In Braveheart abbiamo assistito alla lotta di William Wallace per liberare la Scozia dalla tirannia inglese di Edoardo I. Una lotta di cui non riesce a vedere la fine, in quanto viene catturato e decapitato.
Ma se ricordate bene, nel film c'è un altro personaggio che lo assiste nella sua battaglia, il nuovo re di Scozia Robert Bruce, che è colui che pronuncia il discorso alla fine.
Tale personalità storica ritorna anche in Outlaw King - Il Re Fuorilegge (Outlaw/King), diretto da David Mackenzie, scritto da David Mackenzie, James MacInnes e Bash Doran e distribuito su Netflix a partire dal 9 novembre 2018.
1304: Mentre William Wallace è ricercato, Robert Bruce (Chris Pine) e gli altri nobili scozzesi giurano fedeltà ad Edoardo I d'Inghilterra ponendo così fine alla loro ribellione, pur sotto il giogo di pesanti tasse. Per ingraziarsi Robert Bruce, inoltre, Edoardo gli offre in sposa una sua figlioccia, Elizabeth de Burgh (Florence Pugh).
L'insofferenza degli scozzesi verso la corona d'Inghilterra diviene tuttavia sempre più grave e, con l'uccisione di Wallace, Robert Bruce decide di radunare attorno a sé un esercito di fedeli con cui riconquistare la nazione e proclamarsi re della Scozia. Al suo fianco come prezioso alleato vi è lo spietato James Douglas (Aaron Taylor-Johnson).
Le prime battaglie si concludono tuttavia con delle tremendi debacle, eppure Robert Bruce non demorde e trova ben presto una strategia vincente.
Pur intersecandosi e facendo seguito agli eventi di Braveheart, questo film non ne è ovviamente un seguito autorizzato, pur essendo evidente che voglia ricordare più volte allo spettatore la pellicola diretta da Mel Gibson. Il fatto che tratti poi di eventi e personaggi storici non crea problemi di alcuna natura.
E se il problema in ogni biopic è come approcciarsi agli eventi realmente accaduti e adattarli al meglio senza stravolgerli troppo, questo è ancora più marcato in Outlaw King, considerato che è ambientato in un periodo storico molto lontano nel tempo dove si può attingere solo a poche fonti. Ma a ben vedere questa è la stessa problematica che aveva dovuto affrontare Braveheart.
E quindi, seguendo l'esempio del suo predecessore, il film si prende molte libertà in merito all'aderenza storica, che non è certo il suo obiettivo principale, per concentrarsi sulla narrazione di un uomo che si ribella alla tirannia e non si arrende di fronte alle prime sconfitte. Qualcosa insomma in cui lo spettatore comune possa rivedersi.
Pur con mezzi a volte limitati, il periodo storico viene ben ricreato e le battaglie sono fatte in maniera decisamente notevole: non nobili ed eroiche, ma impelagate nel fango e nella sporcizia, dove dominano la crudeltà e la spietatezza e concetti come l'onore e il rispetto vengono messi da parte. Non si lesina decisamente sulla violenza.
Quindi quasi non noti, quasi, che battaglie combattute da centinaia di uomini sono in realtà messe in scena da circa 80 persone, se va bene.
Non vanno consigliati questo film o Braveheart come documenti storici, tuttavia entrambi possono costituire motivo di interesse per approfondire un periodo che ha poi profondamente influenzato i secoli a venire e la storia recente.
Nessun commento:
Posta un commento