Nella Milano del ventennio fascista indaga il commissario Carlo De Vincenzi, un personaggio ideato dallo scrittore Augusto De Angelis e comparso per la prima volta nel 1935 nel romanzo Il Banchiere Assassinato.
Ovviamente una dittatura non vede di buon occhio il fatto che, in un paese dove dovrebbe vigere l'ordine, si propaghi il caos attraverso brutali omicidi, persino nelle opere di intrattenimento. Ecco perché molti romanzi dell'epoca aggiravano l'ostacolo coinvolgendo persone straniere in queste trame. Agli occhi del Duce e soci, questo significava screditare altre nazioni e così non si rischiava troppo (il rischio c'era sempre, comunque).
Ma Augusto De Angelis riesce comunque a darvi un tocco di classe ne Il Candeliere a Sette Fiamme, pubblicato nel 1936.
È il maggio del 1931. Il commissario De Vincenzi sta indagando sul brutale omicidio di uno straniero avvenuto in un albergo di infimo ordine di Milano. Ma non si tratta di un assassinio motivato dal denaro o per motivi di passione.
Qualcosa non quadra nella dinamica dell'omicidio e vi sono due persone, John Vehrehan e Virginia Olcombi, che sembrano avere qualcosa da nascondere. Ma in tutto questo cosa ha a che vedere un candelabro scomparso dalla stanza?
Augusto De Angelis sfrutta lo stesso trucco narrativo adottato per Il Canotto Insanguinato. Al centro della trama vi mette infatti degli stranieri, ma in realtà la storia si svolge in buona parte in una Italia preda del degrado e di cui vediamo solo i reietti della popolazione (le prostitute, la povera gente, coloro che si arrangiano come possono e per certi versi anche i poliziotti).
In questo ambiente oscuro e cupo, si innesta una trama che più nel giallo sconfina in una spy-story alla James Bond ante-litteram, tra società segrete, preziose formule industriali e missioni all'estero (mancano solo gli inseguimenti in auto e le sparatorie, non appannaggio di un personaggio come il commissario De Vincenzi).
Il commissario è guidato sia dall'intuito che dal destino: utilizza gli indizi a sua disposizione, ma da lì costruisce elaborate teorie che a volte possono rivelarsi anche errate. Ed è un uomo segnato dal destino. La felicità non può essere alla sua portata.
Anche quando trova una donna che - pur con tutte le problematiche del caso - si affeziona a lui e per cui prova qualcosa, è destinato a perderla. Quindi alla fine la giustizia trionfa, impossibile che un eroe italiano non possa prevalere sugli stranieri a quell'epoca, ma per questo eroe il trionfo è in realtà una disfatta. Una sconfitta personale.
Ma la dittatura, cieca e dalla mentalità limitata come tutte le dittature, vede in realtà solo quello che vuole vedere.
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