Giunge la terza indagine per il Commissario Carlo De Vincenzi. O almeno così sembra. Augusto De Angelis, l'ideatore del personaggio, nel 1936 vede pubblicati infatti ben sei romanzi che vedono protagonista De Vincenzi e, come ogni buon scrittore che si rispetti, gioca un po' con la cronologia degli eventi.
Il Canotto Insanguinato, uno di questi sei romanzi, risulta la terza storia poiché vengono citati solo i due casi precedenti, quello de Il Banchiere Assassinato e l'omicidio del senatore avvenuto in Sei Donne e un Libro.
Aldilà comunque di futili questioni di continuità narrativa, torniamo all'epoca della dittatura fascista di Benito Mussolini. Siamo nel giugno 1930 e nei pressi di Sanremo viene ritrovato un canotto tutto macchiato di rosso sangue. A bordo di quel canotto vi era una giovane donna francese di nome Paulette Garat.
Del probabile omicidio viene accusato il suo amante, il russo Ivan Kiergine, il quale viene ritrovato a Milano e portato al cospetto di De Vincenzi per l'interrogatorio. Ha inizio da questo momento un lungo e intricato gioco di menzogne e segreti nascosti, che porterà il Commissario lontano dall'amata Milano per recarsi infine anche oltre il confine italiano, pur di giungere alla risoluzione del mistero.
Come si nota subito, questo romanzo non segue la scia dei suoi predecessori, poiché l'ambientazione milanese, così caratteristica e sentita dall'autore e dal commissario stesso, viene subito abbandonata in favore di altre località.
De Vincenzi infatti si fa un giro lungo quasi mezza Europa occidentale, arrivando a toccare, oltre Sanremo, anche le città di Nizza e Strasburgo. Il tutto tra hotel a cinque stelle, casinò e imbarcazioni di lusso... mondi distanti da un uomo che vive in un piccolo appartamento, circondato solo da libri e dalle sue riflessioni. Più che un indagine da romanzo giallo, infatti, ben presto la trama prende la piega di una spy-story ante-litteram.
Eppure, De Vincenzi riesce a non farsi sopraffare dal ritrovarsi lontano da casa e in contesti a lui ignoti, riponendo tutta la sua concentrazione sul carpire le necessarie informazioni da questi ambienti e utilizzarli per arrivare a risolvere il mistero dietro l'omicidio della donna, anche se in qualche occasione è più il caso/destino - plasmato dal caos - a guidarlo.
Questo romanzo si segnala inoltre per essere uno dei pochi che getta qualche luce sul passato di De Vincenzi, che scopriamo essere originario della Val d'Ossola e aver vissuto un infanzia felice insieme a sua madre (mentre il padre non viene menzionato).
La peculiare situazione politica italiana dell'epoca si riflette in quest'opera nel fatto che, eccetto gli agenti di polizia, tutti gli altri protagonisti sono stranieri, russi e francesi in particolar modo. Augusto De Angelis, tuttavia, non cade nel facile tranello di dipingerli come inferiori agli italiani, dando a ognuno una motivazione per il proprio agire. E inoltre, se escludiamo De Vincenzi, la cui fallibilità come essere umano è a volte evidenziata, nessuno degli altri italiani presenti spicca in maniera particolare.
Storie di umanità, dunque, non storie su presunte superiorità ideologiche. L'arte vince sempre su coloro che intendono dividere e conquistare.
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