Sulla politica italiana si fanno discorsi molto importanti. Ma attorno alla politica italiana girano spesso le consuete banalità, da una parte e dall'altra. Dal celeberrimo "piove governo ladro" sempre amato, alla retorica del sacrificio e dello spirito di patria sempre più stantia.
Un film non può divenire un trattato politico e sociologico, altrimenti rischia di non essere visto e non penso sia questo l'obiettivo principale, quindi se proprio deve parlare di politica lo fa utilizzando quelle tematiche consolidate che di sicuro attraggono il pubblico. Tematiche - seppur riadattate - viste in Benvenuto Presidente! e Bentornato Presidente.
Si inserisce in questo filone anche Viva l'Italia (a proposito di slogan amati), diretto da Massimiliano Bruno, scritto da Massimiliano Bruno ed Edoardo Falcone e distribuito nei cinema nell'ottobre 2012.
Viva l'Italia è anche il partito cui appartiene Michele Spagnolo (Michele Placido), uno dei politici più influenti della nazione, ma che non disdegna raccomandazioni, favori personali e altro nella migliore tradizione del belpaese.
Costui ha anche tre figli, il medico Riccardo (Raoul Bova), la molto aspirante attrice Susanna (Ambra Angolini) e il direttore del personale Valerio (Alessandro Gassmann).
Dopo essersi ripreso da un ictus, Michele Spagnolo inizia a non avere più alcuna remora e a spiattellare in pubblico scomodissime verità, sulla politica italiana e su sé stesso. Questo rappresenta l'occasione per i tre figli, che detestano il padre ognuno a vario titolo, di riavvicinarsi e cercare di trovare insieme una soluzione.
Mai avrei pensato di vedere Michele Placido comportarsi come Jim Carrey in Bugiardo Bugiardo, ma il cinema ci ha abituato a stupirci, dopotutto. Il contesto, tuttavia, non sono i tribunali americani, bensì la scena politica italiana dell'era berlusconiana (del Cavaliere, infatti, Michele Spagnolo rappresenta un omologo e il nome del suo partito dice tutto).
Un elemento col film con Jim Carrey questa pellicola ha in comune, tuttavia: l'affetto per la famiglia e i legami tra figli e genitori. Anche in questa occasione, l'insolito evento che scatena la sequela di scomode verità diventa un'occasione per i vari protagonisti di riavvicinarsi, tra una scena comica e l'altra (comicità in buona parte sulle spalle di Michele Placido), dopo anni in cui sono stati distanti a livello emotivo.
Ma ci sono anche la politica, ovviamente, e i problemi dell'Italia. Soprattutto due di questi problemi, ancora ben presenti, vengono sottolineati: il disfacimento della sanità pubblica a vantaggio di quella privata e la cosiddetta fuga di cervelli, che costringe giovani laureati ad andare all'estero per trovare un lavoro che sia retribuito al giusto livello.
Come detto, però, non si può andare troppo nel dettaglio, indagare sulle cause che portano all'aggravarsi di questi problemi e approfondire la questione. Così il film si limita a puntare il dito, giustamente ci mancherebbe altro, senza andare troppo oltre per soddisfare la sete di ricerca di verità (presunta sete di ricerca) del pubblico di riferimento. Laddove invece è chiaro che il focus è sul concetto di famiglia tradizionale, tema tanto caro al nostro cinema.
Questi due mondi in apparenza così distanti, politica e famiglia, si riuniscono nel personaggio di Michele Spagnolo e nel suo discorso finale - occorre ammettere che Michele Placido dà una grande prova di attore pur con un ruolo in buona parte macchiettistico - dove la maschera viene infine calata. E una cosa sacrosanta viene detta: che occorre coltivare il concetto di ricordo e di analisi della storia. Per non commettere più gli errori del passato.
Sì, a ben pensarci anche questa è una tematica consolidata.
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