Fino a ora, nelle opere che ricadono sotto l'etichetta MillarWorld, abbiamo parlato di gruppi di maghi, di un insolito aldilà e di un genio in ogni campo dello scibile umano.
Ma suddette opere spaziano in ogni possibile settore narrativo esistente e le distese spaziali non rappresentano un'eccezione. Ne è una dimostrazione Empress, miniserie di sette numeri pubblicata nel 2016, scritta da Mark Millar e disegnata da Stuart Immonen.
Secondo il calendario terrestre ci troviamo in un lontano passato, di milioni di anni fa, durante il quale però vi era già un'avanzata civiltà galattica. Una civiltà guidata col pugno di ferro da Morax, spietato e sanguinario tiranno.
La moglie Emporia, che ha sposato Morax in giovane età ma ora dopo aver partorito tre figli è sempre più terrorizzata dai suoi atti crudeli, decide di fuggire. Ad assisterla vi è la sua guardia del corpo, Dane Havelok.
La fuga ha successo, ma da quel momento in poi Emporia, i suoi figli e Dane vengono inseguiti dalle truppe di Morax. Inoltre una taglia viene messa sulle loro teste e tutti i pianeti della galassia vengono informati dell'accaduto.
Con pochissimi alleati su cui contare, la fuga di Emporia potrebbe rivelarsi più breve del previsto.
Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana... questo è il celebre slogan della più celebre saga fantascientifica cinematografica... o quantomeno quella che ha generato maggiori introiti. Ed echi di Star Wars sono ben presenti in questa storia.
A partire dallo scenario: un insieme di pianeti, ognuno con una differente ambientazione, differenti popoli e differenti pericoli, a connotare le avventure dei protagonisti. Uno spietato tiranno galattico, che presenta in sé a livello grafico anche qualche traccia di Darkseid. Un'epopea familiare. Un robot droide che si esprime con versi e segni. Ah sì, anche un surrogato degli Stormtroopers.
Vi sono poi i classici elementi della space opera e della fantascienza d'annata, opportunamente rimodernata e un po' estremizzata, grazie a battaglie tra astronavi, creature mostruose e armi futuristiche.
Empress diventa dunque un insolito giocattolo narrativo, un open world, delle montagne russe narrative dove Mark Millar e Stuart Immonen possono scatenare la loro inventiva, dipingendo paesaggi onirici e desertici, architetture imponenti e razze aliene di ogni colore.
Contornando il tutto con una trama che punta quasi tutto sull'azione e sui cambi di scena e di prospettiva, intervallati da pochi attimi di riflessione.
Rimane alquanto strano l'epilogo, non vorrei dire frettoloso. Ma se Emporia aveva sin da principio la capacità di sopraffare Morax e far ascendere uno dei figli al potere, perché non lo ha fatto da subito?
Forse per lasciare un paio di punti in sospeso da esplorare in storie future. Sempre ambientate in quest'altra galassia lontana, lontana...
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