sabato 5 agosto 2023

Italians do it better? 1: Un Boss in Salotto (2014)

Sapete bene quello che si dice del cinema italiano di questi ultimi, diciamo, quindici anni. Che ormai non è più fresco e originale come un tempo, che ci si è fossilizzati troppo sul genere della commedia mentre prima esploravamo e reinterpretavamo tutti i generi a modo nostro, che la qualità attoriale è calata e girano sempre gli stessi nomi...
Ma è davvero così? Be', in parte sì, quantomeno per l'ultimo punto. Penso che nessuno degli attori italiani di oggi voglia e possa confrontarsi coi mostri sacri del passato, ma questo può dirsi anche per gli attori americani a dirla tutta. Tuttavia è davvero tutto da buttare? Vedremo.
Da questo momento, concentrandoci solo sulle produzioni italiane dal 2010 in poi, senza pretese didascaliche o di verità oggettiva, ma dopotutto chi la possiede, capiremo quanto è profonda la tana del Bianconiglio.


E iniziamo col botto, credo, con Un Boss in Salotto, diretto da Luca Miniero, scritto da Federica Pontremoli e Luca Miniero e distribuito nei cinema nel gennaio 2014.
Cristina D'Avola (Paola Cortellesi) è una mamma emigrata dal sud che nasconde le proprie origini - tanto da aver cambiato nome - e vive una vita apparentemente felice col compagno Michele Coso (Luca Argentero) e due figli, coltivando il sogno di entrare a far parte dell'alta società.
La sua vita viene sconvolta quando apprende che il fratello Ciro Cimmaruta (Rocco Papaleo), con cui lei aveva chiuso ogni rapporto e diceva ai suoi cari fosse morto, deve essere processato in quanto ritenuto affiliato alla camorra e trascorrerà il periodo di detenzione domiciliare presso la sua abitazione.
Mentre vecchie, sopite tensioni riemergono tra i due fratelli, la convivenza di Ciro Cammaruta con la sua famiglia si rivela piena di sorprese e porterà anche imprevisti benefici.
Messo giù così sembra quasi un film drammatico e invece no, questa è una commedia con tutti i crismi. Una commedia che parte da uno dei più classici, decennali temi trattati, le differenze tra Nord e Sud (la storia principale si svolge a Bolzano) e i legami che uniscono queste due parti d'Italia.
Da qui si innesta un racconto che nelle intenzioni vorrebbe parlare (e lo fa, ci mancherebbe altro) sia delle complicate relazioni familiari al giorno d'oggi... al pre-pandemia, diciamo... sia di come si sia disposti a tutto pur di entrare a far parte dell'élite, di potersi staccare dalle proprie umili origini e guardare tutti dall'alto in basso, ma non è detto che questo sia necessariamente un bene (infatti alla fine la protagonista, che parla con un finto accento del nord, si riappropria sia del suo vero nome che della sua napoletanità, per così dire).
Tuttavia, tali temi vengono innestati in un film dove sono presenti unicamente dei caratteri e non dei personaggi: il marito servile, la moglie leccapiedi con gli esponenti dell'alta società, il figlio problematico, il datore di lavoro incapace e ovviamente (?) il meridionale che finge di essere cattivo, ma in realtà vuole bene alla sua famiglia.
E i vari attori fanno anche bene il loro lavoro nel portare avanti questi caratteri, Rocco Papaleo è molto bravo in tal senso, ma lo spazio di manovra poi è quel che è, non si può giostrare più di tanto.
Il tutto, però, contribuisce a creare un'atmosfera così surreale (con tanto di uffici con gironi infernali e atti di crudeltà verso gli animali visti come un gioco) che poi diventa difficile prendere sul serio quelle tematiche, nonostante alcune discrete premesse. Tematiche che però non vengono annacquate, vengono comunque trattate e trovano un loro compimento dopo gli inevitabili, un paio riusciti anche bene, siparietti comici derivanti dalla situazione che si è venuta a creare.
La morale finale potete dunque già intuirla: le proprie origini sono importanti e non devono essere rinnegate e conta di più essere felici in famiglia anche se poveri piuttosto che fingere di essere ciò che non si è. Ognuno chiaramente avrà la propria idea in merito, ma il cinema italiano crede molto in quest'ultimo precetto.
Poi però quando guardi in faccia la realtà... ecco perché alla fine utilizzare un'atmosfera surreale non è una cosa così sbagliata.

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