianca dove tutto si può di nuovo sceneggiare su di lui, Boston Brand si appresta dunque a vivere - se si può usare questo termine nel suo caso - nuove avventure terrene e ultraterrene.

martedì 9 settembre 2025

Libri a caso: Il Caso Saint-Fiacre


In dodici romanzi si è saputo sinora molto poco del Commissario Maigret, personaggio ideato da Georges Simenon. Sappiamo che ha una moglie, l'indirizzo a Parigi dove risiede e persino il nome, pronunciato nei primi romanzi, ovvero Jules, poi non è stato più ritirato fuori. Quasi come se l'autore volesse suggerirci che lui è tutt'uno solo col caso su cui sta indagando di volta in volta.
Ma alla fine Simenon stesso alza in parte il velo su questo insolito mistero in Il Caso Saint-Fiacre (L'Affaire Saint-Fiacre), pubblicato nel 1932.
Presso la sede della Squadra Mobile di Parigi giunge una strana lettera, che annuncia un omicidio che avverrà nella piccola cittadina di Saint-Fiacre durante una messa in un giorno preciso.
Tutti la bollano come una bufala, tranne il Commissario Maigret, che a Saint-Fiacre ci ha vissuto quando era bambino e dove lavorava suo padre come intendente di un castello. Maigret partecipa alla messa, ma nonostante non accada nulla e il Commissario non noti alcun evento significativo, una morte avviene.
Quella della Contessa del luogo, la stessa Contessa tenutaria del castello dove lavorava il padre di Maigret, il quale ora dovrà indagare sia nel passato che nel presente per venire a capo del mistero.
Dei tredici romanzi che hanno visto protagonista il Commissario di Parigi, pochissimi hanno deluso le aspettative, ma al momento rimangono davvero memorabili due opere: la prima e questa. La prima per aver introdotto - anche se non è proprio così - questo straordinario personaggio e il contesto in cui agisce.
Questa, invece, poiché fa più luce sia sul passato di Maigret e, in senso più lato, sulle motivazioni che lo spingono ad agire. Ora sappiamo dove è nato, come mai conosca così bene come ragionano le persone che vivono in una piccola città, che infanzia ha avuto e che lavoro faceva il padre.
Un lavoro che si potrebbe ritenere ben distante da quello attuale del figlio, però delle similitudini ci sono. Anche il padre portava l'ordine nel piccolo paese di Saint-Fiacre come intendente del castello, che rappresentava per gli abitanti del posto una sorta di mondo irraggiungibile. Un mondo che invece era alla portata di Maigret, per via del lavoro del padre.
Quando il Commissario ha abbandonato questa città vi è poi tornato solo per il funerale del padre, uno dei due legami emotivi che aveva ancora con essa. E vi torna ora, per il secondo e ultimo legame emotivo che gli viene sottratto, ovvero l'anziana Contessa.
Tutti i casi su cui ha indagato in precedenza toccavano da vicino Maigret, confuso di fronte a un'umanità tesa alla propria distruzione. Questo omicidio lo tocca ancor più da vicino, poiché va a "sporcare" quell'immagine idilliaca che il Commissario ha del suo passato. Un passato fatto di momenti divertenti, di giochi insieme ad altri bambini, di quella magia di fronte a una realtà che si ripete ogni giorno che solo i ragazzini riescono a cogliere.
Ecco perché dunque risolvere questo mistero diventa per lui una faccenda molto personale, poiché rischia di infrangere quella visione di mondo perfetto che lui ha di Saint-Fiacre, che lui ha della sua stessa infanzia. Nessun uomo può sopportare di aver vissuto svariati anni in una completa bugia.
Un mondo idilliaco che poi non ha più ritrovato nella metropoli parigina, piena di esseri umani corrotti. Ma anche di ancore di salvezza, come la moglie, che permettono a Maigret di essere uno degli investigatori più determinati di sempre.

lunedì 8 settembre 2025

Libri a caso: Sherlock Holmes e le Ombre di Shadwell


Sherlock Holmes è il campione dell'ordine, del saper portare logica anche quando la mente umana sembra dover cedere all'ignoto. Maledizioni secolari, cani infernali, valli del terrore: tutto viene infine ricondotto al buon senso e a una soluzione che non lascia punti in sospeso.
Quindi è un personaggio che, proprio per questa sua natura, gli scrittori hanno spesso la tentazione di metterlo a confronto davvero con l'ignoto. Arthur Conan Doyle, pur appassionato di spiritismo e occulto, con ogni probabilità non avrebbe apprezzato, ma credo che neanche lui avrebbe potuto intuire quanto un personaggio da lui ideato sarebbe divenuto universale nel corso dei decenni.
Sherlock Holmes incontra dunque gli orrori e i miti di Chtulhu concepiti da H.P. Lovecraft in Sherlock Holmes e le Ombre di Shadwell (Sherlock Holmes and the Shadwell Shadows), scritto da James Lovegrove e pubblicato nel 2016.
1880: Il dottor John Watson è appena ritornato dall'Afghanistan, dove ha combattuto oltre le linee nemiche ed è stato testimone di orrori inimmaginabili. Mentre cerca di rimettere insieme i pezzi della propria esistenza e sanità mentale, ritrova in un locale un suo ex studente, Stamford, mentre quest'ultimo è coinvolto in attività illegali.
A sorvegliare Stamford vi è un uomo ancora sconosciuto a Watson: Sherlock Holmes. Da quella che sembra una semplice indagine per risolvere una serie di omicidi rituali, nasce in realtà un vero e proprio incubo che rischia di far crollare tutte le certezze di Holmes e Watson, mentre dei ultrasecolari attendono nell'ombra di essere richiamati. Da una mente crudele e affinata.
Quando si tratta di retcon, non si bada a spese. Questa storia effettua una vera e propria riscrittura de Uno Studio in Rosso, rinarrando e ambientando in un differente contesto il primo incontro tra Sherlock Holmes e John Watson, nonché riscrivendo gli eventi di un altro paio di successive opere del canone holmesiano per legarli a un diverso, e in apparenza distante dalle atmosfere holmesiane, canone.
E le principali ispirazioni lovecraftiane in questo caso sono Il Richiamo di Chtulhu e Le Montagne della Follia.
Conan Doyle incontra dunque Lovecraft. Di certo in vita ognuno conosceva l'altro e forse apprezzavano rispettivamente le opere del loro collega, ma nessuno di loro poteva prevedere le evoluzioni della narrativa e la possibilità che un giorno le loro creazioni avrebbero condiviso le stesse pagine.
Intendiamoci, l'opera è stata scritta da un abile narratore che ben conosce entrambe queste mitologie narrative e ha trovato buoni escamotage per farle incontrare, ricreando al contempo con efficacia le atmosfere che i suoi due illustri colleghi del passato avevano concepito.
Quindi chi è appassionato solo del ciclo di Sherlock Holmes o solo dei cicli lovecraftiani forse è meglio che si tenga lontano da quest'opera. Una storia dove l'orrore, la fantasia e la sfrenata immaginazione la fanno da padrone e i confini narrativi vengono spostati ancora più in là, oltre i limiti.
Ed è incredibile come in poche pagine le strade fumose di Londra siano sostituite da regni oltre la sfera terrestre pieni di inimmaginabili orrori e non si avverta un così forte distacco tra un mondo e l'altro, poiché i due cicli trovano qui un terreno comune.
Un terreno, due strade che si incrociano, che è giusto si ritrovino ancora.

venerdì 29 agosto 2025

Fabolous Stack of Comics: Max Fridman - No Pasarán


Non esiste pace per l'ex spia Max Fridman, personaggio creato da Vittorio Giardino, il quale non riesce ad allontanarsi da quel mondo corrotto a cui anche lui è appartenuto in passato e da cui sta cercando di prendere il più possibile le distanze. Ma quel mondo non ha ancora finito con lui.
Già per ben due volte, suo malgrado, Max Fridman è stato coinvolto in faccende spionistiche che anticipavano l'avvento della Seconda Guerra Mondiale, una prima volta in Rapsodia Ungherese e una seconda volta in La Porta d'Oriente.
Mentre il 1939 e un fatal giorno di settembre si avvicinano, Max Fridman vive una terza avventura dai toni molto drammatici in No Pasarán, una storia in tre parti pubblicata dal 2000 al 2008.
Autunno del 1938: Mentre in Spagna sta infuriando la Guerra Civile, Max Fridman viene raggiunto a Ginevra dalla moglie di un suo caro amico che abita in quella nazione, Guido Treves, il quale è scomparso da alcune settimane e non se ne ha più alcuna notizia.
Tutto lascia presupporre che Treves sia una delle tante vittime del conflitto in corso, ma dopo qualche esitazione la moglie di Treves riesce a convincere Max Fridman a indagare sul caso, visto che le autorità locali non intendono collaborare.
L'ex spia, dunque, fingendosi un giornalista, si reca nella nazione dilaniata dalla guerra e per venire a capo del mistero dovrà spingersi fin nel cuore delle battaglie e anche venire a patti con una parte del proprio passato, avendo lui stesso combattuto sul fronte della guerra civile spagnola alcuni anni prima.
Pur partendo dagli stessi presupposti delle prime due storie, ovvero Max Fridman viene convolto suo malgrado in una faccenda a sfondo spionistico, questo terzo capitolo presenta anche delle differenze.
Innanzitutto, se prima Fridman cercava di non farsi coinvolgere dagli eventi, tentando in ogni modo di sfuggirvi, qui dopo qualche esitazione si dedica con tutte le sue energie alla ricerca dell'amico scomparso, anche quando le speranze sembrano essere poche e mettendo a repentaglio la propria vita.
Il che ci porta al secondo, peculiare aspetto di questa storia. Dapprima il passato di Max Fridman si è rivelato molto fumoso, vi è appena stato qualche accenno e nulla più. Qui invece un tassello molto importante del suo passato viene alla luce.
Un tassello, la sua partecipazione come soldato alla Guerra Civile Spagnola dalla parte delle forze della Repubblica, che contribuisce non solo a rivelarci questi inediti particolari, ma anche a meglio inquadrare il personaggio - non che prima non fosse ben definito, sia chiaro - e come mai lui abbia già intuito dove stia andando a parare l'Europa e per questo cerca di sottrarvisi rifugiandosi in Svizzera, un paese neutrale.
La scomparsa dell'amico, che gli è stato accanto in quegli anni difficili, sembra quasi simboleggiare la scomparsa di ogni possibile appiglio di normalità, di possibilità di una vita lontano dall'orrore.
Rispetto alle precedenti due storie, questo è di sicuro il racconto più cupo visto finora, che sembra proprio non lasciare alcuno spazio alla speranza. Il 1938 si conclude e, mentre Max Fridman trova un momento di gioia partecipando al saggio di danza della figlia, il mondo si appresta a vivere un tremendo, universale dolore.