martedì 19 gennaio 2021

Libri a caso: Il Cavallante della Providence


Dopo Pietr il Lettone, il Commissario Maigret della Prima Squadra Mobile di Parigi torna a indagare su un altro caso di disperata umanità ne Il Cavallante della Providence (Le Charretier de La Providence), il secondo romanzo in ordine cronologico che lo vede protagonista, scritto nel 1930 e pubblicato nel 1931.
In un aprile piovoso (pioveva anche nel romanzo precedente, povero commissario), presso la chiusa di Dizy viene ritrovato in una stalla il cadavere di una donna in abito elegante, del tutto fuori posto in quel luogo popolato da marinai, operai e guardiani che all'occorrenza diventano baristi e gestori di piccoli hotel.
Giunto lì a indagare, Maigret scopre ben presto che la donna uccisa si chiama Marie ed è la moglie del colonnello Walter Lampson, il quale percorre i canali della zona con la sua imbarcazione, la Southern Cross, e il suo fedele equipaggio.
Dietro l'omicidio c'è una brutta storia, una brutta storia che Maigret potrebbe scoprire subito, ma altri eventi e un mondo a lui ignoto portano invece a un tragico finale.
Non c'è un vero e proprio intreccio giallo in questo romanzo, anzi, a ben vedere e stando attenti Simenon dice chi è il responsabile dell'omicidio già nelle prime pagine. Il focus della storia invece è veder calato Maigret in un ambiente a lui del tutto ignoto, lontano dalle luci della città di Parigi, e che deve imparare a conoscere per venire a capo del mistero.
Come nel precedente romanzo, è immensa l'abilità di Simenon nel descrivere luoghi che nella vita di tutti i giorni giudicheremmo insignificanti e la vita che anima questi posti. Basandosi anche su esperienze personali, Simenon tratteggia un mondo che appare come l'anticamera dell'inferno ma dove regna al contempo la pace. Un luogo dove sono stati confinati i reietti della società e gli emarginati, i quali sembrano non avere una vita al di fuori di questa zona o lontano dai canali e che ripetono in maniera meccanica le stesse azioni ogni giorno.
E come nell'indagine precedente, quando per venire a capo del mistero Maigret ha dovuto prima capire quale storia avesse alle proprie spalle il criminale che stava cercando, la stessa cosa accade qui. E anche stavolta è una storia di umanità abbandonata, tradita, che cade nella trappola del male perché sembra non avere altri sbocchi, altre vie d'uscita, quel male che irrompe in un solo istante, un istante capace di distruggere intere esistenze.
Nei racconti di Sherlock Holmes non abbiamo mai provato pietà per i criminali che catturava. Nei romanzi di Agatha Christie, mai abbiamo avuto qualche moto di simpatia per coloro che commettevano un assassinio. I detective rappresentavano l'ordine che annullava il caos, ristabilendo una realtà serena e pacifica.
Con Maigret è diverso. Pur essendo lui un'incarnazione dell'ordine, si pone dei dubbi, agisce spinto dall'istinto e il suo obiettivo primario è cercare di capire il modo di agire dei criminali piuttosto che catturarli.
Tanto che alla fine di questo romanzo, pur non giustificando quanto commesso dal colpevole (un assassinio a sangue freddo non è mai giustificabile e Maigret questo lo sa bene), possiamo capire perché sia arrivato a tanto.
Questo è solo il secondo romanzo, ma Simenon ha già tratteggiato con efficacia un personaggio fuori dai canoni, per quel periodo storico.

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